giovedì 24 gennaio 2013

L'economia digitale

Sul Corriere della Sera di oggi nell'articolo intitolato "L'economia del Prozac" a firma di Giovanni Sartori si dice che dopo l'economia agricola, la rivoluzione industriale e la società dei servizi è in arrivo una quarta rivoluzione industriale che sembra ancora più radicale di tutte quelle che l’hanno preceduta e che si potrebbe chiamare "rivoluzione digitale". In questo contesto un prodotto viene disegnato su un computer e poi stampato su una stampante 3D che a sua volta produce un conforme oggetto solido fondendo assieme successivi strati di materiali.

E' già un po' di tempo che mi capita di leggere di questa stampante che produce oggetti tridimensionali. Mi sembra che ne abbiano parlato anche in qualche programma televisivo. Ora non ho capito bene come funzioni e quali oggetti si possano stampare oggi e dove si potrebbe arrivare in futuro. Sarà possibile stamparsi un'auto o magari la casa?

Potrebbe accadere davvero che tra non molto tempo invece di andare a comprare un oggetto ce lo stamperemo e/o andremo in un negozio dove ce lo stamperanno? 


Sartori dice di essere troppo vecchio per capirne il funzionamento ma si domanda che fine farà, in questo radioso futuro, l’occupazione o meglio la disoccupazione. 

Ora è certo che se il futuro andrà in questa direzione, ma è troppo presto per dirlo, perché talvolta certe innovazioni che sembrano grandiose non hanno seguito, le implicazioni sull'economia non potranno che essere enormi, appunto si tratterà di una rivoluzione. 

E' ovvio che sarebbe sempre meno necessario il lavoro manuale. Avremmo certamente ancora bisogno di creativi, di tecnici, di professionisti, ma sempre meno di operai. La rivoluzione industriale aumentò la richiesta di manodopera che si trasferì dall'agricoltura all'industria, ma già con la "società dei servizi" la richiesta di manodopera diminuì. Con la "rivoluzione digitale" potrebbe ridursi ai minimi termini. Inoltre crollerebbero i prezzi, perché per produrre lo stesso  oggetto ci vorrebbe molto meno lavoro e meno tempo, e anche meno energia, sia per la produzione che per i trasporti di cui si avrebbe sempre meno bisogno, ricominciando a produrre sul posto, cioè il contrario della globalizzazione. 

Un nuovo modo di produrre coniugato con l'"economia verde" non potrebbe dare origine a un mondo migliore, meno stressante, meno inquinato, ma non per questo in decrescita?

Non mi intendo di economia, ma non è che si risolverebbero un sacco di problemi? 

Certo ci sarebbe il problema di dove impiegare la forza lavoro di cui la società non avrebbe più bisogno. Nel tempo libero?

Ma non si era già detto una trentina di anni fa, con l'avvento dell'era dei computer, che avremmo finito per lavorare meno tutti e per avere molto tempo libero a disposizione? Poi non è avvenuto, anzi. Ma potrebbe accadere in un prossimo futuro. Magari ci sarà una grande esplosione dell'"industria" del tempo libero che, insieme ai  servizi che saranno sempre necessari, assorbirà gran parte della forza lavoro.

Certo bisognerebbe riorganizzare il lavoro, la scuola, la formazione professionale, il tempo libero, e, nel complesso, l'intera società su basi completamente diverse. 

E' un'ipotesi. Certo  potrebbe anche crollare tutto, ma  perché non pensare positivo?

Sartori però non la pensa così e cita David Collinson, autore di "Prozac Leadership" , per il quale la cultura del pensiero positivo, molto di moda negli anni scorsi specialmente negli Stati Uniti, "premiando l’ottimismo ha indebolito la capacità di pensare criticamente, ha anestetizzato la sensibilità al pericolo" e ha finito per essere una delle cause della crisi che attanaglia l'Occidente.


I prossimi anni ci diranno chi ha ragione.

mercoledì 16 gennaio 2013

Fermare il declino

Ho votato per Renzi alle primarie del centro-sinistra, ritenendo che, nonostante l'origine democristiana,  rappresentasse l'unica novità accettabile nel panorama politico italiano. Purtroppo è andata come è andata e, d'altra parte, non si poteva sperare che andasse diversamente. 

Ora sono molto indecisa sul mio voto.

Ho letto i programmi del "M5S" di Beppe Grillo e di "Fare per Fermare il declino",  di Oscar Giannino, molto diversi tra di loro ovviamente, ma io sono un'eclettica e concordo con qualcosa sia dell'uno che dell'altro programma.  

Ho visto invece che il PD  non ha preparato neanche un programma sintetico da scaricare. Sul sito sotto la voce "il nostro programma" si trova "La carta d'intenti", che consiste in generiche affermazioni, e una serie di argomenti che rimandano a proposte risalenti anche al 2010.  Ho anche appreso che il PD presenterà alcuni dinosauri in circoscrizioni elettorali dove sono poco conosciuti e persino alcuni soggetti non particolarmente specchiati. Inoltre è quasi certo un accordo con Monti (Fini-Casini). Se pensano che vada bene così e che il popolo voti per fede facciano pure.

Alcuni amici di Facebook mi consigliano "Fare per fermare il declino".

Ora, anche volendo passar sopra alla tappezzeria con la quale si veste Oscar Giannino, che sicuramente denota qualche problema (!), ci sono diverse proposte di questo movimento che mi piacciono, ma anche altre che mi piacciono molto meno o per niente,  Inoltre il programma non è completo, in particolare non c'è alcun riferimento all'ambiente, che credo sia un fattore determinante anche al fine di combattere la crisi economica.

