martedì 30 novembre 2004

Lo sciopero e i valori “cristiano-liberali”

La manovra finanziaria del governo non risana certo i conti pubblici né rilancerà l’economia, del resto sia gli uni che l’altra vanno male da tempo. Quanto al famoso taglio delle tasse porterà qualche spicciolo in più nelle tasche degli italiani, sui 40 Euro mensili per i redditi medio-bassi, qualcosa di più per quelli più alti, però bisogna anche dire che siamo più o meno sui livelli degli aumenti contrattuali. Inoltre non mi sembra che altre finanziarie anche in passato, anche durante i governi di centro sinistra siano state migliori, però allora non si scioperava. Infine devo dire che sono stufa dei sindacati che sono sempre pronti a difendere i piccoli privilegi dei soliti lavativi e che alcune critiche all’apparato burocratico (di cui peraltro faccio parte), all’assistenzialismo, alle inefficienze della macchina statale mi sembrano tutto sommato giuste.


Fatte queste considerazioni mi è sembrato che non ci fossero molti motivi per aderire allo sciopero.


Poi però stamani mi è capitato di leggere sul Giornale (stamani sono usciti solo i quotidiani schierati con il governo) un articolo di Adornato di cui non ricordo il titolo, ma che mi ha fatto imbestialire.


L’articolo partendo dallo "sciopero politico" contro il governo arrivava a dire che la sinistra ormai propone solo vecchie idee superate dai tempi (e in parte è vero) mentre il nuovo che avanza è rappresentato da chi come Bush e Berlusconi porta avanti i valori cristiano-liberali (?). Allora che Dio ci salvi dai portatori di nuovi valori!


Vorrà dire che la prossima volta aderirò anche agli scioperi in cui non credo pur di non essere accomunata ai portatori dei valori “cristiano-liberali”, ovvero“Dio, patria e famiglia”.


Ho sempre ritenuto che Dio sia eventualmente un problema filosofico e che niente abbia a che vedere con la politica e tanto meno con le manovre finanziarie, se poi con Dio si intende la religione, è un dato di fatto che essa ha sempre avversato il progresso, quanto alla patria vorrei si che ci fosse un maggiore senso della nazione, una maggiore dignità nazionale, ma non ce l’hanno certo gli alleati di Bush, infine di famiglia in Italia ce n’è anche troppa.


sabato 27 novembre 2004

Il velo antimperialista e la sinistra - Leggere Lolita a Teheran

Durante i venti anni successivi alla “rivoluzione khomeinista” una  docente di letteratura inglese all'Università di Teheran, Azar Nafisi, si è trovata a cimentarsi “in un'impresa fra le più ardue, e cioè spiegare a ragazzi e ragazze esposti in misura sempre crescente alla catechesi islamica una delle più terribili incarnazioni dell'Occidente: la sua letteratura", come si legge nel risvolto di copertina del suo libro “Leggere Lolita a Teheran", uscito nel 2003. Ma nell'autunno del 1995 non ne può più, dà le dimissioni da ogni incarico accademico e, come lei stessa ci racconta nella prima pagina del suo libro,decide di “farsi un regalo e realizzare un sogno”.

Così chiede alle sette sue migliori studentesse di andare ogni giovedì mattina a casa sua per parlare di letteratura. Gli studenti maschi vengono esclusi, ma solo perché costituire un gruppo misto sarebbe stato troppo pericoloso.Il seminario si interrompe nel 1997 quando Azar decide di lasciare l'Iran e di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti dove oggi insegna Letteratura inglese alla John Hopkins University.

Il libro è il racconto di un seminario semiclandestino in cui per due anni sette giovani donne e la loro insegnante si concedono il lusso“nello spazio magico del [suo] salotto" di togliersi veli e chador e, tra caffè e pasticcini, storie private e critica letteraria, discutendo di Nabokov, Fitzgerald, Jane Austen ed Henry James, mettono a confronto finzione e realtà, fiaba e storia, sogno e concretezza del quotidiano, ma è anche uno spaccato di storia dell'Iran raccontato da chi quella storia l'ha vissuta in prima persona. E in ciascuna delle quattro sezioni in cui è strutturato il libro ("Lolita", "Gatsby","James", "Austen") l'analisi e la discussione dei testi letterari viene utilizzata da Azar Nafisi anche per decifrare e comprendere la dura realtà di un paese che dal sogno della caduta del regime dei Pahlavi si ritrova intrappolato nell'integralismo fondamentalista.

La realtà

Ed è una realtà da incubo, angosciante, soffocante, claustrofobica.

Tutto è proibito: andare a una festa, mangiare un gelato al bar, tenersi per mano, stringere una mano, innamorarsi, mettere il rossetto, ridere in pubblico. Tutti sono colpevoli, i processi sono all’ordine del giorno, le strade sono teatro di violenze tremende, uccisioni di massa, stupri, mentre tanti ragazzi venivano mandati a morire sul fronte iracheno, a piedi nudi, ma con la chiave del paradiso al collo.

Alle donne poi, costrette in vesti nere fino alle caviglie e veli neri, viene confiscata l'esistenza. Le strade sono pattugliate da squadre di miliziani armati che controllano il colore dei cappotti, la pesantezza del velo, la forma delle scarpe, la misura degli anelli.

Parallelismi tra dittature

Il libro è anche l’occasione per fare dei parallelismi con altre realtà, quelle del nazismo e del comunismo. Nella Repubblica islamica dell'Iran, come nella Germania nazista e nella Russia staliniana, tutti sono, per principio, colpevoli. In più nella teocrazia iraniana c’é l’aspetto farsesco di cui è emblematico l’argomento dell’amore con i polli trattato da Khomeini nei suoi “Principii di politica, filosofia, società e religione”. Infatti poiché tra i rimedi consigliati per placare il desiderio maschile c’è il sesso con gli animali, ci si potrebbe chiedere se un uomo che ha fatto sesso con un pollo lo possa poi mangiare. Ma la risposta è pronta: no, né lui né i parenti più stretti possono mangiare la carne di quel pollo. Semmai possono farlo i vicini, sempre che vivano ad almeno due porte di distanza!

Come è potuto accadere. Le responsabilità

Infine non mancano le riflessioni su come tutto ciò sia potuto succedere, su quali le responsabilità di tutti, e in particolare di quelle formazioni laiche e di sinistra che pur di combattere l’imperialismo americano non videro o non vollero vedere.

Gli integralisti religiosi e della sinistra furono infatti uniti contro chiunque fosse sospetto di simpatie liberali e filo-occidentali. Non che i motivi non ci fossero. Le ingerenze americane negli affari interni iraniani e il coinvolgimento degli Usa nel colpo di Stato contro il governo nazionalista di Mohamed Mossadeq nel 1953 avevano lasciato una forte impronta nelle menti. E certamente lo Sha non era tenero con gli oppositori che metteva in galera, ma almeno aveva cercato di modernizzare il paese. Con Khomeini si torna invece al medioevo, ma la sinistra, inizialmente anche in Occidente, non se ne accorge, e sostiene la rivoluzione iraniana contro il totalitarismo dello Sha, appoggiato dagli americani.

Ed ecco in proposito alcune citazioni significative dal libro:

Pag.120

In una tiepida mattina di ottobre, mi ritrovai a farmi strada tra la folla che si era radunata di fronte all’università, intorno ad una professoressa di sinistra del dipartimento di Storia……………… Diceva che per il bene dell’indipendenza dell’Iran era disposta a portare il velo. Lo avrebbe fatto per combattere gli imperialisti americani, per dimostrare loro… per dimostrare loro che cosa?

Pag.132

La maggior parte dei gruppi rivoluzionari era d’accordo con il governo sulla questione delle libertà individuali, che con una certa supponenza venivano definite “borghesi” e “decadenti”

Pag 137

Mathab e i suoi amici (la cui organizzazione marxista si era implicitamente schierata con il governo) sostenevano che il bersaglio grosso, quello da colpire per primo….erano gli imperialisti ed i loro lacchè. Le lotte per i diritti femminili erano roba da borghesi individualisti, e facevano solo il loro gioco.

sabato 20 novembre 2004

Il nuovo inquilino della Farnesina

L’uomo che neanche quindici anni fa, al congresso di Rimini, contendeva a Pino Rauti la guida del Mmovimento Sociale, quello che festeggiava l’anniversario della marcia su Roma fra labari e braccia tese, dopo lo sdoganamento del 1993 ad opera di Berlusconi (il quale ebbe a dichiarare che tra Rutelli e Fini avrebbe scelto quest’ultimo, dato che “condivide tutti i valori in cui credo”), nonostante le sue origini mai ufficialmente rinnegate, ha iniziato una marcia neanche tanto lunga che lo ha appena portato alla Farnesina. Ottima scelta che migliora l’immagine dell’Italia nel mondo!

venerdì 19 novembre 2004

Gli eredi dell'Impero Romano


“I romani conquistarono il mondo con la serietà, la disciplina, l’organizzazione, la continuità delle idee e del metodo; con la convinzione di essere razza superiore nata per comandare; con l’impiego meditato, calcolato della più spietata crudeltà, della fredda perfidia, della propaganda più ipocrita; con risolutezza incrollabile nel sacrificare tutto al prestigio, senza essere sensibili né al pericolo, né alla pietà, né ad alcun rispetto umano; con l’arte di alterare nel terrore l’anima stessa dei loro avversari, o di addormentarli con la speranza, prima di asservirli con le armi; infine con una manipolazione così abile della menzogna più grossolana da ingannare persino la posterità. Chi non riconosce questi tratti?”



