mercoledì 4 giugno 2003

Sono reali i risultati del censimento della popolazione?

Ieri su “La Repubblica” mi è capitato di leggere un articolo dal titolo “Ma quanti sono gli Italiani?” che commentava i risultati del censimento generale della popolazione, da poco resi pubblici, che hanno fissato in circa 57 milioni (per l’esattezza 56,996 milioni) la popolazione residente in Italia (cioè dimorante abitualmente negli 8101 Comuni del Paese) alla data del 21.10.2001, cioè appena 200.000 in più rispetto ai dati del precedente censimento del 1991. Questa è la cosiddetta “popolazione legale”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, in base alla quale si formano le circoscrizioni elettorali, si assegnano i seggi nelle varie consultazioni elettorali politiche e amministrative, e costituisce in sintesi una sorta di “catasto” demografico dal quale discendono diritti e doveri politici e sociali e prerogative locali.


L’articolo rivelava altresì che alla vigilia del censimento gli iscritti nelle anagrafi dei Comuni italiani erano 57,953 milioni, cioè un milione in più dei residenti verificati dalle operazioni censuarie, e concludeva che le anagrafi funzionano male e che il cattivo funzionamento si spiega “nel disinteresse sostanziale dei singoli comuni nel verificare la corrispondenza tra la posizione di iscritto in anagrafe e l’effettiva dimora dei cittadini. Disinteresse che ha molte cause: difficoltà amministrative (specie nei grandi comuni), motivi elettorali, economici, di prestigio. Ma causa prima è l’arretratezza: in un mondo dove anche i bambini fanno giochi di prestigio con il computer, quasi 500 anagrafi comunali lavorano ancora in cartaceo e il progetto SAIA – che si propone l’informatizzazione delle anagrafi e la loro interattività – …….batte la fiacca”.

Posso raccontare in proposito la mia esperienza in quanto dirigente dei Servizi Demografici del mio Comune e responsabile dell’Ufficio Comunale di Censimento durante i censimenti generali 2001.

Non c’è dubbio che il numero degli iscritti nell’anagrafe del mio Comune alla data del 20.10.2001, vigilia del censimento, poco più di 88.000, fosse errato per eccesso, anche perché ai precedenti censimenti del 1981 e del 1991 non seguì la prevista revisione anagrafica, ma sono anche certa che, al contrario, i risultati del censimento che hanno indicato in poco più che 84.000 i dimoranti abituali  alla data del 21.10.2001 siano errati per difetto.

Infatti le operazioni di rilevazione sul territorio sono state svolte da 125 incaricati quasi tutti esterni, ragazzi molto spesso alla prima esperienza lavorativa, ma già ampiamente sindacalizzati, e tanto consapevoli dei propri diritti, quanto poco dei relativi doveri. In ufficio avevamo 13 coordinatori, tutti esterni, più sindacalizzati che mai. L’Amministrazione ha ritenuto che l’Ufficio di Censimento dovesse essere ridotto all’osso, con solo 4 addetti interni, poi ridottisi a due, che, devo dire, hanno lavorato bene, coadiuvati da un po’ di personale a straordinario.

Il lavoro preparatorio sulle Basi Territoriali (sezioni di censimento, aree di circolazione, numeri civici), che avrebbe dovuto essere approntato almeno l’anno prima, è stato realizzato in 20 giorni, quando, dopo l’ennesima lettera della sottoscritta, l’Amministrazione si è decisa finalmente a nominare il responsabile tecnico. Nel nostro Comune peraltro non esiste un Servizio Informatico Territoriale, se non sulla carta, molte aree di circolazione fuori dai centri urbani sono un po’ vaghe e la numerazione interna in larga parte non esiste. Pertanto devo riconoscere che i rilevatori, al di là delle deficienze proprie, hanno incontrato anche delle difficoltà esterne di un certo rilievo.