Ad ogni modo riporto sotto il programma preso dal sito di "Fermare il declino" e in corsivo le mie osservazioni.

Cosa ne pensate?


FERMARE IL DECLINO

I promotori:

Michele Boldrin, Paola Bruno, Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Silvia Enrico, Oscar Giannino, Andrea Moro, Carlo Stagnaro, Luigi Zingales

10 PROPOSTE

1 Ridurre l'ammontare del debito pubblico
2 Ridurre la spesa pubblica di almeno 6 punti percentuali del PIL nell'arco di 5 anni
3 Ridurre la pressione fiscale complessiva di almeno 5 punti in 5 anni,
4 Liberalizzare rapidamente i settori ancora non pienamente concorrenziali
5 Sostenere i livelli di reddito di chi momentaneamente perde il lavoro anziché tutelare il posto di lavoro esistente o le imprese inefficienti
6 Adottare immediatamente una legislazione organica sui conflitti d'interesse
7 Far funzionare la giustizia
8 Liberare le potenzialità di crescita, lavoro e creatività dei giovani e delle donne
9 Ridare alla scuola e all'università il ruolo, perso da tempo, di volani dell'emancipazione socio-economica delle nuove generazioni
10 Introdurre il vero federalismo con l'attribuzione di ruoli chiari e coerenti ai diversi livelli di governo

1
Ridurre l'ammontare del debito pubblico. E' possibile scendere rapidamente sotto la soglia simbolica del 100% del PIL anche attraverso alienazioni del patrimonio pubblico, composto sia da immobili non vincolati sia da imprese o quote di esse.

Anche? E gli altri modi?
Ci sono gli acquirenti?
Inoltre temo che si finirebbe per svendere.
La proposta mi trova poco d'accordo per quanto riguarda gli immobili, ancora meno per quanto riguarda le imprese. Mi pare peraltro che sia un po' di tempo che ci stiamo svendendo tutto quello che c'è di  buono; quanto a quello che non lo è,  non lo vuole nessuno.

Approfondimento
2
Ridurre la spesa pubblica di almeno 6 punti percentuali del PIL nell'arco di 5 anni. La spending review deve costituire il primo passo di un ripensamento complessivo della spesa, a partire dai costi della casta politico-burocratica e dai sussidi alle imprese (inclusi gli organi di informazione). Ripensare in modo organico le grandi voci di spesa, quali sanità e istruzione, introducendo meccanismi competitivi all’interno di quei settori. Riformare il sistema pensionistico per garantire vera equità inter—e intra—generazionale.

Perfettamente d'accordo per quanto riguarda i costi della casta politico-burocratica e i sussidi alla imprese, meno d'accordo sul resto.
Il sistema pensionistico è già stato riformato abbastanza e considerato che non si possono andare a riprendere i soldi elargiti nel passato ai pensionati baby non so cosa altro ancora  si potrebbe fare oggi: rinviare fin da subito tutti i pensionamenti al raggiungimento del 70° anno di età? E i giovani quando comincerebbero a lavorare, alla soglia della vecchiaia?  Quanto alla sanità e all'istruzione vanno certamente rese più efficienti, eliminando tutti gli sprechi, e non solo; non capisco invece  cosa si intenda per meccanismi competitivi all'interno dei settori.

Approfondimento
3
Ridurre la pressione fiscale complessiva di almeno 5 punti in 5 anni, dando la priorità alla riduzione delle imposte sul reddito da lavoro e d'impresa. Semplificare il sistema tributario e combattere l'evasione fiscale destinando il gettito alla riduzione delle imposte.

Perfettamente d'accordo

4
Liberalizzare rapidamente i settori ancora non pienamente concorrenziali quali, a titolo di esempio: trasporti, energia, poste, telecomunicazioni, servizi professionali e banche (inclusi gli assetti proprietari). Privatizzare le imprese pubbliche con modalità e obiettivi pro-concorrenziali nei rispettivi settori. Inserire nella Costituzione il principio della concorrenza come metodo di funzionamento del sistema economico, contro privilegi e monopoli d'ogni sorta. Privatizzare la RAI, abolire canone e tetto pubblicitario, eliminare il duopolio imperfetto su cui il settore si regge favorendo la concorrenza. Affidare i servizi pubblici, incluso quello radiotelevisivo, tramite gara fra imprese concorrenti.

D'accordo in parte. Su trasporti, poste e telecomunicazioni mi sembra che delle privatizzazioni siano già state fatte, ma con risultati poco esaltanti. 

Approfondimento
5
Sostenere i livelli di reddito di chi momentaneamente perde il lavoro anziché tutelare il posto di lavoro esistente o le imprese inefficienti. Tutti i lavoratori, indipendentemente dalla dimensione dell'impresa in cui lavoravano, devono godere di un sussidio di disoccupazione e di strumenti di formazione che permettano e incentivino la ricerca di un nuovo posto di lavoro quando necessario, scoraggiando altresì la cultura della dipendenza dallo Stato. Il pubblico impiego deve essere governato dalle stesse norme che sovrintendono al lavoro privato introducendo maggiore flessibilità sia del rapporto di lavoro che in costanza del rapporto di lavoro.

Perfettamente d'accordo.

6
Adottare immediatamente una legislazione organica sui conflitti d'interesse. Imporre effettiva trasparenza e pubblica verificabilità dei redditi, patrimoni e interessi economici di tutti i funzionari pubblici e di tutte le cariche elettive. Instaurare meccanismi premianti per chi denuncia reati di corruzione. Vanno allontanati dalla gestione di enti pubblici e di imprese quotate gli amministratori che hanno subito condanne penali per reati economici o corruttivi.

Perfettamente d'accordo.