Sono parole di Simone Weil, scritte nel 1940, e il riferimento è alla Germania di Hitler. Ma, pur con tutte le differenze e i distinguo di cui non è possibile trattare in un “post”, non è l’impero romano il modello di tutti gli imperialismi che si sono succeduti nella storia dell’Occidente? E oggi quale paese può riconoscersi in questi tratti?


mercoledì 17 novembre 2004

Stato e Chiesa


“Sulle questioni religiose il governo è precisamente e semplicemente incompetente… il principio nostro è questo, che lo Stato e la Chiesa sono due parallele che non si debbono incontrare mai. Guai alla Chiesa il giorno che volesse invadere i poteri dello Stato!” Giolitti, maggio 1906, quando i liberali erano autentici.



Da un articolo di Mario Pirani sulla Repubblica di ieri dal titolo “Stato, Chiesa e la lezione di Giolitti”.








Barbarie

Un altro ostaggio è stato assassinato in Iraq .


Margaret Hassan, l'operatrice umanitaria britannico-irachena rapita a Bagdad il 19 ottobre scorso, è stata uccisa dai suoi sequestratori, nonostante che vivesse in Iraq da circa trent'anni impegnandosi a favore del popolo iracheno. E ancora una volta l'esecuzione è stata filmata. La tv panaraba Al Jazeera ha fatto sapere di essere in possesso delle immagini e ha annunciato che non le manderà in onda.

La campagna del terrore lanciata dagli estremisti iracheni, fatta di sequestri ed esecuzioni, ha già fatto decine di vittime tra gli stranieri: oltre 120 sono stati rapiti e più di 35 sono stati uccisi.



A Falluja un reporter della tv Nbc ha assistito all'uccisione di un iracheno ferito e disarmato, abbandonato in una moschea per 24 ore. L’episodio è stato filmato.

Fin dove arriverà la barbarie?

Il primo di questi episodi è stato commesso da un gruppo di terroristi.

Ma come si chiama chi spara sui nemici feriti e disarmati?

Si può dire che il secondo episodio è stato commesso da un singolo individuo che ora sarebbe sotto inchiesta, che durante le guerre episodi di questo tipo accadono sempre, perché c’è sempre chi si lascia condurre da istinti primordiali. Certo, ma ad ogni modo un esercito di occupazione si comporterà sempre come tale e sarà vissuto come tale, ciò che non giustifica comunque il terrorismo che fa vittime tra i civili, di qualsiasi nazione e idea politica siano e qualunque attività svolgano.



ARAFAT


Avrei dovuto parlare di Arafat, ma in questi giorni non ho avuto né tempo né voglia di scrivere. Inoltre non ho mai avuto grande simpatia per il personaggio. Credo comunque che non si possa non riconoscere che ha lottato per ridare ai palestinesi la legittimità di una nazione. E oggi la comunità internazionale riconosce l’esistenza del popolo palestinese e il suo diritto legittimo ad uno stato, anche se poi la realtà è quella che è e per il momento qualsiasi soluzione sembra ben lontana.



mercoledì 10 novembre 2004

Religione e ignoranza. L’origine del mondo nell’America di Bush.Epigoni nel resto del mondo.


Sin dai tempi più antichi l’uomo ha formulato teorie più o meno fantastiche sull’origine dell’universo. Tutti i popoli hanno avuto le loro teogonie e cosmogonie con singolari analogie tra culture molto lontane tra di loro, e si sono tramandati leggende molto simili, basti pensare al diluvio universale, tanto da far pensare al ricordo di avvenimenti reali che avrebbero coinvolto gran parte del mondo emerso o a percorsi migratori di cui si è persa la memoria fino a formulare l’ipotesi di una antichissima civiltà primigenia che alcuni, rifacendosi al mito platonico, chiamano Atlantide, la quale avrebbe dato origine a tutte le altre.

Diversi studiosi hanno analizzato queste leggende e ne hanno scritto, basti pensare al Ramo d’oro di Frazer e al  Mulino di Amleto di Giorgio de Santillana ed Herta von Dechend per citare due pietre miliari che hanno trattato la materia da punti di vista assai diversi.

Una di queste leggende si trova nella Genesi, il primo libro della Bibbia, ove si parla della creazione del mondo, creazione che ingloba miti più antichi che si rifanno ai Sumeri, in particolare l’epopea di Gilgamesh.

Ciò che è sconvolgente è che ancora oggi, nel XXI° secolo,  in America ci siano milioni di persone che pensano che il racconto biblico sia la pura verità. Qual è la differenza con gli islamici radicali che pensano la stessa cosa del Corano? Per livello culturale e concezione della vita gli uni sono l’immagine speculare degli altri. Lo stesso odio per la cultura e per la scienza. Bush è l’alter ego di Bin Laden.

Secondo un sondaggio della Gallup un terzo degli americani crede che la Bibbia sia la parola effettiva di Dio e che si debba prenderla alla lettera parola per parola. Pertanto credono veramente che il mondo sia stato creato da Dio in sei giorni (e perché non in un secondo, o in un miliardesimo di secondo, visto che Dio è onnipotente) e che da allora siano trascorsi circa 6000 anni, sulla base del ragionamento fatto dell’arcivescovo d'Irlanda James Ussher il quale verso la metà del 1600 calcolò l'età della Terra basandosi appunto sulle informazioni contenute nel libro della Genesi e stabilì la data della creazione nel 22 ottobre del 4004 a.C.

Era ridicolo anche allora se si pensa che già Leonardo Da Vinci, calcolando la velocità di sedimentazione nel fiume Po, era giunto alla conclusione che erano stati necessari almeno 200.000 anni per la formazione di alcuni depositi di rocce sedimentarie  e Galileo, oltre ad essere colpevole dell'eresia di pensare che la Terra non è il centro dell'Universo, molto prima di Darwin, aveva studiato i fossili e affermato che si trattava di resti di organismi e non di scherzi della natura.

Ma nelle scuole americane si chiede l’insegnamento della Bibbia come spiegazione dell’universo che dovrà affiancarsi alle teorie di Darwin in quanto l’evoluzionismo sarebbe solo una teoria, non una verità assoluta. Può sembrare impossibile, ma è così.  Certo anche alcuni scienziati hanno ammesso che l’evoluzionismo presenta delle lacune, ma è sempre la teoria più razionale sull’origine della specie che sia stata formulata fino ad oggi. Che poi la vita non si sia formata qui, ma la materia organica sia stata portata dalle comete (panspermia) non toglie niente alla teoria dell’evoluzione, almeno che non si voglia accettare il coinvolgimento degli extraterrestri (gli dei?) che avrebbero fatto  esperimenti genetici sui nostri progenitori scimmieschi, improbabile, al momento indimostrabile, ma non impossibile e comunque fantasioso almeno quanto la leggenda della genesi. Del resto se l’umanità riuscirà a non distruggersi è probabile che riesca ad espandersi nello spazio e magari a “terraformare” altri pianeti (se ne è già parlato per Marte) e chissà anche a fare esperimenti genetici sulle eventuali specie viventi autoctone, non mi sembra carino, ma è stato ipotizzato, e quindi perché altri non potrebbero averlo già fatto, e infine si potrebbe prendere in considerazione anche la teoria di cui si è parlato parecchio dopo l’uscita della trilogia di Matrix, quella secondo la quale vivremmo in un software realizzato da una evolutissima specie in un altro universo. Perché no, ho letto che in teoria anche un universo si potrebbe fabbricare. Quanti giorni ci potrebbe impiegare un’evolutissima specie a realizzare un software del genere? Ne potrebbero bastare sei?

Assurdità, fantasie, si probabilmente, ma non più del creazionismo della Bibbia.

Ad ogni modo quello che mi preoccupa è che ancora oggi possa allignare tanta ignoranza. Non si tratterà di invidia nei confronti di una certa aristocrazia culturale?

E gli epigoni di casa nostra, le streghe cattoliche? La pensano così anche loro? Forse non siamo a questo punto, ma non dobbiamo dimenticare che c’è stato il tentativo della Moratti sul creazionismo, subito ridicolizzato e prontamente rientrato sotto una pioggia di critiche. Chissà come la pensa Buttiglione. Non ci sarebbe da meravigliarsi più di tanto se fosse un creazionista, quel che è certo è che potrebbe fare il consulente di qualche tribunale islamico, perché su donne e libertà sessuale la pensa esattamente come i musulmani.

Un'altra cosa che mi preoccupa è che i democratici americani e anche la sinistra nostrana (vedi Bertinotti) cominciano a domandarsi se non sia il caso di rincorrere il pensiero religioso.

Ma è davvero saggio assecondare questa ignoranza? Credo invece si debba stare all’erta e combattere per la difesa della ragione e della tolleranza contro chi vuole fare tornare indietro il mondo di secoli.