I coordinatori hanno passato buona parte del tempo a discutere dello scarso compenso, e sono d’accordo che era scarso, ma i suddetti avevano comunque firmato un contratto, e la sottoscritta si è trovata a rivestire il ruolo dell’affamatrice del popolo e l’assessore di riferimento quello del sindacalista. Il 2 gennaio 2002 (ero in ferie) ho ricevuto una telefonata a casa dal dirigente dell’Area di riferimento, perché rilevatori e coordinatori, di cui peraltro qualcuno non aveva ancora completato l’incarico, avevano protestato per non aver ancora ricevuto un acconto e quindi bisognava provvedere subito, anche se normalmente tra la fine dell’anno e l’inizio del nuovo la ragioneria blocca i pagamenti (diversi Comuni hanno pagato dopo mesi, ma noi in questo siamo stati tra i più celeri).

Personalmente per questo incarico, che si aggiungeva alle mie normali funzioni di dirigente di servizio (ho lavorato quasi tutti i pomeriggi e talvolta anche la sera per 11 mesi), ho ricevuto complessivamente, e dopo diversi mesi dalla conclusione dell’incarico, un compenso € 3000 scarsi (lordi), di cui 1000 dal contributo ISTAT e 2000 dall’Amministrazione, quale indennità di risultato. Il mio omologo del 1991 aveva incassato £.40.000.000 circa (lordi), però mi è stato detto che si trattava di altri tempi (o di altra persona?).

Per quanto poi riguarda la procedura informatica di gestione del censimento, il servizio elaborazione dati fece presente l’impossibilità di provvedere per motivi di organizzazione interna, e consigliò di conferire un incarico esterno di consulenza e di acquistare una procedura “ad hoc”, considerato altresì che il software approntato dall’ ISTAT tardava ad arrivare e comunque avrebbe richiesto 13 licenze ACCESS, una per ogni computer assegnato ai coordinatori, o almeno così mi è stato detto, che l’amministrazione non riteneva di dover comprare. Così fu acquistato un “software” per la relativamente modica cifra di € 8.500, ma il collegamento con la procedura anagrafica non è  stato possibile attivarlo, cosicché non è stato possibile procedere all’allineamento tra i dati del censimento e quelli anagrafici, né durante le operazioni censuarie, né dopo. Infatti solo con metodi assolutamente artigianali è stato possibile procedere ad una revisione molto parziale  e pertanto i dati anagrafici e quelli dell’ISTAT continueranno a divergere.

Credo tuttavia che anche l’ISTAT dovrà ripensare il sistema dei censimenti o per lo meno le modalità del loro svolgimento.

2 commenti:

  1. SEGUE.... Conclusione: forse sarebbe opportuno che l'ISTAT innanzitutto si applichi affinche i comuni utilizzino software GRATUITO (altrimenti i costi incideranno come sempre sulle NOSTRE tasche) ed in secondo luogo che garantsca l'anonimato dei dati ricevuti (non firmerò mai un foglio dove in una pagina c'è il mio nome e nella seconda le mie abitudini di consumatore !!!)

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  2. Brava Marivan (ma ti è arrivata la mia mail?) apri un altra pagina oscura della storia del nsotro paese. Personalmente non ho risposto al censimento e ti spiego brevemente perchè. Ho letto sommariamente la cartella del censimento ed ho capito subito che c'era sotto qualcosa. Innanzitutto è difficile capire (ma tu ci hai dato una parziale spiegazione) a cosa serve un censimento se ogni bravo comune ha la sua lista anagrafica di cittadini. Seconda cosa le domande mi sono sembrate leggermente "di parte" ovvero laddove ti si chiede se e quanti televisori possiedi o che tipo di acquisiti fai etc. suonavano molto come un controllo incrociato tra dichiarazione dei redditi e censimento. Certo io sono paranoico ma non credo nella "privacy" degli istituti statali. Non mi soffermo oltre perchè da una "tecnica" come te forse riceverei solo una sfilza di smentite. La mia è solo una scelta. Apri inoltre un altro interessante argomento di discussione per le LICENZE di ACCESS. Infatti pare che la battaglia per divulgare tra la pubblica amminsitrazione l'utilizzo di programmi freeware (vedi l'ottimo StarOffice) e altri applicativi sotto Linux sembra oramai stata persa. Tutto questo nell'era della portabilità dove oramai i programmi freeware si interfacciano con pochi (o nessun problema) con i software privati. Non so quale "software" abbbiate acquistato per informatizzare il tutto ma il già citato pacchetto StarOffice era bello e disponibile gratuitamente ed in grado di esportate i dati inseriti in una modalità "leggibile" da Access.