7
Far funzionare la giustizia. Riformare il codice di procedura e la carriera dei magistrati, con netta distinzione dei percorsi e avanzamento basato sulla performance; no agli avanzamenti di carriera dovuti alla sola anzianità. Introdurre e sviluppare forme di specializzazione che siano in grado di far crescere l'efficienza e la prevedibilità delle decisioni. Difendere l'indipendenza di tutta la magistratura, sia inquirente che giudicante. Assicurare la terzietà dei procedimenti disciplinari a carico dei magistrati. Gestione professionale dei tribunali generalizzando i modelli adottati in alcuni di essi. Assicurare la certezza della pena da scontare in un sistema carcerario umanizzato.

Perfettamente d'accordo.

Approfondimento
8
Liberare le potenzialità di crescita, lavoro e creatività dei giovani e delle donne, oggi in gran parte esclusi dal mercato del lavoro e dagli ambiti più rilevanti del potere economico e politico. Non esiste una singola misura in grado di farci raggiungere questo obiettivo; occorre agire per eliminare il dualismo occupazionale, scoraggiare la discriminazione di età e sesso nel mondo del lavoro, offrire strumenti di assicurazione contro la disoccupazione, facilitare la creazione di nuove imprese, permettere effettiva mobilità meritocratica in ogni settore dell’economia e della società e, finalmente, rifondare il sistema educativo.

D'accordo, ma mi paiono più che altro dichiarazioni d'intenti. Si parla di misure senza indicare quali.

9
Ridare alla scuola e all'università il ruolo, perso da tempo, di volani dell'emancipazione socio-economica delle nuove generazioni. Non si tratta di spendere di meno, occorre anzi trovare le risorse per spendere di più in educazione e ricerca. Però, prima di aggiungere benzina nel motore di una macchina che non funziona, occorre farla funzionare bene. Questo significa spendere meglio e più efficacemente le risorse già disponibili. Vanno pertanto introdotti cambiamenti sistemici: la concorrenza fra istituzioni scolastiche e la selezione meritocratica di docenti e studenti devono trasformarsi nelle linee guida di un rinnovato sistema educativo. Va abolito il valore legale del titolo di studio.

Perfettamente d'accordo, tranne che per quanto riguarda l'abolizione del valore legale del titolo di studio.  Il titolo di studio, almeno nel passato, e mi riferisco all'epoca della mia gioventù,  rappresentava una minima garanzia di carriera per le persone che non avevano le giuste entrature, quelli che le avevano potevano anche prescindere dalla laurea. Ora è vero che questo programma ha l'obiettivo di realizzare una società fondata sul merito, ma si sa che ci vuole tempo per cambiare le cose. Rinvierei pertanto la proposta a un secondo tempo, anche se  sono convinta che le lauree del nuovo ordinamento non abbiano lo stesso valore di quelle del vecchio ordinamento,  sopratutto quelle inventate per gli incapaci che in passato una laurea non sarebbero riusciti a prenderla. 

10
Introdurre il vero federalismo con l'attribuzione di ruoli chiari e coerenti ai diversi livelli di governo. Un federalismo che assicuri ampia autonomia sia di spesa che di entrata agli enti locali rilevanti ma che, al tempo stesso, punisca in modo severo gli amministratori di quegli enti che non mantengono il pareggio di bilancio rendendoli responsabili, di fronte ai propri elettori, delle scelte compiute. Totale trasparenza dei bilanci delle pubbliche amministrazioni e delle società partecipate da enti pubblici con l'obbligo della loro pubblicazione sui rispettivi siti Internet. La stessa "questione meridionale" va affrontata in questo contesto, abbandonando la dannosa e fallimentare politica di sussidi seguita nell'ultimo mezzo secolo.

D'accordo.



venerdì 11 gennaio 2013

La sinistra e il merito


Riporto un articolo tratto dall'Huffington Post Italia di stamani in cui si sostiene che  le uniche vere novità di questa campagna elettorale sono venute finora da Renzi e da "Fare per Fermare il Declino". 
Purtroppo nelle liste del PD i renziani sembrano veramente pochi, mentre sono ricomparsi alcuni dinosauri spostati magari in circoscrizioni dove non sono conosciuti, e diversi nominativi nuovi di cui però non si sa niente (ligi funzionari di partito?), quanto a "Fare per Fermare il declino" è un movimento di opinione di cui condivido alcune proposte, soprattutto sulla valorizzazione del merito, ma è certo che non raccoglierà che una minima percentuale di consensi forse insufficienti a entrare in parlamento.

Quello che non riesco a capire della sinistra è perché continui a guardare con sospetto il merito come se si trattasse di un attentato all'uguaglianza e di qualcosa che "profuma" di destra. 

Giusto ovviamente che la sinistra appunti l'attenzione sulla redistribuzione dei redditi e sulla giustizia sociale; mi domando tuttavia perché non ha ancora capito che uguaglianza di diritti significa assicurare le stesse basi di partenza e opportunità a tutti, indipendentemente dal reddito originario, ma che poi, pur assicurando i mezzi per vivere dignitosamente a tutti, è giusto che ottenga di più chi si impegna di più e anche chi ha migliori qualità personali. E se la natura, talvolta è matrigna, non ci si può mica fare niente. 

Se non si mandano avanti i migliori, come avviene negli altri paesi europei, non ci libereremo mai dei tipici malanni che caratterizzano non solo la politica, ma anche la società civile del nostro paese.