E ora vado a vedere le "streghe cattoliche" a Porta a Porta.



martedì 9 novembre 2004

Paura e fondamentalismi - The Village: un film sulla paura

Mi domando se dobbiamo ridere o se sia il caso di allarmarsi di fronte ai deliri dei “teocon”, ossia i nuovi teologi del conservatorismo cristiano, come li definisce Mario Ajello sul Messaggero di domenica 7 novembre in un divertente articolo dal titolo “La crociata delle streghe cattoliche, sull’onda Bush”.
“Streghe cattoliche”, infatti si autodefiniscono, con compiacimento, Rocco Buttiglione e Giuliano Ferrara, in uno strapieno teatro milanese, in cui si parla di difesa culturale dei valori cristiani contro il totalitarismo laicista.
Intanto a Roma all’ex cinema Capranica, altre “streghe cattoliche” innamorate di Gesù Cristo in quanto “primo rivoluzionario del mondo” scaricano addosso alla sinistra le accuse di peccati molto gravi (e da Milano Ferrara rilancia” Ah, quanto è bella la parola peccato”), tra cui il Nichilismo, che in America è stato sconfitto ma che qui crede di vivere finché una rivoluzione culturale (anzi “chiamiamola guerra” dice sempre Ferrara) non arriverà a liquidarlo.
La vittoria di Bush li ha gasati e vorrebbero ripeterne l’exploit, con le elezioni politiche del 2006 e forse anche prima, con il referendum sulla legge per la procreazione assistita, se si farà. Ma conviene a Berlusconi, che pure si ritiene ispirato da Dio, come Bush, lanciarsi in un crociata di moralizzazione? Il sospetto è che non siano esattamente le reti Mediaset, né la tv in generale, il luogo adatto per difendere la morale, tanto meno per scatenare quella “guerra culturale giudaico cristiana” di cui si è parlato nel convegno milanese con Ferrara e Buttiglione e che comunque l’Italia non sia, per fortuna, l’America profonda.
Ma il ministro-filosofo spera che anche l’Europa segua l’ America, e “dopo la secolarizzazione si apra ad una fase di ri-evangelizzazione, di ritorno ai valori cristiani” e si lancia all’attacco del regista della ”Mala educacion” (argomento del film: i preti pedofili che sono una nota invenzione di mentecatti depravati anticristiani) Pedro Almodovar, di cui dice che “ è un bimbo che odia la madre Chiesa”, mentre il polemista laico, che si definisce ateo devoto, afferma che “la persona è creatura” , cita Ratzinger, incita alla guerra culturale.
Ma cosa sta succedendo nel mondo? Chi avrebbe mai pensato di rivedere fanatici integralisti e guerre di religione nel XXI° secolo?
Il fondamentalismo islamico ha dichiarato guerra all’Occidente e l’Occidente, nella sua accezione più deleteria, quella dei neoconservatori Bushisti, e loro epigoni, risponde con il fondamentalismo cristiano. Ma entrambi i fondamentalismi sostengono gli stessi arcaici principi e sono portatori dello stesso odio per chi la pensa diversamente. Così il fondamentalismo cristiano prende a pretesto la guerra all’islam radicale per allargarla a tutti coloro che non si riconoscono nel cristianesimo e parla di autodifesa culturale, anzi di guerra, anche nei confronti di laici, atei, agnostici, pagani, panteisti, e comunque, comunisti.
Ma se posso capire che certe cose le dica Buttiglione, quando sento i cosiddetti liberali, che in realtà sono solo liberisti, incitare alla guerra di religione, non ho parole.
Ferrara, che è stato tra i pochi a dare rilievo all'assassinio del regista Theo Van Gogh ucciso da un integralista islamico e che al convegno ha chiesto un minuto di silenzio per ricordarlo, forse crede di combattere l’islam fanatizzato diventando fanatico cattolico?
C’è qualcosa di razionale in questo ragionamento?
Avrei creduto che nel XXI° secolo avrebbe prevalso la razionalità, si sarebbero oltrepassate nuove frontiere, nella scienza, nella conquista dello spazio. Invece c’è da temere un arresto della ricerca scientifica in nome di arcaici valori.
Viene in mente un film che stanno proiettando in questi giorni nelle sale italiane, "The Village" del regista indiano M.Night Shyamalan.
Un piccolo villaggio della Pennsylvania vive isolato dal mondo, circondato da un bosco popolato da misteriose creature innominabili. La vita nel villaggio scorre tranquilla, purché si rispetti "il divieto". Nessuno deve avventurarsi nel bosco, nessuno deve portare il colore delle creature (guarda caso il rosso), nessuno deve provocarle e meglio sarebbe se nessuno ne parlasse.
In realtà le creature innominabili sono un'invenzione degli anziani del villaggio che hanno scelto di vivere lontano dalla città per difendersi dalla violenza e preservare l'innocenza. Ma anche se alla base di questa scelta ci sono le migliori intenzioni difensive, essa diventa laccio soffocante, costrizione psicologica, condizionamento repressivo.
La pubblicità lo presenta come un film dell'orrore, in realtà è una riflessione sugli incubi del presente. E’ un film sulla paura: la paura che assedia l'America dopo gli attentati alle Twin Towers; la paura che ne ha fatto un Paese protetto fino all'autoreclusione; la paura che i governanti usano come strumento di potere e di controllo sulla vita degli altri; e più in generale la paura dell’ignoto, del diverso, la xenofobia e altri mostri che purtroppo cominciano ad allignare anche fuori dall’America profonda.
E non c’è nemmeno il lieto fine, perché se ad un certo punto sembra che il film vada nella direzione del superamento della paura attraverso l'amore, e della liberazione dalla superstizione e dalle menzogne degli anziani, poi tutto resta come prima, e non ho capito bene se il regista abbia voluto dire che ormai non c'è più speranza, che la paura ha vinto, o se addirittura abbia voluto in qualche modo giustificare la difesa della cosiddetta innocenza.

venerdì 5 novembre 2004

Ucciso dall’islam radicale il regista Theo Van Gogh

Il regista ed editorialista olandese, Theo van Gogh, nipote del grande pittore, noto per aver girato un film sulla violenza contro le donne nella società islamica (Submission), è stato assassinato per strada ad Amsterdam il 2 novembre scorso. La notizia è passata quasi inosservata, forse perché l’attenzione di tutto il mondo era rivolta alle elezioni americane. Il sospetto assassino, che è stato arrestato da un poliziotto che si trovava nelle vicinanze, ha 26 anni ed è di origine marocchina, pur possedendo anche la cittadinanza olandese. Sarebbe legato a un gruppo di integralisti islamici ultra-radicali, come ha dichiarato il ministro dell'Interno dei Paesi Bassi, Johan Remkes.
Van Gogh, noto per le sue posizioni contro il fodamentalismo islamico, aveva ricevuto minacce di morte da estremisti islamici dopo che la tv aveva trasmesso il suo film, “Submission”, sul Corano e sulla violenza contro le donne nella società islamica, ove raccontava gli abusi sessuali e i maltrattamenti inflitti a una donna musulmana dal marito.
A mio parere anche se c’erano in corso le elezioni americane l’episodio avrebbe dovuto avere maggior risalto, perché è veramente grave se addirittura nel centro di una grande città europea un intellettuale può essere ucciso per aver denunciato gli orrori del fondamentalismo islamico.
Sono ormai passati 15 anni, era il 1989, da quando lo scrittore anglo-indiano Salman Rushdie fu condannato a morte da Khomeini e dal regime degli ayatollah a seguito della pubblicazione del libro "Versetti satanici", ritenuto "blasfemo" (anche se lo scrittore non fa altro che trasformare la rivelazione coranica in un racconto). A causa di queste minacce il traduttore giapponese del libro è stato assassinato e Rushdie è stato costretto a vivere in clandestinità per anni nel timore che la sentenza fosse eseguita dai vari "fedeli" islamici sguinzagliati allo scopo. Il suo divenne un caso internazionale, emblematico dell'intolleranza religiosa della fine del millennio.
L’altro giorno ho ricordato l’ex atleta algerina, Hassiba Boulmerka, che fu condannata a morte dal Gruppo islamico armato ( responsabile di un’autentica guerra, più che decennale, contro il regime di Algeri, nel corso della quale sono morte circa 150mila persone) per aver gareggiato in pantaloncini corti.
Ma di episodi di questo genere, più o meno gravi, ce ne sono stati ormai troppi, oltre il limite del tollerabile.
L’integralismo islamico non colpisce solo in Iraq, o in un qualsiasi altro paese islamico, ma arriva fin dentro le nostre democrazie, e non agisce solo con il terrorismo indiscriminato, ma approfitta anche delle libertà dei nostri sistemi per predicare l’odio, come è avvenuto e avviene nelle molte moschee sorte negli ultimi anni nelle nostre città, fino ad arrivare ad emette sentenze contro chi osa denunciarne i mali.
L’Islam radicale è questo e noi dobbiamo difenderci, che poi ci sia anche un Islam moderato, che condanna questi episodi, con il quale è possibile dialogare, può essere e ben venga. Certo non si può cadere nell’errore di fare di ogni erba un fascio e di innescare la miccia del razzismo, però non dobbiamo passare sopra a nessun episodio di intolleranza, anche quando si esprime solo verbalmente. Chi viene qui per lavorare ha diritto di mantenere le proprie usanze, se non contrastano con il nostro ordinamento giuridico, e di professare la propria religione, se non contrasta con il nostro ordinamento giuridico, però non possiamo permettere che si riporti nelle nostre società l’odio contro il libero pensiero. L’Inquisizione l’abbiamo avuta anche noi e sappiamo di quali orrori si sia macchiata, ora non dobbiamo permettere che qualche altra inquisizione si installi nuovamente a casa nostra. Non serve a questo proposito la guerra di Bush, che anzi ha fornito qualche alibi al terrorismo mascherandolo da resistenza all’occupazione, ma certamente dobbiamo tutti essere consapevoli che siamo circondati da un grave pericolo e che è necessario non abbassare mai la guardia, e quindi condannare sempre qualsiasi episodio di intolleranza, anche il più lieve, immediatamente e con la più larga risonanza, e procedere all’espulsione delle persone sospette prima che possano agire.

