venerdì 13 dicembre 2013

La crisi, la cura europea e le proteste

La situazione mi sembra un tantino complicata. 

Era inevitabile che qualcuno cominciasse a scendere in piazza. Le motivazioni per protestare non mancano. La classe politica è screditata, la crisi economica non accenna a risolversi. 

Sono in molti a definire pessime le cure che l'Unione Europea, o meglio, le sue istituzioni finanziarie impongono ai paesi aderenti. 

Intanto negli Stati Uniti si adottano politiche opposte, anche perché la Federal  Reserve stampa moneta, e le cose vanno molto meglio. 

Così molti, non solo in Italia, additano l'Europa come causa della crisi e i partiti e i movimenti anti europei acquistano sempre più consensi. Ma c'è ovviamente che la pensa diversamente. 

Nella trasmissione Servizio Pubblico appena conclusa, il giornalista Federico Rampini, pur sottolineando che le misure messe in atto in Europa sono sbagliate, affermava che non si può dare colpa all'Europa di certi mali endemici italiani. 

Non è colpa dell'Europa se l'Italia non cresce da 20 anni, non abbiamo certo importato dalla Germania la corruzione della classe politica, né l'atavica incompetenza e inefficienza del ceto politico-amministrativo che non è stato nemmeno in grado di spendere i contributi concessi dall'Europa o magari li ha fatti gestire dalla mafia, dalla camorra  e dalla 'ndrangheta. 

Per questi motivi Rampini sosteneva che non possiamo perdere l'aggancio con l'Europa perché precipiteremmo nei nostri mali atavici e non ci riprenderemmo più, che quindi l'Europa sarebbe la via maestra. 

Ora non ci sono dubbi che criminalità organizzata, inefficienza, corruzione, ma anche la scarsa capacità di certa classe imprenditoriale italiana che ora piange, ma che in passato non è stata capace di rinnovarsi e di far fronte alle sfide di un mondo in evoluzione, sono mali tipicamente interni e che non hanno niente a che vedere con l'Europa. 

Tuttavia mi sembra  contraddittorio affermare che le politiche dell'Unione Europea non sono in grado di dare risposte alla crisi, che anzi l'aggravano, e poi concludere che comunque l'Europa è la via maestra. Sarebbe necessario e urgente rivedere il modo di stare nell'Unione, ma non mi pare che il governo in carica abbia alcuna intenzione di farsi sentire in merito e del resto non ne avrebbe neanche l'autorevolezza. 

Intanto la crisi morde e la gente giustamente protesta. 

Poi certo tra chi protesta c'è di tutto, anche quelli che minacciano di bruciare i libri, quelli che fanno il saluto romano e quelli che inneggiano alla mafia sostenendo che la mafia li fa star bene. 

Pertanto gravi rischi di strumentalizzazioni e anche di derive pericolose ci sono. 

Credo tuttavia che la maggioranza di coloro che scendono in strada siano persone che vogliono solo manifestare il loro sdegno per una classe politica la cui deriva etica e la cui inefficienza non hanno uguali in Europa e altre che sono veramente disperate perché non riescono più a vivere dignitosamente. 

Purtroppo non mi sembra che per il momento dai palazzi del potere si dimostri di aver capito qualcosa, mentre stampa e televisione appuntano l'attenzione più su certi episodi, certamente gravi, che sulle vere motivazioni della protesta.

venerdì 6 dicembre 2013

I Forconi annunciano la rivoluzione per il 9 dicembre, ma ne parlano solo i network. Sarà un flash-mob?

Sul web si parla di una manifestazione indetta per il 9 dicembre e che dovrebbe bloccare il paese per 5 giorni. I quotidiani e gli altri media non ne parlano. Sul gruppo di Facebook “Coordinamento Pistoia 9 dicembre 2013”, al quale mi sono trovata iscritta senza averlo chiesto (e mi domando se non sarebbe più carino proporre l'iscrizione invece di iscrivere direttamente), c'è  un volantino nel quale si invita a scendere nelle piazze contro il far west della globalizzazione che ha sterminato il lavoro degli italiani, contro questo modello di “Europa”, per riprenderci la sovranità popolare e monetaria, per riappropriarci della democrazia, per il rispetto della nostra Costituzione, contro un governo di nominati e di parassiti e per difendere la nostra sacrosanta dignità. Il volantino è firmato coordinamento nazionale per la rivoluzione del 9 dicembre 2013.

Ah, allora si tratta di una rivoluzione? Mi sembrava di ricordare che le rivoluzioni si fanno ma non si annunciano. Non mi risultava che la presa della Bastiglia e del Palazzo d’Inverno fossero state annunciate qualche settimana prima, anche se certamente le rivoluzioni cui diedero inizio erano state preparate da tempo, c’erano i leader e i finanziatori, questi ultimi talvolta insospettabili. Eventualmente si annunciano le marce su Roma, specialmente quando si sa che i rischi sono minimi, che chi dovrebbe far rispettare l'ordine chiuderà un occhio o anche entrambi, perché così vuole il vecchio potere che vacilla, anche se poi le cose possono sempre sfuggire di mano.

Inoltre quando mai le rivoluzioni si fanno pacificamente chiedendo addirittura l'autorizzazione alle Questure?

Magari il termine è stato usato in senso simbolico, tuttavia se, come mi sembra di avere capito, il risultato che si mira a ottenere con la manifestazione è la cacciata di  questa classe politica, che certo se lo meriterebbe, cosa altro sarebbe se non una rivoluzione? Ma allora qual è il progetto alternativo che si intende perseguire, qual è il nuovo tipo di società che si vuole costruire?
E poi dov'è la classe politica di ricambio? Dove sono i Danton, i Robespierre o i Lenin? Dove le idee?

Mi sembra tutto molto vago.

Ho cercato di reperire notizie, almeno sugli organizzatori, ma non ho trovato molto.
   
Qualcuno, sempre nel gruppo di cui sopra, ha postato l’indirizzo di questo sito , ma su Twitter altri dicono che detto sito non ha niente a che vedere con
il movimento e che l’indirizzo ufficiale è invece questo . Non ho avuto modo di confrontare a fondo i siti. I video postati sembrano gli stessi. Quel che è certo è che di chiarezza mi pare ce ne sia poca al di là di generiche velleità di protesta.

Mi domando infatti cosa  significa dire che la globalizzazione ha sterminato il lavoro degli italiani. Noi non dovevamo competere con i cinesi, ma dovevamo impegnarci nella valorizzazione dei prodotti di eccellenza, come fanno i tedeschi. Poi magari sarebbe stato opportuno controllare certi capannoni dove tutti sapevano che c’erano cinesi schiavi a lavorare quasi per niente e che quindi certi prodotti scadenti non potevano che arrivare anche sui nostri mercati a far concorrenza ai nostri prodotti scadenti, non certo alle eccellenze. Se la nostra produttività non cresce da 15 anni, vuol dire che per qualche motivo ci siamo fermati, che la nostra classe imprenditoriale non è granché, che era già in crisi da tempo, che non si è valorizzato il merito, che non si è speso in innovazione. La nostra industria non si è rinnovata, non è stata in grado di affrontare un mondo in evoluzione. La crisi è molto precedente alla crisi. C’era chi lo aveva capito, ma forse non è stato in grado di farlo capire. Basterebbe leggere alcuni scritti profetici di Pasolini o il romanzo “Le mosche del capitale” di Paolo Volponi. Quest’ultimo, uscito nel 1989, è ambientato nella realtà industriale  della seconda metà degli anni ’70, ed è interessante per capire la crisi odierna, anche se purtroppo, a mio parere, è illeggibile (la sostanza c’è, ma lo stile è respingente).

Concordo con la necessità di combattere contro questo  modello di “Europa”, che è l’Europa della finanza e non dei popoli e che certamente ha poco a che vedere con le intenzioni dei padri fondatori, quando ancora c’erano degli ideali, quanto al riprenderci la sovranità popolare e monetaria, pur ritenendo che non si possa continuare a subire i diktat della BCE, che peraltro non è un organismo eletto, mi domando anche se tornare alla lira non sarebbe un rimedio peggiore del male. Non sarà poi che attribuire le cause della crisi all’unione monetaria sia un modo per nascondere le vere magagne del paese? Certamente l’unione monetaria senza l’unione politica è stata un azzardo che ha determinato nefaste conseguenze soprattutto per i paesi come il nostro che per entrarvi a tutti i costi hanno accettato condizioni capestro come il rapporto di  1936, 27 lire per 1 euro. Tuttavia mi domando anche come staremmo, pur con l’euro, se non avessimo criminalità organizzata, corruzione, clientelismo, pletorica burocrazia, giustizia inefficiente, evasione fiscale, e via elencando.

Premesso ciò, chi c’è dietro la rivoluzione del 9 dicembre, intendo soprattutto a livello nazionale? Qualcuno sostiene che ci sia il movimento di estrema destra Forza Nuova. Magari si tratta di un tentativo di screditare la manifestazione (rivoluzione?) da parte dei soliti noti. Quel che è certo è che Forza Nuova aderisce (vedere il sito). L’unica cosa certa è che non si sa molto degli organizzatori, di dove vengano, quali siano le loro idee e appartenenze, se ci sono. Qualcuno sempre su Facebook sostiene che l’idea è nata così, che non c’è nessuno dietro, solo il popolo stanco e arrabbiato. Nessuno può credere a una cosa del genere. Non si tratta di un flash mob! Sono tuttavia convinta che molti di coloro che parteciperanno all’evento siano in buona fede, che molti pensino davvero che l’iniziativa sia spontanea, solo che personalmente non ci credo e mi sembra anche strano che sui quotidiani e gli altri media non ci si preoccupi, che nessuno abbia qualcosa da dire. E la cultura? E gli opinionisti dei quotidiani?

Dei due siti intitolati al 9 dicembre che ho trovato, nel primo, a livello nazionale compaiono tre nominativi,  nell’altro ci sono solo i link  a dei gruppi che rimandano a pagine di Facebook.

E chi sono questi tre?

Uno è Danilo Calvani dei Comitati Riuniti Agricoli, leader storico dei sindacati autonomi degli agricoltori di Latina, che addirittura  invita gli italiani a fare scorta di cibo prima del 9 dicembre. Sulla sua pagina di Facebook  conclude uno dei suoi proclami con “W l’Italia e che Dio ci benedica tutti”! E Dio in politica non mi piace proprio.

Un altro è Mariano Ferro, leader dei Forconi siciliani, di cui non si sa molto, se  non che è un imprenditore di Avola. Sulla sua pagina di Facebook era annunciato per oggi alle 16,30 su Radio 24 un confronto con Oscar Giannino (qualcuno lo ha sentito? Mi sarebbe piaciuto, perché sarà stato divertente, ma ero impossibilitata).

Infine Lucio Chiavegato, ex-presidente L.I.F.E. (Liberi imprenditori federalisti europei)  che si batterebbe per la libertà del popolo veneto o almeno  così si presenta sul suo sito.

Da qualche parte ho trovato anche un riferimento a un certo Prof. Vito Monaco, mai sentito prima, conduttore di una trasmissione su canale Italia (canale 53 del digitale terrestre) dal titolo Notizie oggi.

I primi due sono comunque collegati al movimento dei Forconi e con i Forconi c'era anche Antonio Pappalardo ex Carabiniere (amico del principe siciliano Alliata di Monreale, il nobile “nero” legato a Junio Valerio Borghese e alla Massoneria deviata), che l'anno scorso alla testa di qualche centinaio di agricoltori del sud pontino voleva marciare su Roma. Non so se l'abbia fatto e se sia ancora attivo oggi.
E’ l’unico di cui si trova notizia anche su Wikipedia.  Rappresentante del Cocer (organo di rappresentanza dei carabinieri)  nel 2000, con un documento “sullo stato morale e sul benessere dei cittadini”, mette in allarme il mondo politico con l’invito rivolto all’arma dei carabinieri a fondare “un nuovo stato”!

Sarebbero questi i leader in grado di dare una svolta al paese?

E poi tutta la vicenda puzza un po’ e sa di già visto. Ricordate lo sciopero dei trasportatori e quello delle casseruole in Cile cui seguì la dittatura di Pinochet? 

Purtroppo è nei periodi di crisi, non solo economica, ma anche morale e culturale, che si affermano certe ideologie. La storia insegna. Personalmente non ho appartenenze, anche se ne ho avute in un passato molto lontano. Credo nella giustizia sociale, nell’uguaglianza di partenza per tutti, nell’equità, però non tollero più e da anni il vuoto della sinistra italiana che da una parte continua  a proporre  certi stereotipi, certo politically correct, che talvolta sconfina nel ridicolo , certo falso egualitarismo che rifiuta la meritocrazia e condanna il paese all'inefficienza, e dall’altra non fa più da tempo opposizione né distingue il comportamento dei propri esponenti da quello di quasi tutti i politici preoccupati di mantenersi le poltrone  e di arraffare, senza risolvere alcuno dei gravi ed endemici problemi del paese. Mi considero un'eclettica, disposta a prendere quel che ritiene buono da qualsiasi parte provenga, escluse certe ideologie che la storia ha condannato, ma voglio avere il tempo di valutare, di informarmi, voglio sapere in che direzione si va. Per questo non credo che parteciperò a questa manifestazione o ad altre iniziative del genere, almeno finché non avrò chiarezza sui fini che si pone il movimento e sulle provenienze e appartenenze di chi lo dirige, però magari andrò a dare un'occhiata.

