giovedì 21 novembre 2013

L'abolizione delle Province tra propaganda e complicazioni

E’ di stamani la notizia che tra gli emendamenti presentati dal governo alla legge di stabilità al vaglio del Parlamento c’è anche quello che prevede di  bloccare le elezioni provinciali (peraltro mi domando quanti andrebbero a votare) con una norma che proroga i poteri dei commissari straordinari, ciò al fine di evitare di rinnovare gli organi di enti che tutti dicono di voler abolire  anche se farlo sembra piuttosto complicato.

Ho comunque l’impressione che l’abolizione delle Province sia una proposta che è stata data in pasto a noi cittadini, giustamente stanchi degli sprechi di certi enti (ma le Regioni, come ci dicono le cronache, hanno sprecato, e malversato di più), a scopo di propaganda, come se da questa riforma dovesse passare il risanamento del paese e dell’economia. La stessa cosa che sta avvenendo per la vendita del patrimonio pubblico (è stato proposto anche di privatizzare le spiagge!) e delle partecipazioni statali in Eni, Enel e quant’altro, e per la privatizzazione dei servizi pubblici. Sempre meno Stato, è la ricetta dei liberisti estremi, perché lo Stato è la causa di tutti i mali, invece privato è bello. Poi forse non è proprio o sempre così, ma certamente ci sono delle  ragioni che portano a sostenere certe tesi, e stanno nel cattivo funzionamento della Pubblica Amministrazione e negli sprechi che poi in larga parte sono una conseguenza della corruzione che è il vero male da sradicare.

Tornando all’abolizione delle Province c’è anche da considerare che probabilmente il risparmio che ne deriverebbe per la spesa pubblica non sarebbe esaltante. In questo studio dell’Istituto Leoni si calcola un risparmio di circa 1,9 miliardi di euro l'anno considerando oltre ai 130 milioni di euro per gli emolumenti dei politici, che non sarebbero poi gran cosa, le spese di funzionamento  e quelle per il controllo sugli enti. Altri parlano di circa 800 milioni. C'è tuttavia da considerare che si aboliscono gli enti ma non le funzioni che sarebbero attribuite ai Comuni  e continuerebbero pertanto ad avere dei costi,  compresi quelli del personale che parimenti sarebbe assegnato ai Comuni (anche se nel tempo ci sarebbero delle riduzioni).  Si tratterebbe certo di una razionalizzazione, ma che non darebbe frutti immediati, anche perché si dovrebbero mettere nel conto le spese per il processo di riorganizzazione. Se a ciò si aggiunge che si vogliono istituire le Città Metropolitane, peraltro previste dalla Costituzione dopo la riforma del 2001, avrei dei dubbi sull’entità del risparmio.

Altro luogo comune che circola è che per abolire le Province basta volerlo  e che se tutti i tentativi falliscono è ovvio che ciò dipende dagli interessi dei politici. E’ evidente che ci sono degli interessi, se non altro quelli di chi perderebbe l’incarico e di chi non potrebbe più candidarsi alle prossime elezioni provinciali, per non dire che ogni ente è un veicolo attraverso il quale passano la corruzione e il clientelismo in cui tanti sguazzano. Tuttavia se si vuole dare una giusta informazione, bisogna anche dire che le Province sono previste dalla Costituzione (art.114) e che pertanto si possono abolire solo con una legge costituzionale. E a questo proposito mi domando se il Parlamento attuale sia in grado di fare una riforma costituzionale. Non mi pare. Francamente non so se il famoso comitato dei saggi abbia prodotto qualcosa, mi pare tuttavia che il livello culturale sia sempre più basso e che le leggi, anche quelle ordinarie, e i decreti legge, che vengono sfornati in quantità industriale, non siano ben fatti e neanche ben scritti. Poi sarebbe necessaria anche una certa capacità di mediare tra le varie istanze, ma questi  si scannano per tutto, tranne che quando si tratta di fare gli interessi loro.

Si sa che l'abolizione delle Province è questione annosa. Se ne comincia a parlare già dopo l’istituzione delle Regioni negli anni ’70 del secolo scorso. Tuttavia dopo poco ci se ne dimentica e alle 95 province esistenti, 91 dalla nascita della Repubblica, e 4 aggiunte nel 1974, se ne aggiungono ben 15 tra il 1992 e 2009, per un totale di 110.

La questione torna di moda negli ultimi anni e in particolare con la crisi economica sembra divenire la panacea di ogni male.

Ci prova il governo Monti con D.L. 6 dicembre 2011, convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, che prevede la devoluzione secondo leggi regionali o statali dei poteri delle Province a Comuni e Regioni entro fine 2012, data poi portata a dicembre 2013, e il mantenimento delle Province come esclusivo organo di coordinamento intercomunale, con i Consigli nominati dai Consigli dei Comuni che ne fanno parte e ridotti a non più di 10 membri, l’abolizione della Giunta, il Presidente della Provincia eletto dal Consiglio Provinciale nel suo seno, come avveniva prima delle riforme del 1993.

Con il successivo decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito  nella legge 7 agosto 2012, n. 135, sempre il governo Monti attribuisce al  Consiglio dei Ministri il riordino delle province sulla base di requisiti minimi, da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia, definisce una procedura che coinvolge nel riordino le Regioni, stabilisce che le funzioni amministrative e conseguentemente risorse e personale vadano ai Comuni,  istituisce le Città metropolitane  e stabilisce infine che le Regioni a Statuto Speciale adeguino agli stessi principi i propri ordinamenti. 

Si ricorderanno poi sui quotidiani le cartine d’Italia con le varie ipotesi di riordino e le polemiche varie. A mio parere pessima legge da cui non so quanti risparmi sarebbero potuti derivare, tenuto conto anche delle spese di riorganizzazione. Una soluzione probabilmente peggiore dell'attuale,  per non parlare di chi avrebbe pescato nel torbido dei localismi che, a torto o a ragione, fanno parte della nostra storia (solo pensare di accorpare Pisa con Livorno!) .

