Pistoia tra storia e attualità

Questa pagina del blog è dedicata alla mia città, PISTOIA, alla sua storia attraverso i secoli, ai luoghi di interesse culturale e artistico, a fatti, personaggi e curiosità locali, nonché alle bellezze naturali dei dintorni.



Pistoia si trova in Toscana, a Nord-Ovest di Firenze, da cui dista 29 km. Ai piedi dell'Appennino, a 65 metri s.l.m., il Comune ha una superficie di 236,77 kmq. Gli abitanti sono circa 91.000 (il dato ufficiale ISTAT al 01.01. 2011 ne indica 90.288).




Dalle origini ai giorni nostri
Pistoia fu municipio romano e nel II secolo a. C. doveva essere una città fortificata, oppidum, destinata all'approvvigionamento delle milizie. Il suo stesso nome Pistoria, Pistoriae o Pistorium, allude forse a questo suo ruolo, perché, in latino, pistoria indica il forno per il pane. Non sono tuttavia da escludere precedenti insediamenti di popolazioni diverse, quali gli Etruschi, come lasciano presupporre alcuni reperti archeologici ritrovati in prossimità dell'attuale piazza del Duomo. L'unico episodio di notevole importanza che la riguardò in epoca romana fu la sconfitta di Catilina e dei suoi seguaci avvenuta nel gennaio del 62 a. C. in una località imprecisata dell'ager pistoriensis.
Nel V° secolo Pistoia divenne sede vescovile. Nello stesso secolo subì il brutale saccheggio dei Goti. Nel VI° sec. fu occupata dai Longobardi. La dominazione longobarda fu importante per la città che divenne sede di un gastaldato direttamente dipendente dal sovrano. La città, a riprova della sua importanza, fu autorizzata a coniare una moneta aurea: il tremisse pistoiese. Scarse notizie rimangono della dominazione franca, che seguì quella longobarda.Durante l'VIII secolo lo sviluppo urbano e la vita politica si organizzarono attorno alla corte vescovile. La città subì le sorti del mondo occidentale caratterizzandosi per un'economia di carattere chiuso e per un sistema politico di impronta feudale. I conti Guidi e Cadolingi contendevano al vescovo il controllo sulla città.
Con il nuovo millennio mutarono le istituzioni politiche. Nell’XI sec. la città divenne libero comune; nel 1105 a Pistoia governavano i consoli, la più antica magistratura di istituzione democratica e nel 1158 il podestà arginò il potere del vescovo, il cui palazzo fortificato sorgeva presso la cattedrale. Nel 1177 la città ebbe il suo primo statuto, uno dei più antichi d'Italia. Nel XII° sec. la città vide un notevole sviluppo economico ed un ampliamento dei propri territori, ma la vita civile fu turbata dagli scontri che opponevano le opposte fazioni Guelfa e Ghibellina prima, Bianca e Nera poi.
Il XIII° secolo fu per la città un momento di grave crisi politica. Ci furono gravi scontri con le potenti città di Firenze e Lucca. All'inizio del quattordicesimo secolo la loro alleanza procurò a Pistoia una delle pagine più dolorose della sua storia: l'assedio del 1306.
Nel corso del secolo Pistoia cercò più volte di risollevarsi, ma fu sottoposta prima alle signorie di Uguccione della Faggiola, di Vinceguerra Panciatichi e di Roberto d'Angiò, poi, con Castruccio Castracani, al potere di Lucca. Intorno alla metà del secolo Pistoia entrò nell'orbita fiorentina, dopo aver subito gravi perdite, sia sotto l’aspetto demografico che economico, in conseguenza delle disastrose pestilenze del 1348 e 1400. Nel 1401 Pistoia perse definitivamente la propria indipendenza e divenne parte integrante dei domini fiorentini. Firenze impose un Podestà di sua nomina e sottrasse a Pistoia il controllo su gran parte del contado. Anche la diocesi fu sottomessa a quella fiorentina. Per tutta l'età medicea, i secoli XVI° e XVII°, Pistoia non ha avuto una propria storia anche se è stata protagonista di alcuni episodi di rilievo.
Il continuo riaccendersi durante la prima metà del Cinquecento delle lotte tra le fazioni cittadine, capeggiate dalle famiglie dei Cancellieri e dei Panciatichi, per aggiudicarsi le poche cariche di rilievo disponibili, costrinse Firenze ad accrescere il potere su Pistoia esautorando così ogni parvenza di autonomia locale. Negli anni successivi la città fu prospera come testimoniano ancora oggi i numerosi palazzi gentilizi di quell’epoca, e visse in pace fin quando le truppe papaline nel 1643 non la cinsero d'assedio, al quale, però, i cittadini seppero resistere con grande coraggio. In questo stesso secolo Pistoia vide salire al soglio pontificio con il nome di Clemente IX un rappresentante dell'aristocrazia cittadina: il Cardinale Giulio Rospigliosi.
Quando durante la prima metà del Settecento il granduca Giangastone, ultimo discendente dei Medici, morì e la Toscana divenne dominio dei Lorena la città, soprattutto con l'illuminato Pietro Leopoldo, conobbe anni floridi e poté assistere alla modernizzazione della viabilità transappenninica che, con la via modenese, le restituì quella centralità negli scambi con il Settentrione che ne era stata la principale e più remota caratteristica. Alla fine del secolo XVIII° l'attenzione dell'intera Europa si rivolse a Pistoia per il Sinodo diocesano convocato dal vescovo Scipione de' Ricci, in accordo con il granduca, divenuto celebre per le tesi gianseniste che proponevano una radicale riforma della chiesa. I pistoiesi, come del resto il papa Pio VI, non seppero cogliere le idee innovative dell'alto presule che pochi anni dopo fu costretto a lasciare la città.
Alla fine del secolo Pistoia fu occupata dalle truppe francesi con a capo il giovane generale Napoleone Bonaparte; l'anno dopo l'intera Toscana era governata dalla Francia. Durante il dominio napoleonico Pistoia fu inclusa nel dipartimento dell'Arno e divenne una municipalità governata da un Maire. Con il Congresso di Vienna e la restaurazione in Toscana rientrarono i Lorena che ripresero l'opera di riforma iniziata da Pietro Leopoldo. Nel 1851 la ferrovia Maria Antonia da Firenze arrivò a Pistoia e più tardi, nel 1864, già dopo l'unità d'Italia, fu realizzata la ferrovia Porrettana. Al Risorgimento Pistoia ha contribuito non soltanto con il sangue di Attilio Frosini, Sergio Sacconi e Torello Biagioni uccisi dagli austriaci e di quanti altri avevano combattuto nelle guerre d'indipendenza ma anche con la filantropia e il mecenatismo di Niccolò Puccini.
Nel 1848 Pistoia fu nominata dal granduca capoluogo di compartimento e fu dotata di una prefettura; appena tre anni dopo fu degradata, si dice per punirla delle sue idee unitarie, a sottoprefettura. Dal 1849 al 1855 subì una dura occupazione delle truppe austriache chiamate in aiuto dai Lorena. Nel 1860 aderì con un plebiscito al Regno d'Italia.
Tra l'Ottocento e il Novecento Pistoia cominciò a dotarsi di un aspetto più moderno. Si avviò un processo di industrializzazione (la San Giorgio di Genova vi costruì uno stabilimento per la nascente industria automobilistica) e di rinnovamento urbanistico. Con l'abolizione della cinta daziaria nel 1909 le mura persero ogni loro significato e fu iniziata la loro parziale demolizione. Successivamente vennero demoliti interi quartieri medioevali e gran parte della città cambiò aspetto.
Durante il periodo fascista Pistoia fu promossa a capoluogo di provincia. Durante il secondo conflitto mondiale fu centro di vivace reazione antitedesca e specialmente nelle campagne si fecero sentire le conseguenze delle durissime rappresaglie. L'8 settembre del 1944 la città fu liberata.
Con la ricostruzione Pistoia si è trasformata in un importante centro commerciale e industriale che si lega all'area metropolitana fiorentina e si caratterizza, fra l'altro, per una particolare vocazione orto-vivaistica.