Certo di ragioni per protestare ce ne sono da vendere, non solo per la crisi economica, di cui in Italia molti di noi si sono veramente accorti solo nel novembre del 2011 (anche se nell’immaginario collettivo erano rimasti impressi gli impiegati della Lehamn & Brothers che nel settembre 2008 uscivano con i loro scatoloni), ma per la crisi etica che coinvolge la politica, a tutti i livelli.

Abbiamo un parlamento esautorato, e non solo per la decisione di ieri della Corte Costituzionale che ha bocciato il “porcellum”, ovvero la legge con la quale si vota dal 2005, e che fa del Parlamento un organo di nominati più che di eletti, ma anche perché ormai non legifera quasi più, mentre a partire dal novembre 2011 i governi sono imposti dall’alto. Intanto e da tempo alla politica si è sostituita la magistratura, e non solo quella dell’Alta Corte che ieri ha tolto di mezzo il “porcellum”, facendo ciò che il Parlamento avrebbe dovuto fare da anni, ma anche quella penale, basti pensare alla vicenda dell’Ilva di Taranto e a molte altre.

Bisogna tuttavia riconoscere che un alto livello etico non c’è neanche nella società civile, e del resto la politica non viene da Marte. Il senso civico è stato smarrito da molto tempo, basti vedere certi comportamenti alcuni considerati anche veniali, ma che in altri paesi sarebbero ostracizzati (professionisti che non rilasciano ricevuta fiscale e clienti che non la pretendono, pessimi lavoratori, soprattutto negli enti pubblici, che non hanno doveri, ma solo diritti, carrieristi di facciata senza alcuna sostanza, perché privi delle necessarie competenze, per arrivare alla gente che  sale sugli autobus e non paga il biglietto e a quelli che  lasciano le carte per terra e gli ingombranti all’angolo delle strade o lungo i sentieri di montagna, ecc.). Quindi se il paese è allo sfascio, anche se le maggiori responsabilità ricadono su chi ci rappresenta, che dovrebbe essere migliore, per capacità e onestà, ma così non è, le colpe, con le giuste proporzioni,  sono un po’ di tutti. E’ peraltro vero che per il Parlamento nazionale, con il “porcellum”, non avevamo più la possibilità di esprimere preferenze, ma almeno a livello di enti locali certi individui si poteva non votarli e non votare i partiti che li presentavano (tanto per fare un nome, Fiorito è stato eletto con moltissime preferenze, e certamente chi l’ha votato non doveva essere animato da grandi principi etici).

La situazione è grave, precaria, confusa e alquanto pericolosa.

Mi domando se ci sia un modo per uscirne e se i cittadini onesti e stanchi di una politica inefficiente e corrotta possano ancora fare qualcosa per rimettere in carreggiata questo paese, visto che chi lo dovrebbe fare non è capace o non vuole farlo, e, nel caso, con quali  modalità, mezzi, strumenti.

Una manifestazione possente e pacifica potrebbe avere un significato e magari indurre una parte della politica a cambiare passo. Vedo che c'è molto entusiasmo tra i partecipanti, ma sono i presunti organizzatori che mi danno da pensare.

giovedì 21 novembre 2013

L'abolizione delle Province tra propaganda e complicazioni

E’ di stamani la notizia che tra gli emendamenti presentati dal governo alla legge di stabilità al vaglio del Parlamento c’è anche quello che prevede di  bloccare le elezioni provinciali (peraltro mi domando quanti andrebbero a votare) con una norma che proroga i poteri dei commissari straordinari, ciò al fine di evitare di rinnovare gli organi di enti che tutti dicono di voler abolire  anche se farlo sembra piuttosto complicato.

Ho comunque l’impressione che l’abolizione delle Province sia una proposta che è stata data in pasto a noi cittadini, giustamente stanchi degli sprechi di certi enti (ma le Regioni, come ci dicono le cronache, hanno sprecato, e malversato di più), a scopo di propaganda, come se da questa riforma dovesse passare il risanamento del paese e dell’economia. La stessa cosa che sta avvenendo per la vendita del patrimonio pubblico (è stato proposto anche di privatizzare le spiagge!) e delle partecipazioni statali in Eni, Enel e quant’altro, e per la privatizzazione dei servizi pubblici. Sempre meno Stato, è la ricetta dei liberisti estremi, perché lo Stato è la causa di tutti i mali, invece privato è bello. Poi forse non è proprio o sempre così, ma certamente ci sono delle  ragioni che portano a sostenere certe tesi, e stanno nel cattivo funzionamento della Pubblica Amministrazione e negli sprechi che poi in larga parte sono una conseguenza della corruzione che è il vero male da sradicare.

Tornando all’abolizione delle Province c’è anche da considerare che probabilmente il risparmio che ne deriverebbe per la spesa pubblica non sarebbe esaltante. In questo studio dell’Istituto Leoni si calcola un risparmio di circa 1,9 miliardi di euro l'anno considerando oltre ai 130 milioni di euro per gli emolumenti dei politici, che non sarebbero poi gran cosa, le spese di funzionamento  e quelle per il controllo sugli enti. Altri parlano di circa 800 milioni. C'è tuttavia da considerare che si aboliscono gli enti ma non le funzioni che sarebbero attribuite ai Comuni  e continuerebbero pertanto ad avere dei costi,  compresi quelli del personale che parimenti sarebbe assegnato ai Comuni (anche se nel tempo ci sarebbero delle riduzioni).  Si tratterebbe certo di una razionalizzazione, ma che non darebbe frutti immediati, anche perché si dovrebbero mettere nel conto le spese per il processo di riorganizzazione. Se a ciò si aggiunge che si vogliono istituire le Città Metropolitane, peraltro previste dalla Costituzione dopo la riforma del 2001, avrei dei dubbi sull’entità del risparmio.

Altro luogo comune che circola è che per abolire le Province basta volerlo  e che se tutti i tentativi falliscono è ovvio che ciò dipende dagli interessi dei politici. E’ evidente che ci sono degli interessi, se non altro quelli di chi perderebbe l’incarico e di chi non potrebbe più candidarsi alle prossime elezioni provinciali, per non dire che ogni ente è un veicolo attraverso il quale passano la corruzione e il clientelismo in cui tanti sguazzano. Tuttavia se si vuole dare una giusta informazione, bisogna anche dire che le Province sono previste dalla Costituzione (art.114) e che pertanto si possono abolire solo con una legge costituzionale. E a questo proposito mi domando se il Parlamento attuale sia in grado di fare una riforma costituzionale. Non mi pare. Francamente non so se il famoso comitato dei saggi abbia prodotto qualcosa, mi pare tuttavia che il livello culturale sia sempre più basso e che le leggi, anche quelle ordinarie, e i decreti legge, che vengono sfornati in quantità industriale, non siano ben fatti e neanche ben scritti. Poi sarebbe necessaria anche una certa capacità di mediare tra le varie istanze, ma questi  si scannano per tutto, tranne che quando si tratta di fare gli interessi loro.

Si sa che l'abolizione delle Province è questione annosa. Se ne comincia a parlare già dopo l’istituzione delle Regioni negli anni ’70 del secolo scorso. Tuttavia dopo poco ci se ne dimentica e alle 95 province esistenti, 91 dalla nascita della Repubblica, e 4 aggiunte nel 1974, se ne aggiungono ben 15 tra il 1992 e 2009, per un totale di 110.

La questione torna di moda negli ultimi anni e in particolare con la crisi economica sembra divenire la panacea di ogni male.

Ci prova il governo Monti con D.L. 6 dicembre 2011, convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, che prevede la devoluzione secondo leggi regionali o statali dei poteri delle Province a Comuni e Regioni entro fine 2012, data poi portata a dicembre 2013, e il mantenimento delle Province come esclusivo organo di coordinamento intercomunale, con i Consigli nominati dai Consigli dei Comuni che ne fanno parte e ridotti a non più di 10 membri, l’abolizione della Giunta, il Presidente della Provincia eletto dal Consiglio Provinciale nel suo seno, come avveniva prima delle riforme del 1993.

Con il successivo decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito  nella legge 7 agosto 2012, n. 135, sempre il governo Monti attribuisce al  Consiglio dei Ministri il riordino delle province sulla base di requisiti minimi, da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia, definisce una procedura che coinvolge nel riordino le Regioni, stabilisce che le funzioni amministrative e conseguentemente risorse e personale vadano ai Comuni,  istituisce le Città metropolitane  e stabilisce infine che le Regioni a Statuto Speciale adeguino agli stessi principi i propri ordinamenti. 

Si ricorderanno poi sui quotidiani le cartine d’Italia con le varie ipotesi di riordino e le polemiche varie. A mio parere pessima legge da cui non so quanti risparmi sarebbero potuti derivare, tenuto conto anche delle spese di riorganizzazione. Una soluzione probabilmente peggiore dell'attuale,  per non parlare di chi avrebbe pescato nel torbido dei localismi che, a torto o a ragione, fanno parte della nostra storia (solo pensare di accorpare Pisa con Livorno!) .

Ma in data 3 luglio 2013 la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dei provvedimenti di riordino e riduzione del numero delle province italiane, per una questione di metodo; viene infatti contestato l'utilizzo del decreto legge come strumento normativo applicato a una riforma organica e di sistema dell'istituzione provinciale.

Ci riprova il governo Letta con il DDL Delrio. Qui il testo e qui una sintesi video.  Il DDL prevede solo 2 enti a elezione diretta, Regioni e Comuni, mentre le Province, in attesa di essere abolite con legge costituzionale, diventano enti di area vasta con organi costituiti dai Sindaci dell'area che prestano gratuitamente la loro attività. Il progetto prevede anche le Città Metropolitane in numero di 10, corrispondenti alle nostre 10 più grandi città, e le Unioni di Comuni, in sostanza piccoli Comuni che si associano per lo svolgimento di determinate funzioni. Anche gli organi delle Città Metropolitane e delle Unioni di Comuni sono costituite dai Sindaci delle aree interessate che svolgono la loro attività a titolo gratuito.

Questa volta lo stop viene dalla Corte dei Conti che boccia il disegno di legge. Nell’audizione sul provvedimento, che risale a qualche giorno fa, il giudizio della Sezione autonomie della magistratura contabile è netto: basse possibilità di risparmio per gli enti, una volta che il disegno di legge dovesse entrare in vigore a tutti gli effetti, e rischio di confusione amministrativa nell’indefinito periodo di transizione.

Ancora una volta hanno agito gli interessi di chi non vuole l’abolizione delle Province? Certo l’UPI (Unione Province Italiane) è contraria e indica le stesse motivazioni per le quali la Corte dei Conti ha bocciato il progetto.

E' ovvio che nel breve periodo i risparmi sarebbero stati minimi con la compresenza di Province e Città Metropolitane, seppur enti di secondo livello senza spese per gli organi politici, spese queste che comunque risultano meno significative di quelle di funzionamento.

A mio parere però il problema vero non sono tanto le Province in sé, ma le inefficienze e gli sprechi che non riguardano solo gli emolumenti dei politici. Poi ben venga l'eliminazione, con un'efficiente ridistribuzione delle funzioni ai Comuni, ma non si dia ad intendere che con questa riforma, come con le privatizzazioni, si risolvano i problemi del paese.


Quello che deve finire sono gli eccessi di generosità nelle uscite non solo delle Province, ma anche dei Comuni e soprattutto delle Regioni. E se è il caso di abolire le Province, che dire delle Regioni? Era proprio necessario costituirne 20? Quel che è certo è che hanno speso malamente i loro soldi (dalle ambasciate a inutili e risibili iniziative) e addirittura li hanno distratti a fini privati (ci hanno comprato di tutto, dai lecca-lecca, alle scacciacani, ai pranzi di nozze dei politici), ma nessuno parla di abolirle.

E che dire infine degli altri enti inutili sopravvissuti alla riforma del 1970? E se ne creano pure di nuovi che assumono personale per non fare niente. Emblematico il caso dell'AIP (Autorità Idrica Pugliese) che purtroppo non è il solo.

giovedì 14 novembre 2013

Diritti acquisiti e privilegi acquisiti

Stavo facendo altre cose mentre ascoltavo distrattamente il talk show "La Gabbia", quindi non so se ho capito bene, ma mi pare che sia partiti parlando dei molteplici incarichi di Antonio Mastrapasqua, Presidente INPS, per arrivare a dire che bisogna cominciare con il ridurre le pensioni da 3.000 euro (lorde). 