Ma in data 3 luglio 2013 la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dei provvedimenti di riordino e riduzione del numero delle province italiane, per una questione di metodo; viene infatti contestato l'utilizzo del decreto legge come strumento normativo applicato a una riforma organica e di sistema dell'istituzione provinciale.

Ci riprova il governo Letta con il DDL Delrio. Qui il testo e qui una sintesi video.  Il DDL prevede solo 2 enti a elezione diretta, Regioni e Comuni, mentre le Province, in attesa di essere abolite con legge costituzionale, diventano enti di area vasta con organi costituiti dai Sindaci dell'area che prestano gratuitamente la loro attività. Il progetto prevede anche le Città Metropolitane in numero di 10, corrispondenti alle nostre 10 più grandi città, e le Unioni di Comuni, in sostanza piccoli Comuni che si associano per lo svolgimento di determinate funzioni. Anche gli organi delle Città Metropolitane e delle Unioni di Comuni sono costituite dai Sindaci delle aree interessate che svolgono la loro attività a titolo gratuito.

Questa volta lo stop viene dalla Corte dei Conti che boccia il disegno di legge. Nell’audizione sul provvedimento, che risale a qualche giorno fa, il giudizio della Sezione autonomie della magistratura contabile è netto: basse possibilità di risparmio per gli enti, una volta che il disegno di legge dovesse entrare in vigore a tutti gli effetti, e rischio di confusione amministrativa nell’indefinito periodo di transizione.

Ancora una volta hanno agito gli interessi di chi non vuole l’abolizione delle Province? Certo l’UPI (Unione Province Italiane) è contraria e indica le stesse motivazioni per le quali la Corte dei Conti ha bocciato il progetto.

E' ovvio che nel breve periodo i risparmi sarebbero stati minimi con la compresenza di Province e Città Metropolitane, seppur enti di secondo livello senza spese per gli organi politici, spese queste che comunque risultano meno significative di quelle di funzionamento.

A mio parere però il problema vero non sono tanto le Province in sé, ma le inefficienze e gli sprechi che non riguardano solo gli emolumenti dei politici. Poi ben venga l'eliminazione, con un'efficiente ridistribuzione delle funzioni ai Comuni, ma non si dia ad intendere che con questa riforma, come con le privatizzazioni, si risolvano i problemi del paese.


Quello che deve finire sono gli eccessi di generosità nelle uscite non solo delle Province, ma anche dei Comuni e soprattutto delle Regioni. E se è il caso di abolire le Province, che dire delle Regioni? Era proprio necessario costituirne 20? Quel che è certo è che hanno speso malamente i loro soldi (dalle ambasciate a inutili e risibili iniziative) e addirittura li hanno distratti a fini privati (ci hanno comprato di tutto, dai lecca-lecca, alle scacciacani, ai pranzi di nozze dei politici), ma nessuno parla di abolirle.

E che dire infine degli altri enti inutili sopravvissuti alla riforma del 1970? E se ne creano pure di nuovi che assumono personale per non fare niente. Emblematico il caso dell'AIP (Autorità Idrica Pugliese) che purtroppo non è il solo.

giovedì 14 novembre 2013

Diritti acquisiti e privilegi acquisiti

Stavo facendo altre cose mentre ascoltavo distrattamente il talk show "La Gabbia", quindi non so se ho capito bene, ma mi pare che sia partiti parlando dei molteplici incarichi di Antonio Mastrapasqua, Presidente INPS, per arrivare a dire che bisogna cominciare con il ridurre le pensioni da 3.000 euro (lorde). 

Mi pare che ci sia molta confusione in giro e si sa che la confusione serve sempre a qualcuno. Credo che si stia confondendo tra diritti acquisiti e privilegi acquisiti e che si stia cercando di inserire tra i ricchi persone che tali non sono, anche se certamente  si trovano in una posizione migliore rispetto ai precari e ai disoccupati. Come si fa a considerare privilegi stipendi o pensioni da 3.000 euro lorde, che quindi al netto sono poco più di 2.000 euro? Eppure diversi politici ma anche economisti e opinionisti vari, fanno discorsi di questo genere. I politici peraltro dovrebbero impegnarsi a risolvere i problemi cominciando con il fare i tagli che dovrebbero essere fatti, in primis ai loro privilegi e a quelli di manager come Mastrapasqua (che avrà sicuramente il dono dell'ubiquità per sedersi su tutte le poltrone che ricopre!), se non altro per motivi di giustizia sociale. Politici che hanno sguazzato per anni in questo sistema malato ora stanno facendo della pura demagogia cercando di aizzare coloro che stanno veramente male contro la classe media per deviarli da loro stessi e dai loro amici che vivono di veri privilegi cui corrisponde scarso e a volte nullo impegno personale. Basti pensare agli alti manager che hanno portato alla rovina gli enti che dovevano gestire e hanno per questo ottenuto buone uscite milionarie e pensioni vergognose cui si aggiungono altre prebende e vitalizi vari.

Poiché non si ha alcuna intenzione non solo di eliminare i privilegi, che si definiscono diritti acquisiti nel momento stesso in cui si toccano i veri diritti acquisiti (i diritti di coloro che in base alla legge vigente prima della riforma Fornero avrebbero potuto andare in pensione entro un anno o poco più non erano acquisiti, altrimenti non ci sarebbero stati gli esodati, mentre i privilegi di certi alti manager dello Stato sono, guarda caso, acquisiti e non si possono toccare), ma neanche di razionalizzare le spese della Pubblica Amministrazione, né di rendere quest’ultima più efficiente, né di eliminare gli enti inutili rimasti in piedi nonostante dovessero essere chiusi già negli anni’70 del secolo scorso, allora è ovvio che bisogna andare a prendere i soldi dove è più facile trovarli. Inoltre additare al pubblico ludibrio un funzionario di banca o un dirigente di un qualche Ente rende anche in termini di voti. Si sa che l’odio di classe si esplica maggiormente verso il vicino di casa laureato che svolge mansioni dirigenziali e prende uno stipendio certamente maggiore di quello medio, ma non stratosferico, o verso il pensionato da 3.000 euro lordi, che comunque aveva un titolo di studio e ha svolto il suo lavoro per almeno 40 anni (le pensioni baby che erano, quelle si, anche se minime, una vergogna sono state abolite al tempo del governo Dini e un po’ di tempo da allora  è passato), che verso il “grand commis” dello Stato che non si avrà mai occasione di incontrare e frequentare. Chi ha il potere è furbo, oltre che disonesto, e conta sull’ignoranza e il livore dei tanti a cui continua a darla a intendere.