***

Riporto di seguito due articoli che avevo scritto per il blog "Arte a Pistoia" realizzato da un amico su Splinder.


Dal blog "Arte a Pistoia" 
postato da Marivan, sabato 3 maggio 2003 ore 17,59

PISTOIA NELLA DIVINA COMMEDIA
Dante Alighieri, Catilina e le origini di Pistoia.

L'unico episodio di notevole importanza che riguardò Pistoia in epoca romana fu la sconfitta di Catilina e dei suoi seguaci avvenuta nel gennaio del 62 A.C. in una località imprecisata dell'”ager pistoriensis”, sulla direttrice che oggi corrisponde alla strada statale che porta all’Abetone, forse l’attuale Campotizzoro, o forse una località più a nord, presso l’attuale Cutigliano. Nel centro di Pistoia esiste tutt'oggi una via che porta ancora il suo nome: “Via tomba di Catilina”, vicino alla splendida piazza Duomo.

Dante Alighieri nei versi sotto riportati dei canti XXIV° e XXV° dell’Inferno cita Pistoia per ben due volte, anche se, in entrambe, a proposito di Vanni Fucci, notorio ladro, e quindi con un pretesto non troppo lusinghiero per la città, ma pretesti simili accomunano altre città della Toscana citate nella Commedia, da Firenze a Pisa.

Inferno, canto XXIV°
"Io piovvi di Toscana,
 poco tempo è, in questa gola fiera.
Vita bestial mi piacque e non umana,
sì come a mul ch'i' fui; son Vanni Fucci
bestia, e Pistoia mi fu degna tana".
Inferno, canto XXV°
"Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
 d'incenerarti sì che più non duri,
 poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi?"