La vittoria di Bush e l'Europa


Ha vinto l’America profonda, bigotta, guerrafondaia,culturalmente sottosviluppata, quella che si può riassumere nelle tre parole, Dio, Patria, Famiglia, quell’America che non piace all’opinione pubblica europea, non necessariamente di sinistra, ma laica e progressista, che solo per ciò viene definita “visceralmente antiamericana e comunista” dai Ferrara e compagnia.
La vittoria di Bush è stata completa, perché oltre ai voti dei grandi elettori, ha vinto anche a livello popolare ottenendo 3 milioni e mezzo di voti popolari in più rispetto allo sfidante, e sia alla Camera che al Senato i repubblicani hanno fatto il pieno.
Le elezioni si sono trasformate in un plebiscito a favore di Bush che l’altra volta aveva ottenuto meno voti popolari dell’avversario e che non era stato nemmeno eletto, ma nominato dalla Corte Suprema. Probabilmente senza il terrorismo e la guerra non sarebbe mai stato rieletto, ma il paese è in guerra e gli americani che sono visceralmente nazionalisti votano il loro comandante in capo, quello che rappresenta meglio il loro spirito nazionalista, votano per la sicurezza e per chi pensano che meglio gliela garantisca. Poi c’entrano anche altri fattori. Il fondamentalismo religioso che a noi europei fa sorridere (non che non abbiamo i nostri “talebani”, ma per fortuna sono pochi e quindi in rapida via di estinzione), ma che per gli americani meno colti è ancora importante, e per ciò il loro gradimento va ad un presidente che sbandiera il suo credo, che si dichiara ispirato da Dio, che ha una visione manichea della politica con la lotta tra il Bene e il Male, che sbandiera i valori del familismo più retrogrado. Poi nonostante la personale ricchezza, che non è minore di quella di Kerry, Bush, proprio per la sua scarsa cultura, appare più “uomo qualunque” e pertanto raccoglie più facilmente anche il voto delle classi meno agiate.
Certo anche se Bush ha stravinto non si può dimenticare che comunque un 48% degli elettori gli ha votato contro, che gli Stati del Nord-Est e della Costa Occidentale hanno opinioni ben diverse e che gli Stati Uniti dopo queste elezioni appaiono molto disuniti.
Quanto al resto del mondo è certo che la vittoria del fondamentalismo guerrafondaio rappresenta un rischio per il futuro. Tuttavia per l’Europa ci potrebbero essere anche dei risvolti positivi. Infatti anche se buona parte dei governi europei, in primo luogo Francia, Germania e Spagna, e la maggioranza dell’opinione pubblica europea ha tifato Kerry, non tanto perché piacesse il personaggio in sé, quanto perché rappresentava quella parte di america colta, progressista e sicuramente più vicina all' animo europeo, credo che abbiano ragione coloro che dicono che una vittoria di Kerry non avrebbe cambiato molto in politica estera, ma che anzi Kerry avrebbe cercato di coinvolgere l’Europa in un maggior impegno nel pantano iracheno. Non so se Francia e Germania avrebbero aderito, forse no, tuttavia bisogna ricordare che durante la presidenza Clinton, i governi dei paesi europei aderenti alla Nato hanno partecipato più o meno entusiasticamente all’avventura in Kossovo (e peraltro mi domando se ci sia convenuto andare a rafforzare l’Islam sulle porte di casa nostra), anche il nostro governo allora di centro-sinistra. Eppure anche allora non ci fu mandato Onu, ma la sola copertura della Nato che mi risultava fosse un’alleanza difensiva e quindi non contemplasse aggressioni ad un paese che non ci stava minacciando, alleanza che peraltro avrebbe esaurito il suo compito con la fine della guerra fredda, anche se trova ancora dei difensori, come D’Alema , e me ne sono meravigliata, ma non più di tanto (e del resto il personaggio non mi è mai riuscito simpatico) che l’altra sera in televisione si è espresso in favore di questo anacronistico strumento subito dopo un servizio sulla base atomica della Maddalena che comincerebbe ad innervosire i Sardi, non per motivazioni ideologiche, ma per sacrosanti interessi economici e magari anche per motivi di sanità e sicurezza.
Penso inoltre che altri quattro anni di Bush potrebbero spingere l’Europa a rendersi conto di non avere più molto in comune con gli Stati Uniti, sia dal punto di vista dell’economia che della sicurezza, a rendersi conto che anzi deve competere con gli Stati Uniti economicamente, politicamente e militarmente, che deve cominciare a camminare da sola per costruire il sogno europeo, che non deve essere un ricalco sbiadito di quello americano.  Purtroppo l’Europa è ancora molto divisa al suo interno, l’Unione va costruita e non si realizza con la semplice firma di una costituzione che entrerà in vigore tra diversi anni. Sarebbe tuttavia importante che queste idee si diffondessero a livello di opinione pubblica europea, che si sviluppasse un movimento che costringesse i governi ad andare nella direzione di queste idee.

L'immagine riportata è la riproduzione della prima pagina di uno dei maggiori quotidiani inglesi, l'Independent, che non maschera il disappunto per la rielezione di Gorge W. Bush. A commento di un mosaico di foto, che stigmatizzano tra l'altro alcuni dei peggiori avvenimenti del passato mandato di Bush, c'è la scritta: "Altri quattro anni"

mercoledì 3 novembre 2004

1) Bush o Kerry 2) Credenti e intolleranti

Bush o Kerry

Si elegge l’imperatore del mondo e il mondo è in fibrillazione, come non era mai avvenuto in passato.
Da noi hanno cominciato già in prima serata i telegiornali. Poi c’è stato “Ballarò”. Ora si continua con “Porta a Porta”  che coprirà tutta la notte fino alle 6,30 quando ci sarà il primo telegiornale. Non che abbia intenzione di sorbirmelo tutto.
Ad ogni modo, le elezioni appaiono, anche per l'alta affluenza alle urne, un referendum pro o contro Bush, una sua bocciatura comporterebbe pertanto un ripensamento della guerra (anche se nessuno si può aspettare un immediato ritiro dall'Iraq)  e della politica interventista degli USA e un diverso rapporto con l'Europa. Al contrario una sua riconferma rappresenterebbe un pericolo per il mondo.
Per chi volesse una spiegazione su come funzionano le elezioni presidenziali americane (in italiano) può andare sul blog di Alessio o sul sito dell’Ambasciata USA di Roma che ha preparato uno speciale “elezioni 2004” . Un altro speciale su ReporterAssociati
L'ultima notizia è che  una società di sondaggi sta già dando Kerry vincente e di larga misura, anche se i timori ingenerati dalle elezioni del 2000, fanno si che tutti siano prudenti.

Credenti e intolleranti

Ieri a Porta a Porta si è parlato di religione. C’erano noti personaggi di fedi diverse, la solita donna italiana convertita con il burka,  e l’ing. Roberto Vacca, scrittore, divulgatore scientifico e fortunatamente ateo. Ad un certo punto la Sig.ra Koll, l’attrice, si è rivolta a Vacca dicendogli ”capisco perché lei non crede, deve avere una tale macedonia in testa!” Ecco questi credenti li trovo tutti arroganti. Molte persone ad un certo punto della vita hanno una qualche crisi e così riscoprono la religione. Dopodiché diventano assolutamente intolleranti. Avranno trovato la fede, ma non sanno cos’è l’umiltà. Ad ogni modo quello più intollerante e arrogante come al solito è stato l’imam di cui non ricordo il nome, ma un imam non si nega a nessun talk show,tanto meno se si parla di religione, il quale nel tentativo di spiegare l’assurdità per la quale un uomo islamico possa sposare una donna non islamica, mentre una donna islamica non possa fare altrettanto con un uomo non islamico, ha detto che ciò dipende dal fatto che un islamico comprende in sé anche le altre religioni, l’ebraica e la cristiana, non così il non islamico. E allora?  Siamo alle solite, a parte l’idiozia che l’islam inglobi in sé le altre religioni monoteiste, non si riesce a capire perché ciò valga per l’uomo e non per la donna, almeno che non si voglia sostenere che   quest’ultima ha un intelletto inferiore. Ma come si fa a far parlare questa gente? Forse sono intollerante anch’io. Però leggevo proprio oggi sul Corriere della Sera un articolo su un’ex atleta algerina, Hassiba Boulmerka, che vinse tre medaglie d’oro correndo i 500 metri, a Tokio nel 1991, alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992 e ai mondiali di Goteborg nel 1995, e che dopo Tokio fu condannata a morte dal Gruppo islamico armato ( responsabile di un’autentica guerra, più che decennale, contro il regime di Algeri, nel corso della quale sono morte circa 150mila persone) la quale, benché faccia una netta distinzione tra Islam e terrorismo definendo anzi l’islam una religione di pace, già dieci anni fa diceva “il vero problema è che l’integralismo si allargherà nei paesi europei sfruttando le libertà dei sistemi democratici”. Sicuramente è stata profetica.

martedì 30 novembre 2004

Lo sciopero e i valori “cristiano-liberali”

La manovra finanziaria del governo non risana certo i conti pubblici né rilancerà l’economia, del resto sia gli uni che l’altra vanno male da tempo. Quanto al famoso taglio delle tasse porterà qualche spicciolo in più nelle tasche degli italiani, sui 40 Euro mensili per i redditi medio-bassi, qualcosa di più per quelli più alti, però bisogna anche dire che siamo più o meno sui livelli degli aumenti contrattuali. Inoltre non mi sembra che altre finanziarie anche in passato, anche durante i governi di centro sinistra siano state migliori, però allora non si scioperava. Infine devo dire che sono stufa dei sindacati che sono sempre pronti a difendere i piccoli privilegi dei soliti lavativi e che alcune critiche all’apparato burocratico (di cui peraltro faccio parte), all’assistenzialismo, alle inefficienze della macchina statale mi sembrano tutto sommato giuste.