 

Destra-Sinistra, Vecchio-Nuovo: Istruzioni per l'uso in campagna elettorale



Nelle ultime settimane si è spesso detto che la tradizionale divisione destra-sinistra non ha più molto senso. Il tema, affrontato sempre più di frequente in editoriali e blog in questo primo scorcio di campagna, nel tentativo di inquadrare i nuovi soggetti politici che stanno scaldando i muscoli in attesa della competizione elettorale, è divenuto di attualità quando Monti lo ha ribadito a chiare lettere nella conferenza stampa nella quale annunciava la propria "salita" in politica. Il punto, però, non è che destra e sinistra non esistono più - sarebbe come dire che non ci sono più le mezze stagioni - ma che i governi sono costretti a perseguire politiche diversificate, una volta patrimonio esclusivo dell'una o dell'altra parte politica, a seconda della situazione economica o politica contingente o della convenienza in chiave elettorale. Fenomeno colto con chiarezza da Nanni Moretti nel film "Aprile" quando esortava D'Alema a "dire qualcosa di sinistra".
Si pensi, ad esempio, alle "lenzuolate" di Bersani che hanno iniziato a introdurre le prime liberalizzazioni. Un tema a prima vista tipicamente di destra, ma che nel contesto italiano, come Giavazzi e Alesina hanno convincentemente spiegato, è piuttosto rivoluzionario e che certamente beneficia soprattutto le classi meno abbienti. D'altro lato, si pensi all'approccio statalista e protezionista di larga parte del PdL in difesa dei dipendenti pubblici che costituivano una larga parte del proprio elettorato.


Queste differenze erano fondamentali nella Prima Repubblica, quando l'ideologia prevaleva su ogni altro argomento politico. Nella Seconda Repubblica, invece, dopo la caduta del muro di Berlino e lo sdoganamento della destra, erano solo un utile pretesto per catturare gli elettori. Com'è noto, Bobbio aveva scritto che destra e sinistra continuavano a differenziarsi per il diverso approccio al tema dell'uguaglianza: la prima mirava alla redistribuzione del reddito, la seconda privilegiava il merito. 
Oggi però sembra chiaro che per aiutare chi è svantaggiato non serve tanto ridistribuire il reddito quanto piuttosto creare quella che in gergo si chiama "eguaglianza di opportunità" per consentire mobilità sociale.

Così, chi è rimasto legato alle tradizionali categorie della politica si trova spiazzato. Mancando questi punti di riferimento, la campagna si sta sviluppando all'insegna del "vecchio" e del "nuovo", soprattutto per intercettare i voti di protesta. Anche queste, però, sembrano spesso definizioni retoriche che lasciano il tempo che trovano. La novità non deriva dal solo fatto che si tratti di un soggetto politico che si presenta per la prima volta alle elezioni o dalla provenienza dalla cosiddetta "società civile" di una parte dei suoi candidati, quanto piuttosto dalle idee che stanno alla base dell'offerta politica.
Ad esempio, il Movimento 5 Stelle, che peraltro esiste da tempo, in fin dei conti riprende taluni temi qualunquistici tipici dell'antipolitica ed altri dei no-global già presenti in altri partiti e gruppi in Italia (dal partito dell'Uomo Qualunque di Giannini ai No-Tav) e di recente anche all'estero (il Partito Pirata in Germania). Lo stesso vale per Rivoluzione Civile di Ingroia che è stato ripudiato da molti intellettuali proprio perché ritenuto "vecchio" nella sostanza e nel metodo. Anche il "nuovo" raggruppamento che si sta formando intorno al Presidente Monti accoglie partiti e candidati che provengono addirittura dalla Prima Repubblica e che si pongono in una linea di continuità con le politiche di rigore fondato sull'imposizione fiscale finora portate avanti dal governo.
A me pare che le uniche vere novità di questa campagna elettorale siano venute finora da Renzi e da Fare per Fermare il Declino, non solo per il comune forte richiamo alla discontinuità con una classe dirigente (politica e amministrativa) che ha portato il paese alla situazione di gravissima crisi nella quale ora si trova, ma anche per le soluzioni offerte. Il progetto, in entrambi casi, si basa su ricette chiare, in alcuni casi con l'indicazione dei provvedimenti da adottare nei primi 100 giorni (non le solite fumose e generiche affermazioni di principio che sostanzialmente equivalgono a dare un assegno in bianco nelle mani di chi governerà): diminuzione del debito pubblico; riduzione della pressione fiscale (soprattutto per ridurre il costo del lavoro); riorganizzazione e "dimagrimento" dello Stato per indirizzare le risorse dove è più necessario (scuola, università, ricerca scientifica); riforme della giustizia per accelerare la durata dei processi; maggiore trasparenza nella gestione dell'amministrazione; ecc..
Le affinità sono notevoli, sia per il metodo sia per le ricette economiche. Non a caso Zingales (uno dei fondatori di Fare per Fermare il Declino, era stato tra i consiglieri economici di Renzi). Ebbene, proprio per la loro "novità", la reazione dell'establishment contro entrambi è stata durissima: da un lato, la vecchia guardia del PD ha fatto muro contro il giovane sfidante e, dopo le recenti primarie per i candidati, ben pochi sono i Renziani rimasti in lista; dall'altro, i partiti e movimenti che pure apparentemente si richiamano agli stessi principi liberali hanno ignorato Fare, addirittura rifiutando ogni confronto sui programmi o cooperazione sul piano elettorale.
A ben vedere, dunque, tutte queste definizioni (destra, sinistra, società civile, nuovo, scelte civiche, ecc.) sono ormai spesso solo proclami elettorali. Occorre guardare alla sostanza dell'offerta politica, altrimenti poi è inutile lamentarsi. Come diceva Goethe, non si è mai ingannati, si inganna se stessi.
Alberto Saravalle, Responsabile Settore Giustizia, Fare per Fermare il Declino
L'Huffington Post
11/01/2013

giovedì 24 gennaio 2013

L'economia digitale

Sul Corriere della Sera di oggi nell'articolo intitolato "L'economia del Prozac" a firma di Giovanni Sartori si dice che dopo l'economia agricola, la rivoluzione industriale e la società dei servizi è in arrivo una quarta rivoluzione industriale che sembra ancora più radicale di tutte quelle che l’hanno preceduta e che si potrebbe chiamare "rivoluzione digitale". In questo contesto un prodotto viene disegnato su un computer e poi stampato su una stampante 3D che a sua volta produce un conforme oggetto solido fondendo assieme successivi strati di materiali.