Mi pare che ci sia molta confusione in giro e si sa che la confusione serve sempre a qualcuno. Credo che si stia confondendo tra diritti acquisiti e privilegi acquisiti e che si stia cercando di inserire tra i ricchi persone che tali non sono, anche se certamente  si trovano in una posizione migliore rispetto ai precari e ai disoccupati. Come si fa a considerare privilegi stipendi o pensioni da 3.000 euro lorde, che quindi al netto sono poco più di 2.000 euro? Eppure diversi politici ma anche economisti e opinionisti vari, fanno discorsi di questo genere. I politici peraltro dovrebbero impegnarsi a risolvere i problemi cominciando con il fare i tagli che dovrebbero essere fatti, in primis ai loro privilegi e a quelli di manager come Mastrapasqua (che avrà sicuramente il dono dell'ubiquità per sedersi su tutte le poltrone che ricopre!), se non altro per motivi di giustizia sociale. Politici che hanno sguazzato per anni in questo sistema malato ora stanno facendo della pura demagogia cercando di aizzare coloro che stanno veramente male contro la classe media per deviarli da loro stessi e dai loro amici che vivono di veri privilegi cui corrisponde scarso e a volte nullo impegno personale. Basti pensare agli alti manager che hanno portato alla rovina gli enti che dovevano gestire e hanno per questo ottenuto buone uscite milionarie e pensioni vergognose cui si aggiungono altre prebende e vitalizi vari.

Poiché non si ha alcuna intenzione non solo di eliminare i privilegi, che si definiscono diritti acquisiti nel momento stesso in cui si toccano i veri diritti acquisiti (i diritti di coloro che in base alla legge vigente prima della riforma Fornero avrebbero potuto andare in pensione entro un anno o poco più non erano acquisiti, altrimenti non ci sarebbero stati gli esodati, mentre i privilegi di certi alti manager dello Stato sono, guarda caso, acquisiti e non si possono toccare), ma neanche di razionalizzare le spese della Pubblica Amministrazione, né di rendere quest’ultima più efficiente, né di eliminare gli enti inutili rimasti in piedi nonostante dovessero essere chiusi già negli anni’70 del secolo scorso, allora è ovvio che bisogna andare a prendere i soldi dove è più facile trovarli. Inoltre additare al pubblico ludibrio un funzionario di banca o un dirigente di un qualche Ente rende anche in termini di voti. Si sa che l’odio di classe si esplica maggiormente verso il vicino di casa laureato che svolge mansioni dirigenziali e prende uno stipendio certamente maggiore di quello medio, ma non stratosferico, o verso il pensionato da 3.000 euro lordi, che comunque aveva un titolo di studio e ha svolto il suo lavoro per almeno 40 anni (le pensioni baby che erano, quelle si, anche se minime, una vergogna sono state abolite al tempo del governo Dini e un po’ di tempo da allora  è passato), che verso il “grand commis” dello Stato che non si avrà mai occasione di incontrare e frequentare. Chi ha il potere è furbo, oltre che disonesto, e conta sull’ignoranza e il livore dei tanti a cui continua a darla a intendere.

Ci stiamo forse dimenticando anche di due principi sanciti dalla nostra Costituzione.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società (art.4, comma 2)
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa(art.36, comma 1).

Da questi due articoli si ricava che tutti hanno il dovere di svolgere un'attività per contribuire al progresso della società cui corrisponde il diritto a una retribuzione dignitosa, ma anche che questa retribuzione deve essere proporzionale all'impegno e quindi anche che chi più si impegna merita di più, entro certi limiti ovviamente. Un rapporto di 1 a 10 è giusto, di 1 a 400 è vergognoso.   

Si sta anche dicendo che è ingiusto il calcolo della pensione con il sistema retributivo (tutti quelli che ci sono già andati o che sono in procinto di andarci), ma a mio parere l’ingiustizia vera sta nel fatto che ci siano pensioni da fame. Non è che da anziani si spende meno che da giovani (le spese per i bisogni primari, ma anche per il vestiario, la cultura, i viaggi e il c.d. superfluo che comunque rende piacevole la vita sono le stesse, e quando si diventa davvero vecchi, se ci si arriva, si devono considerare anche le maggiori spese sanitarie, tanto oltre un certo reddito si paga quasi tutto, o quelle per un aiuto in casa).

Quello che si dovrebbe fare è porre veramente un limite ai privilegi e tagliare tutto ciò che è inutile. Sono ansiosa di vedere cosa farà il nuovo Commissario per la razionalizzazione della spesa, Carlo Cottarelli (e mi domando se di un Commissario c'era necessità, tenuto anche conto degli scarsi risultati del precedente Enrico Bondi, nominato da Monti, e mi sfugge se ce ne sono stati altri), al quale intanto è stato fissato un corrispettivo di € 300.000, va bene lorde, ridotte a 260.000 ( più di 4 volte quanto prende un c.d. ricco secondo i parametri di certi nostri politici che hanno scoperto le ingiustizie), perché il suddetto, bontà sua, ha rinunciato a qualcosa (siamo tutti commossi!). Cottarelli ha già presentato il proprio programma di lavoro al Comitato interministeriale per la Revisione della spesa  che si riunirà nei prossimi giorni per esaminarlo, bla, bla, bla…

Poi ci sarebbe da parlare delle Province (è di pochi giorni fa la bocciatura della Corte dei Conti del disegno di legge Delrio) sulle quali mi riservo di fare un post a parte, ma intanto mi domando anche se siano necessarie 20 Regioni, per non parlare di come hanno speso i nostri soldi in questi anni. Quasi tutte sono state toccate da scandali con interi consigli regionali indagati e diversi consiglieri e assessori arrestati. Sembra che soprattutto il peculato (utilizzo di denaro pubblico per spese private, dai pranzi di nozze alle scacciacani) fosse la norma.

Intanto in Parlamento si sta litigando sul D.D.L di stabilità sul quale sono stati presentati vagoni di emendamenti. C’è stata pure la proposta di vendere le spiagge avanzata sia dal PDL, ma anche da un gruppo di parlamentari PD, anche se poi è stata ritirata. Si, credo che la strada sia proprio quella di vendere il vendibile, magari anche il Colosseo o il Ponte Vecchio a Firenze o il Palazzo Ducale a Venezia, di cedere anche tutte le nostre industrie strategiche, di privatizzare tutti i servizi pubblici, di mettere altre tasse (dopo la Tares, che doveva essere sostituita dalla Trise, è saltata fuori la Tuc!), e di far diventare povera la classe media (e poi vediamo chi entra ancora in un negozio a comprare qualcosa che non sia strettamente necessario alla sopravvivenza). L’importante è che i soliti continuino a fare la vita di prima, rubando e sprecando, anche a costo di vendere a saldo l’intero paese ai privati, possibilmente stranieri. Del resto chiamare lo straniero è stato il nostro sport nazionale  dalla caduta dell’impero romano in poi.



giovedì 7 novembre 2013

Le frequentazioni del Ministro della Giustizia

Il Ministro della giustizia può anche interessarsi della sorte di un carcerato che sta male, qualunque sia la sua condizione economica. Si dice del resto che la Cancellieri sia intervenuta anche per altri.

Tuttavia compito del Ministro sarebbe in primo luogo di trovare le soluzioni al problema delle carceri e della giustizia e non di interessarsi dei singoli casi specialmente quando riguardano gli amici suoi. 

Ma quello che è più grave è l'evidente conflitto di interessi. 

Ormai è storia nota che il figlio del Ministro abbia lavorato per breve tempo per FonSai ottenendone una buonuscita milionaria. 

Ma quello che viene fuori, anche dai servizi andati in onda nella puntata di stasera del talk show di LA7 "La Gabbia", nonché da diversi articoli sui giornali e su internet, è un rapporto molto stretto e di lunga data della Cancellieri con i Ligresti che, anche prima degli arresti del luglio scorso per falso in bilancio e manipolazione del mercato, erano considerati imprenditori "di sistema" per il rapporto "disinvolto" con la politica e che, proprio per questo, forse non erano tra le persone più consone alla frequentazione da parte di una persona che ricopre prima il ruolo di Ministro dell'Interno e oggi quello di Ministro della Giustizia. 

Sarebbe stato opportuno che ne avesse preso le distanze almeno dall'assunzione di quei ruoli, invece ci sono forti sospetti che si sia spesa in favore degli amici anche come Ministro dell'Interno. 

Sia nel talk show che in questo articolo si parla di un rapidissimo sgombro della Torre Guelfa a Milano, di proprietà dei Ligresti, che era stata occupata da un centro sociale, quando per queste procedure ci vuole in genere molto più tempo. Nel servizio andato in onda stasera è stato registrato il colloquio di un poliziotto con uno degli occupanti in cui si parla di pressioni dall'alto in un momento (maggio 2012) in cui la Cancellieri era Ministro dell'Interno, anche se queste sono solo supposizioni.  

Quel che è ovvio è che un ministro non si mette a disposizione, non dice conta su di me per qualsiasi cosa e non dice che una decisione della magistratura è un'ingiustizia. 

L'ingiustizia sta nella condizione delle carceri che lei in quanto Ministro della Giustizia avrebbe avuto il compito di risolvere. Il suo comportamento ribadisce invece la nota situazione per la quale se hai dei problemi e un ministro amico una soluzione si trova, altrimenti ti arrangi.

venerdì 1 novembre 2013

Halloween e l'antica festa pagana di Samhain

Samhain (la notte che precede l'alba del 1° Novembre) era la festa più importante dell'anno celtico, la festa sacra per eccellenza. Gli antichi Celti che abitavano in Gran Bretagna, Irlanda e Francia festeggiavano l'inizio del nuovo anno il 1° Novembre,  quando finiva la "stagione calda" e iniziava la "stagione delle tenebre e del freddo". La notte tra il 31 ottobre e il 1° Novembre, chiamata la notte di Samhain, era il momento più solenne di tutto l'anno druidico. Era considerata la notte in cui le porte dell'Altromondo potevano aprirsi  permettendo il transito tra i due piani della realtà. A Samhain il tempo umano veniva sospeso dall'intervento del Sacro e questo rendeva possibile  l'intrusione del fantastico nel reale. I Celti credevano infatti che alla vigilia di ogni nuovo anno (31 Ottobre) Samhain, Signore della Morte, Principe delle Tenebre, chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti e temevano che in tale giorno tutte le leggi dello spazio e del tempo fossero sospese, permettendo al mondo degli spiriti di unirsi al mondo dei viventi. Così nei villaggi veniva spento ogni focolare per evitare che gli spiriti maligni venissero a soggiornarvi. I Druidi si incontravano sulla cima di una collina, in una foresta di querce (albero considerato sacro), per accendere il Nuovo Fuoco e offrire sacrifici di sementi e animali. Danzavano e cantavano intorno al focolare fino al mattino, quindi, vestiti con maschere grottesche per spaventare gli spiriti ritornavano al villaggio, facendosi luce con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui interno erano poste le braci del Fuoco Sacro che venivano poi consegnate a ogni famiglia che con esse provvedeva a riaccendere il focolare domestico. Spegnere il fuoco simboleggiava che la metà oscura dell'anno (quindi la morte) stava sopraggiungendo, mentre l'atto di riaccenderlo era simbolo di speranza e di ritorno alla vita.

In Irlanda si diffuse anche la tradizione di lasciare qualcosa da mangiare e del latte da bere fuori dalla porta, in modo che gli spiriti passando potessero rifocillarsi e decidessero di non fare degli scherzi agli abitanti della casa.

Durante il periodo della cristianizzazione dell'Europa, la Chiesa tentò di sradicare i culti pagani, ma non sempre vi riuscì. Nel tentativo di far perdere significato ai riti legati alla festa di Samhain, nell' 835 Papa Gregorio Magno spostò la festa di Ognissanti, dedicata a tutti i santi del Paradiso, dal 13 Maggio al 1° Novembre.

Tuttavia l'influenza del culto di Samhain non fu sradicata e rimase una festa legata al mistero, alla magia, al mondo delle streghe e degli spiriti. Per questo motivo la Chiesa aggiunse, nel X secolo, una nuova festa: il 2 Novembre, Giorno dei Morti, dedicato alla memoria delle anime degli scomparsi che venivano festeggiati dai loro cari, mascherandosi da santi, angeli e diavoli e accendendo dei falò.

In inglese Ognissanti è  All Hallows' Day; la vigilia del giorno di Ognissanti, cioè il 31 ottobre, è All Hallow' Eve. Queste parole si sono trasformate prima in Hallows' Even, e da lì ad Halloween il passo è stato breve.

Tra il 1845 e il 1850, a causa di una malattia che devastò le coltivazioni di patate, circa 700.000 Irlandesi emigrarono in America, portando con sé le loro usanze, tra cui anche quella di festeggiare Halloween.

Negli Stati Uniti Halloween ha perso i suoi significati religiosi e rituali ed è diventata la notte dei travestimenti e del famoso "Trick or Treat" (scherzetto o dolcetto).