Ci stiamo forse dimenticando anche di due principi sanciti dalla nostra Costituzione.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società (art.4, comma 2)
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa(art.36, comma 1).

Da questi due articoli si ricava che tutti hanno il dovere di svolgere un'attività per contribuire al progresso della società cui corrisponde il diritto a una retribuzione dignitosa, ma anche che questa retribuzione deve essere proporzionale all'impegno e quindi anche che chi più si impegna merita di più, entro certi limiti ovviamente. Un rapporto di 1 a 10 è giusto, di 1 a 400 è vergognoso.   

Si sta anche dicendo che è ingiusto il calcolo della pensione con il sistema retributivo (tutti quelli che ci sono già andati o che sono in procinto di andarci), ma a mio parere l’ingiustizia vera sta nel fatto che ci siano pensioni da fame. Non è che da anziani si spende meno che da giovani (le spese per i bisogni primari, ma anche per il vestiario, la cultura, i viaggi e il c.d. superfluo che comunque rende piacevole la vita sono le stesse, e quando si diventa davvero vecchi, se ci si arriva, si devono considerare anche le maggiori spese sanitarie, tanto oltre un certo reddito si paga quasi tutto, o quelle per un aiuto in casa).

Quello che si dovrebbe fare è porre veramente un limite ai privilegi e tagliare tutto ciò che è inutile. Sono ansiosa di vedere cosa farà il nuovo Commissario per la razionalizzazione della spesa, Carlo Cottarelli (e mi domando se di un Commissario c'era necessità, tenuto anche conto degli scarsi risultati del precedente Enrico Bondi, nominato da Monti, e mi sfugge se ce ne sono stati altri), al quale intanto è stato fissato un corrispettivo di € 300.000, va bene lorde, ridotte a 260.000 ( più di 4 volte quanto prende un c.d. ricco secondo i parametri di certi nostri politici che hanno scoperto le ingiustizie), perché il suddetto, bontà sua, ha rinunciato a qualcosa (siamo tutti commossi!). Cottarelli ha già presentato il proprio programma di lavoro al Comitato interministeriale per la Revisione della spesa  che si riunirà nei prossimi giorni per esaminarlo, bla, bla, bla…

Poi ci sarebbe da parlare delle Province (è di pochi giorni fa la bocciatura della Corte dei Conti del disegno di legge Delrio) sulle quali mi riservo di fare un post a parte, ma intanto mi domando anche se siano necessarie 20 Regioni, per non parlare di come hanno speso i nostri soldi in questi anni. Quasi tutte sono state toccate da scandali con interi consigli regionali indagati e diversi consiglieri e assessori arrestati. Sembra che soprattutto il peculato (utilizzo di denaro pubblico per spese private, dai pranzi di nozze alle scacciacani) fosse la norma.

Intanto in Parlamento si sta litigando sul D.D.L di stabilità sul quale sono stati presentati vagoni di emendamenti. C’è stata pure la proposta di vendere le spiagge avanzata sia dal PDL, ma anche da un gruppo di parlamentari PD, anche se poi è stata ritirata. Si, credo che la strada sia proprio quella di vendere il vendibile, magari anche il Colosseo o il Ponte Vecchio a Firenze o il Palazzo Ducale a Venezia, di cedere anche tutte le nostre industrie strategiche, di privatizzare tutti i servizi pubblici, di mettere altre tasse (dopo la Tares, che doveva essere sostituita dalla Trise, è saltata fuori la Tuc!), e di far diventare povera la classe media (e poi vediamo chi entra ancora in un negozio a comprare qualcosa che non sia strettamente necessario alla sopravvivenza). L’importante è che i soliti continuino a fare la vita di prima, rubando e sprecando, anche a costo di vendere a saldo l’intero paese ai privati, possibilmente stranieri. Del resto chiamare lo straniero è stato il nostro sport nazionale  dalla caduta dell’impero romano in poi.



giovedì 7 novembre 2013

Le frequentazioni del Ministro della Giustizia

Il Ministro della giustizia può anche interessarsi della sorte di un carcerato che sta male, qualunque sia la sua condizione economica. Si dice del resto che la Cancellieri sia intervenuta anche per altri.

Tuttavia compito del Ministro sarebbe in primo luogo di trovare le soluzioni al problema delle carceri e della giustizia e non di interessarsi dei singoli casi specialmente quando riguardano gli amici suoi. 

Ma quello che è più grave è l'evidente conflitto di interessi. 

Ormai è storia nota che il figlio del Ministro abbia lavorato per breve tempo per FonSai ottenendone una buonuscita milionaria. 

Ma quello che viene fuori, anche dai servizi andati in onda nella puntata di stasera del talk show di LA7 "La Gabbia", nonché da diversi articoli sui giornali e su internet, è un rapporto molto stretto e di lunga data della Cancellieri con i Ligresti che, anche prima degli arresti del luglio scorso per falso in bilancio e manipolazione del mercato, erano considerati imprenditori "di sistema" per il rapporto "disinvolto" con la politica e che, proprio per questo, forse non erano tra le persone più consone alla frequentazione da parte di una persona che ricopre prima il ruolo di Ministro dell'Interno e oggi quello di Ministro della Giustizia. 

Sarebbe stato opportuno che ne avesse preso le distanze almeno dall'assunzione di quei ruoli, invece ci sono forti sospetti che si sia spesa in favore degli amici anche come Ministro dell'Interno. 

Sia nel talk show che in questo articolo si parla di un rapidissimo sgombro della Torre Guelfa a Milano, di proprietà dei Ligresti, che era stata occupata da un centro sociale, quando per queste procedure ci vuole in genere molto più tempo. Nel servizio andato in onda stasera è stato registrato il colloquio di un poliziotto con uno degli occupanti in cui si parla di pressioni dall'alto in un momento (maggio 2012) in cui la Cancellieri era Ministro dell'Interno, anche se queste sono solo supposizioni.  