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mercoledì 4 giugno 2003

Sono reali i risultati del censimento della popolazione?

Ieri su “La Repubblica” mi è capitato di leggere un articolo dal titolo “Ma quanti sono gli Italiani?” che commentava i risultati del censimento generale della popolazione, da poco resi pubblici, che hanno fissato in circa 57 milioni (per l’esattezza 56,996 milioni) la popolazione residente in Italia (cioè dimorante abitualmente negli 8101 Comuni del Paese) alla data del 21.10.2001, cioè appena 200.000 in più rispetto ai dati del precedente censimento del 1991. Questa è la cosiddetta “popolazione legale”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, in base alla quale si formano le circoscrizioni elettorali, si assegnano i seggi nelle varie consultazioni elettorali politiche e amministrative, e costituisce in sintesi una sorta di “catasto” demografico dal quale discendono diritti e doveri politici e sociali e prerogative locali.


L’articolo rivelava altresì che alla vigilia del censimento gli iscritti nelle anagrafi dei Comuni italiani erano 57,953 milioni, cioè un milione in più dei residenti verificati dalle operazioni censuarie, e concludeva che le anagrafi funzionano male e che il cattivo funzionamento si spiega “nel disinteresse sostanziale dei singoli comuni nel verificare la corrispondenza tra la posizione di iscritto in anagrafe e l’effettiva dimora dei cittadini. Disinteresse che ha molte cause: difficoltà amministrative (specie nei grandi comuni), motivi elettorali, economici, di prestigio. Ma causa prima è l’arretratezza: in un mondo dove anche i bambini fanno giochi di prestigio con il computer, quasi 500 anagrafi comunali lavorano ancora in cartaceo e il progetto SAIA – che si propone l’informatizzazione delle anagrafi e la loro interattività – …….batte la fiacca”.

Posso raccontare in proposito la mia esperienza in quanto dirigente dei Servizi Demografici del mio Comune e responsabile dell’Ufficio Comunale di Censimento durante i censimenti generali 2001.

Non c’è dubbio che il numero degli iscritti nell’anagrafe del mio Comune alla data del 20.10.2001, vigilia del censimento, poco più di 88.000, fosse errato per eccesso, anche perché ai precedenti censimenti del 1981 e del 1991 non seguì la prevista revisione anagrafica, ma sono anche certa che, al contrario, i risultati del censimento che hanno indicato in poco più che 84.000 i dimoranti abituali  alla data del 21.10.2001 siano errati per difetto.

Infatti le operazioni di rilevazione sul territorio sono state svolte da 125 incaricati quasi tutti esterni, ragazzi molto spesso alla prima esperienza lavorativa, ma già ampiamente sindacalizzati, e tanto consapevoli dei propri diritti, quanto poco dei relativi doveri. In ufficio avevamo 13 coordinatori, tutti esterni, più sindacalizzati che mai. L’Amministrazione ha ritenuto che l’Ufficio di Censimento dovesse essere ridotto all’osso, con solo 4 addetti interni, poi ridottisi a due, che, devo dire, hanno lavorato bene, coadiuvati da un po’ di personale a straordinario.

Il lavoro preparatorio sulle Basi Territoriali (sezioni di censimento, aree di circolazione, numeri civici), che avrebbe dovuto essere approntato almeno l’anno prima, è stato realizzato in 20 giorni, quando, dopo l’ennesima lettera della sottoscritta, l’Amministrazione si è decisa finalmente a nominare il responsabile tecnico. Nel nostro Comune peraltro non esiste un Servizio Informatico Territoriale, se non sulla carta, molte aree di circolazione fuori dai centri urbani sono un po’ vaghe e la numerazione interna in larga parte non esiste. Pertanto devo riconoscere che i rilevatori, al di là delle deficienze proprie, hanno incontrato anche delle difficoltà esterne di un certo rilievo.