L'abitudine di mascherarsi in occasione di Halloween deriva probabilmente dall'usanza celtica di indossare pelli di animali e maschere mostruose durante i riti di Samhain e dell'accensione del Fuoco Sacro, per spaventare gli spiriti e tenerli lontani dai villaggi.

L'usanza dei bambini di bussare alle porte delle case gridando Trick or treat, che significa più o meno dolcetto o scherzetto, deriva dall'usanza dei Celti di lasciare cibo e latte fuori dalla porta, nella speranza di ingraziarsi gli spiriti ed evitare le loro malefatte.

Quando gli Irlandesi arrivarono in America, scoprirono che le zucche erano molto più adatte di cipolle e rape per la costruzione delle tradizionali lanterne di Halloween. Quindi la tradizionale Jack O'Lantern, simbolo incontrastato di questa festa, e che si riconnette a questa leggenda, è ricavata da una zucca solo da poco più di cento anni.


E da una quindicina d'anni la festa è divenuta popolare anche da noi. Ecco quindi che anche qui i negozi si riempiono di costumi e maschere più o meno terrorizzanti e compaiono le zucche intagliate come una testa dal classico ghigno satanico, qualcosa che poco avrebbe a che vedere con le tradizioni mediterranee e che incontra l'ostracismo di alcuni vescovi. Eppure ho un vago ricordo che quando ero bambina, in un'epoca in cui di Halloween non si sapeva niente, c'era l'uso di intagliare le zucche a forma di teschio. Ci si metteva dentro una candela e si lasciavano in luoghi bui, soprattutto sulle scale, con l'intenzione di spaventare chi entrava. Non conosco però le origini di questa tradizione, né se fosse collegata ad un giorno particolare dell'anno. Probabilmente si faceva tra fine agosto e settembre quando maturano le zucche.


venerdì 18 ottobre 2013

In margine alle polemiche suscitate dalle affermazioni di Odifreddi sull'Olocausto. Si deve vietare il negazionismo per legge?

Continua la polemica scatenata dall’articolo del matematico e opinionista Piergiorgio Odifreddi dal titolo "Stabilire la verità storica per legge" per il quale è stato accusato di essere un negazionista dell'Olocausto.

In realtà nell’articolo ci sono solo alcune considerazioni sui funerali negati a Priebke e sul decreto approvato in questi giorni in Senato in cui si equipara a un reato la negazione dell’Olocausto.

In sostanza Odifreddi afferma che la salma di un uomo senza vita è pura cosa inanimata senza nessun valore almeno che non si aderisca alla  visione superstiziosa e magica propagandata con evidente successo dalla Chiesa cattolica e della quale sarebbero succubi gli appartenenti agli opposti fanatismi di destra e di sinistra che si sono scontrati sulla salma di Priebke. 

Quindi sul reato di negazionismo afferma che "affidarsi non alla storia, ma alla legge, per stabilire cosa è successo nel passato è tipico dei sistemi autoritari alla 1984, e non a caso Orwell parla al proposito di psicoreati, perseguiti da una psicopolizia.

Infine conclude l'articolo sottolineando che il Popolo delle Libertà, la Lega, Fratelli d’Italia e il Movimento a 5 Stelle, votano compatti con il Partito Democratico e Sel a proposito della Shoah, perché il fascismo di ieri non fa più paura, e schierarsi contro di esso è vuota demagogia, ma il fascismo di oggi è vivo e vegeto, e combatte la sua battaglia non alle Fosse Ardeatine, ma a Lampedusa.

Ma ciò che ha scatenato la polemica è in particolare la risposta (citata qui) al commento di un lettore, tale Hommequirit, che definisce il processo di Norimberga un’opera di propaganda. Odifreddi si dichiara d’accordo affermando che se la guerra fosse andata diversamente sarebbero stati gli alleati a essere processati per crimini di guerra, quindi prosegue con una dichiarazione che non è apertamente negazionista, ma esprime forti dubbi su quanto “il ministero della propaganda alleata” ci ha presentato come verità storica.

Che se le cose fossero andate diversamente ci sarebbe stata una Norimberga al contrario lo penso anch'io, anche se questo non rende meno efferati i crimini dei nazisti.  

Ma per quanto riguarda le camere a gas, anche se è vero che la storia dei vinti è stata sempre scritta dai vincitori, non si può pensare che siano falsità le testimonianze dei sopravvissuti e avere dei dubbi vuol dire che non si  crede a quanto questi hanno raccontato e si offende la memoria di chi non è tornato.

Purtroppo c'è il rischio che con il tempo i revisionisti prendano campo.

Pertanto occorre tenere viva la memoria di quegli orrori. Come disse Primo Levi "quando non ci saranno più i testimoni diretti di questa tragedia toccherà agli insegnanti e alla società, alle famiglie, ripetere questa storia senza punti interrogativi, perché così è stata".

Eppure già non mancano oggi gli storici negazionisti, come David Irving e Robert Faurisson

Ora ritengo che sostenere certe tesi di fronte all'evidenza di tante testimonianze o è malafede (e in sostanza appoggio delle tesi naziste) o è idiozia. Ma si  deve consentire la libertà di espressione anche agli idioti o si può vietare per legge l'idiozia? Sono solo domande che mi faccio perché non so rispondere. 

Nel 1980 il linguista statunitense Noam Chomsky, sebbene contrario alle tesi esposte, e suscitando molte polemiche, curò la prefazione dell'opera di Faurisson "Tesi difensiva contro coloro che mi accusano di falsificare la storia. La questione delle camere a gas", sostenendo il principio della libertà di espressione di tutti, e quindi anche di Faurisson.

Ritornando a Odifreddi mi sembra inaccettabile anche l’affermazione sull’equiparazione di un defunto a cosa senza valore. Da agnostica ritengo che il rispetto o il non rispetto, a seconda dei casi, nei confronti di una salma non sia per forza connesso alla religione, ma dipenda anche da ben altri fattori. L’umanità seppellisce o brucia i propri morti dal paleolitico, per una credenza magica nell’aldilà, forse, ma anche per rispetto di ciò che i morti hanno rappresentato in vita. La tomba di un defunto, se questi in vita, nel bene o nel male, ha rappresentato un'idea, può divenire anche un luogo che attira seguaci di quell’idea e quindi, anche per motivi di ordine pubblico, non era il caso che Priebke, che non fu un fondatore del nazismo, ma solo uno zelante e convinto esecutore di ordini ( ma non per questo meno responsabile delle sue azioni), venisse sepolto a Roma o nelle vicinanze, meglio non si sapesse dove, meglio in Germania (e mi domando perché i figli non vengano a prenderselo). Una tomba può essere un monumento alla memoria di grandi personaggi del passato (perché infatti il cimitero del Père-Lachaise nel quale sono sepolti molti personaggi illustri è uno dei luoghi più visitati di Parigi?), ma anche ovviamente un ritrovo per nostalgici di idee aberranti.

Non mi piace poi nemmeno la conclusione dell’articolo perché non credo si possa definire fascista chi manifesta una qualche preoccupazione per gli innumerevoli sbarchi di disperati sulle nostre coste (con questo non sono d’accordo neanche con le idee di Grillo sul reato di immigrazione clandestina, che peraltro i fatti hanno dimostrato non servire a niente). Tra costoro ci saranno certamente tanti fascisti e razzisti, ma è certo che ci sono anche persone di sentimenti democratici che tuttavia si pongono il problema di come arginare questo fenomeno.

Credo invece si debba riflettere senza isterismi sull’opportunità di equiparare a un reato la negazione dell’Olocausto, anche se molti paesi hanno norme analoghe. Credo che non serva in primo luogo a sradicare l’idea nazista che purtroppo ha ancora dei seguaci. Inoltre mi domando se si possa avere dei dubbi in materia senza essere nazisti, se si possa ugualmente condannare l’ideologia nazista che sarebbe stata aberrante anche senza le camere a gas. E peraltro non mi risulta che Odifreddi sia diventato fascista o nazista. L’anno scorso aveva scatenato un’altra polemica affermando che le stragi commesse dagli israeliani non sono meno gravi di quelle dei nazisti. Si può non essere d’accordo con affermazioni del genere, ma non è che l’Olocausto impedisca di criticare le azioni di Israele che ha occupato terre che erano di altri innescando in Medioriente uno scontro senza fine.

La XII^ disposizione finale della Costituzione italiana vieta, giustamente, la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e la legge attuativa (n. 645 del 1952) prevede, sempre giustamente,  la condanna anche per chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche, oppure  idee o metodi razzisti, con pene aggravate se i fatti previsti sono commessi a mezzo stampa. Tuttavia mi chiedo se  manifestare dei dubbi in ordine all'Olocausto sia la stessa cosa che incitare alla violenza e all'odio razziale, o esaltare ideologie aberranti. Ci sono degli storici che hanno manifestato dei dubbi e che ho già definito idioti, ma per questo dovrebbero andare tutti in galera? 

Mi domando se la famosa frase di Voltaire "Non sono d'accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee" si possa applicare anche a chi manifesta dubbi sull’Olocausto, purché non ne derivi l'esaltazione del nazismo.

A seguito della bagarre Odifreddi pubblica un successivo articolo dal titolo "Cos'è laverità" nel quale si scatena contro i giornalisti che l'hanno criticato, che sarebbero allo stesso livello di gran parte della popolazione italiana che, secondo la recente rilevazione Ocse non arriva al livello minimo di alfabetizzazione per comprendere un testo scritto, e il mitico “popolo della rete” che grida all’untore, e al quale non interessa  verificare cosa una persona possa aver detto, e meno che mai cercare di capirlo, ma interessa solo ripetere ciò che appare nei 150 caratteri che costituiscono ormai il limite massimo dell’attenzione e dell’approfondimento.

I caratteri sono solo 140, ma personalmente ritengo che si possano dire cose sensate anche in pochi caratteri, poi è ovvio che per  approfondire occorra più spazio. E' altresì innegabile che molti si buttano a scrivere senza neanche aver letto, ma non si può generalizzare e parlare di “mitico popolo della rete”, come non si può nemmeno affermare che la maggioranza delle persone sono quasi analfabeti e si formano idee non sui libri di storia ma sui film di Hollywood.

Quel che ho sempre rilevato in Odifreddi, nonostante ne condivida alcune idee sulla religione cattolica e sulle religioni in genere, che non mi portano tuttavia a negare qualsiasi possibilità al di là del puro materialismo accettando acriticamente l’ateismo come fosse una religione, è l’estrema presunzione e arroganza per le quali comunque, devo rilevare, è in buona compagnia. 



lunedì 7 ottobre 2013

Gravity - Perduti nello spazio

Ieri sono andata a vedere Gravity, il film di Alfonso Cuaròn che ha aperto l'ultima mostra del cinema di Venezia riscuotendo ampi consensi.

Nonostante le critiche generalmente positive temevo che fosse un film un po' claustrofobico, con due astronauti, il capo della missione (George Clooney) e un ingegnere biomedico (Sandra Bullock), che, dopo un terribile incidente che ha distrutto una navetta, l'intera stazione spaziale e ucciso tutti i compagni,  fluttuano alla deriva nello spazio con scarse speranze di tornare sulla Terra. Invece mi è piaciuto davvero: 90 minuti di suspense e scene spettacolari. Sicuramente aiuta anche lo schermo grande  e il 3D.  Forse in televisione non farebbe lo stesso effetto. 

Il film è anche  la storia di una rinascita. L'ingegnere bio-medico interpretato dalla Bullock, alla fine rimasta unica superstite, dopo essere riuscita ad aver ragione di tutti gli ostacoli e, contro ogni previsione, a salvarsi, raggiungendo la stazione spaziale cinese (mi ero persa la notizia che anche i cinesi ne hanno una, si chiama Tiangong 1 e  significa "Palazzo del paradiso") e quindi la navetta cargo attraccata alla stazione che la riporterà sulla Terra, comprende che deve lasciarsi indietro il proprio passato traumatico, il proprio lutto, e ricominciare a vivere davvero.  

Nella critica che riporto si parla addirittura di un parto che sarebbe suggerito da "certi palesi rimandi concettuali per immagini" (lo stato fetale della Bullock dentro la capsula, i numerosi "cordoni ombelicali", rappresentati dai cavi che reggono gli astronauti fuori della navetta, la scenografica caduta di detriti che, a contatto con l’atmosfera terrestre, rievocano la folle corsa degli spermatozoi in prossimità dell’atto della fecondazione!), anche se mi pare un po' troppo, ma chissà...  

Per completezza d'informazione c'è  anche da dire che, nonostante il generale apprezzamento della critica,  dal punto di vista scientifico ci sarebbero alcuni madornali errori, come spiega questo articolo

 In ogni caso a prescindere dal fatto che non sono in grado di capire se e quanto gravi siano questi errori, non cambio idea. Un film piace se è in grado di suscitare emozioni e riflessioni.


venerdì 13 dicembre 2013

La crisi, la cura europea e le proteste

La situazione mi sembra un tantino complicata. 