Ahi, Pistoia, dice il poeta, perché non decidi tu stessa di ridurti in cenere dal momento che superi in malvagità i tuoi antichi fondatori.
Ma a chi alludeva Dante nel canto XXV° dell’Inferno? Chi erano questi malvagi fondatori della città?
Secondo alcune interpretazioni il poeta avrebbe accreditato l’ipotesi che i rimasugli dell'esercito di Catilina, sfuggiti a Marco Petreio,  fossero riparati a Pistoia, appena un villaggio, facendone poi la città più rissosa del suo tempo. 
Sappiamo che non è così, perché all’epoca della congiura di Catilina, Pistoia era già municipio romano, ma il guelfo bianco, Dante, che sognava ancora il mito dell’impero romano, paragonava la ribellione dei “Catilinari” contro Roma a quella di Firenze contro l’imperatore, per la quale il poeta era stato costretto all’esilio, e pertanto coglieva ogni pretesto per scagliarsi contro chi nel presente e nel passato riconoscesse come avversario della propria idea di un principio ordinatore. Così credeva di odiare Catilina senza accorgersi che probabilmente questi fu un precursore dell’impero, e che Cesare, il quale forse ebbe una parte nella congiura, ma seppe restarne ai margini, ne fu il successore, e che l'idea dell'impero aveva già avuto il primo statista in Caio Gracco che decenni prima era stato ucciso per aver propugnato una politica molto meno ardita di quella di Catilina.
Ma ancora parole simili il poeta fa dire all’amico e maestro Brunetto Latini che, nel canto XV° dell’Inferno, annuncia all'allievo di un tempo che i suoi concittadini, discendenti da quei Fiesolani che si erano schierati con Catilina, opponendosi così alla costruzione dell'impero romano, voluto dalla Provvidenza divina, ripagheranno con il male il "ben far", cioè l'integrità dimostrata da Dante nel ricoprire cariche pubbliche.

Inferno, canto XV

... quell'ingrato popolo maligno (i Fiorentini)
che discese di Fiesole ab antico,
e tiene ancor del monte e del macigno,
ti si farà, per tuo ben far, nimico ...

Ma chi era Catilina?

Roma: Affresco di Cesare Maccari a Palazzo Madama che raffigura Cicerone contro Catilina 
Le fonti sul personaggio provengono dai suoi acerrimi nemici, Sallustio e Cicerone (almeno tutti coloro che hanno frequentato un liceo ricorderanno almeno l’”incipit” della famosa orazione di Cicerone contro Catilina “Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?”), e pertanto sono di parte.
Inoltre chi perde resta generalmente un colpevole.
Tuttavia in epoca recente c’è stato un tentativo di rivalutazione di Catilina che fu sicuramente  un  uomo politico ambizioso, magari ambiguo, ma che seppe morire sul campo da eroe. Aveva un progetto di riforma della società e dello stato che si basava sull’azzeramento dei debiti e la riforma agraria, un progetto che, tra l’altro, comprendeva anche maggiori diritti per le donne e un miglioramento delle condizioni degli schiavi, ciò che per la società romana dei tempi era uno scandalo. Tra i suoi seguaci, che Sallustio e Cicerone definirono la feccia della società, c’erano aristocratici caduti in disgrazia, molte donne, intellettuali, giovani, poveri ma anche figli della nobiltà. Con il suo progetto Catilina, che apparteneva alla piccola nobiltà,  si conquistò il favore della plebe battendosi contro il conservatore Cicerone, il quale, tuttavia, riuscì per ben tre volte con brogli e maneggi vari ad impedirne l’elezione al consolato. Catilina ne ebbe abbastanza e organizzò la congiura. Mentre alcuni congiurati dovevano preparare la sollevazione della plebe in città, Catilina avrebbe preso la strada di Fiesole dove lo aspettava il grosso dei suoi uomini. Tuttavia con gesto di sfida si presentò un’ultima volta in Senato dove però Cicerone lo sommerse con la mitica orazione e i senatori gli impedirono di difendersi. Allora lasciò Roma e raggiunse i suoi a Fiesole. L’intenzione era forse quella di dirigersi verso la Gallia per raccogliere nuove forze prima di marciare su Roma, ma nei pressi di Pistoia si trovò la strada sbarrata e allora decise di dare battaglia, ritenendo, come avrebbe detto ai suoi uomini, che l’unica salvezza era nella vittoria. E in una fredda mattina di gennaio del 62 A.C. gli eserciti si scontrarono. La battaglia durò a lungo, ma alla fine le forze governative ebbero la meglio e Catilina fu consegnato alla storia, almeno fino ai nostri giorni, quale scellerato traditore.