E' già un po' di tempo che mi capita di leggere di questa stampante che produce oggetti tridimensionali. Mi sembra che ne abbiano parlato anche in qualche programma televisivo. Ora non ho capito bene come funzioni e quali oggetti si possano stampare oggi e dove si potrebbe arrivare in futuro. Sarà possibile stamparsi un'auto o magari la casa?

Potrebbe accadere davvero che tra non molto tempo invece di andare a comprare un oggetto ce lo stamperemo e/o andremo in un negozio dove ce lo stamperanno? 


Sartori dice di essere troppo vecchio per capirne il funzionamento ma si domanda che fine farà, in questo radioso futuro, l’occupazione o meglio la disoccupazione. 

Ora è certo che se il futuro andrà in questa direzione, ma è troppo presto per dirlo, perché talvolta certe innovazioni che sembrano grandiose non hanno seguito, le implicazioni sull'economia non potranno che essere enormi, appunto si tratterà di una rivoluzione. 

E' ovvio che sarebbe sempre meno necessario il lavoro manuale. Avremmo certamente ancora bisogno di creativi, di tecnici, di professionisti, ma sempre meno di operai. La rivoluzione industriale aumentò la richiesta di manodopera che si trasferì dall'agricoltura all'industria, ma già con la "società dei servizi" la richiesta di manodopera diminuì. Con la "rivoluzione digitale" potrebbe ridursi ai minimi termini. Inoltre crollerebbero i prezzi, perché per produrre lo stesso  oggetto ci vorrebbe molto meno lavoro e meno tempo, e anche meno energia, sia per la produzione che per i trasporti di cui si avrebbe sempre meno bisogno, ricominciando a produrre sul posto, cioè il contrario della globalizzazione. 

Un nuovo modo di produrre coniugato con l'"economia verde" non potrebbe dare origine a un mondo migliore, meno stressante, meno inquinato, ma non per questo in decrescita?

Non mi intendo di economia, ma non è che si risolverebbero un sacco di problemi? 

Certo ci sarebbe il problema di dove impiegare la forza lavoro di cui la società non avrebbe più bisogno. Nel tempo libero?

Ma non si era già detto una trentina di anni fa, con l'avvento dell'era dei computer, che avremmo finito per lavorare meno tutti e per avere molto tempo libero a disposizione? Poi non è avvenuto, anzi. Ma potrebbe accadere in un prossimo futuro. Magari ci sarà una grande esplosione dell'"industria" del tempo libero che, insieme ai  servizi che saranno sempre necessari, assorbirà gran parte della forza lavoro.

Certo bisognerebbe riorganizzare il lavoro, la scuola, la formazione professionale, il tempo libero, e, nel complesso, l'intera società su basi completamente diverse. 

E' un'ipotesi. Certo  potrebbe anche crollare tutto, ma  perché non pensare positivo?

Sartori però non la pensa così e cita David Collinson, autore di "Prozac Leadership" , per il quale la cultura del pensiero positivo, molto di moda negli anni scorsi specialmente negli Stati Uniti, "premiando l’ottimismo ha indebolito la capacità di pensare criticamente, ha anestetizzato la sensibilità al pericolo" e ha finito per essere una delle cause della crisi che attanaglia l'Occidente.


I prossimi anni ci diranno chi ha ragione.

mercoledì 16 gennaio 2013

Fermare il declino

Ho votato per Renzi alle primarie del centro-sinistra, ritenendo che, nonostante l'origine democristiana,  rappresentasse l'unica novità accettabile nel panorama politico italiano. Purtroppo è andata come è andata e, d'altra parte, non si poteva sperare che andasse diversamente. 

Ora sono molto indecisa sul mio voto.

Ho letto i programmi del "M5S" di Beppe Grillo e di "Fare per Fermare il declino",  di Oscar Giannino, molto diversi tra di loro ovviamente, ma io sono un'eclettica e concordo con qualcosa sia dell'uno che dell'altro programma.  

Ho visto invece che il PD  non ha preparato neanche un programma sintetico da scaricare. Sul sito sotto la voce "il nostro programma" si trova "La carta d'intenti", che consiste in generiche affermazioni, e una serie di argomenti che rimandano a proposte risalenti anche al 2010.  Ho anche appreso che il PD presenterà alcuni dinosauri in circoscrizioni elettorali dove sono poco conosciuti e persino alcuni soggetti non particolarmente specchiati. Inoltre è quasi certo un accordo con Monti (Fini-Casini). Se pensano che vada bene così e che il popolo voti per fede facciano pure.

Alcuni amici di Facebook mi consigliano "Fare per fermare il declino".

Ora, anche volendo passar sopra alla tappezzeria con la quale si veste Oscar Giannino, che sicuramente denota qualche problema (!), ci sono diverse proposte di questo movimento che mi piacciono, ma anche altre che mi piacciono molto meno o per niente,  Inoltre il programma non è completo, in particolare non c'è alcun riferimento all'ambiente, che credo sia un fattore determinante anche al fine di combattere la crisi economica.