Fatte queste considerazioni mi è sembrato che non ci fossero molti motivi per aderire allo sciopero.


Poi però stamani mi è capitato di leggere sul Giornale (stamani sono usciti solo i quotidiani schierati con il governo) un articolo di Adornato di cui non ricordo il titolo, ma che mi ha fatto imbestialire.


L’articolo partendo dallo "sciopero politico" contro il governo arrivava a dire che la sinistra ormai propone solo vecchie idee superate dai tempi (e in parte è vero) mentre il nuovo che avanza è rappresentato da chi come Bush e Berlusconi porta avanti i valori cristiano-liberali (?). Allora che Dio ci salvi dai portatori di nuovi valori!


Vorrà dire che la prossima volta aderirò anche agli scioperi in cui non credo pur di non essere accomunata ai portatori dei valori “cristiano-liberali”, ovvero“Dio, patria e famiglia”.


Ho sempre ritenuto che Dio sia eventualmente un problema filosofico e che niente abbia a che vedere con la politica e tanto meno con le manovre finanziarie, se poi con Dio si intende la religione, è un dato di fatto che essa ha sempre avversato il progresso, quanto alla patria vorrei si che ci fosse un maggiore senso della nazione, una maggiore dignità nazionale, ma non ce l’hanno certo gli alleati di Bush, infine di famiglia in Italia ce n’è anche troppa.


sabato 27 novembre 2004

Il velo antimperialista e la sinistra - Leggere Lolita a Teheran

Durante i venti anni successivi alla “rivoluzione khomeinista” una  docente di letteratura inglese all'Università di Teheran, Azar Nafisi, si è trovata a cimentarsi “in un'impresa fra le più ardue, e cioè spiegare a ragazzi e ragazze esposti in misura sempre crescente alla catechesi islamica una delle più terribili incarnazioni dell'Occidente: la sua letteratura", come si legge nel risvolto di copertina del suo libro “Leggere Lolita a Teheran", uscito nel 2003. Ma nell'autunno del 1995 non ne può più, dà le dimissioni da ogni incarico accademico e, come lei stessa ci racconta nella prima pagina del suo libro,decide di “farsi un regalo e realizzare un sogno”.

Così chiede alle sette sue migliori studentesse di andare ogni giovedì mattina a casa sua per parlare di letteratura. Gli studenti maschi vengono esclusi, ma solo perché costituire un gruppo misto sarebbe stato troppo pericoloso.Il seminario si interrompe nel 1997 quando Azar decide di lasciare l'Iran e di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti dove oggi insegna Letteratura inglese alla John Hopkins University.

Il libro è il racconto di un seminario semiclandestino in cui per due anni sette giovani donne e la loro insegnante si concedono il lusso“nello spazio magico del [suo] salotto" di togliersi veli e chador e, tra caffè e pasticcini, storie private e critica letteraria, discutendo di Nabokov, Fitzgerald, Jane Austen ed Henry James, mettono a confronto finzione e realtà, fiaba e storia, sogno e concretezza del quotidiano, ma è anche uno spaccato di storia dell'Iran raccontato da chi quella storia l'ha vissuta in prima persona. E in ciascuna delle quattro sezioni in cui è strutturato il libro ("Lolita", "Gatsby","James", "Austen") l'analisi e la discussione dei testi letterari viene utilizzata da Azar Nafisi anche per decifrare e comprendere la dura realtà di un paese che dal sogno della caduta del regime dei Pahlavi si ritrova intrappolato nell'integralismo fondamentalista.

La realtà

Ed è una realtà da incubo, angosciante, soffocante, claustrofobica.

Tutto è proibito: andare a una festa, mangiare un gelato al bar, tenersi per mano, stringere una mano, innamorarsi, mettere il rossetto, ridere in pubblico. Tutti sono colpevoli, i processi sono all’ordine del giorno, le strade sono teatro di violenze tremende, uccisioni di massa, stupri, mentre tanti ragazzi venivano mandati a morire sul fronte iracheno, a piedi nudi, ma con la chiave del paradiso al collo.

Alle donne poi, costrette in vesti nere fino alle caviglie e veli neri, viene confiscata l'esistenza. Le strade sono pattugliate da squadre di miliziani armati che controllano il colore dei cappotti, la pesantezza del velo, la forma delle scarpe, la misura degli anelli.

Parallelismi tra dittature

Il libro è anche l’occasione per fare dei parallelismi con altre realtà, quelle del nazismo e del comunismo. Nella Repubblica islamica dell'Iran, come nella Germania nazista e nella Russia staliniana, tutti sono, per principio, colpevoli. In più nella teocrazia iraniana c’é l’aspetto farsesco di cui è emblematico l’argomento dell’amore con i polli trattato da Khomeini nei suoi “Principii di politica, filosofia, società e religione”. Infatti poiché tra i rimedi consigliati per placare il desiderio maschile c’è il sesso con gli animali, ci si potrebbe chiedere se un uomo che ha fatto sesso con un pollo lo possa poi mangiare. Ma la risposta è pronta: no, né lui né i parenti più stretti possono mangiare la carne di quel pollo. Semmai possono farlo i vicini, sempre che vivano ad almeno due porte di distanza!

Come è potuto accadere. Le responsabilità

Infine non mancano le riflessioni su come tutto ciò sia potuto succedere, su quali le responsabilità di tutti, e in particolare di quelle formazioni laiche e di sinistra che pur di combattere l’imperialismo americano non videro o non vollero vedere.

Gli integralisti religiosi e della sinistra furono infatti uniti contro chiunque fosse sospetto di simpatie liberali e filo-occidentali. Non che i motivi non ci fossero. Le ingerenze americane negli affari interni iraniani e il coinvolgimento degli Usa nel colpo di Stato contro il governo nazionalista di Mohamed Mossadeq nel 1953 avevano lasciato una forte impronta nelle menti. E certamente lo Sha non era tenero con gli oppositori che metteva in galera, ma almeno aveva cercato di modernizzare il paese. Con Khomeini si torna invece al medioevo, ma la sinistra, inizialmente anche in Occidente, non se ne accorge, e sostiene la rivoluzione iraniana contro il totalitarismo dello Sha, appoggiato dagli americani.

Ed ecco in proposito alcune citazioni significative dal libro:

Pag.120

In una tiepida mattina di ottobre, mi ritrovai a farmi strada tra la folla che si era radunata di fronte all’università, intorno ad una professoressa di sinistra del dipartimento di Storia……………… Diceva che per il bene dell’indipendenza dell’Iran era disposta a portare il velo. Lo avrebbe fatto per combattere gli imperialisti americani, per dimostrare loro… per dimostrare loro che cosa?

Pag.132

La maggior parte dei gruppi rivoluzionari era d’accordo con il governo sulla questione delle libertà individuali, che con una certa supponenza venivano definite “borghesi” e “decadenti”

Pag 137

Mathab e i suoi amici (la cui organizzazione marxista si era implicitamente schierata con il governo) sostenevano che il bersaglio grosso, quello da colpire per primo….erano gli imperialisti ed i loro lacchè. Le lotte per i diritti femminili erano roba da borghesi individualisti, e facevano solo il loro gioco.

sabato 20 novembre 2004

Il nuovo inquilino della Farnesina

L’uomo che neanche quindici anni fa, al congresso di Rimini, contendeva a Pino Rauti la guida del Mmovimento Sociale, quello che festeggiava l’anniversario della marcia su Roma fra labari e braccia tese, dopo lo sdoganamento del 1993 ad opera di Berlusconi (il quale ebbe a dichiarare che tra Rutelli e Fini avrebbe scelto quest’ultimo, dato che “condivide tutti i valori in cui credo”), nonostante le sue origini mai ufficialmente rinnegate, ha iniziato una marcia neanche tanto lunga che lo ha appena portato alla Farnesina. Ottima scelta che migliora l’immagine dell’Italia nel mondo!

venerdì 19 novembre 2004

Gli eredi dell'Impero Romano


“I romani conquistarono il mondo con la serietà, la disciplina, l’organizzazione, la continuità delle idee e del metodo; con la convinzione di essere razza superiore nata per comandare; con l’impiego meditato, calcolato della più spietata crudeltà, della fredda perfidia, della propaganda più ipocrita; con risolutezza incrollabile nel sacrificare tutto al prestigio, senza essere sensibili né al pericolo, né alla pietà, né ad alcun rispetto umano; con l’arte di alterare nel terrore l’anima stessa dei loro avversari, o di addormentarli con la speranza, prima di asservirli con le armi; infine con una manipolazione così abile della menzogna più grossolana da ingannare persino la posterità. Chi non riconosce questi tratti?”