***



Dal blog "Arte a Pistoia" 
postato da Marivan, venerdì 23 aprile 2004 ore 19,54

Pistoia, crocevia di viaggiatori illustri


Pistoia fu nei secoli crocevia di viaggiatori illustri, dal geografo arabo Al Idris (1100- 1166) al pensatore francese Michel de Montaigne (1533-1592) al pittore tedesco, ma di origini italiane, Gorge Cristoph Martini (1685-1745) al direttore del teatro nazionale di Polonia August Moszynski (secolo XVIII) allo storico e critico d’arte inglese John Ruskin (1819-1900) all’ingegnere ed esperto d’arte russo Pavel Pavlovic Muratov (1881-1950) al critico letterario francese Ippolite Taine (1828-1893) al pittore danese Kristian Zahartmann (1843-1917).
Tutti costoro sono passati almeno una volta per Pistoia e sulla “città rocciosa” (Piero Bigongiari “Una città rocciosa: altri frammenti di un'autobiografia”, a cura di E. Dei, Pistoia, Via del vento, 1994) o “dei crucci” (Gabriele D’Annunzio: “T’amo, citta’ di crucci, aspra Pistoia” dalla raccolta “Città del silenzio” ), sul suo fascino e sulle sue bellezze architettoniche, artistiche e paesaggistiche, hanno lasciato testimonianza nei loro scritti.
E proprio al rapporto tra questi illustri viaggiatori e la città è dedicato il breve saggio dello storico pistoiese Renato Risaliti dal titolo “Viaggiatori stranieri a Pistoia sec. XII-XX“, uscito in questi giorni per i tipi della “Brigata del Leoncino”, ove l’autore ha raccolto e rivisitato alcuni suoi articoli scritti per le pagine pistoiesi della Nazione. Ma l’argomento era già stato trattato, anche se solo con riferimento al XIX° secolo, nell’esauriente e informatissimo saggio scritto qualche anno fa da Gianluca Chelucci, dal titolo “Le Pietre di Pistoia: la fortuna internazionale di Pistoia nella letteratura artistica dell’800” che è contenuto nel catalogo della mostra che Comune e Museo Civico di Pistoia dedicarono tra il 1999 e il 2000 al pittore danese Christian Zahrtmann* (“K.Z. e il matrimonio mistico di Pistoia – Il sogno di un pittore straniero nell’Italia dell’800”, M&M editori, Firenze-Siena 1999). 
*Christian Zahrtmann, (1843-1917), nato a Ronne, cittadina dell’isola di Bornholm, nel Baltico, si trasferì a Copenaghen ove frequentò l'Accademia delle Belle Arti laureandovisi nel 1868. Pittore versatile ed anticonformista, si allontanò dal tradizionalismo accademico aprendosi alla ricerca pittorica nei campi del naturalismo e del realismo.Nel 1875 scese in Italia per la prima volta e vi restò tre anni con lunghe soste a Roma, Siena e Pistoia, e nel piccolo paese di Saracinesco, sperduto paese che domina la valle dell'Aniene. Innamoratosi del sole e della luce, dello splendore della natura, delle scene di vita quotidiana, delle tradizioni e dei riti della religiosità popolare dell’Italia, che gli dette spunto per molti suoi dipinti, vi ritornò negli anni seguenti e nel 1883 scoprì  Civita d’Antino, borgo marsicano arroccato su un colle della Valle Roveto, in provincia dell’Aquila, nell’Abruzzo più profondo ed isolato e lo elesse a sua seconda patria trascorrendovi per molti anni ogni estate.
A Pistoia dipinse il matrimonio mistico. 
Il dipinto rappresenta una cerimonia attestata in antiche cronache e che si celebrava in occasione dell’insediamento di un nuovo vescovo della diocesi di Pistoia. Il nuovo vescovo entrava in città da porta Lucchese (a ricordo della nascita della diocesi come scorporo di quella di Lucca) su un cavallo bianco e poi si dirigeva guidando una lunga processione alla chiesa di San Pier Maggiore dove avvenivano le simboliche nozze con la badessa del monastero di San Pietro che tradizionalmente simboleggiava la Chiesa pistoiese. I due "sposi" si sedevano nella cerimonia su un fastoso letto, che simboleggiava la "consumazione" (in seguito sostituita con la più pudica seduta su due seggioloni); poi il vescovo consegnava un anello alla badessa e prendeva la via per la cattedrale.
La Chiesa di San Pier Maggiore risalente all’VIII° sec., in epoca longobarda, ospitò  nel convento annesso fin dall’XI° sec. le monache benedettine. Nel 1640 l'interno fu completamente ristrutturato e arricchito di decorazioni di gusto barocco. Oggi la chiesa è sconsacrata: negli spazi conventuali annessi ha sede il Liceo Artistico "Petrocchi e nel matroneo è collocata la raccolta di gessi dello scultore pistoiese Andrea Lippi (1888-1916).