Quel che è ovvio è che un ministro non si mette a disposizione, non dice conta su di me per qualsiasi cosa e non dice che una decisione della magistratura è un'ingiustizia. 

L'ingiustizia sta nella condizione delle carceri che lei in quanto Ministro della Giustizia avrebbe avuto il compito di risolvere. Il suo comportamento ribadisce invece la nota situazione per la quale se hai dei problemi e un ministro amico una soluzione si trova, altrimenti ti arrangi.

venerdì 1 novembre 2013

Halloween e l'antica festa pagana di Samhain

Samhain (la notte che precede l'alba del 1° Novembre) era la festa più importante dell'anno celtico, la festa sacra per eccellenza. Gli antichi Celti che abitavano in Gran Bretagna, Irlanda e Francia festeggiavano l'inizio del nuovo anno il 1° Novembre,  quando finiva la "stagione calda" e iniziava la "stagione delle tenebre e del freddo". La notte tra il 31 ottobre e il 1° Novembre, chiamata la notte di Samhain, era il momento più solenne di tutto l'anno druidico. Era considerata la notte in cui le porte dell'Altromondo potevano aprirsi  permettendo il transito tra i due piani della realtà. A Samhain il tempo umano veniva sospeso dall'intervento del Sacro e questo rendeva possibile  l'intrusione del fantastico nel reale. I Celti credevano infatti che alla vigilia di ogni nuovo anno (31 Ottobre) Samhain, Signore della Morte, Principe delle Tenebre, chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti e temevano che in tale giorno tutte le leggi dello spazio e del tempo fossero sospese, permettendo al mondo degli spiriti di unirsi al mondo dei viventi. Così nei villaggi veniva spento ogni focolare per evitare che gli spiriti maligni venissero a soggiornarvi. I Druidi si incontravano sulla cima di una collina, in una foresta di querce (albero considerato sacro), per accendere il Nuovo Fuoco e offrire sacrifici di sementi e animali. Danzavano e cantavano intorno al focolare fino al mattino, quindi, vestiti con maschere grottesche per spaventare gli spiriti ritornavano al villaggio, facendosi luce con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui interno erano poste le braci del Fuoco Sacro che venivano poi consegnate a ogni famiglia che con esse provvedeva a riaccendere il focolare domestico. Spegnere il fuoco simboleggiava che la metà oscura dell'anno (quindi la morte) stava sopraggiungendo, mentre l'atto di riaccenderlo era simbolo di speranza e di ritorno alla vita.

In Irlanda si diffuse anche la tradizione di lasciare qualcosa da mangiare e del latte da bere fuori dalla porta, in modo che gli spiriti passando potessero rifocillarsi e decidessero di non fare degli scherzi agli abitanti della casa.

Durante il periodo della cristianizzazione dell'Europa, la Chiesa tentò di sradicare i culti pagani, ma non sempre vi riuscì. Nel tentativo di far perdere significato ai riti legati alla festa di Samhain, nell' 835 Papa Gregorio Magno spostò la festa di Ognissanti, dedicata a tutti i santi del Paradiso, dal 13 Maggio al 1° Novembre.

Tuttavia l'influenza del culto di Samhain non fu sradicata e rimase una festa legata al mistero, alla magia, al mondo delle streghe e degli spiriti. Per questo motivo la Chiesa aggiunse, nel X secolo, una nuova festa: il 2 Novembre, Giorno dei Morti, dedicato alla memoria delle anime degli scomparsi che venivano festeggiati dai loro cari, mascherandosi da santi, angeli e diavoli e accendendo dei falò.

In inglese Ognissanti è  All Hallows' Day; la vigilia del giorno di Ognissanti, cioè il 31 ottobre, è All Hallow' Eve. Queste parole si sono trasformate prima in Hallows' Even, e da lì ad Halloween il passo è stato breve.

Tra il 1845 e il 1850, a causa di una malattia che devastò le coltivazioni di patate, circa 700.000 Irlandesi emigrarono in America, portando con sé le loro usanze, tra cui anche quella di festeggiare Halloween.

Negli Stati Uniti Halloween ha perso i suoi significati religiosi e rituali ed è diventata la notte dei travestimenti e del famoso "Trick or Treat" (scherzetto o dolcetto).

L'abitudine di mascherarsi in occasione di Halloween deriva probabilmente dall'usanza celtica di indossare pelli di animali e maschere mostruose durante i riti di Samhain e dell'accensione del Fuoco Sacro, per spaventare gli spiriti e tenerli lontani dai villaggi.

L'usanza dei bambini di bussare alle porte delle case gridando Trick or treat, che significa più o meno dolcetto o scherzetto, deriva dall'usanza dei Celti di lasciare cibo e latte fuori dalla porta, nella speranza di ingraziarsi gli spiriti ed evitare le loro malefatte.

Quando gli Irlandesi arrivarono in America, scoprirono che le zucche erano molto più adatte di cipolle e rape per la costruzione delle tradizionali lanterne di Halloween. Quindi la tradizionale Jack O'Lantern, simbolo incontrastato di questa festa, e che si riconnette a questa leggenda, è ricavata da una zucca solo da poco più di cento anni.


E da una quindicina d'anni la festa è divenuta popolare anche da noi. Ecco quindi che anche qui i negozi si riempiono di costumi e maschere più o meno terrorizzanti e compaiono le zucche intagliate come una testa dal classico ghigno satanico, qualcosa che poco avrebbe a che vedere con le tradizioni mediterranee e che incontra l'ostracismo di alcuni vescovi. Eppure ho un vago ricordo che quando ero bambina, in un'epoca in cui di Halloween non si sapeva niente, c'era l'uso di intagliare le zucche a forma di teschio. Ci si metteva dentro una candela e si lasciavano in luoghi bui, soprattutto sulle scale, con l'intenzione di spaventare chi entrava. Non conosco però le origini di questa tradizione, né se fosse collegata ad un giorno particolare dell'anno. Probabilmente si faceva tra fine agosto e settembre quando maturano le zucche.


giovedì 21 novembre 2013

L'abolizione delle Province tra propaganda e complicazioni

E’ di stamani la notizia che tra gli emendamenti presentati dal governo alla legge di stabilità al vaglio del Parlamento c’è anche quello che prevede di  bloccare le elezioni provinciali (peraltro mi domando quanti andrebbero a votare) con una norma che proroga i poteri dei commissari straordinari, ciò al fine di evitare di rinnovare gli organi di enti che tutti dicono di voler abolire  anche se farlo sembra piuttosto complicato.