Ad ogni modo riporto sotto il programma preso dal sito di "Fermare il declino" e in corsivo le mie osservazioni.

Cosa ne pensate?


FERMARE IL DECLINO

I promotori:

Michele Boldrin, Paola Bruno, Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Silvia Enrico, Oscar Giannino, Andrea Moro, Carlo Stagnaro, Luigi Zingales

10 PROPOSTE

1 Ridurre l'ammontare del debito pubblico
2 Ridurre la spesa pubblica di almeno 6 punti percentuali del PIL nell'arco di 5 anni
3 Ridurre la pressione fiscale complessiva di almeno 5 punti in 5 anni,
4 Liberalizzare rapidamente i settori ancora non pienamente concorrenziali
5 Sostenere i livelli di reddito di chi momentaneamente perde il lavoro anziché tutelare il posto di lavoro esistente o le imprese inefficienti
6 Adottare immediatamente una legislazione organica sui conflitti d'interesse
7 Far funzionare la giustizia
8 Liberare le potenzialità di crescita, lavoro e creatività dei giovani e delle donne
9 Ridare alla scuola e all'università il ruolo, perso da tempo, di volani dell'emancipazione socio-economica delle nuove generazioni
10 Introdurre il vero federalismo con l'attribuzione di ruoli chiari e coerenti ai diversi livelli di governo

1
Ridurre l'ammontare del debito pubblico. E' possibile scendere rapidamente sotto la soglia simbolica del 100% del PIL anche attraverso alienazioni del patrimonio pubblico, composto sia da immobili non vincolati sia da imprese o quote di esse.

Anche? E gli altri modi?
Ci sono gli acquirenti?
Inoltre temo che si finirebbe per svendere.
La proposta mi trova poco d'accordo per quanto riguarda gli immobili, ancora meno per quanto riguarda le imprese. Mi pare peraltro che sia un po' di tempo che ci stiamo svendendo tutto quello che c'è di  buono; quanto a quello che non lo è,  non lo vuole nessuno.

Approfondimento
2
Ridurre la spesa pubblica di almeno 6 punti percentuali del PIL nell'arco di 5 anni. La spending review deve costituire il primo passo di un ripensamento complessivo della spesa, a partire dai costi della casta politico-burocratica e dai sussidi alle imprese (inclusi gli organi di informazione). Ripensare in modo organico le grandi voci di spesa, quali sanità e istruzione, introducendo meccanismi competitivi all’interno di quei settori. Riformare il sistema pensionistico per garantire vera equità inter—e intra—generazionale.

Perfettamente d'accordo per quanto riguarda i costi della casta politico-burocratica e i sussidi alla imprese, meno d'accordo sul resto.
Il sistema pensionistico è già stato riformato abbastanza e considerato che non si possono andare a riprendere i soldi elargiti nel passato ai pensionati baby non so cosa altro ancora  si potrebbe fare oggi: rinviare fin da subito tutti i pensionamenti al raggiungimento del 70° anno di età? E i giovani quando comincerebbero a lavorare, alla soglia della vecchiaia?  Quanto alla sanità e all'istruzione vanno certamente rese più efficienti, eliminando tutti gli sprechi, e non solo; non capisco invece  cosa si intenda per meccanismi competitivi all'interno dei settori.

Approfondimento
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Ridurre la pressione fiscale complessiva di almeno 5 punti in 5 anni, dando la priorità alla riduzione delle imposte sul reddito da lavoro e d'impresa. Semplificare il sistema tributario e combattere l'evasione fiscale destinando il gettito alla riduzione delle imposte.

Perfettamente d'accordo

4
Liberalizzare rapidamente i settori ancora non pienamente concorrenziali quali, a titolo di esempio: trasporti, energia, poste, telecomunicazioni, servizi professionali e banche (inclusi gli assetti proprietari). Privatizzare le imprese pubbliche con modalità e obiettivi pro-concorrenziali nei rispettivi settori. Inserire nella Costituzione il principio della concorrenza come metodo di funzionamento del sistema economico, contro privilegi e monopoli d'ogni sorta. Privatizzare la RAI, abolire canone e tetto pubblicitario, eliminare il duopolio imperfetto su cui il settore si regge favorendo la concorrenza. Affidare i servizi pubblici, incluso quello radiotelevisivo, tramite gara fra imprese concorrenti.

D'accordo in parte. Su trasporti, poste e telecomunicazioni mi sembra che delle privatizzazioni siano già state fatte, ma con risultati poco esaltanti. 

Approfondimento
5
Sostenere i livelli di reddito di chi momentaneamente perde il lavoro anziché tutelare il posto di lavoro esistente o le imprese inefficienti. Tutti i lavoratori, indipendentemente dalla dimensione dell'impresa in cui lavoravano, devono godere di un sussidio di disoccupazione e di strumenti di formazione che permettano e incentivino la ricerca di un nuovo posto di lavoro quando necessario, scoraggiando altresì la cultura della dipendenza dallo Stato. Il pubblico impiego deve essere governato dalle stesse norme che sovrintendono al lavoro privato introducendo maggiore flessibilità sia del rapporto di lavoro che in costanza del rapporto di lavoro.

Perfettamente d'accordo.

6
Adottare immediatamente una legislazione organica sui conflitti d'interesse. Imporre effettiva trasparenza e pubblica verificabilità dei redditi, patrimoni e interessi economici di tutti i funzionari pubblici e di tutte le cariche elettive. Instaurare meccanismi premianti per chi denuncia reati di corruzione. Vanno allontanati dalla gestione di enti pubblici e di imprese quotate gli amministratori che hanno subito condanne penali per reati economici o corruttivi.

Perfettamente d'accordo.