Pistoia tra storia e attualità

Questa pagina del blog è dedicata alla mia città, PISTOIA, alla sua storia attraverso i secoli, ai luoghi di interesse culturale e artistico, a fatti, personaggi e curiosità locali, nonché alle bellezze naturali dei dintorni.



Pistoia si trova in Toscana, a Nord-Ovest di Firenze, da cui dista 29 km. Ai piedi dell'Appennino, a 65 metri s.l.m., il Comune ha una superficie di 236,77 kmq. Gli abitanti sono circa 91.000 (il dato ufficiale ISTAT al 01.01. 2011 ne indica 90.288).




Dalle origini ai giorni nostri
Pistoia fu municipio romano e nel II secolo a. C. doveva essere una città fortificata, oppidum, destinata all'approvvigionamento delle milizie. Il suo stesso nome Pistoria, Pistoriae o Pistorium, allude forse a questo suo ruolo, perché, in latino, pistoria indica il forno per il pane. Non sono tuttavia da escludere precedenti insediamenti di popolazioni diverse, quali gli Etruschi, come lasciano presupporre alcuni reperti archeologici ritrovati in prossimità dell'attuale piazza del Duomo. L'unico episodio di notevole importanza che la riguardò in epoca romana fu la sconfitta di Catilina e dei suoi seguaci avvenuta nel gennaio del 62 a. C. in una località imprecisata dell'ager pistoriensis.
Nel V° secolo Pistoia divenne sede vescovile. Nello stesso secolo subì il brutale saccheggio dei Goti. Nel VI° sec. fu occupata dai Longobardi. La dominazione longobarda fu importante per la città che divenne sede di un gastaldato direttamente dipendente dal sovrano. La città, a riprova della sua importanza, fu autorizzata a coniare una moneta aurea: il tremisse pistoiese. Scarse notizie rimangono della dominazione franca, che seguì quella longobarda.Durante l'VIII secolo lo sviluppo urbano e la vita politica si organizzarono attorno alla corte vescovile. La città subì le sorti del mondo occidentale caratterizzandosi per un'economia di carattere chiuso e per un sistema politico di impronta feudale. I conti Guidi e Cadolingi contendevano al vescovo il controllo sulla città.
Con il nuovo millennio mutarono le istituzioni politiche. Nell’XI sec. la città divenne libero comune; nel 1105 a Pistoia governavano i consoli, la più antica magistratura di istituzione democratica e nel 1158 il podestà arginò il potere del vescovo, il cui palazzo fortificato sorgeva presso la cattedrale. Nel 1177 la città ebbe il suo primo statuto, uno dei più antichi d'Italia. Nel XII° sec. la città vide un notevole sviluppo economico ed un ampliamento dei propri territori, ma la vita civile fu turbata dagli scontri che opponevano le opposte fazioni Guelfa e Ghibellina prima, Bianca e Nera poi.
Il XIII° secolo fu per la città un momento di grave crisi politica. Ci furono gravi scontri con le potenti città di Firenze e Lucca. All'inizio del quattordicesimo secolo la loro alleanza procurò a Pistoia una delle pagine più dolorose della sua storia: l'assedio del 1306.
Nel corso del secolo Pistoia cercò più volte di risollevarsi, ma fu sottoposta prima alle signorie di Uguccione della Faggiola, di Vinceguerra Panciatichi e di Roberto d'Angiò, poi, con Castruccio Castracani, al potere di Lucca. Intorno alla metà del secolo Pistoia entrò nell'orbita fiorentina, dopo aver subito gravi perdite, sia sotto l’aspetto demografico che economico, in conseguenza delle disastrose pestilenze del 1348 e 1400. Nel 1401 Pistoia perse definitivamente la propria indipendenza e divenne parte integrante dei domini fiorentini. Firenze impose un Podestà di sua nomina e sottrasse a Pistoia il controllo su gran parte del contado. Anche la diocesi fu sottomessa a quella fiorentina. Per tutta l'età medicea, i secoli XVI° e XVII°, Pistoia non ha avuto una propria storia anche se è stata protagonista di alcuni episodi di rilievo.
Il continuo riaccendersi durante la prima metà del Cinquecento delle lotte tra le fazioni cittadine, capeggiate dalle famiglie dei Cancellieri e dei Panciatichi, per aggiudicarsi le poche cariche di rilievo disponibili, costrinse Firenze ad accrescere il potere su Pistoia esautorando così ogni parvenza di autonomia locale. Negli anni successivi la città fu prospera come testimoniano ancora oggi i numerosi palazzi gentilizi di quell’epoca, e visse in pace fin quando le truppe papaline nel 1643 non la cinsero d'assedio, al quale, però, i cittadini seppero resistere con grande coraggio. In questo stesso secolo Pistoia vide salire al soglio pontificio con il nome di Clemente IX un rappresentante dell'aristocrazia cittadina: il Cardinale Giulio Rospigliosi.
Quando durante la prima metà del Settecento il granduca Giangastone, ultimo discendente dei Medici, morì e la Toscana divenne dominio dei Lorena la città, soprattutto con l'illuminato Pietro Leopoldo, conobbe anni floridi e poté assistere alla modernizzazione della viabilità transappenninica che, con la via modenese, le restituì quella centralità negli scambi con il Settentrione che ne era stata la principale e più remota caratteristica. Alla fine del secolo XVIII° l'attenzione dell'intera Europa si rivolse a Pistoia per il Sinodo diocesano convocato dal vescovo Scipione de' Ricci, in accordo con il granduca, divenuto celebre per le tesi gianseniste che proponevano una radicale riforma della chiesa. I pistoiesi, come del resto il papa Pio VI, non seppero cogliere le idee innovative dell'alto presule che pochi anni dopo fu costretto a lasciare la città.
Alla fine del secolo Pistoia fu occupata dalle truppe francesi con a capo il giovane generale Napoleone Bonaparte; l'anno dopo l'intera Toscana era governata dalla Francia. Durante il dominio napoleonico Pistoia fu inclusa nel dipartimento dell'Arno e divenne una municipalità governata da un Maire. Con il Congresso di Vienna e la restaurazione in Toscana rientrarono i Lorena che ripresero l'opera di riforma iniziata da Pietro Leopoldo. Nel 1851 la ferrovia Maria Antonia da Firenze arrivò a Pistoia e più tardi, nel 1864, già dopo l'unità d'Italia, fu realizzata la ferrovia Porrettana. Al Risorgimento Pistoia ha contribuito non soltanto con il sangue di Attilio Frosini, Sergio Sacconi e Torello Biagioni uccisi dagli austriaci e di quanti altri avevano combattuto nelle guerre d'indipendenza ma anche con la filantropia e il mecenatismo di Niccolò Puccini.
Nel 1848 Pistoia fu nominata dal granduca capoluogo di compartimento e fu dotata di una prefettura; appena tre anni dopo fu degradata, si dice per punirla delle sue idee unitarie, a sottoprefettura. Dal 1849 al 1855 subì una dura occupazione delle truppe austriache chiamate in aiuto dai Lorena. Nel 1860 aderì con un plebiscito al Regno d'Italia.
Tra l'Ottocento e il Novecento Pistoia cominciò a dotarsi di un aspetto più moderno. Si avviò un processo di industrializzazione (la San Giorgio di Genova vi costruì uno stabilimento per la nascente industria automobilistica) e di rinnovamento urbanistico. Con l'abolizione della cinta daziaria nel 1909 le mura persero ogni loro significato e fu iniziata la loro parziale demolizione. Successivamente vennero demoliti interi quartieri medioevali e gran parte della città cambiò aspetto.
Durante il periodo fascista Pistoia fu promossa a capoluogo di provincia. Durante il secondo conflitto mondiale fu centro di vivace reazione antitedesca e specialmente nelle campagne si fecero sentire le conseguenze delle durissime rappresaglie. L'8 settembre del 1944 la città fu liberata.
Con la ricostruzione Pistoia si è trasformata in un importante centro commerciale e industriale che si lega all'area metropolitana fiorentina e si caratterizza, fra l'altro, per una particolare vocazione orto-vivaistica.