Era inevitabile che qualcuno cominciasse a scendere in piazza. Le motivazioni per protestare non mancano. La classe politica è screditata, la crisi economica non accenna a risolversi. 

Sono in molti a definire pessime le cure che l'Unione Europea, o meglio, le sue istituzioni finanziarie impongono ai paesi aderenti. 

Intanto negli Stati Uniti si adottano politiche opposte, anche perché la Federal  Reserve stampa moneta, e le cose vanno molto meglio. 

Così molti, non solo in Italia, additano l'Europa come causa della crisi e i partiti e i movimenti anti europei acquistano sempre più consensi. Ma c'è ovviamente che la pensa diversamente. 

Nella trasmissione Servizio Pubblico appena conclusa, il giornalista Federico Rampini, pur sottolineando che le misure messe in atto in Europa sono sbagliate, affermava che non si può dare colpa all'Europa di certi mali endemici italiani. 

Non è colpa dell'Europa se l'Italia non cresce da 20 anni, non abbiamo certo importato dalla Germania la corruzione della classe politica, né l'atavica incompetenza e inefficienza del ceto politico-amministrativo che non è stato nemmeno in grado di spendere i contributi concessi dall'Europa o magari li ha fatti gestire dalla mafia, dalla camorra  e dalla 'ndrangheta. 

Per questi motivi Rampini sosteneva che non possiamo perdere l'aggancio con l'Europa perché precipiteremmo nei nostri mali atavici e non ci riprenderemmo più, che quindi l'Europa sarebbe la via maestra. 

Ora non ci sono dubbi che criminalità organizzata, inefficienza, corruzione, ma anche la scarsa capacità di certa classe imprenditoriale italiana che ora piange, ma che in passato non è stata capace di rinnovarsi e di far fronte alle sfide di un mondo in evoluzione, sono mali tipicamente interni e che non hanno niente a che vedere con l'Europa. 

Tuttavia mi sembra  contraddittorio affermare che le politiche dell'Unione Europea non sono in grado di dare risposte alla crisi, che anzi l'aggravano, e poi concludere che comunque l'Europa è la via maestra. Sarebbe necessario e urgente rivedere il modo di stare nell'Unione, ma non mi pare che il governo in carica abbia alcuna intenzione di farsi sentire in merito e del resto non ne avrebbe neanche l'autorevolezza. 

Intanto la crisi morde e la gente giustamente protesta. 

Poi certo tra chi protesta c'è di tutto, anche quelli che minacciano di bruciare i libri, quelli che fanno il saluto romano e quelli che inneggiano alla mafia sostenendo che la mafia li fa star bene. 

Pertanto gravi rischi di strumentalizzazioni e anche di derive pericolose ci sono. 

Credo tuttavia che la maggioranza di coloro che scendono in strada siano persone che vogliono solo manifestare il loro sdegno per una classe politica la cui deriva etica e la cui inefficienza non hanno uguali in Europa e altre che sono veramente disperate perché non riescono più a vivere dignitosamente. 

Purtroppo non mi sembra che per il momento dai palazzi del potere si dimostri di aver capito qualcosa, mentre stampa e televisione appuntano l'attenzione più su certi episodi, certamente gravi, che sulle vere motivazioni della protesta.

venerdì 6 dicembre 2013

I Forconi annunciano la rivoluzione per il 9 dicembre, ma ne parlano solo i network. Sarà un flash-mob?

Sul web si parla di una manifestazione indetta per il 9 dicembre e che dovrebbe bloccare il paese per 5 giorni. I quotidiani e gli altri media non ne parlano. Sul gruppo di Facebook “Coordinamento Pistoia 9 dicembre 2013”, al quale mi sono trovata iscritta senza averlo chiesto (e mi domando se non sarebbe più carino proporre l'iscrizione invece di iscrivere direttamente), c'è  un volantino nel quale si invita a scendere nelle piazze contro il far west della globalizzazione che ha sterminato il lavoro degli italiani, contro questo modello di “Europa”, per riprenderci la sovranità popolare e monetaria, per riappropriarci della democrazia, per il rispetto della nostra Costituzione, contro un governo di nominati e di parassiti e per difendere la nostra sacrosanta dignità. Il volantino è firmato coordinamento nazionale per la rivoluzione del 9 dicembre 2013.

Ah, allora si tratta di una rivoluzione? Mi sembrava di ricordare che le rivoluzioni si fanno ma non si annunciano. Non mi risultava che la presa della Bastiglia e del Palazzo d’Inverno fossero state annunciate qualche settimana prima, anche se certamente le rivoluzioni cui diedero inizio erano state preparate da tempo, c’erano i leader e i finanziatori, questi ultimi talvolta insospettabili. Eventualmente si annunciano le marce su Roma, specialmente quando si sa che i rischi sono minimi, che chi dovrebbe far rispettare l'ordine chiuderà un occhio o anche entrambi, perché così vuole il vecchio potere che vacilla, anche se poi le cose possono sempre sfuggire di mano.

Inoltre quando mai le rivoluzioni si fanno pacificamente chiedendo addirittura l'autorizzazione alle Questure?

Magari il termine è stato usato in senso simbolico, tuttavia se, come mi sembra di avere capito, il risultato che si mira a ottenere con la manifestazione è la cacciata di  questa classe politica, che certo se lo meriterebbe, cosa altro sarebbe se non una rivoluzione? Ma allora qual è il progetto alternativo che si intende perseguire, qual è il nuovo tipo di società che si vuole costruire?
E poi dov'è la classe politica di ricambio? Dove sono i Danton, i Robespierre o i Lenin? Dove le idee?

Mi sembra tutto molto vago.

Ho cercato di reperire notizie, almeno sugli organizzatori, ma non ho trovato molto.
   
Qualcuno, sempre nel gruppo di cui sopra, ha postato l’indirizzo di questo sito , ma su Twitter altri dicono che detto sito non ha niente a che vedere con
il movimento e che l’indirizzo ufficiale è invece questo . Non ho avuto modo di confrontare a fondo i siti. I video postati sembrano gli stessi. Quel che è certo è che di chiarezza mi pare ce ne sia poca al di là di generiche velleità di protesta.

Mi domando infatti cosa  significa dire che la globalizzazione ha sterminato il lavoro degli italiani. Noi non dovevamo competere con i cinesi, ma dovevamo impegnarci nella valorizzazione dei prodotti di eccellenza, come fanno i tedeschi. Poi magari sarebbe stato opportuno controllare certi capannoni dove tutti sapevano che c’erano cinesi schiavi a lavorare quasi per niente e che quindi certi prodotti scadenti non potevano che arrivare anche sui nostri mercati a far concorrenza ai nostri prodotti scadenti, non certo alle eccellenze. Se la nostra produttività non cresce da 15 anni, vuol dire che per qualche motivo ci siamo fermati, che la nostra classe imprenditoriale non è granché, che era già in crisi da tempo, che non si è valorizzato il merito, che non si è speso in innovazione. La nostra industria non si è rinnovata, non è stata in grado di affrontare un mondo in evoluzione. La crisi è molto precedente alla crisi. C’era chi lo aveva capito, ma forse non è stato in grado di farlo capire. Basterebbe leggere alcuni scritti profetici di Pasolini o il romanzo “Le mosche del capitale” di Paolo Volponi. Quest’ultimo, uscito nel 1989, è ambientato nella realtà industriale  della seconda metà degli anni ’70, ed è interessante per capire la crisi odierna, anche se purtroppo, a mio parere, è illeggibile (la sostanza c’è, ma lo stile è respingente).

Concordo con la necessità di combattere contro questo  modello di “Europa”, che è l’Europa della finanza e non dei popoli e che certamente ha poco a che vedere con le intenzioni dei padri fondatori, quando ancora c’erano degli ideali, quanto al riprenderci la sovranità popolare e monetaria, pur ritenendo che non si possa continuare a subire i diktat della BCE, che peraltro non è un organismo eletto, mi domando anche se tornare alla lira non sarebbe un rimedio peggiore del male. Non sarà poi che attribuire le cause della crisi all’unione monetaria sia un modo per nascondere le vere magagne del paese? Certamente l’unione monetaria senza l’unione politica è stata un azzardo che ha determinato nefaste conseguenze soprattutto per i paesi come il nostro che per entrarvi a tutti i costi hanno accettato condizioni capestro come il rapporto di  1936, 27 lire per 1 euro. Tuttavia mi domando anche come staremmo, pur con l’euro, se non avessimo criminalità organizzata, corruzione, clientelismo, pletorica burocrazia, giustizia inefficiente, evasione fiscale, e via elencando.

Premesso ciò, chi c’è dietro la rivoluzione del 9 dicembre, intendo soprattutto a livello nazionale? Qualcuno sostiene che ci sia il movimento di estrema destra Forza Nuova. Magari si tratta di un tentativo di screditare la manifestazione (rivoluzione?) da parte dei soliti noti. Quel che è certo è che Forza Nuova aderisce (vedere il sito). L’unica cosa certa è che non si sa molto degli organizzatori, di dove vengano, quali siano le loro idee e appartenenze, se ci sono. Qualcuno sempre su Facebook sostiene che l’idea è nata così, che non c’è nessuno dietro, solo il popolo stanco e arrabbiato. Nessuno può credere a una cosa del genere. Non si tratta di un flash mob! Sono tuttavia convinta che molti di coloro che parteciperanno all’evento siano in buona fede, che molti pensino davvero che l’iniziativa sia spontanea, solo che personalmente non ci credo e mi sembra anche strano che sui quotidiani e gli altri media non ci si preoccupi, che nessuno abbia qualcosa da dire. E la cultura? E gli opinionisti dei quotidiani?

Dei due siti intitolati al 9 dicembre che ho trovato, nel primo, a livello nazionale compaiono tre nominativi,  nell’altro ci sono solo i link  a dei gruppi che rimandano a pagine di Facebook.

E chi sono questi tre?

Uno è Danilo Calvani dei Comitati Riuniti Agricoli, leader storico dei sindacati autonomi degli agricoltori di Latina, che addirittura  invita gli italiani a fare scorta di cibo prima del 9 dicembre. Sulla sua pagina di Facebook  conclude uno dei suoi proclami con “W l’Italia e che Dio ci benedica tutti”! E Dio in politica non mi piace proprio.

Un altro è Mariano Ferro, leader dei Forconi siciliani, di cui non si sa molto, se  non che è un imprenditore di Avola. Sulla sua pagina di Facebook era annunciato per oggi alle 16,30 su Radio 24 un confronto con Oscar Giannino (qualcuno lo ha sentito? Mi sarebbe piaciuto, perché sarà stato divertente, ma ero impossibilitata).

Infine Lucio Chiavegato, ex-presidente L.I.F.E. (Liberi imprenditori federalisti europei)  che si batterebbe per la libertà del popolo veneto o almeno  così si presenta sul suo sito.

Da qualche parte ho trovato anche un riferimento a un certo Prof. Vito Monaco, mai sentito prima, conduttore di una trasmissione su canale Italia (canale 53 del digitale terrestre) dal titolo Notizie oggi.

I primi due sono comunque collegati al movimento dei Forconi e con i Forconi c'era anche Antonio Pappalardo ex Carabiniere (amico del principe siciliano Alliata di Monreale, il nobile “nero” legato a Junio Valerio Borghese e alla Massoneria deviata), che l'anno scorso alla testa di qualche centinaio di agricoltori del sud pontino voleva marciare su Roma. Non so se l'abbia fatto e se sia ancora attivo oggi.
E’ l’unico di cui si trova notizia anche su Wikipedia.  Rappresentante del Cocer (organo di rappresentanza dei carabinieri)  nel 2000, con un documento “sullo stato morale e sul benessere dei cittadini”, mette in allarme il mondo politico con l’invito rivolto all’arma dei carabinieri a fondare “un nuovo stato”!

Sarebbero questi i leader in grado di dare una svolta al paese?

E poi tutta la vicenda puzza un po’ e sa di già visto. Ricordate lo sciopero dei trasportatori e quello delle casseruole in Cile cui seguì la dittatura di Pinochet? 

Purtroppo è nei periodi di crisi, non solo economica, ma anche morale e culturale, che si affermano certe ideologie. La storia insegna. Personalmente non ho appartenenze, anche se ne ho avute in un passato molto lontano. Credo nella giustizia sociale, nell’uguaglianza di partenza per tutti, nell’equità, però non tollero più e da anni il vuoto della sinistra italiana che da una parte continua  a proporre  certi stereotipi, certo politically correct, che talvolta sconfina nel ridicolo , certo falso egualitarismo che rifiuta la meritocrazia e condanna il paese all'inefficienza, e dall’altra non fa più da tempo opposizione né distingue il comportamento dei propri esponenti da quello di quasi tutti i politici preoccupati di mantenersi le poltrone  e di arraffare, senza risolvere alcuno dei gravi ed endemici problemi del paese. Mi considero un'eclettica, disposta a prendere quel che ritiene buono da qualsiasi parte provenga, escluse certe ideologie che la storia ha condannato, ma voglio avere il tempo di valutare, di informarmi, voglio sapere in che direzione si va. Per questo non credo che parteciperò a questa manifestazione o ad altre iniziative del genere, almeno finché non avrò chiarezza sui fini che si pone il movimento e sulle provenienze e appartenenze di chi lo dirige, però magari andrò a dare un'occhiata.