I coordinatori hanno passato buona parte del tempo a discutere dello scarso compenso, e sono d’accordo che era scarso, ma i suddetti avevano comunque firmato un contratto, e la sottoscritta si è trovata a rivestire il ruolo dell’affamatrice del popolo e l’assessore di riferimento quello del sindacalista. Il 2 gennaio 2002 (ero in ferie) ho ricevuto una telefonata a casa dal dirigente dell’Area di riferimento, perché rilevatori e coordinatori, di cui peraltro qualcuno non aveva ancora completato l’incarico, avevano protestato per non aver ancora ricevuto un acconto e quindi bisognava provvedere subito, anche se normalmente tra la fine dell’anno e l’inizio del nuovo la ragioneria blocca i pagamenti (diversi Comuni hanno pagato dopo mesi, ma noi in questo siamo stati tra i più celeri).

Personalmente per questo incarico, che si aggiungeva alle mie normali funzioni di dirigente di servizio (ho lavorato quasi tutti i pomeriggi e talvolta anche la sera per 11 mesi), ho ricevuto complessivamente, e dopo diversi mesi dalla conclusione dell’incarico, un compenso € 3000 scarsi (lordi), di cui 1000 dal contributo ISTAT e 2000 dall’Amministrazione, quale indennità di risultato. Il mio omologo del 1991 aveva incassato £.40.000.000 circa (lordi), però mi è stato detto che si trattava di altri tempi (o di altra persona?).

Per quanto poi riguarda la procedura informatica di gestione del censimento, il servizio elaborazione dati fece presente l’impossibilità di provvedere per motivi di organizzazione interna, e consigliò di conferire un incarico esterno di consulenza e di acquistare una procedura “ad hoc”, considerato altresì che il software approntato dall’ ISTAT tardava ad arrivare e comunque avrebbe richiesto 13 licenze ACCESS, una per ogni computer assegnato ai coordinatori, o almeno così mi è stato detto, che l’amministrazione non riteneva di dover comprare. Così fu acquistato un “software” per la relativamente modica cifra di € 8.500, ma il collegamento con la procedura anagrafica non è  stato possibile attivarlo, cosicché non è stato possibile procedere all’allineamento tra i dati del censimento e quelli anagrafici, né durante le operazioni censuarie, né dopo. Infatti solo con metodi assolutamente artigianali è stato possibile procedere ad una revisione molto parziale  e pertanto i dati anagrafici e quelli dell’ISTAT continueranno a divergere.

Credo tuttavia che anche l’ISTAT dovrà ripensare il sistema dei censimenti o per lo meno le modalità del loro svolgimento.

2 commenti:

  1. SEGUE.... Conclusione: forse sarebbe opportuno che l'ISTAT innanzitutto si applichi affinche i comuni utilizzino software GRATUITO (altrimenti i costi incideranno come sempre sulle NOSTRE tasche) ed in secondo luogo che garantsca l'anonimato dei dati ricevuti (non firmerò mai un foglio dove in una pagina c'è il mio nome e nella seconda le mie abitudini di consumatore !!!)

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  2. Brava Marivan (ma ti è arrivata la mia mail?) apri un altra pagina oscura della storia del nsotro paese. Personalmente non ho risposto al censimento e ti spiego brevemente perchè. Ho letto sommariamente la cartella del censimento ed ho capito subito che c'era sotto qualcosa. Innanzitutto è difficile capire (ma tu ci hai dato una parziale spiegazione) a cosa serve un censimento se ogni bravo comune ha la sua lista anagrafica di cittadini. Seconda cosa le domande mi sono sembrate leggermente "di parte" ovvero laddove ti si chiede se e quanti televisori possiedi o che tipo di acquisiti fai etc. suonavano molto come un controllo incrociato tra dichiarazione dei redditi e censimento. Certo io sono paranoico ma non credo nella "privacy" degli istituti statali. Non mi soffermo oltre perchè da una "tecnica" come te forse riceverei solo una sfilza di smentite. La mia è solo una scelta. Apri inoltre un altro interessante argomento di discussione per le LICENZE di ACCESS. Infatti pare che la battaglia per divulgare tra la pubblica amminsitrazione l'utilizzo di programmi freeware (vedi l'ottimo StarOffice) e altri applicativi sotto Linux sembra oramai stata persa. Tutto questo nell'era della portabilità dove oramai i programmi freeware si interfacciano con pochi (o nessun problema) con i software privati. Non so quale "software" abbbiate acquistato per informatizzare il tutto ma il già citato pacchetto StarOffice era bello e disponibile gratuitamente ed in grado di esportate i dati inseriti in una modalità "leggibile" da Access.

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