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Riporto di seguito due articoli che avevo scritto per il blog "Arte a Pistoia" realizzato da un amico su Splinder.


Dal blog "Arte a Pistoia" 
postato da Marivan, sabato 3 maggio 2003 ore 17,59

PISTOIA NELLA DIVINA COMMEDIA
Dante Alighieri, Catilina e le origini di Pistoia.

L'unico episodio di notevole importanza che riguardò Pistoia in epoca romana fu la sconfitta di Catilina e dei suoi seguaci avvenuta nel gennaio del 62 A.C. in una località imprecisata dell'”ager pistoriensis”, sulla direttrice che oggi corrisponde alla strada statale che porta all’Abetone, forse l’attuale Campotizzoro, o forse una località più a nord, presso l’attuale Cutigliano. Nel centro di Pistoia esiste tutt'oggi una via che porta ancora il suo nome: “Via tomba di Catilina”, vicino alla splendida piazza Duomo.

Dante Alighieri nei versi sotto riportati dei canti XXIV° e XXV° dell’Inferno cita Pistoia per ben due volte, anche se, in entrambe, a proposito di Vanni Fucci, notorio ladro, e quindi con un pretesto non troppo lusinghiero per la città, ma pretesti simili accomunano altre città della Toscana citate nella Commedia, da Firenze a Pisa.

Inferno, canto XXIV°
"Io piovvi di Toscana,
 poco tempo è, in questa gola fiera.
Vita bestial mi piacque e non umana,
sì come a mul ch'i' fui; son Vanni Fucci
bestia, e Pistoia mi fu degna tana".
Inferno, canto XXV°
"Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi
 d'incenerarti sì che più non duri,
 poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi?"