Sono parole di Simone Weil, scritte nel 1940, e il riferimento è alla Germania di Hitler. Ma, pur con tutte le differenze e i distinguo di cui non è possibile trattare in un “post”, non è l’impero romano il modello di tutti gli imperialismi che si sono succeduti nella storia dell’Occidente? E oggi quale paese può riconoscersi in questi tratti?


mercoledì 17 novembre 2004

Stato e Chiesa


“Sulle questioni religiose il governo è precisamente e semplicemente incompetente… il principio nostro è questo, che lo Stato e la Chiesa sono due parallele che non si debbono incontrare mai. Guai alla Chiesa il giorno che volesse invadere i poteri dello Stato!” Giolitti, maggio 1906, quando i liberali erano autentici.



Da un articolo di Mario Pirani sulla Repubblica di ieri dal titolo “Stato, Chiesa e la lezione di Giolitti”.








Barbarie

Un altro ostaggio è stato assassinato in Iraq .


Margaret Hassan, l'operatrice umanitaria britannico-irachena rapita a Bagdad il 19 ottobre scorso, è stata uccisa dai suoi sequestratori, nonostante che vivesse in Iraq da circa trent'anni impegnandosi a favore del popolo iracheno. E ancora una volta l'esecuzione è stata filmata. La tv panaraba Al Jazeera ha fatto sapere di essere in possesso delle immagini e ha annunciato che non le manderà in onda.

La campagna del terrore lanciata dagli estremisti iracheni, fatta di sequestri ed esecuzioni, ha già fatto decine di vittime tra gli stranieri: oltre 120 sono stati rapiti e più di 35 sono stati uccisi.



A Falluja un reporter della tv Nbc ha assistito all'uccisione di un iracheno ferito e disarmato, abbandonato in una moschea per 24 ore. L’episodio è stato filmato.

Fin dove arriverà la barbarie?

Il primo di questi episodi è stato commesso da un gruppo di terroristi.

Ma come si chiama chi spara sui nemici feriti e disarmati?

Si può dire che il secondo episodio è stato commesso da un singolo individuo che ora sarebbe sotto inchiesta, che durante le guerre episodi di questo tipo accadono sempre, perché c’è sempre chi si lascia condurre da istinti primordiali. Certo, ma ad ogni modo un esercito di occupazione si comporterà sempre come tale e sarà vissuto come tale, ciò che non giustifica comunque il terrorismo che fa vittime tra i civili, di qualsiasi nazione e idea politica siano e qualunque attività svolgano.



ARAFAT


Avrei dovuto parlare di Arafat, ma in questi giorni non ho avuto né tempo né voglia di scrivere. Inoltre non ho mai avuto grande simpatia per il personaggio. Credo comunque che non si possa non riconoscere che ha lottato per ridare ai palestinesi la legittimità di una nazione. E oggi la comunità internazionale riconosce l’esistenza del popolo palestinese e il suo diritto legittimo ad uno stato, anche se poi la realtà è quella che è e per il momento qualsiasi soluzione sembra ben lontana.



mercoledì 10 novembre 2004

Religione e ignoranza. L’origine del mondo nell’America di Bush.Epigoni nel resto del mondo.


Sin dai tempi più antichi l’uomo ha formulato teorie più o meno fantastiche sull’origine dell’universo. Tutti i popoli hanno avuto le loro teogonie e cosmogonie con singolari analogie tra culture molto lontane tra di loro, e si sono tramandati leggende molto simili, basti pensare al diluvio universale, tanto da far pensare al ricordo di avvenimenti reali che avrebbero coinvolto gran parte del mondo emerso o a percorsi migratori di cui si è persa la memoria fino a formulare l’ipotesi di una antichissima civiltà primigenia che alcuni, rifacendosi al mito platonico, chiamano Atlantide, la quale avrebbe dato origine a tutte le altre.

Diversi studiosi hanno analizzato queste leggende e ne hanno scritto, basti pensare al Ramo d’oro di Frazer e al  Mulino di Amleto di Giorgio de Santillana ed Herta von Dechend per citare due pietre miliari che hanno trattato la materia da punti di vista assai diversi.

Una di queste leggende si trova nella Genesi, il primo libro della Bibbia, ove si parla della creazione del mondo, creazione che ingloba miti più antichi che si rifanno ai Sumeri, in particolare l’epopea di Gilgamesh.

Ciò che è sconvolgente è che ancora oggi, nel XXI° secolo,  in America ci siano milioni di persone che pensano che il racconto biblico sia la pura verità. Qual è la differenza con gli islamici radicali che pensano la stessa cosa del Corano? Per livello culturale e concezione della vita gli uni sono l’immagine speculare degli altri. Lo stesso odio per la cultura e per la scienza. Bush è l’alter ego di Bin Laden.

Secondo un sondaggio della Gallup un terzo degli americani crede che la Bibbia sia la parola effettiva di Dio e che si debba prenderla alla lettera parola per parola. Pertanto credono veramente che il mondo sia stato creato da Dio in sei giorni (e perché non in un secondo, o in un miliardesimo di secondo, visto che Dio è onnipotente) e che da allora siano trascorsi circa 6000 anni, sulla base del ragionamento fatto dell’arcivescovo d'Irlanda James Ussher il quale verso la metà del 1600 calcolò l'età della Terra basandosi appunto sulle informazioni contenute nel libro della Genesi e stabilì la data della creazione nel 22 ottobre del 4004 a.C.

Era ridicolo anche allora se si pensa che già Leonardo Da Vinci, calcolando la velocità di sedimentazione nel fiume Po, era giunto alla conclusione che erano stati necessari almeno 200.000 anni per la formazione di alcuni depositi di rocce sedimentarie  e Galileo, oltre ad essere colpevole dell'eresia di pensare che la Terra non è il centro dell'Universo, molto prima di Darwin, aveva studiato i fossili e affermato che si trattava di resti di organismi e non di scherzi della natura.

Ma nelle scuole americane si chiede l’insegnamento della Bibbia come spiegazione dell’universo che dovrà affiancarsi alle teorie di Darwin in quanto l’evoluzionismo sarebbe solo una teoria, non una verità assoluta. Può sembrare impossibile, ma è così.  Certo anche alcuni scienziati hanno ammesso che l’evoluzionismo presenta delle lacune, ma è sempre la teoria più razionale sull’origine della specie che sia stata formulata fino ad oggi. Che poi la vita non si sia formata qui, ma la materia organica sia stata portata dalle comete (panspermia) non toglie niente alla teoria dell’evoluzione, almeno che non si voglia accettare il coinvolgimento degli extraterrestri (gli dei?) che avrebbero fatto  esperimenti genetici sui nostri progenitori scimmieschi, improbabile, al momento indimostrabile, ma non impossibile e comunque fantasioso almeno quanto la leggenda della genesi. Del resto se l’umanità riuscirà a non distruggersi è probabile che riesca ad espandersi nello spazio e magari a “terraformare” altri pianeti (se ne è già parlato per Marte) e chissà anche a fare esperimenti genetici sulle eventuali specie viventi autoctone, non mi sembra carino, ma è stato ipotizzato, e quindi perché altri non potrebbero averlo già fatto, e infine si potrebbe prendere in considerazione anche la teoria di cui si è parlato parecchio dopo l’uscita della trilogia di Matrix, quella secondo la quale vivremmo in un software realizzato da una evolutissima specie in un altro universo. Perché no, ho letto che in teoria anche un universo si potrebbe fabbricare. Quanti giorni ci potrebbe impiegare un’evolutissima specie a realizzare un software del genere? Ne potrebbero bastare sei?

Assurdità, fantasie, si probabilmente, ma non più del creazionismo della Bibbia.

Ad ogni modo quello che mi preoccupa è che ancora oggi possa allignare tanta ignoranza. Non si tratterà di invidia nei confronti di una certa aristocrazia culturale?

E gli epigoni di casa nostra, le streghe cattoliche? La pensano così anche loro? Forse non siamo a questo punto, ma non dobbiamo dimenticare che c’è stato il tentativo della Moratti sul creazionismo, subito ridicolizzato e prontamente rientrato sotto una pioggia di critiche. Chissà come la pensa Buttiglione. Non ci sarebbe da meravigliarsi più di tanto se fosse un creazionista, quel che è certo è che potrebbe fare il consulente di qualche tribunale islamico, perché su donne e libertà sessuale la pensa esattamente come i musulmani.

Un'altra cosa che mi preoccupa è che i democratici americani e anche la sinistra nostrana (vedi Bertinotti) cominciano a domandarsi se non sia il caso di rincorrere il pensiero religioso.

Ma è davvero saggio assecondare questa ignoranza? Credo invece si debba stare all’erta e combattere per la difesa della ragione e della tolleranza contro chi vuole fare tornare indietro il mondo di secoli.