Ho comunque l’impressione che l’abolizione delle Province sia una proposta che è stata data in pasto a noi cittadini, giustamente stanchi degli sprechi di certi enti (ma le Regioni, come ci dicono le cronache, hanno sprecato, e malversato di più), a scopo di propaganda, come se da questa riforma dovesse passare il risanamento del paese e dell’economia. La stessa cosa che sta avvenendo per la vendita del patrimonio pubblico (è stato proposto anche di privatizzare le spiagge!) e delle partecipazioni statali in Eni, Enel e quant’altro, e per la privatizzazione dei servizi pubblici. Sempre meno Stato, è la ricetta dei liberisti estremi, perché lo Stato è la causa di tutti i mali, invece privato è bello. Poi forse non è proprio o sempre così, ma certamente ci sono delle  ragioni che portano a sostenere certe tesi, e stanno nel cattivo funzionamento della Pubblica Amministrazione e negli sprechi che poi in larga parte sono una conseguenza della corruzione che è il vero male da sradicare.

Tornando all’abolizione delle Province c’è anche da considerare che probabilmente il risparmio che ne deriverebbe per la spesa pubblica non sarebbe esaltante. In questo studio dell’Istituto Leoni si calcola un risparmio di circa 1,9 miliardi di euro l'anno considerando oltre ai 130 milioni di euro per gli emolumenti dei politici, che non sarebbero poi gran cosa, le spese di funzionamento  e quelle per il controllo sugli enti. Altri parlano di circa 800 milioni. C'è tuttavia da considerare che si aboliscono gli enti ma non le funzioni che sarebbero attribuite ai Comuni  e continuerebbero pertanto ad avere dei costi,  compresi quelli del personale che parimenti sarebbe assegnato ai Comuni (anche se nel tempo ci sarebbero delle riduzioni).  Si tratterebbe certo di una razionalizzazione, ma che non darebbe frutti immediati, anche perché si dovrebbero mettere nel conto le spese per il processo di riorganizzazione. Se a ciò si aggiunge che si vogliono istituire le Città Metropolitane, peraltro previste dalla Costituzione dopo la riforma del 2001, avrei dei dubbi sull’entità del risparmio.

Altro luogo comune che circola è che per abolire le Province basta volerlo  e che se tutti i tentativi falliscono è ovvio che ciò dipende dagli interessi dei politici. E’ evidente che ci sono degli interessi, se non altro quelli di chi perderebbe l’incarico e di chi non potrebbe più candidarsi alle prossime elezioni provinciali, per non dire che ogni ente è un veicolo attraverso il quale passano la corruzione e il clientelismo in cui tanti sguazzano. Tuttavia se si vuole dare una giusta informazione, bisogna anche dire che le Province sono previste dalla Costituzione (art.114) e che pertanto si possono abolire solo con una legge costituzionale. E a questo proposito mi domando se il Parlamento attuale sia in grado di fare una riforma costituzionale. Non mi pare. Francamente non so se il famoso comitato dei saggi abbia prodotto qualcosa, mi pare tuttavia che il livello culturale sia sempre più basso e che le leggi, anche quelle ordinarie, e i decreti legge, che vengono sfornati in quantità industriale, non siano ben fatti e neanche ben scritti. Poi sarebbe necessaria anche una certa capacità di mediare tra le varie istanze, ma questi  si scannano per tutto, tranne che quando si tratta di fare gli interessi loro.

Si sa che l'abolizione delle Province è questione annosa. Se ne comincia a parlare già dopo l’istituzione delle Regioni negli anni ’70 del secolo scorso. Tuttavia dopo poco ci se ne dimentica e alle 95 province esistenti, 91 dalla nascita della Repubblica, e 4 aggiunte nel 1974, se ne aggiungono ben 15 tra il 1992 e 2009, per un totale di 110.

La questione torna di moda negli ultimi anni e in particolare con la crisi economica sembra divenire la panacea di ogni male.

Ci prova il governo Monti con D.L. 6 dicembre 2011, convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, che prevede la devoluzione secondo leggi regionali o statali dei poteri delle Province a Comuni e Regioni entro fine 2012, data poi portata a dicembre 2013, e il mantenimento delle Province come esclusivo organo di coordinamento intercomunale, con i Consigli nominati dai Consigli dei Comuni che ne fanno parte e ridotti a non più di 10 membri, l’abolizione della Giunta, il Presidente della Provincia eletto dal Consiglio Provinciale nel suo seno, come avveniva prima delle riforme del 1993.

Con il successivo decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito  nella legge 7 agosto 2012, n. 135, sempre il governo Monti attribuisce al  Consiglio dei Ministri il riordino delle province sulla base di requisiti minimi, da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia, definisce una procedura che coinvolge nel riordino le Regioni, stabilisce che le funzioni amministrative e conseguentemente risorse e personale vadano ai Comuni,  istituisce le Città metropolitane  e stabilisce infine che le Regioni a Statuto Speciale adeguino agli stessi principi i propri ordinamenti. 

Si ricorderanno poi sui quotidiani le cartine d’Italia con le varie ipotesi di riordino e le polemiche varie. A mio parere pessima legge da cui non so quanti risparmi sarebbero potuti derivare, tenuto conto anche delle spese di riorganizzazione. Una soluzione probabilmente peggiore dell'attuale,  per non parlare di chi avrebbe pescato nel torbido dei localismi che, a torto o a ragione, fanno parte della nostra storia (solo pensare di accorpare Pisa con Livorno!) .

Ma in data 3 luglio 2013 la Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dei provvedimenti di riordino e riduzione del numero delle province italiane, per una questione di metodo; viene infatti contestato l'utilizzo del decreto legge come strumento normativo applicato a una riforma organica e di sistema dell'istituzione provinciale.