Ahi, Pistoia, dice il poeta, perché non decidi tu stessa di ridurti in cenere dal momento che superi in malvagità i tuoi antichi fondatori.
Ma a chi alludeva Dante nel canto XXV° dell’Inferno? Chi erano questi malvagi fondatori della città?
Secondo alcune interpretazioni il poeta avrebbe accreditato l’ipotesi che i rimasugli dell'esercito di Catilina, sfuggiti a Marco Petreio,  fossero riparati a Pistoia, appena un villaggio, facendone poi la città più rissosa del suo tempo. 
Sappiamo che non è così, perché all’epoca della congiura di Catilina, Pistoia era già municipio romano, ma il guelfo bianco, Dante, che sognava ancora il mito dell’impero romano, paragonava la ribellione dei “Catilinari” contro Roma a quella di Firenze contro l’imperatore, per la quale il poeta era stato costretto all’esilio, e pertanto coglieva ogni pretesto per scagliarsi contro chi nel presente e nel passato riconoscesse come avversario della propria idea di un principio ordinatore. Così credeva di odiare Catilina senza accorgersi che probabilmente questi fu un precursore dell’impero, e che Cesare, il quale forse ebbe una parte nella congiura, ma seppe restarne ai margini, ne fu il successore, e che l'idea dell'impero aveva già avuto il primo statista in Caio Gracco che decenni prima era stato ucciso per aver propugnato una politica molto meno ardita di quella di Catilina.
Ma ancora parole simili il poeta fa dire all’amico e maestro Brunetto Latini che, nel canto XV° dell’Inferno, annuncia all'allievo di un tempo che i suoi concittadini, discendenti da quei Fiesolani che si erano schierati con Catilina, opponendosi così alla costruzione dell'impero romano, voluto dalla Provvidenza divina, ripagheranno con il male il "ben far", cioè l'integrità dimostrata da Dante nel ricoprire cariche pubbliche.

Inferno, canto XV

... quell'ingrato popolo maligno (i Fiorentini)
che discese di Fiesole ab antico,
e tiene ancor del monte e del macigno,
ti si farà, per tuo ben far, nimico ...

Ma chi era Catilina?

Roma: Affresco di Cesare Maccari a Palazzo Madama che raffigura Cicerone contro Catilina 
Le fonti sul personaggio provengono dai suoi acerrimi nemici, Sallustio e Cicerone (almeno tutti coloro che hanno frequentato un liceo ricorderanno almeno l’”incipit” della famosa orazione di Cicerone contro Catilina “Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?”), e pertanto sono di parte.
Inoltre chi perde resta generalmente un colpevole.
Tuttavia in epoca recente c’è stato un tentativo di rivalutazione di Catilina che fu sicuramente  un  uomo politico ambizioso, magari ambiguo, ma che seppe morire sul campo da eroe. Aveva un progetto di riforma della società e dello stato che si basava sull’azzeramento dei debiti e la riforma agraria, un progetto che, tra l’altro, comprendeva anche maggiori diritti per le donne e un miglioramento delle condizioni degli schiavi, ciò che per la società romana dei tempi era uno scandalo. Tra i suoi seguaci, che Sallustio e Cicerone definirono la feccia della società, c’erano aristocratici caduti in disgrazia, molte donne, intellettuali, giovani, poveri ma anche figli della nobiltà. Con il suo progetto Catilina, che apparteneva alla piccola nobiltà,  si conquistò il favore della plebe battendosi contro il conservatore Cicerone, il quale, tuttavia, riuscì per ben tre volte con brogli e maneggi vari ad impedirne l’elezione al consolato. Catilina ne ebbe abbastanza e organizzò la congiura. Mentre alcuni congiurati dovevano preparare la sollevazione della plebe in città, Catilina avrebbe preso la strada di Fiesole dove lo aspettava il grosso dei suoi uomini. Tuttavia con gesto di sfida si presentò un’ultima volta in Senato dove però Cicerone lo sommerse con la mitica orazione e i senatori gli impedirono di difendersi. Allora lasciò Roma e raggiunse i suoi a Fiesole. L’intenzione era forse quella di dirigersi verso la Gallia per raccogliere nuove forze prima di marciare su Roma, ma nei pressi di Pistoia si trovò la strada sbarrata e allora decise di dare battaglia, ritenendo, come avrebbe detto ai suoi uomini, che l’unica salvezza era nella vittoria. E in una fredda mattina di gennaio del 62 A.C. gli eserciti si scontrarono. La battaglia durò a lungo, ma alla fine le forze governative ebbero la meglio e Catilina fu consegnato alla storia, almeno fino ai nostri giorni, quale scellerato traditore.