E ora vado a vedere le "streghe cattoliche" a Porta a Porta.



martedì 9 novembre 2004

Paura e fondamentalismi - The Village: un film sulla paura

Mi domando se dobbiamo ridere o se sia il caso di allarmarsi di fronte ai deliri dei “teocon”, ossia i nuovi teologi del conservatorismo cristiano, come li definisce Mario Ajello sul Messaggero di domenica 7 novembre in un divertente articolo dal titolo “La crociata delle streghe cattoliche, sull’onda Bush”.
“Streghe cattoliche”, infatti si autodefiniscono, con compiacimento, Rocco Buttiglione e Giuliano Ferrara, in uno strapieno teatro milanese, in cui si parla di difesa culturale dei valori cristiani contro il totalitarismo laicista.
Intanto a Roma all’ex cinema Capranica, altre “streghe cattoliche” innamorate di Gesù Cristo in quanto “primo rivoluzionario del mondo” scaricano addosso alla sinistra le accuse di peccati molto gravi (e da Milano Ferrara rilancia” Ah, quanto è bella la parola peccato”), tra cui il Nichilismo, che in America è stato sconfitto ma che qui crede di vivere finché una rivoluzione culturale (anzi “chiamiamola guerra” dice sempre Ferrara) non arriverà a liquidarlo.
La vittoria di Bush li ha gasati e vorrebbero ripeterne l’exploit, con le elezioni politiche del 2006 e forse anche prima, con il referendum sulla legge per la procreazione assistita, se si farà. Ma conviene a Berlusconi, che pure si ritiene ispirato da Dio, come Bush, lanciarsi in un crociata di moralizzazione? Il sospetto è che non siano esattamente le reti Mediaset, né la tv in generale, il luogo adatto per difendere la morale, tanto meno per scatenare quella “guerra culturale giudaico cristiana” di cui si è parlato nel convegno milanese con Ferrara e Buttiglione e che comunque l’Italia non sia, per fortuna, l’America profonda.
Ma il ministro-filosofo spera che anche l’Europa segua l’ America, e “dopo la secolarizzazione si apra ad una fase di ri-evangelizzazione, di ritorno ai valori cristiani” e si lancia all’attacco del regista della ”Mala educacion” (argomento del film: i preti pedofili che sono una nota invenzione di mentecatti depravati anticristiani) Pedro Almodovar, di cui dice che “ è un bimbo che odia la madre Chiesa”, mentre il polemista laico, che si definisce ateo devoto, afferma che “la persona è creatura” , cita Ratzinger, incita alla guerra culturale.
Ma cosa sta succedendo nel mondo? Chi avrebbe mai pensato di rivedere fanatici integralisti e guerre di religione nel XXI° secolo?
Il fondamentalismo islamico ha dichiarato guerra all’Occidente e l’Occidente, nella sua accezione più deleteria, quella dei neoconservatori Bushisti, e loro epigoni, risponde con il fondamentalismo cristiano. Ma entrambi i fondamentalismi sostengono gli stessi arcaici principi e sono portatori dello stesso odio per chi la pensa diversamente. Così il fondamentalismo cristiano prende a pretesto la guerra all’islam radicale per allargarla a tutti coloro che non si riconoscono nel cristianesimo e parla di autodifesa culturale, anzi di guerra, anche nei confronti di laici, atei, agnostici, pagani, panteisti, e comunque, comunisti.
Ma se posso capire che certe cose le dica Buttiglione, quando sento i cosiddetti liberali, che in realtà sono solo liberisti, incitare alla guerra di religione, non ho parole.
Ferrara, che è stato tra i pochi a dare rilievo all'assassinio del regista Theo Van Gogh ucciso da un integralista islamico e che al convegno ha chiesto un minuto di silenzio per ricordarlo, forse crede di combattere l’islam fanatizzato diventando fanatico cattolico?
C’è qualcosa di razionale in questo ragionamento?
Avrei creduto che nel XXI° secolo avrebbe prevalso la razionalità, si sarebbero oltrepassate nuove frontiere, nella scienza, nella conquista dello spazio. Invece c’è da temere un arresto della ricerca scientifica in nome di arcaici valori.
Viene in mente un film che stanno proiettando in questi giorni nelle sale italiane, "The Village" del regista indiano M.Night Shyamalan.
Un piccolo villaggio della Pennsylvania vive isolato dal mondo, circondato da un bosco popolato da misteriose creature innominabili. La vita nel villaggio scorre tranquilla, purché si rispetti "il divieto". Nessuno deve avventurarsi nel bosco, nessuno deve portare il colore delle creature (guarda caso il rosso), nessuno deve provocarle e meglio sarebbe se nessuno ne parlasse.
In realtà le creature innominabili sono un'invenzione degli anziani del villaggio che hanno scelto di vivere lontano dalla città per difendersi dalla violenza e preservare l'innocenza. Ma anche se alla base di questa scelta ci sono le migliori intenzioni difensive, essa diventa laccio soffocante, costrizione psicologica, condizionamento repressivo.
La pubblicità lo presenta come un film dell'orrore, in realtà è una riflessione sugli incubi del presente. E’ un film sulla paura: la paura che assedia l'America dopo gli attentati alle Twin Towers; la paura che ne ha fatto un Paese protetto fino all'autoreclusione; la paura che i governanti usano come strumento di potere e di controllo sulla vita degli altri; e più in generale la paura dell’ignoto, del diverso, la xenofobia e altri mostri che purtroppo cominciano ad allignare anche fuori dall’America profonda.
E non c’è nemmeno il lieto fine, perché se ad un certo punto sembra che il film vada nella direzione del superamento della paura attraverso l'amore, e della liberazione dalla superstizione e dalle menzogne degli anziani, poi tutto resta come prima, e non ho capito bene se il regista abbia voluto dire che ormai non c'è più speranza, che la paura ha vinto, o se addirittura abbia voluto in qualche modo giustificare la difesa della cosiddetta innocenza.

venerdì 5 novembre 2004

Ucciso dall’islam radicale il regista Theo Van Gogh

Il regista ed editorialista olandese, Theo van Gogh, nipote del grande pittore, noto per aver girato un film sulla violenza contro le donne nella società islamica (Submission), è stato assassinato per strada ad Amsterdam il 2 novembre scorso. La notizia è passata quasi inosservata, forse perché l’attenzione di tutto il mondo era rivolta alle elezioni americane. Il sospetto assassino, che è stato arrestato da un poliziotto che si trovava nelle vicinanze, ha 26 anni ed è di origine marocchina, pur possedendo anche la cittadinanza olandese. Sarebbe legato a un gruppo di integralisti islamici ultra-radicali, come ha dichiarato il ministro dell'Interno dei Paesi Bassi, Johan Remkes.
Van Gogh, noto per le sue posizioni contro il fodamentalismo islamico, aveva ricevuto minacce di morte da estremisti islamici dopo che la tv aveva trasmesso il suo film, “Submission”, sul Corano e sulla violenza contro le donne nella società islamica, ove raccontava gli abusi sessuali e i maltrattamenti inflitti a una donna musulmana dal marito.
A mio parere anche se c’erano in corso le elezioni americane l’episodio avrebbe dovuto avere maggior risalto, perché è veramente grave se addirittura nel centro di una grande città europea un intellettuale può essere ucciso per aver denunciato gli orrori del fondamentalismo islamico.
Sono ormai passati 15 anni, era il 1989, da quando lo scrittore anglo-indiano Salman Rushdie fu condannato a morte da Khomeini e dal regime degli ayatollah a seguito della pubblicazione del libro "Versetti satanici", ritenuto "blasfemo" (anche se lo scrittore non fa altro che trasformare la rivelazione coranica in un racconto). A causa di queste minacce il traduttore giapponese del libro è stato assassinato e Rushdie è stato costretto a vivere in clandestinità per anni nel timore che la sentenza fosse eseguita dai vari "fedeli" islamici sguinzagliati allo scopo. Il suo divenne un caso internazionale, emblematico dell'intolleranza religiosa della fine del millennio.
L’altro giorno ho ricordato l’ex atleta algerina, Hassiba Boulmerka, che fu condannata a morte dal Gruppo islamico armato ( responsabile di un’autentica guerra, più che decennale, contro il regime di Algeri, nel corso della quale sono morte circa 150mila persone) per aver gareggiato in pantaloncini corti.
Ma di episodi di questo genere, più o meno gravi, ce ne sono stati ormai troppi, oltre il limite del tollerabile.
L’integralismo islamico non colpisce solo in Iraq, o in un qualsiasi altro paese islamico, ma arriva fin dentro le nostre democrazie, e non agisce solo con il terrorismo indiscriminato, ma approfitta anche delle libertà dei nostri sistemi per predicare l’odio, come è avvenuto e avviene nelle molte moschee sorte negli ultimi anni nelle nostre città, fino ad arrivare ad emette sentenze contro chi osa denunciarne i mali.
L’Islam radicale è questo e noi dobbiamo difenderci, che poi ci sia anche un Islam moderato, che condanna questi episodi, con il quale è possibile dialogare, può essere e ben venga. Certo non si può cadere nell’errore di fare di ogni erba un fascio e di innescare la miccia del razzismo, però non dobbiamo passare sopra a nessun episodio di intolleranza, anche quando si esprime solo verbalmente. Chi viene qui per lavorare ha diritto di mantenere le proprie usanze, se non contrastano con il nostro ordinamento giuridico, e di professare la propria religione, se non contrasta con il nostro ordinamento giuridico, però non possiamo permettere che si riporti nelle nostre società l’odio contro il libero pensiero. L’Inquisizione l’abbiamo avuta anche noi e sappiamo di quali orrori si sia macchiata, ora non dobbiamo permettere che qualche altra inquisizione si installi nuovamente a casa nostra. Non serve a questo proposito la guerra di Bush, che anzi ha fornito qualche alibi al terrorismo mascherandolo da resistenza all’occupazione, ma certamente dobbiamo tutti essere consapevoli che siamo circondati da un grave pericolo e che è necessario non abbassare mai la guardia, e quindi condannare sempre qualsiasi episodio di intolleranza, anche il più lieve, immediatamente e con la più larga risonanza, e procedere all’espulsione delle persone sospette prima che possano agire.