Certo di ragioni per protestare ce ne sono da vendere, non solo per la crisi economica, di cui in Italia molti di noi si sono veramente accorti solo nel novembre del 2011 (anche se nell’immaginario collettivo erano rimasti impressi gli impiegati della Lehamn & Brothers che nel settembre 2008 uscivano con i loro scatoloni), ma per la crisi etica che coinvolge la politica, a tutti i livelli.

Abbiamo un parlamento esautorato, e non solo per la decisione di ieri della Corte Costituzionale che ha bocciato il “porcellum”, ovvero la legge con la quale si vota dal 2005, e che fa del Parlamento un organo di nominati più che di eletti, ma anche perché ormai non legifera quasi più, mentre a partire dal novembre 2011 i governi sono imposti dall’alto. Intanto e da tempo alla politica si è sostituita la magistratura, e non solo quella dell’Alta Corte che ieri ha tolto di mezzo il “porcellum”, facendo ciò che il Parlamento avrebbe dovuto fare da anni, ma anche quella penale, basti pensare alla vicenda dell’Ilva di Taranto e a molte altre.

Bisogna tuttavia riconoscere che un alto livello etico non c’è neanche nella società civile, e del resto la politica non viene da Marte. Il senso civico è stato smarrito da molto tempo, basti vedere certi comportamenti alcuni considerati anche veniali, ma che in altri paesi sarebbero ostracizzati (professionisti che non rilasciano ricevuta fiscale e clienti che non la pretendono, pessimi lavoratori, soprattutto negli enti pubblici, che non hanno doveri, ma solo diritti, carrieristi di facciata senza alcuna sostanza, perché privi delle necessarie competenze, per arrivare alla gente che  sale sugli autobus e non paga il biglietto e a quelli che  lasciano le carte per terra e gli ingombranti all’angolo delle strade o lungo i sentieri di montagna, ecc.). Quindi se il paese è allo sfascio, anche se le maggiori responsabilità ricadono su chi ci rappresenta, che dovrebbe essere migliore, per capacità e onestà, ma così non è, le colpe, con le giuste proporzioni,  sono un po’ di tutti. E’ peraltro vero che per il Parlamento nazionale, con il “porcellum”, non avevamo più la possibilità di esprimere preferenze, ma almeno a livello di enti locali certi individui si poteva non votarli e non votare i partiti che li presentavano (tanto per fare un nome, Fiorito è stato eletto con moltissime preferenze, e certamente chi l’ha votato non doveva essere animato da grandi principi etici).

La situazione è grave, precaria, confusa e alquanto pericolosa.

Mi domando se ci sia un modo per uscirne e se i cittadini onesti e stanchi di una politica inefficiente e corrotta possano ancora fare qualcosa per rimettere in carreggiata questo paese, visto che chi lo dovrebbe fare non è capace o non vuole farlo, e, nel caso, con quali  modalità, mezzi, strumenti.

Una manifestazione possente e pacifica potrebbe avere un significato e magari indurre una parte della politica a cambiare passo. Vedo che c'è molto entusiasmo tra i partecipanti, ma sono i presunti organizzatori che mi danno da pensare.

giovedì 21 novembre 2013

L'abolizione delle Province tra propaganda e complicazioni

E’ di stamani la notizia che tra gli emendamenti presentati dal governo alla legge di stabilità al vaglio del Parlamento c’è anche quello che prevede di  bloccare le elezioni provinciali (peraltro mi domando quanti andrebbero a votare) con una norma che proroga i poteri dei commissari straordinari, ciò al fine di evitare di rinnovare gli organi di enti che tutti dicono di voler abolire  anche se farlo sembra piuttosto complicato.

Ho comunque l’impressione che l’abolizione delle Province sia una proposta che è stata data in pasto a noi cittadini, giustamente stanchi degli sprechi di certi enti (ma le Regioni, come ci dicono le cronache, hanno sprecato, e malversato di più), a scopo di propaganda, come se da questa riforma dovesse passare il risanamento del paese e dell’economia. La stessa cosa che sta avvenendo per la vendita del patrimonio pubblico (è stato proposto anche di privatizzare le spiagge!) e delle partecipazioni statali in Eni, Enel e quant’altro, e per la privatizzazione dei servizi pubblici. Sempre meno Stato, è la ricetta dei liberisti estremi, perché lo Stato è la causa di tutti i mali, invece privato è bello. Poi forse non è proprio o sempre così, ma certamente ci sono delle  ragioni che portano a sostenere certe tesi, e stanno nel cattivo funzionamento della Pubblica Amministrazione e negli sprechi che poi in larga parte sono una conseguenza della corruzione che è il vero male da sradicare.

Tornando all’abolizione delle Province c’è anche da considerare che probabilmente il risparmio che ne deriverebbe per la spesa pubblica non sarebbe esaltante. In questo studio dell’Istituto Leoni si calcola un risparmio di circa 1,9 miliardi di euro l'anno considerando oltre ai 130 milioni di euro per gli emolumenti dei politici, che non sarebbero poi gran cosa, le spese di funzionamento  e quelle per il controllo sugli enti. Altri parlano di circa 800 milioni. C'è tuttavia da considerare che si aboliscono gli enti ma non le funzioni che sarebbero attribuite ai Comuni  e continuerebbero pertanto ad avere dei costi,  compresi quelli del personale che parimenti sarebbe assegnato ai Comuni (anche se nel tempo ci sarebbero delle riduzioni).  Si tratterebbe certo di una razionalizzazione, ma che non darebbe frutti immediati, anche perché si dovrebbero mettere nel conto le spese per il processo di riorganizzazione. Se a ciò si aggiunge che si vogliono istituire le Città Metropolitane, peraltro previste dalla Costituzione dopo la riforma del 2001, avrei dei dubbi sull’entità del risparmio.

Altro luogo comune che circola è che per abolire le Province basta volerlo  e che se tutti i tentativi falliscono è ovvio che ciò dipende dagli interessi dei politici. E’ evidente che ci sono degli interessi, se non altro quelli di chi perderebbe l’incarico e di chi non potrebbe più candidarsi alle prossime elezioni provinciali, per non dire che ogni ente è un veicolo attraverso il quale passano la corruzione e il clientelismo in cui tanti sguazzano. Tuttavia se si vuole dare una giusta informazione, bisogna anche dire che le Province sono previste dalla Costituzione (art.114) e che pertanto si possono abolire solo con una legge costituzionale. E a questo proposito mi domando se il Parlamento attuale sia in grado di fare una riforma costituzionale. Non mi pare. Francamente non so se il famoso comitato dei saggi abbia prodotto qualcosa, mi pare tuttavia che il livello culturale sia sempre più basso e che le leggi, anche quelle ordinarie, e i decreti legge, che vengono sfornati in quantità industriale, non siano ben fatti e neanche ben scritti. Poi sarebbe necessaria anche una certa capacità di mediare tra le varie istanze, ma questi  si scannano per tutto, tranne che quando si tratta di fare gli interessi loro.

Si sa che l'abolizione delle Province è questione annosa. Se ne comincia a parlare già dopo l’istituzione delle Regioni negli anni ’70 del secolo scorso. Tuttavia dopo poco ci se ne dimentica e alle 95 province esistenti, 91 dalla nascita della Repubblica, e 4 aggiunte nel 1974, se ne aggiungono ben 15 tra il 1992 e 2009, per un totale di 110.

La questione torna di moda negli ultimi anni e in particolare con la crisi economica sembra divenire la panacea di ogni male.

Ci prova il governo Monti con D.L. 6 dicembre 2011, convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, che prevede la devoluzione secondo leggi regionali o statali dei poteri delle Province a Comuni e Regioni entro fine 2012, data poi portata a dicembre 2013, e il mantenimento delle Province come esclusivo organo di coordinamento intercomunale, con i Consigli nominati dai Consigli dei Comuni che ne fanno parte e ridotti a non più di 10 membri, l’abolizione della Giunta, il Presidente della Provincia eletto dal Consiglio Provinciale nel suo seno, come avveniva prima delle riforme del 1993.

Con il successivo decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito  nella legge 7 agosto 2012, n. 135, sempre il governo Monti attribuisce al  Consiglio dei Ministri il riordino delle province sulla base di requisiti minimi, da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia, definisce una procedura che coinvolge nel riordino le Regioni, stabilisce che le funzioni amministrative e conseguentemente risorse e personale vadano ai Comuni,  istituisce le Città metropolitane  e stabilisce infine che le Regioni a Statuto Speciale adeguino agli stessi principi i propri ordinamenti. 

Si ricorderanno poi sui quotidiani le cartine d’Italia con le varie ipotesi di riordino e le polemiche varie. A mio parere pessima legge da cui non so quanti risparmi sarebbero potuti derivare, tenuto conto anche delle spese di riorganizzazione. Una soluzione probabilmente peggiore dell'attuale,  per non parlare di chi avrebbe pescato nel torbido dei localismi che, a torto o a ragione, fanno parte della nostra storia (solo pensare di accorpare Pisa con Livorno!) .

Ma in data 3 luglio 2013 la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dei provvedimenti di riordino e riduzione del numero delle province italiane, per una questione di metodo; viene infatti contestato l'utilizzo del decreto legge come strumento normativo applicato a una riforma organica e di sistema dell'istituzione provinciale.

Ci riprova il governo Letta con il DDL Delrio. Qui il testo e qui una sintesi video.  Il DDL prevede solo 2 enti a elezione diretta, Regioni e Comuni, mentre le Province, in attesa di essere abolite con legge costituzionale, diventano enti di area vasta con organi costituiti dai Sindaci dell'area che prestano gratuitamente la loro attività. Il progetto prevede anche le Città Metropolitane in numero di 10, corrispondenti alle nostre 10 più grandi città, e le Unioni di Comuni, in sostanza piccoli Comuni che si associano per lo svolgimento di determinate funzioni. Anche gli organi delle Città Metropolitane e delle Unioni di Comuni sono costituite dai Sindaci delle aree interessate che svolgono la loro attività a titolo gratuito.

Questa volta lo stop viene dalla Corte dei Conti che boccia il disegno di legge. Nell’audizione sul provvedimento, che risale a qualche giorno fa, il giudizio della Sezione autonomie della magistratura contabile è netto: basse possibilità di risparmio per gli enti, una volta che il disegno di legge dovesse entrare in vigore a tutti gli effetti, e rischio di confusione amministrativa nell’indefinito periodo di transizione.

Ancora una volta hanno agito gli interessi di chi non vuole l’abolizione delle Province? Certo l’UPI (Unione Province Italiane) è contraria e indica le stesse motivazioni per le quali la Corte dei Conti ha bocciato il progetto.

E' ovvio che nel breve periodo i risparmi sarebbero stati minimi con la compresenza di Province e Città Metropolitane, seppur enti di secondo livello senza spese per gli organi politici, spese queste che comunque risultano meno significative di quelle di funzionamento.

A mio parere però il problema vero non sono tanto le Province in sé, ma le inefficienze e gli sprechi che non riguardano solo gli emolumenti dei politici. Poi ben venga l'eliminazione, con un'efficiente ridistribuzione delle funzioni ai Comuni, ma non si dia ad intendere che con questa riforma, come con le privatizzazioni, si risolvano i problemi del paese.


Quello che deve finire sono gli eccessi di generosità nelle uscite non solo delle Province, ma anche dei Comuni e soprattutto delle Regioni. E se è il caso di abolire le Province, che dire delle Regioni? Era proprio necessario costituirne 20? Quel che è certo è che hanno speso malamente i loro soldi (dalle ambasciate a inutili e risibili iniziative) e addirittura li hanno distratti a fini privati (ci hanno comprato di tutto, dai lecca-lecca, alle scacciacani, ai pranzi di nozze dei politici), ma nessuno parla di abolirle.

E che dire infine degli altri enti inutili sopravvissuti alla riforma del 1970? E se ne creano pure di nuovi che assumono personale per non fare niente. Emblematico il caso dell'AIP (Autorità Idrica Pugliese) che purtroppo non è il solo.

giovedì 14 novembre 2013

Diritti acquisiti e privilegi acquisiti

Stavo facendo altre cose mentre ascoltavo distrattamente il talk show "La Gabbia", quindi non so se ho capito bene, ma mi pare che sia partiti parlando dei molteplici incarichi di Antonio Mastrapasqua, Presidente INPS, per arrivare a dire che bisogna cominciare con il ridurre le pensioni da 3.000 euro (lorde). 