7
Far funzionare la giustizia. Riformare il codice di procedura e la carriera dei magistrati, con netta distinzione dei percorsi e avanzamento basato sulla performance; no agli avanzamenti di carriera dovuti alla sola anzianità. Introdurre e sviluppare forme di specializzazione che siano in grado di far crescere l'efficienza e la prevedibilità delle decisioni. Difendere l'indipendenza di tutta la magistratura, sia inquirente che giudicante. Assicurare la terzietà dei procedimenti disciplinari a carico dei magistrati. Gestione professionale dei tribunali generalizzando i modelli adottati in alcuni di essi. Assicurare la certezza della pena da scontare in un sistema carcerario umanizzato.

Perfettamente d'accordo.

Approfondimento
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Liberare le potenzialità di crescita, lavoro e creatività dei giovani e delle donne, oggi in gran parte esclusi dal mercato del lavoro e dagli ambiti più rilevanti del potere economico e politico. Non esiste una singola misura in grado di farci raggiungere questo obiettivo; occorre agire per eliminare il dualismo occupazionale, scoraggiare la discriminazione di età e sesso nel mondo del lavoro, offrire strumenti di assicurazione contro la disoccupazione, facilitare la creazione di nuove imprese, permettere effettiva mobilità meritocratica in ogni settore dell’economia e della società e, finalmente, rifondare il sistema educativo.

D'accordo, ma mi paiono più che altro dichiarazioni d'intenti. Si parla di misure senza indicare quali.

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Ridare alla scuola e all'università il ruolo, perso da tempo, di volani dell'emancipazione socio-economica delle nuove generazioni. Non si tratta di spendere di meno, occorre anzi trovare le risorse per spendere di più in educazione e ricerca. Però, prima di aggiungere benzina nel motore di una macchina che non funziona, occorre farla funzionare bene. Questo significa spendere meglio e più efficacemente le risorse già disponibili. Vanno pertanto introdotti cambiamenti sistemici: la concorrenza fra istituzioni scolastiche e la selezione meritocratica di docenti e studenti devono trasformarsi nelle linee guida di un rinnovato sistema educativo. Va abolito il valore legale del titolo di studio.

Perfettamente d'accordo, tranne che per quanto riguarda l'abolizione del valore legale del titolo di studio.  Il titolo di studio, almeno nel passato, e mi riferisco all'epoca della mia gioventù,  rappresentava una minima garanzia di carriera per le persone che non avevano le giuste entrature, quelli che le avevano potevano anche prescindere dalla laurea. Ora è vero che questo programma ha l'obiettivo di realizzare una società fondata sul merito, ma si sa che ci vuole tempo per cambiare le cose. Rinvierei pertanto la proposta a un secondo tempo, anche se  sono convinta che le lauree del nuovo ordinamento non abbiano lo stesso valore di quelle del vecchio ordinamento,  sopratutto quelle inventate per gli incapaci che in passato una laurea non sarebbero riusciti a prenderla. 

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Introdurre il vero federalismo con l'attribuzione di ruoli chiari e coerenti ai diversi livelli di governo. Un federalismo che assicuri ampia autonomia sia di spesa che di entrata agli enti locali rilevanti ma che, al tempo stesso, punisca in modo severo gli amministratori di quegli enti che non mantengono il pareggio di bilancio rendendoli responsabili, di fronte ai propri elettori, delle scelte compiute. Totale trasparenza dei bilanci delle pubbliche amministrazioni e delle società partecipate da enti pubblici con l'obbligo della loro pubblicazione sui rispettivi siti Internet. La stessa "questione meridionale" va affrontata in questo contesto, abbandonando la dannosa e fallimentare politica di sussidi seguita nell'ultimo mezzo secolo.

D'accordo.



venerdì 11 gennaio 2013

La sinistra e il merito


Riporto un articolo tratto dall'Huffington Post Italia di stamani in cui si sostiene che  le uniche vere novità di questa campagna elettorale sono venute finora da Renzi e da "Fare per Fermare il Declino". 
Purtroppo nelle liste del PD i renziani sembrano veramente pochi, mentre sono ricomparsi alcuni dinosauri spostati magari in circoscrizioni dove non sono conosciuti, e diversi nominativi nuovi di cui però non si sa niente (ligi funzionari di partito?), quanto a "Fare per Fermare il declino" è un movimento di opinione di cui condivido alcune proposte, soprattutto sulla valorizzazione del merito, ma è certo che non raccoglierà che una minima percentuale di consensi forse insufficienti a entrare in parlamento.

Quello che non riesco a capire della sinistra è perché continui a guardare con sospetto il merito come se si trattasse di un attentato all'uguaglianza e di qualcosa che "profuma" di destra. 

Giusto ovviamente che la sinistra appunti l'attenzione sulla redistribuzione dei redditi e sulla giustizia sociale; mi domando tuttavia perché non ha ancora capito che uguaglianza di diritti significa assicurare le stesse basi di partenza e opportunità a tutti, indipendentemente dal reddito originario, ma che poi, pur assicurando i mezzi per vivere dignitosamente a tutti, è giusto che ottenga di più chi si impegna di più e anche chi ha migliori qualità personali. E se la natura, talvolta è matrigna, non ci si può mica fare niente. 

Se non si mandano avanti i migliori, come avviene negli altri paesi europei, non ci libereremo mai dei tipici malanni che caratterizzano non solo la politica, ma anche la società civile del nostro paese.