Ci riprova il governo Letta con il DDL Delrio. Qui il testo e qui una sintesi video.  Il DDL prevede solo 2 enti a elezione diretta, Regioni e Comuni, mentre le Province, in attesa di essere abolite con legge costituzionale, diventano enti di area vasta con organi costituiti dai Sindaci dell'area che prestano gratuitamente la loro attività. Il progetto prevede anche le Città Metropolitane in numero di 10, corrispondenti alle nostre 10 più grandi città, e le Unioni di Comuni, in sostanza piccoli Comuni che si associano per lo svolgimento di determinate funzioni. Anche gli organi delle Città Metropolitane e delle Unioni di Comuni sono costituite dai Sindaci delle aree interessate che svolgono la loro attività a titolo gratuito.

Questa volta lo stop viene dalla Corte dei Conti che boccia il disegno di legge. Nell’audizione sul provvedimento, che risale a qualche giorno fa, il giudizio della Sezione autonomie della magistratura contabile è netto: basse possibilità di risparmio per gli enti, una volta che il disegno di legge dovesse entrare in vigore a tutti gli effetti, e rischio di confusione amministrativa nell’indefinito periodo di transizione.

Ancora una volta hanno agito gli interessi di chi non vuole l’abolizione delle Province? Certo l’UPI (Unione Province Italiane) è contraria e indica le stesse motivazioni per le quali la Corte dei Conti ha bocciato il progetto.

E' ovvio che nel breve periodo i risparmi sarebbero stati minimi con la compresenza di Province e Città Metropolitane, seppur enti di secondo livello senza spese per gli organi politici, spese queste che comunque risultano meno significative di quelle di funzionamento.

A mio parere però il problema vero non sono tanto le Province in sé, ma le inefficienze e gli sprechi che non riguardano solo gli emolumenti dei politici. Poi ben venga l'eliminazione, con un'efficiente ridistribuzione delle funzioni ai Comuni, ma non si dia ad intendere che con questa riforma, come con le privatizzazioni, si risolvano i problemi del paese.


Quello che deve finire sono gli eccessi di generosità nelle uscite non solo delle Province, ma anche dei Comuni e soprattutto delle Regioni. E se è il caso di abolire le Province, che dire delle Regioni? Era proprio necessario costituirne 20? Quel che è certo è che hanno speso malamente i loro soldi (dalle ambasciate a inutili e risibili iniziative) e addirittura li hanno distratti a fini privati (ci hanno comprato di tutto, dai lecca-lecca, alle scacciacani, ai pranzi di nozze dei politici), ma nessuno parla di abolirle.

E che dire infine degli altri enti inutili sopravvissuti alla riforma del 1970? E se ne creano pure di nuovi che assumono personale per non fare niente. Emblematico il caso dell'AIP (Autorità Idrica Pugliese) che purtroppo non è il solo.

giovedì 14 novembre 2013

Diritti acquisiti e privilegi acquisiti

Stavo facendo altre cose mentre ascoltavo distrattamente il talk show "La Gabbia", quindi non so se ho capito bene, ma mi pare che sia partiti parlando dei molteplici incarichi di Antonio Mastrapasqua, Presidente INPS, per arrivare a dire che bisogna cominciare con il ridurre le pensioni da 3.000 euro (lorde). 

Mi pare che ci sia molta confusione in giro e si sa che la confusione serve sempre a qualcuno. Credo che si stia confondendo tra diritti acquisiti e privilegi acquisiti e che si stia cercando di inserire tra i ricchi persone che tali non sono, anche se certamente  si trovano in una posizione migliore rispetto ai precari e ai disoccupati. Come si fa a considerare privilegi stipendi o pensioni da 3.000 euro lorde, che quindi al netto sono poco più di 2.000 euro? Eppure diversi politici ma anche economisti e opinionisti vari, fanno discorsi di questo genere. I politici peraltro dovrebbero impegnarsi a risolvere i problemi cominciando con il fare i tagli che dovrebbero essere fatti, in primis ai loro privilegi e a quelli di manager come Mastrapasqua (che avrà sicuramente il dono dell'ubiquità per sedersi su tutte le poltrone che ricopre!), se non altro per motivi di giustizia sociale. Politici che hanno sguazzato per anni in questo sistema malato ora stanno facendo della pura demagogia cercando di aizzare coloro che stanno veramente male contro la classe media per deviarli da loro stessi e dai loro amici che vivono di veri privilegi cui corrisponde scarso e a volte nullo impegno personale. Basti pensare agli alti manager che hanno portato alla rovina gli enti che dovevano gestire e hanno per questo ottenuto buone uscite milionarie e pensioni vergognose cui si aggiungono altre prebende e vitalizi vari.

Poiché non si ha alcuna intenzione non solo di eliminare i privilegi, che si definiscono diritti acquisiti nel momento stesso in cui si toccano i veri diritti acquisiti (i diritti di coloro che in base alla legge vigente prima della riforma Fornero avrebbero potuto andare in pensione entro un anno o poco più non erano acquisiti, altrimenti non ci sarebbero stati gli esodati, mentre i privilegi di certi alti manager dello Stato sono, guarda caso, acquisiti e non si possono toccare), ma neanche di razionalizzare le spese della Pubblica Amministrazione, né di rendere quest’ultima più efficiente, né di eliminare gli enti inutili rimasti in piedi nonostante dovessero essere chiusi già negli anni’70 del secolo scorso, allora è ovvio che bisogna andare a prendere i soldi dove è più facile trovarli. Inoltre additare al pubblico ludibrio un funzionario di banca o un dirigente di un qualche Ente rende anche in termini di voti. Si sa che l’odio di classe si esplica maggiormente verso il vicino di casa laureato che svolge mansioni dirigenziali e prende uno stipendio certamente maggiore di quello medio, ma non stratosferico, o verso il pensionato da 3.000 euro lordi, che comunque aveva un titolo di studio e ha svolto il suo lavoro per almeno 40 anni (le pensioni baby che erano, quelle si, anche se minime, una vergogna sono state abolite al tempo del governo Dini e un po’ di tempo da allora  è passato), che verso il “grand commis” dello Stato che non si avrà mai occasione di incontrare e frequentare. Chi ha il potere è furbo, oltre che disonesto, e conta sull’ignoranza e il livore dei tanti a cui continua a darla a intendere.