La vittoria di Bush e l'Europa


Ha vinto l’America profonda, bigotta, guerrafondaia,culturalmente sottosviluppata, quella che si può riassumere nelle tre parole, Dio, Patria, Famiglia, quell’America che non piace all’opinione pubblica europea, non necessariamente di sinistra, ma laica e progressista, che solo per ciò viene definita “visceralmente antiamericana e comunista” dai Ferrara e compagnia.
La vittoria di Bush è stata completa, perché oltre ai voti dei grandi elettori, ha vinto anche a livello popolare ottenendo 3 milioni e mezzo di voti popolari in più rispetto allo sfidante, e sia alla Camera che al Senato i repubblicani hanno fatto il pieno.
Le elezioni si sono trasformate in un plebiscito a favore di Bush che l’altra volta aveva ottenuto meno voti popolari dell’avversario e che non era stato nemmeno eletto, ma nominato dalla Corte Suprema. Probabilmente senza il terrorismo e la guerra non sarebbe mai stato rieletto, ma il paese è in guerra e gli americani che sono visceralmente nazionalisti votano il loro comandante in capo, quello che rappresenta meglio il loro spirito nazionalista, votano per la sicurezza e per chi pensano che meglio gliela garantisca. Poi c’entrano anche altri fattori. Il fondamentalismo religioso che a noi europei fa sorridere (non che non abbiamo i nostri “talebani”, ma per fortuna sono pochi e quindi in rapida via di estinzione), ma che per gli americani meno colti è ancora importante, e per ciò il loro gradimento va ad un presidente che sbandiera il suo credo, che si dichiara ispirato da Dio, che ha una visione manichea della politica con la lotta tra il Bene e il Male, che sbandiera i valori del familismo più retrogrado. Poi nonostante la personale ricchezza, che non è minore di quella di Kerry, Bush, proprio per la sua scarsa cultura, appare più “uomo qualunque” e pertanto raccoglie più facilmente anche il voto delle classi meno agiate.
Certo anche se Bush ha stravinto non si può dimenticare che comunque un 48% degli elettori gli ha votato contro, che gli Stati del Nord-Est e della Costa Occidentale hanno opinioni ben diverse e che gli Stati Uniti dopo queste elezioni appaiono molto disuniti.
Quanto al resto del mondo è certo che la vittoria del fondamentalismo guerrafondaio rappresenta un rischio per il futuro. Tuttavia per l’Europa ci potrebbero essere anche dei risvolti positivi. Infatti anche se buona parte dei governi europei, in primo luogo Francia, Germania e Spagna, e la maggioranza dell’opinione pubblica europea ha tifato Kerry, non tanto perché piacesse il personaggio in sé, quanto perché rappresentava quella parte di america colta, progressista e sicuramente più vicina all' animo europeo, credo che abbiano ragione coloro che dicono che una vittoria di Kerry non avrebbe cambiato molto in politica estera, ma che anzi Kerry avrebbe cercato di coinvolgere l’Europa in un maggior impegno nel pantano iracheno. Non so se Francia e Germania avrebbero aderito, forse no, tuttavia bisogna ricordare che durante la presidenza Clinton, i governi dei paesi europei aderenti alla Nato hanno partecipato più o meno entusiasticamente all’avventura in Kossovo (e peraltro mi domando se ci sia convenuto andare a rafforzare l’Islam sulle porte di casa nostra), anche il nostro governo allora di centro-sinistra. Eppure anche allora non ci fu mandato Onu, ma la sola copertura della Nato che mi risultava fosse un’alleanza difensiva e quindi non contemplasse aggressioni ad un paese che non ci stava minacciando, alleanza che peraltro avrebbe esaurito il suo compito con la fine della guerra fredda, anche se trova ancora dei difensori, come D’Alema , e me ne sono meravigliata, ma non più di tanto (e del resto il personaggio non mi è mai riuscito simpatico) che l’altra sera in televisione si è espresso in favore di questo anacronistico strumento subito dopo un servizio sulla base atomica della Maddalena che comincerebbe ad innervosire i Sardi, non per motivazioni ideologiche, ma per sacrosanti interessi economici e magari anche per motivi di sanità e sicurezza.
Penso inoltre che altri quattro anni di Bush potrebbero spingere l’Europa a rendersi conto di non avere più molto in comune con gli Stati Uniti, sia dal punto di vista dell’economia che della sicurezza, a rendersi conto che anzi deve competere con gli Stati Uniti economicamente, politicamente e militarmente, che deve cominciare a camminare da sola per costruire il sogno europeo, che non deve essere un ricalco sbiadito di quello americano.  Purtroppo l’Europa è ancora molto divisa al suo interno, l’Unione va costruita e non si realizza con la semplice firma di una costituzione che entrerà in vigore tra diversi anni. Sarebbe tuttavia importante che queste idee si diffondessero a livello di opinione pubblica europea, che si sviluppasse un movimento che costringesse i governi ad andare nella direzione di queste idee.

L'immagine riportata è la riproduzione della prima pagina di uno dei maggiori quotidiani inglesi, l'Independent, che non maschera il disappunto per la rielezione di Gorge W. Bush. A commento di un mosaico di foto, che stigmatizzano tra l'altro alcuni dei peggiori avvenimenti del passato mandato di Bush, c'è la scritta: "Altri quattro anni"

mercoledì 3 novembre 2004

1) Bush o Kerry 2) Credenti e intolleranti

Bush o Kerry

Si elegge l’imperatore del mondo e il mondo è in fibrillazione, come non era mai avvenuto in passato.
Da noi hanno cominciato già in prima serata i telegiornali. Poi c’è stato “Ballarò”. Ora si continua con “Porta a Porta”  che coprirà tutta la notte fino alle 6,30 quando ci sarà il primo telegiornale. Non che abbia intenzione di sorbirmelo tutto.
Ad ogni modo, le elezioni appaiono, anche per l'alta affluenza alle urne, un referendum pro o contro Bush, una sua bocciatura comporterebbe pertanto un ripensamento della guerra (anche se nessuno si può aspettare un immediato ritiro dall'Iraq)  e della politica interventista degli USA e un diverso rapporto con l'Europa. Al contrario una sua riconferma rappresenterebbe un pericolo per il mondo.
Per chi volesse una spiegazione su come funzionano le elezioni presidenziali americane (in italiano) può andare sul blog di Alessio o sul sito dell’Ambasciata USA di Roma che ha preparato uno speciale “elezioni 2004” . Un altro speciale su ReporterAssociati
L'ultima notizia è che  una società di sondaggi sta già dando Kerry vincente e di larga misura, anche se i timori ingenerati dalle elezioni del 2000, fanno si che tutti siano prudenti.

Credenti e intolleranti

Ieri a Porta a Porta si è parlato di religione. C’erano noti personaggi di fedi diverse, la solita donna italiana convertita con il burka,  e l’ing. Roberto Vacca, scrittore, divulgatore scientifico e fortunatamente ateo. Ad un certo punto la Sig.ra Koll, l’attrice, si è rivolta a Vacca dicendogli ”capisco perché lei non crede, deve avere una tale macedonia in testa!” Ecco questi credenti li trovo tutti arroganti. Molte persone ad un certo punto della vita hanno una qualche crisi e così riscoprono la religione. Dopodiché diventano assolutamente intolleranti. Avranno trovato la fede, ma non sanno cos’è l’umiltà. Ad ogni modo quello più intollerante e arrogante come al solito è stato l’imam di cui non ricordo il nome, ma un imam non si nega a nessun talk show,tanto meno se si parla di religione, il quale nel tentativo di spiegare l’assurdità per la quale un uomo islamico possa sposare una donna non islamica, mentre una donna islamica non possa fare altrettanto con un uomo non islamico, ha detto che ciò dipende dal fatto che un islamico comprende in sé anche le altre religioni, l’ebraica e la cristiana, non così il non islamico. E allora?  Siamo alle solite, a parte l’idiozia che l’islam inglobi in sé le altre religioni monoteiste, non si riesce a capire perché ciò valga per l’uomo e non per la donna, almeno che non si voglia sostenere che   quest’ultima ha un intelletto inferiore. Ma come si fa a far parlare questa gente? Forse sono intollerante anch’io. Però leggevo proprio oggi sul Corriere della Sera un articolo su un’ex atleta algerina, Hassiba Boulmerka, che vinse tre medaglie d’oro correndo i 500 metri, a Tokio nel 1991, alle Olimpiadi di Barcellona nel 1992 e ai mondiali di Goteborg nel 1995, e che dopo Tokio fu condannata a morte dal Gruppo islamico armato ( responsabile di un’autentica guerra, più che decennale, contro il regime di Algeri, nel corso della quale sono morte circa 150mila persone) la quale, benché faccia una netta distinzione tra Islam e terrorismo definendo anzi l’islam una religione di pace, già dieci anni fa diceva “il vero problema è che l’integralismo si allargherà nei paesi europei sfruttando le libertà dei sistemi democratici”. Sicuramente è stata profetica.