Mi pare che ci sia molta confusione in giro e si sa che la confusione serve sempre a qualcuno. Credo che si stia confondendo tra diritti acquisiti e privilegi acquisiti e che si stia cercando di inserire tra i ricchi persone che tali non sono, anche se certamente  si trovano in una posizione migliore rispetto ai precari e ai disoccupati. Come si fa a considerare privilegi stipendi o pensioni da 3.000 euro lorde, che quindi al netto sono poco più di 2.000 euro? Eppure diversi politici ma anche economisti e opinionisti vari, fanno discorsi di questo genere. I politici peraltro dovrebbero impegnarsi a risolvere i problemi cominciando con il fare i tagli che dovrebbero essere fatti, in primis ai loro privilegi e a quelli di manager come Mastrapasqua (che avrà sicuramente il dono dell'ubiquità per sedersi su tutte le poltrone che ricopre!), se non altro per motivi di giustizia sociale. Politici che hanno sguazzato per anni in questo sistema malato ora stanno facendo della pura demagogia cercando di aizzare coloro che stanno veramente male contro la classe media per deviarli da loro stessi e dai loro amici che vivono di veri privilegi cui corrisponde scarso e a volte nullo impegno personale. Basti pensare agli alti manager che hanno portato alla rovina gli enti che dovevano gestire e hanno per questo ottenuto buone uscite milionarie e pensioni vergognose cui si aggiungono altre prebende e vitalizi vari.

Poiché non si ha alcuna intenzione non solo di eliminare i privilegi, che si definiscono diritti acquisiti nel momento stesso in cui si toccano i veri diritti acquisiti (i diritti di coloro che in base alla legge vigente prima della riforma Fornero avrebbero potuto andare in pensione entro un anno o poco più non erano acquisiti, altrimenti non ci sarebbero stati gli esodati, mentre i privilegi di certi alti manager dello Stato sono, guarda caso, acquisiti e non si possono toccare), ma neanche di razionalizzare le spese della Pubblica Amministrazione, né di rendere quest’ultima più efficiente, né di eliminare gli enti inutili rimasti in piedi nonostante dovessero essere chiusi già negli anni’70 del secolo scorso, allora è ovvio che bisogna andare a prendere i soldi dove è più facile trovarli. Inoltre additare al pubblico ludibrio un funzionario di banca o un dirigente di un qualche Ente rende anche in termini di voti. Si sa che l’odio di classe si esplica maggiormente verso il vicino di casa laureato che svolge mansioni dirigenziali e prende uno stipendio certamente maggiore di quello medio, ma non stratosferico, o verso il pensionato da 3.000 euro lordi, che comunque aveva un titolo di studio e ha svolto il suo lavoro per almeno 40 anni (le pensioni baby che erano, quelle si, anche se minime, una vergogna sono state abolite al tempo del governo Dini e un po’ di tempo da allora  è passato), che verso il “grand commis” dello Stato che non si avrà mai occasione di incontrare e frequentare. Chi ha il potere è furbo, oltre che disonesto, e conta sull’ignoranza e il livore dei tanti a cui continua a darla a intendere.

Ci stiamo forse dimenticando anche di due principi sanciti dalla nostra Costituzione.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società (art.4, comma 2)
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa(art.36, comma 1).

Da questi due articoli si ricava che tutti hanno il dovere di svolgere un'attività per contribuire al progresso della società cui corrisponde il diritto a una retribuzione dignitosa, ma anche che questa retribuzione deve essere proporzionale all'impegno e quindi anche che chi più si impegna merita di più, entro certi limiti ovviamente. Un rapporto di 1 a 10 è giusto, di 1 a 400 è vergognoso.   

Si sta anche dicendo che è ingiusto il calcolo della pensione con il sistema retributivo (tutti quelli che ci sono già andati o che sono in procinto di andarci), ma a mio parere l’ingiustizia vera sta nel fatto che ci siano pensioni da fame. Non è che da anziani si spende meno che da giovani (le spese per i bisogni primari, ma anche per il vestiario, la cultura, i viaggi e il c.d. superfluo che comunque rende piacevole la vita sono le stesse, e quando si diventa davvero vecchi, se ci si arriva, si devono considerare anche le maggiori spese sanitarie, tanto oltre un certo reddito si paga quasi tutto, o quelle per un aiuto in casa).

Quello che si dovrebbe fare è porre veramente un limite ai privilegi e tagliare tutto ciò che è inutile. Sono ansiosa di vedere cosa farà il nuovo Commissario per la razionalizzazione della spesa, Carlo Cottarelli (e mi domando se di un Commissario c'era necessità, tenuto anche conto degli scarsi risultati del precedente Enrico Bondi, nominato da Monti, e mi sfugge se ce ne sono stati altri), al quale intanto è stato fissato un corrispettivo di € 300.000, va bene lorde, ridotte a 260.000 ( più di 4 volte quanto prende un c.d. ricco secondo i parametri di certi nostri politici che hanno scoperto le ingiustizie), perché il suddetto, bontà sua, ha rinunciato a qualcosa (siamo tutti commossi!). Cottarelli ha già presentato il proprio programma di lavoro al Comitato interministeriale per la Revisione della spesa  che si riunirà nei prossimi giorni per esaminarlo, bla, bla, bla…

Poi ci sarebbe da parlare delle Province (è di pochi giorni fa la bocciatura della Corte dei Conti del disegno di legge Delrio) sulle quali mi riservo di fare un post a parte, ma intanto mi domando anche se siano necessarie 20 Regioni, per non parlare di come hanno speso i nostri soldi in questi anni. Quasi tutte sono state toccate da scandali con interi consigli regionali indagati e diversi consiglieri e assessori arrestati. Sembra che soprattutto il peculato (utilizzo di denaro pubblico per spese private, dai pranzi di nozze alle scacciacani) fosse la norma.

Intanto in Parlamento si sta litigando sul D.D.L di stabilità sul quale sono stati presentati vagoni di emendamenti. C’è stata pure la proposta di vendere le spiagge avanzata sia dal PDL, ma anche da un gruppo di parlamentari PD, anche se poi è stata ritirata. Si, credo che la strada sia proprio quella di vendere il vendibile, magari anche il Colosseo o il Ponte Vecchio a Firenze o il Palazzo Ducale a Venezia, di cedere anche tutte le nostre industrie strategiche, di privatizzare tutti i servizi pubblici, di mettere altre tasse (dopo la Tares, che doveva essere sostituita dalla Trise, è saltata fuori la Tuc!), e di far diventare povera la classe media (e poi vediamo chi entra ancora in un negozio a comprare qualcosa che non sia strettamente necessario alla sopravvivenza). L’importante è che i soliti continuino a fare la vita di prima, rubando e sprecando, anche a costo di vendere a saldo l’intero paese ai privati, possibilmente stranieri. Del resto chiamare lo straniero è stato il nostro sport nazionale  dalla caduta dell’impero romano in poi.



giovedì 7 novembre 2013

Le frequentazioni del Ministro della Giustizia

Il Ministro della giustizia può anche interessarsi della sorte di un carcerato che sta male, qualunque sia la sua condizione economica. Si dice del resto che la Cancellieri sia intervenuta anche per altri.

Tuttavia compito del Ministro sarebbe in primo luogo di trovare le soluzioni al problema delle carceri e della giustizia e non di interessarsi dei singoli casi specialmente quando riguardano gli amici suoi. 

Ma quello che è più grave è l'evidente conflitto di interessi. 

Ormai è storia nota che il figlio del Ministro abbia lavorato per breve tempo per FonSai ottenendone una buonuscita milionaria. 

Ma quello che viene fuori, anche dai servizi andati in onda nella puntata di stasera del talk show di LA7 "La Gabbia", nonché da diversi articoli sui giornali e su internet, è un rapporto molto stretto e di lunga data della Cancellieri con i Ligresti che, anche prima degli arresti del luglio scorso per falso in bilancio e manipolazione del mercato, erano considerati imprenditori "di sistema" per il rapporto "disinvolto" con la politica e che, proprio per questo, forse non erano tra le persone più consone alla frequentazione da parte di una persona che ricopre prima il ruolo di Ministro dell'Interno e oggi quello di Ministro della Giustizia. 

Sarebbe stato opportuno che ne avesse preso le distanze almeno dall'assunzione di quei ruoli, invece ci sono forti sospetti che si sia spesa in favore degli amici anche come Ministro dell'Interno. 

Sia nel talk show che in questo articolo si parla di un rapidissimo sgombro della Torre Guelfa a Milano, di proprietà dei Ligresti, che era stata occupata da un centro sociale, quando per queste procedure ci vuole in genere molto più tempo. Nel servizio andato in onda stasera è stato registrato il colloquio di un poliziotto con uno degli occupanti in cui si parla di pressioni dall'alto in un momento (maggio 2012) in cui la Cancellieri era Ministro dell'Interno, anche se queste sono solo supposizioni.  

Quel che è ovvio è che un ministro non si mette a disposizione, non dice conta su di me per qualsiasi cosa e non dice che una decisione della magistratura è un'ingiustizia. 

L'ingiustizia sta nella condizione delle carceri che lei in quanto Ministro della Giustizia avrebbe avuto il compito di risolvere. Il suo comportamento ribadisce invece la nota situazione per la quale se hai dei problemi e un ministro amico una soluzione si trova, altrimenti ti arrangi.

venerdì 1 novembre 2013

Halloween e l'antica festa pagana di Samhain

Samhain (la notte che precede l'alba del 1° Novembre) era la festa più importante dell'anno celtico, la festa sacra per eccellenza. Gli antichi Celti che abitavano in Gran Bretagna, Irlanda e Francia festeggiavano l'inizio del nuovo anno il 1° Novembre,  quando finiva la "stagione calda" e iniziava la "stagione delle tenebre e del freddo". La notte tra il 31 ottobre e il 1° Novembre, chiamata la notte di Samhain, era il momento più solenne di tutto l'anno druidico. Era considerata la notte in cui le porte dell'Altromondo potevano aprirsi  permettendo il transito tra i due piani della realtà. A Samhain il tempo umano veniva sospeso dall'intervento del Sacro e questo rendeva possibile  l'intrusione del fantastico nel reale. I Celti credevano infatti che alla vigilia di ogni nuovo anno (31 Ottobre) Samhain, Signore della Morte, Principe delle Tenebre, chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti e temevano che in tale giorno tutte le leggi dello spazio e del tempo fossero sospese, permettendo al mondo degli spiriti di unirsi al mondo dei viventi. Così nei villaggi veniva spento ogni focolare per evitare che gli spiriti maligni venissero a soggiornarvi. I Druidi si incontravano sulla cima di una collina, in una foresta di querce (albero considerato sacro), per accendere il Nuovo Fuoco e offrire sacrifici di sementi e animali. Danzavano e cantavano intorno al focolare fino al mattino, quindi, vestiti con maschere grottesche per spaventare gli spiriti ritornavano al villaggio, facendosi luce con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui interno erano poste le braci del Fuoco Sacro che venivano poi consegnate a ogni famiglia che con esse provvedeva a riaccendere il focolare domestico. Spegnere il fuoco simboleggiava che la metà oscura dell'anno (quindi la morte) stava sopraggiungendo, mentre l'atto di riaccenderlo era simbolo di speranza e di ritorno alla vita.

In Irlanda si diffuse anche la tradizione di lasciare qualcosa da mangiare e del latte da bere fuori dalla porta, in modo che gli spiriti passando potessero rifocillarsi e decidessero di non fare degli scherzi agli abitanti della casa.

Durante il periodo della cristianizzazione dell'Europa, la Chiesa tentò di sradicare i culti pagani, ma non sempre vi riuscì. Nel tentativo di far perdere significato ai riti legati alla festa di Samhain, nell' 835 Papa Gregorio Magno spostò la festa di Ognissanti, dedicata a tutti i santi del Paradiso, dal 13 Maggio al 1° Novembre.

Tuttavia l'influenza del culto di Samhain non fu sradicata e rimase una festa legata al mistero, alla magia, al mondo delle streghe e degli spiriti. Per questo motivo la Chiesa aggiunse, nel X secolo, una nuova festa: il 2 Novembre, Giorno dei Morti, dedicato alla memoria delle anime degli scomparsi che venivano festeggiati dai loro cari, mascherandosi da santi, angeli e diavoli e accendendo dei falò.

In inglese Ognissanti è  All Hallows' Day; la vigilia del giorno di Ognissanti, cioè il 31 ottobre, è All Hallow' Eve. Queste parole si sono trasformate prima in Hallows' Even, e da lì ad Halloween il passo è stato breve.

Tra il 1845 e il 1850, a causa di una malattia che devastò le coltivazioni di patate, circa 700.000 Irlandesi emigrarono in America, portando con sé le loro usanze, tra cui anche quella di festeggiare Halloween.

Negli Stati Uniti Halloween ha perso i suoi significati religiosi e rituali ed è diventata la notte dei travestimenti e del famoso "Trick or Treat" (scherzetto o dolcetto).