Ci stiamo forse dimenticando anche di due principi sanciti dalla nostra Costituzione.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società (art.4, comma 2)
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa(art.36, comma 1).

Da questi due articoli si ricava che tutti hanno il dovere di svolgere un'attività per contribuire al progresso della società cui corrisponde il diritto a una retribuzione dignitosa, ma anche che questa retribuzione deve essere proporzionale all'impegno e quindi anche che chi più si impegna merita di più, entro certi limiti ovviamente. Un rapporto di 1 a 10 è giusto, di 1 a 400 è vergognoso.   

Si sta anche dicendo che è ingiusto il calcolo della pensione con il sistema retributivo (tutti quelli che ci sono già andati o che sono in procinto di andarci), ma a mio parere l’ingiustizia vera sta nel fatto che ci siano pensioni da fame. Non è che da anziani si spende meno che da giovani (le spese per i bisogni primari, ma anche per il vestiario, la cultura, i viaggi e il c.d. superfluo che comunque rende piacevole la vita sono le stesse, e quando si diventa davvero vecchi, se ci si arriva, si devono considerare anche le maggiori spese sanitarie, tanto oltre un certo reddito si paga quasi tutto, o quelle per un aiuto in casa).

Quello che si dovrebbe fare è porre veramente un limite ai privilegi e tagliare tutto ciò che è inutile. Sono ansiosa di vedere cosa farà il nuovo Commissario per la razionalizzazione della spesa, Carlo Cottarelli (e mi domando se di un Commissario c'era necessità, tenuto anche conto degli scarsi risultati del precedente Enrico Bondi, nominato da Monti, e mi sfugge se ce ne sono stati altri), al quale intanto è stato fissato un corrispettivo di € 300.000, va bene lorde, ridotte a 260.000 ( più di 4 volte quanto prende un c.d. ricco secondo i parametri di certi nostri politici che hanno scoperto le ingiustizie), perché il suddetto, bontà sua, ha rinunciato a qualcosa (siamo tutti commossi!). Cottarelli ha già presentato il proprio programma di lavoro al Comitato interministeriale per la Revisione della spesa  che si riunirà nei prossimi giorni per esaminarlo, bla, bla, bla…

Poi ci sarebbe da parlare delle Province (è di pochi giorni fa la bocciatura della Corte dei Conti del disegno di legge Delrio) sulle quali mi riservo di fare un post a parte, ma intanto mi domando anche se siano necessarie 20 Regioni, per non parlare di come hanno speso i nostri soldi in questi anni. Quasi tutte sono state toccate da scandali con interi consigli regionali indagati e diversi consiglieri e assessori arrestati. Sembra che soprattutto il peculato (utilizzo di denaro pubblico per spese private, dai pranzi di nozze alle scacciacani) fosse la norma.

Intanto in Parlamento si sta litigando sul D.D.L di stabilità sul quale sono stati presentati vagoni di emendamenti. C’è stata pure la proposta di vendere le spiagge avanzata sia dal PDL, ma anche da un gruppo di parlamentari PD, anche se poi è stata ritirata. Si, credo che la strada sia proprio quella di vendere il vendibile, magari anche il Colosseo o il Ponte Vecchio a Firenze o il Palazzo Ducale a Venezia, di cedere anche tutte le nostre industrie strategiche, di privatizzare tutti i servizi pubblici, di mettere altre tasse (dopo la Tares, che doveva essere sostituita dalla Trise, è saltata fuori la Tuc!), e di far diventare povera la classe media (e poi vediamo chi entra ancora in un negozio a comprare qualcosa che non sia strettamente necessario alla sopravvivenza). L’importante è che i soliti continuino a fare la vita di prima, rubando e sprecando, anche a costo di vendere a saldo l’intero paese ai privati, possibilmente stranieri. Del resto chiamare lo straniero è stato il nostro sport nazionale  dalla caduta dell’impero romano in poi.



giovedì 7 novembre 2013

Le frequentazioni del Ministro della Giustizia

Il Ministro della giustizia può anche interessarsi della sorte di un carcerato che sta male, qualunque sia la sua condizione economica. Si dice del resto che la Cancellieri sia intervenuta anche per altri.

Tuttavia compito del Ministro sarebbe in primo luogo di trovare le soluzioni al problema delle carceri e della giustizia e non di interessarsi dei singoli casi specialmente quando riguardano gli amici suoi. 

Ma quello che è più grave è l'evidente conflitto di interessi. 

Ormai è storia nota che il figlio del Ministro abbia lavorato per breve tempo per FonSai ottenendone una buonuscita milionaria. 

Ma quello che viene fuori, anche dai servizi andati in onda nella puntata di stasera del talk show di LA7 "La Gabbia", nonché da diversi articoli sui giornali e su internet, è un rapporto molto stretto e di lunga data della Cancellieri con i Ligresti che, anche prima degli arresti del luglio scorso per falso in bilancio e manipolazione del mercato, erano considerati imprenditori "di sistema" per il rapporto "disinvolto" con la politica e che, proprio per questo, forse non erano tra le persone più consone alla frequentazione da parte di una persona che ricopre prima il ruolo di Ministro dell'Interno e oggi quello di Ministro della Giustizia. 

Sarebbe stato opportuno che ne avesse preso le distanze almeno dall'assunzione di quei ruoli, invece ci sono forti sospetti che si sia spesa in favore degli amici anche come Ministro dell'Interno. 

Sia nel talk show che in questo articolo si parla di un rapidissimo sgombro della Torre Guelfa a Milano, di proprietà dei Ligresti, che era stata occupata da un centro sociale, quando per queste procedure ci vuole in genere molto più tempo. Nel servizio andato in onda stasera è stato registrato il colloquio di un poliziotto con uno degli occupanti in cui si parla di pressioni dall'alto in un momento (maggio 2012) in cui la Cancellieri era Ministro dell'Interno, anche se queste sono solo supposizioni.  