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Dal blog "Arte a Pistoia" 
postato da Marivan, venerdì 23 aprile 2004 ore 19,54

Pistoia, crocevia di viaggiatori illustri


Pistoia fu nei secoli crocevia di viaggiatori illustri, dal geografo arabo Al Idris (1100- 1166) al pensatore francese Michel de Montaigne (1533-1592) al pittore tedesco, ma di origini italiane, Gorge Cristoph Martini (1685-1745) al direttore del teatro nazionale di Polonia August Moszynski (secolo XVIII) allo storico e critico d’arte inglese John Ruskin (1819-1900) all’ingegnere ed esperto d’arte russo Pavel Pavlovic Muratov (1881-1950) al critico letterario francese Ippolite Taine (1828-1893) al pittore danese Kristian Zahartmann (1843-1917).
Tutti costoro sono passati almeno una volta per Pistoia e sulla “città rocciosa” (Piero Bigongiari “Una città rocciosa: altri frammenti di un'autobiografia”, a cura di E. Dei, Pistoia, Via del vento, 1994) o “dei crucci” (Gabriele D’Annunzio: “T’amo, citta’ di crucci, aspra Pistoia” dalla raccolta “Città del silenzio” ), sul suo fascino e sulle sue bellezze architettoniche, artistiche e paesaggistiche, hanno lasciato testimonianza nei loro scritti.
E proprio al rapporto tra questi illustri viaggiatori e la città è dedicato il breve saggio dello storico pistoiese Renato Risaliti dal titolo “Viaggiatori stranieri a Pistoia sec. XII-XX“, uscito in questi giorni per i tipi della “Brigata del Leoncino”, ove l’autore ha raccolto e rivisitato alcuni suoi articoli scritti per le pagine pistoiesi della Nazione. Ma l’argomento era già stato trattato, anche se solo con riferimento al XIX° secolo, nell’esauriente e informatissimo saggio scritto qualche anno fa da Gianluca Chelucci, dal titolo “Le Pietre di Pistoia: la fortuna internazionale di Pistoia nella letteratura artistica dell’800” che è contenuto nel catalogo della mostra che Comune e Museo Civico di Pistoia dedicarono tra il 1999 e il 2000 al pittore danese Christian Zahrtmann* (“K.Z. e il matrimonio mistico di Pistoia – Il sogno di un pittore straniero nell’Italia dell’800”, M&M editori, Firenze-Siena 1999). 
*Christian Zahrtmann, (1843-1917), nato a Ronne, cittadina dell’isola di Bornholm, nel Baltico, si trasferì a Copenaghen ove frequentò l'Accademia delle Belle Arti laureandovisi nel 1868. Pittore versatile ed anticonformista, si allontanò dal tradizionalismo accademico aprendosi alla ricerca pittorica nei campi del naturalismo e del realismo.Nel 1875 scese in Italia per la prima volta e vi restò tre anni con lunghe soste a Roma, Siena e Pistoia, e nel piccolo paese di Saracinesco, sperduto paese che domina la valle dell'Aniene. Innamoratosi del sole e della luce, dello splendore della natura, delle scene di vita quotidiana, delle tradizioni e dei riti della religiosità popolare dell’Italia, che gli dette spunto per molti suoi dipinti, vi ritornò negli anni seguenti e nel 1883 scoprì  Civita d’Antino, borgo marsicano arroccato su un colle della Valle Roveto, in provincia dell’Aquila, nell’Abruzzo più profondo ed isolato e lo elesse a sua seconda patria trascorrendovi per molti anni ogni estate.
A Pistoia dipinse il matrimonio mistico. 
Il dipinto rappresenta una cerimonia attestata in antiche cronache e che si celebrava in occasione dell’insediamento di un nuovo vescovo della diocesi di Pistoia. Il nuovo vescovo entrava in città da porta Lucchese (a ricordo della nascita della diocesi come scorporo di quella di Lucca) su un cavallo bianco e poi si dirigeva guidando una lunga processione alla chiesa di San Pier Maggiore dove avvenivano le simboliche nozze con la badessa del monastero di San Pietro che tradizionalmente simboleggiava la Chiesa pistoiese. I due "sposi" si sedevano nella cerimonia su un fastoso letto, che simboleggiava la "consumazione" (in seguito sostituita con la più pudica seduta su due seggioloni); poi il vescovo consegnava un anello alla badessa e prendeva la via per la cattedrale.
La Chiesa di San Pier Maggiore risalente all’VIII° sec., in epoca longobarda, ospitò  nel convento annesso fin dall’XI° sec. le monache benedettine. Nel 1640 l'interno fu completamente ristrutturato e arricchito di decorazioni di gusto barocco. Oggi la chiesa è sconsacrata: negli spazi conventuali annessi ha sede il Liceo Artistico "Petrocchi e nel matroneo è collocata la raccolta di gessi dello scultore pistoiese Andrea Lippi (1888-1916).