L'abitudine di mascherarsi in occasione di Halloween deriva probabilmente dall'usanza celtica di indossare pelli di animali e maschere mostruose durante i riti di Samhain e dell'accensione del Fuoco Sacro, per spaventare gli spiriti e tenerli lontani dai villaggi.

L'usanza dei bambini di bussare alle porte delle case gridando Trick or treat, che significa più o meno dolcetto o scherzetto, deriva dall'usanza dei Celti di lasciare cibo e latte fuori dalla porta, nella speranza di ingraziarsi gli spiriti ed evitare le loro malefatte.

Quando gli Irlandesi arrivarono in America, scoprirono che le zucche erano molto più adatte di cipolle e rape per la costruzione delle tradizionali lanterne di Halloween. Quindi la tradizionale Jack O'Lantern, simbolo incontrastato di questa festa, e che si riconnette a questa leggenda, è ricavata da una zucca solo da poco più di cento anni.


E da una quindicina d'anni la festa è divenuta popolare anche da noi. Ecco quindi che anche qui i negozi si riempiono di costumi e maschere più o meno terrorizzanti e compaiono le zucche intagliate come una testa dal classico ghigno satanico, qualcosa che poco avrebbe a che vedere con le tradizioni mediterranee e che incontra l'ostracismo di alcuni vescovi. Eppure ho un vago ricordo che quando ero bambina, in un'epoca in cui di Halloween non si sapeva niente, c'era l'uso di intagliare le zucche a forma di teschio. Ci si metteva dentro una candela e si lasciavano in luoghi bui, soprattutto sulle scale, con l'intenzione di spaventare chi entrava. Non conosco però le origini di questa tradizione, né se fosse collegata ad un giorno particolare dell'anno. Probabilmente si faceva tra fine agosto e settembre quando maturano le zucche.


venerdì 18 ottobre 2013

In margine alle polemiche suscitate dalle affermazioni di Odifreddi sull'Olocausto. Si deve vietare il negazionismo per legge?

Continua la polemica scatenata dall’articolo del matematico e opinionista Piergiorgio Odifreddi dal titolo "Stabilire la verità storica per legge" per il quale è stato accusato di essere un negazionista dell'Olocausto.

In realtà nell’articolo ci sono solo alcune considerazioni sui funerali negati a Priebke e sul decreto approvato in questi giorni in Senato in cui si equipara a un reato la negazione dell’Olocausto.

In sostanza Odifreddi afferma che la salma di un uomo senza vita è pura cosa inanimata senza nessun valore almeno che non si aderisca alla  visione superstiziosa e magica propagandata con evidente successo dalla Chiesa cattolica e della quale sarebbero succubi gli appartenenti agli opposti fanatismi di destra e di sinistra che si sono scontrati sulla salma di Priebke. 

Quindi sul reato di negazionismo afferma che "affidarsi non alla storia, ma alla legge, per stabilire cosa è successo nel passato è tipico dei sistemi autoritari alla 1984, e non a caso Orwell parla al proposito di psicoreati, perseguiti da una psicopolizia.

Infine conclude l'articolo sottolineando che il Popolo delle Libertà, la Lega, Fratelli d’Italia e il Movimento a 5 Stelle, votano compatti con il Partito Democratico e Sel a proposito della Shoah, perché il fascismo di ieri non fa più paura, e schierarsi contro di esso è vuota demagogia, ma il fascismo di oggi è vivo e vegeto, e combatte la sua battaglia non alle Fosse Ardeatine, ma a Lampedusa.

Ma ciò che ha scatenato la polemica è in particolare la risposta (citata qui) al commento di un lettore, tale Hommequirit, che definisce il processo di Norimberga un’opera di propaganda. Odifreddi si dichiara d’accordo affermando che se la guerra fosse andata diversamente sarebbero stati gli alleati a essere processati per crimini di guerra, quindi prosegue con una dichiarazione che non è apertamente negazionista, ma esprime forti dubbi su quanto “il ministero della propaganda alleata” ci ha presentato come verità storica.

Che se le cose fossero andate diversamente ci sarebbe stata una Norimberga al contrario lo penso anch'io, anche se questo non rende meno efferati i crimini dei nazisti.  

Ma per quanto riguarda le camere a gas, anche se è vero che la storia dei vinti è stata sempre scritta dai vincitori, non si può pensare che siano falsità le testimonianze dei sopravvissuti e avere dei dubbi vuol dire che non si  crede a quanto questi hanno raccontato e si offende la memoria di chi non è tornato.

Purtroppo c'è il rischio che con il tempo i revisionisti prendano campo.

Pertanto occorre tenere viva la memoria di quegli orrori. Come disse Primo Levi "quando non ci saranno più i testimoni diretti di questa tragedia toccherà agli insegnanti e alla società, alle famiglie, ripetere questa storia senza punti interrogativi, perché così è stata".

Eppure già non mancano oggi gli storici negazionisti, come David Irving e Robert Faurisson

Ora ritengo che sostenere certe tesi di fronte all'evidenza di tante testimonianze o è malafede (e in sostanza appoggio delle tesi naziste) o è idiozia. Ma si  deve consentire la libertà di espressione anche agli idioti o si può vietare per legge l'idiozia? Sono solo domande che mi faccio perché non so rispondere. 

Nel 1980 il linguista statunitense Noam Chomsky, sebbene contrario alle tesi esposte, e suscitando molte polemiche, curò la prefazione dell'opera di Faurisson "Tesi difensiva contro coloro che mi accusano di falsificare la storia. La questione delle camere a gas", sostenendo il principio della libertà di espressione di tutti, e quindi anche di Faurisson.

Ritornando a Odifreddi mi sembra inaccettabile anche l’affermazione sull’equiparazione di un defunto a cosa senza valore. Da agnostica ritengo che il rispetto o il non rispetto, a seconda dei casi, nei confronti di una salma non sia per forza connesso alla religione, ma dipenda anche da ben altri fattori. L’umanità seppellisce o brucia i propri morti dal paleolitico, per una credenza magica nell’aldilà, forse, ma anche per rispetto di ciò che i morti hanno rappresentato in vita. La tomba di un defunto, se questi in vita, nel bene o nel male, ha rappresentato un'idea, può divenire anche un luogo che attira seguaci di quell’idea e quindi, anche per motivi di ordine pubblico, non era il caso che Priebke, che non fu un fondatore del nazismo, ma solo uno zelante e convinto esecutore di ordini ( ma non per questo meno responsabile delle sue azioni), venisse sepolto a Roma o nelle vicinanze, meglio non si sapesse dove, meglio in Germania (e mi domando perché i figli non vengano a prenderselo). Una tomba può essere un monumento alla memoria di grandi personaggi del passato (perché infatti il cimitero del Père-Lachaise nel quale sono sepolti molti personaggi illustri è uno dei luoghi più visitati di Parigi?), ma anche ovviamente un ritrovo per nostalgici di idee aberranti.

Non mi piace poi nemmeno la conclusione dell’articolo perché non credo si possa definire fascista chi manifesta una qualche preoccupazione per gli innumerevoli sbarchi di disperati sulle nostre coste (con questo non sono d’accordo neanche con le idee di Grillo sul reato di immigrazione clandestina, che peraltro i fatti hanno dimostrato non servire a niente). Tra costoro ci saranno certamente tanti fascisti e razzisti, ma è certo che ci sono anche persone di sentimenti democratici che tuttavia si pongono il problema di come arginare questo fenomeno.

Credo invece si debba riflettere senza isterismi sull’opportunità di equiparare a un reato la negazione dell’Olocausto, anche se molti paesi hanno norme analoghe. Credo che non serva in primo luogo a sradicare l’idea nazista che purtroppo ha ancora dei seguaci. Inoltre mi domando se si possa avere dei dubbi in materia senza essere nazisti, se si possa ugualmente condannare l’ideologia nazista che sarebbe stata aberrante anche senza le camere a gas. E peraltro non mi risulta che Odifreddi sia diventato fascista o nazista. L’anno scorso aveva scatenato un’altra polemica affermando che le stragi commesse dagli israeliani non sono meno gravi di quelle dei nazisti. Si può non essere d’accordo con affermazioni del genere, ma non è che l’Olocausto impedisca di criticare le azioni di Israele che ha occupato terre che erano di altri innescando in Medioriente uno scontro senza fine.

La XII^ disposizione finale della Costituzione italiana vieta, giustamente, la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e la legge attuativa (n. 645 del 1952) prevede, sempre giustamente,  la condanna anche per chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche, oppure  idee o metodi razzisti, con pene aggravate se i fatti previsti sono commessi a mezzo stampa. Tuttavia mi chiedo se  manifestare dei dubbi in ordine all'Olocausto sia la stessa cosa che incitare alla violenza e all'odio razziale, o esaltare ideologie aberranti. Ci sono degli storici che hanno manifestato dei dubbi e che ho già definito idioti, ma per questo dovrebbero andare tutti in galera? 

Mi domando se la famosa frase di Voltaire "Non sono d'accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee" si possa applicare anche a chi manifesta dubbi sull’Olocausto, purché non ne derivi l'esaltazione del nazismo.

A seguito della bagarre Odifreddi pubblica un successivo articolo dal titolo "Cos'è laverità" nel quale si scatena contro i giornalisti che l'hanno criticato, che sarebbero allo stesso livello di gran parte della popolazione italiana che, secondo la recente rilevazione Ocse non arriva al livello minimo di alfabetizzazione per comprendere un testo scritto, e il mitico “popolo della rete” che grida all’untore, e al quale non interessa  verificare cosa una persona possa aver detto, e meno che mai cercare di capirlo, ma interessa solo ripetere ciò che appare nei 150 caratteri che costituiscono ormai il limite massimo dell’attenzione e dell’approfondimento.

I caratteri sono solo 140, ma personalmente ritengo che si possano dire cose sensate anche in pochi caratteri, poi è ovvio che per  approfondire occorra più spazio. E' altresì innegabile che molti si buttano a scrivere senza neanche aver letto, ma non si può generalizzare e parlare di “mitico popolo della rete”, come non si può nemmeno affermare che la maggioranza delle persone sono quasi analfabeti e si formano idee non sui libri di storia ma sui film di Hollywood.

Quel che ho sempre rilevato in Odifreddi, nonostante ne condivida alcune idee sulla religione cattolica e sulle religioni in genere, che non mi portano tuttavia a negare qualsiasi possibilità al di là del puro materialismo accettando acriticamente l’ateismo come fosse una religione, è l’estrema presunzione e arroganza per le quali comunque, devo rilevare, è in buona compagnia. 



lunedì 7 ottobre 2013

Gravity - Perduti nello spazio

Ieri sono andata a vedere Gravity, il film di Alfonso Cuaròn che ha aperto l'ultima mostra del cinema di Venezia riscuotendo ampi consensi.

Nonostante le critiche generalmente positive temevo che fosse un film un po' claustrofobico, con due astronauti, il capo della missione (George Clooney) e un ingegnere biomedico (Sandra Bullock), che, dopo un terribile incidente che ha distrutto una navetta, l'intera stazione spaziale e ucciso tutti i compagni,  fluttuano alla deriva nello spazio con scarse speranze di tornare sulla Terra. Invece mi è piaciuto davvero: 90 minuti di suspense e scene spettacolari. Sicuramente aiuta anche lo schermo grande  e il 3D.  Forse in televisione non farebbe lo stesso effetto. 

Il film è anche  la storia di una rinascita. L'ingegnere bio-medico interpretato dalla Bullock, alla fine rimasta unica superstite, dopo essere riuscita ad aver ragione di tutti gli ostacoli e, contro ogni previsione, a salvarsi, raggiungendo la stazione spaziale cinese (mi ero persa la notizia che anche i cinesi ne hanno una, si chiama Tiangong 1 e  significa "Palazzo del paradiso") e quindi la navetta cargo attraccata alla stazione che la riporterà sulla Terra, comprende che deve lasciarsi indietro il proprio passato traumatico, il proprio lutto, e ricominciare a vivere davvero.  

Nella critica che riporto si parla addirittura di un parto che sarebbe suggerito da "certi palesi rimandi concettuali per immagini" (lo stato fetale della Bullock dentro la capsula, i numerosi "cordoni ombelicali", rappresentati dai cavi che reggono gli astronauti fuori della navetta, la scenografica caduta di detriti che, a contatto con l’atmosfera terrestre, rievocano la folle corsa degli spermatozoi in prossimità dell’atto della fecondazione!), anche se mi pare un po' troppo, ma chissà...  

Per completezza d'informazione c'è  anche da dire che, nonostante il generale apprezzamento della critica,  dal punto di vista scientifico ci sarebbero alcuni madornali errori, come spiega questo articolo

 In ogni caso a prescindere dal fatto che non sono in grado di capire se e quanto gravi siano questi errori, non cambio idea. Un film piace se è in grado di suscitare emozioni e riflessioni.