Quel che è ovvio è che un ministro non si mette a disposizione, non dice conta su di me per qualsiasi cosa e non dice che una decisione della magistratura è un'ingiustizia. 

L'ingiustizia sta nella condizione delle carceri che lei in quanto Ministro della Giustizia avrebbe avuto il compito di risolvere. Il suo comportamento ribadisce invece la nota situazione per la quale se hai dei problemi e un ministro amico una soluzione si trova, altrimenti ti arrangi.

venerdì 1 novembre 2013

Halloween e l'antica festa pagana di Samhain

Samhain (la notte che precede l'alba del 1° Novembre) era la festa più importante dell'anno celtico, la festa sacra per eccellenza. Gli antichi Celti che abitavano in Gran Bretagna, Irlanda e Francia festeggiavano l'inizio del nuovo anno il 1° Novembre,  quando finiva la "stagione calda" e iniziava la "stagione delle tenebre e del freddo". La notte tra il 31 ottobre e il 1° Novembre, chiamata la notte di Samhain, era il momento più solenne di tutto l'anno druidico. Era considerata la notte in cui le porte dell'Altromondo potevano aprirsi  permettendo il transito tra i due piani della realtà. A Samhain il tempo umano veniva sospeso dall'intervento del Sacro e questo rendeva possibile  l'intrusione del fantastico nel reale. I Celti credevano infatti che alla vigilia di ogni nuovo anno (31 Ottobre) Samhain, Signore della Morte, Principe delle Tenebre, chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti e temevano che in tale giorno tutte le leggi dello spazio e del tempo fossero sospese, permettendo al mondo degli spiriti di unirsi al mondo dei viventi. Così nei villaggi veniva spento ogni focolare per evitare che gli spiriti maligni venissero a soggiornarvi. I Druidi si incontravano sulla cima di una collina, in una foresta di querce (albero considerato sacro), per accendere il Nuovo Fuoco e offrire sacrifici di sementi e animali. Danzavano e cantavano intorno al focolare fino al mattino, quindi, vestiti con maschere grottesche per spaventare gli spiriti ritornavano al villaggio, facendosi luce con lanterne costituite da cipolle intagliate al cui interno erano poste le braci del Fuoco Sacro che venivano poi consegnate a ogni famiglia che con esse provvedeva a riaccendere il focolare domestico. Spegnere il fuoco simboleggiava che la metà oscura dell'anno (quindi la morte) stava sopraggiungendo, mentre l'atto di riaccenderlo era simbolo di speranza e di ritorno alla vita.

In Irlanda si diffuse anche la tradizione di lasciare qualcosa da mangiare e del latte da bere fuori dalla porta, in modo che gli spiriti passando potessero rifocillarsi e decidessero di non fare degli scherzi agli abitanti della casa.

Durante il periodo della cristianizzazione dell'Europa, la Chiesa tentò di sradicare i culti pagani, ma non sempre vi riuscì. Nel tentativo di far perdere significato ai riti legati alla festa di Samhain, nell' 835 Papa Gregorio Magno spostò la festa di Ognissanti, dedicata a tutti i santi del Paradiso, dal 13 Maggio al 1° Novembre.

Tuttavia l'influenza del culto di Samhain non fu sradicata e rimase una festa legata al mistero, alla magia, al mondo delle streghe e degli spiriti. Per questo motivo la Chiesa aggiunse, nel X secolo, una nuova festa: il 2 Novembre, Giorno dei Morti, dedicato alla memoria delle anime degli scomparsi che venivano festeggiati dai loro cari, mascherandosi da santi, angeli e diavoli e accendendo dei falò.

In inglese Ognissanti è  All Hallows' Day; la vigilia del giorno di Ognissanti, cioè il 31 ottobre, è All Hallow' Eve. Queste parole si sono trasformate prima in Hallows' Even, e da lì ad Halloween il passo è stato breve.

Tra il 1845 e il 1850, a causa di una malattia che devastò le coltivazioni di patate, circa 700.000 Irlandesi emigrarono in America, portando con sé le loro usanze, tra cui anche quella di festeggiare Halloween.

Negli Stati Uniti Halloween ha perso i suoi significati religiosi e rituali ed è diventata la notte dei travestimenti e del famoso "Trick or Treat" (scherzetto o dolcetto).

L'abitudine di mascherarsi in occasione di Halloween deriva probabilmente dall'usanza celtica di indossare pelli di animali e maschere mostruose durante i riti di Samhain e dell'accensione del Fuoco Sacro, per spaventare gli spiriti e tenerli lontani dai villaggi.

L'usanza dei bambini di bussare alle porte delle case gridando Trick or treat, che significa più o meno dolcetto o scherzetto, deriva dall'usanza dei Celti di lasciare cibo e latte fuori dalla porta, nella speranza di ingraziarsi gli spiriti ed evitare le loro malefatte.

Quando gli Irlandesi arrivarono in America, scoprirono che le zucche erano molto più adatte di cipolle e rape per la costruzione delle tradizionali lanterne di Halloween. Quindi la tradizionale Jack O'Lantern, simbolo incontrastato di questa festa, e che si riconnette a questa leggenda, è ricavata da una zucca solo da poco più di cento anni.


E da una quindicina d'anni la festa è divenuta popolare anche da noi. Ecco quindi che anche qui i negozi si riempiono di costumi e maschere più o meno terrorizzanti e compaiono le zucche intagliate come una testa dal classico ghigno satanico, qualcosa che poco avrebbe a che vedere con le tradizioni mediterranee e che incontra l'ostracismo di alcuni vescovi. Eppure ho un vago ricordo che quando ero bambina, in un'epoca in cui di Halloween non si sapeva niente, c'era l'uso di intagliare le zucche a forma di teschio. Ci si metteva dentro una candela e si lasciavano in luoghi bui, soprattutto sulle scale, con l'intenzione di spaventare chi entrava. Non conosco però le origini di questa tradizione, né se fosse collegata ad un giorno particolare dell'anno. Probabilmente si faceva tra fine agosto e settembre quando maturano le zucche.