 

Destra-Sinistra, Vecchio-Nuovo: Istruzioni per l'uso in campagna elettorale



Nelle ultime settimane si è spesso detto che la tradizionale divisione destra-sinistra non ha più molto senso. Il tema, affrontato sempre più di frequente in editoriali e blog in questo primo scorcio di campagna, nel tentativo di inquadrare i nuovi soggetti politici che stanno scaldando i muscoli in attesa della competizione elettorale, è divenuto di attualità quando Monti lo ha ribadito a chiare lettere nella conferenza stampa nella quale annunciava la propria "salita" in politica. Il punto, però, non è che destra e sinistra non esistono più - sarebbe come dire che non ci sono più le mezze stagioni - ma che i governi sono costretti a perseguire politiche diversificate, una volta patrimonio esclusivo dell'una o dell'altra parte politica, a seconda della situazione economica o politica contingente o della convenienza in chiave elettorale. Fenomeno colto con chiarezza da Nanni Moretti nel film "Aprile" quando esortava D'Alema a "dire qualcosa di sinistra".
Si pensi, ad esempio, alle "lenzuolate" di Bersani che hanno iniziato a introdurre le prime liberalizzazioni. Un tema a prima vista tipicamente di destra, ma che nel contesto italiano, come Giavazzi e Alesina hanno convincentemente spiegato, è piuttosto rivoluzionario e che certamente beneficia soprattutto le classi meno abbienti. D'altro lato, si pensi all'approccio statalista e protezionista di larga parte del PdL in difesa dei dipendenti pubblici che costituivano una larga parte del proprio elettorato.


Queste differenze erano fondamentali nella Prima Repubblica, quando l'ideologia prevaleva su ogni altro argomento politico. Nella Seconda Repubblica, invece, dopo la caduta del muro di Berlino e lo sdoganamento della destra, erano solo un utile pretesto per catturare gli elettori. Com'è noto, Bobbio aveva scritto che destra e sinistra continuavano a differenziarsi per il diverso approccio al tema dell'uguaglianza: la prima mirava alla redistribuzione del reddito, la seconda privilegiava il merito. 
Oggi però sembra chiaro che per aiutare chi è svantaggiato non serve tanto ridistribuire il reddito quanto piuttosto creare quella che in gergo si chiama "eguaglianza di opportunità" per consentire mobilità sociale.

Così, chi è rimasto legato alle tradizionali categorie della politica si trova spiazzato. Mancando questi punti di riferimento, la campagna si sta sviluppando all'insegna del "vecchio" e del "nuovo", soprattutto per intercettare i voti di protesta. Anche queste, però, sembrano spesso definizioni retoriche che lasciano il tempo che trovano. La novità non deriva dal solo fatto che si tratti di un soggetto politico che si presenta per la prima volta alle elezioni o dalla provenienza dalla cosiddetta "società civile" di una parte dei suoi candidati, quanto piuttosto dalle idee che stanno alla base dell'offerta politica.
Ad esempio, il Movimento 5 Stelle, che peraltro esiste da tempo, in fin dei conti riprende taluni temi qualunquistici tipici dell'antipolitica ed altri dei no-global già presenti in altri partiti e gruppi in Italia (dal partito dell'Uomo Qualunque di Giannini ai No-Tav) e di recente anche all'estero (il Partito Pirata in Germania). Lo stesso vale per Rivoluzione Civile di Ingroia che è stato ripudiato da molti intellettuali proprio perché ritenuto "vecchio" nella sostanza e nel metodo. Anche il "nuovo" raggruppamento che si sta formando intorno al Presidente Monti accoglie partiti e candidati che provengono addirittura dalla Prima Repubblica e che si pongono in una linea di continuità con le politiche di rigore fondato sull'imposizione fiscale finora portate avanti dal governo.
A me pare che le uniche vere novità di questa campagna elettorale siano venute finora da Renzi e da Fare per Fermare il Declino, non solo per il comune forte richiamo alla discontinuità con una classe dirigente (politica e amministrativa) che ha portato il paese alla situazione di gravissima crisi nella quale ora si trova, ma anche per le soluzioni offerte. Il progetto, in entrambi casi, si basa su ricette chiare, in alcuni casi con l'indicazione dei provvedimenti da adottare nei primi 100 giorni (non le solite fumose e generiche affermazioni di principio che sostanzialmente equivalgono a dare un assegno in bianco nelle mani di chi governerà): diminuzione del debito pubblico; riduzione della pressione fiscale (soprattutto per ridurre il costo del lavoro); riorganizzazione e "dimagrimento" dello Stato per indirizzare le risorse dove è più necessario (scuola, università, ricerca scientifica); riforme della giustizia per accelerare la durata dei processi; maggiore trasparenza nella gestione dell'amministrazione; ecc..
Le affinità sono notevoli, sia per il metodo sia per le ricette economiche. Non a caso Zingales (uno dei fondatori di Fare per Fermare il Declino, era stato tra i consiglieri economici di Renzi). Ebbene, proprio per la loro "novità", la reazione dell'establishment contro entrambi è stata durissima: da un lato, la vecchia guardia del PD ha fatto muro contro il giovane sfidante e, dopo le recenti primarie per i candidati, ben pochi sono i Renziani rimasti in lista; dall'altro, i partiti e movimenti che pure apparentemente si richiamano agli stessi principi liberali hanno ignorato Fare, addirittura rifiutando ogni confronto sui programmi o cooperazione sul piano elettorale.
A ben vedere, dunque, tutte queste definizioni (destra, sinistra, società civile, nuovo, scelte civiche, ecc.) sono ormai spesso solo proclami elettorali. Occorre guardare alla sostanza dell'offerta politica, altrimenti poi è inutile lamentarsi. Come diceva Goethe, non si è mai ingannati, si inganna se stessi.
Alberto Saravalle, Responsabile Settore Giustizia, Fare per Fermare il Declino
L'Huffington Post
11/01/2013