domenica 27 aprile 2003

Opinioni a confronto

Quando ero giovane mi sono occupata di politica (attivamente) per qualche anno, esattamente nel periodo che va dal liceo all'università. Poi me ne sono nauseata, sia per aver compreso che molti partecipavano per puro interesse personale, sia per divergenze di ordine politico, sia per motivi di ordine psicologico, e cioè che l'appartenenza non faceva per me.

Per tanti anni, pur continuando a tenermi informata, almeno sugli avvenimenti di politica estera, perché la politica interna italiana proprio la rifiutavo, mi sono occupata di dottrine esoteriche, medicina alternativa, misteri archeologici, et similia. Nel settembre dello scorso anno ho anche realizzato un sito dal titolo Avalon e dintorni,  dedicato a questi argomenti, lasciando tuttavia uno spazio anche all'attualità  e all'ambiente.

Quando verso la fine dell'anno sono venuta a sapere del fenomeno "blog" ho creato questo, come ampliamento del sito principale, ma con qualche riguardo maggiore all'attualità  e alla cultura.

Poi c'è stata la guerra in Iraq e allora ho riscoperto un desiderio di partecipazione che non avevo più sentito da anni e il bisogno di dare espressione alle mie opinioni, pur nella consapevolezza che non convincerà nessuno. Infatti sono arrivata alla conclusione che non c'è possibilità  di intendersi tra chi ha opinioni diverse, non solo su questa guerra, quanto, più in generale;  sull'analisi dell'attuale politica degli Stati Uniti. Basta assistere alle "bagarre" che caratterizzano i tanti "talk show" che riempiono i palinsesti da qualche mese per rendersi conto che si tratta di dialoghi tra sordi.

Ieri una persona mi ha detto che quando si parte dal concetto che la politica degli USA è sbagliata, tutto quello che si può dire nasce con un vizio di fondo e quindi non si dovrebbe neanche parlare (alla faccia della democrazia !).

Anche questo desiderio di svalutare e negativizzare la Resistenza è una cosa indegna.

Per quanto poi riguarda i fischi a Pezzotta durante una manifestazione per il 25 aprile da parte di alcune frange, che non chiamerei neanche estremisti, ma semplicemente idioti (per il regalo fornito a chi considera la Resistenza una faccenda interna a una sinistra intollerante e antidemocratica per definizione), non ci sono dubbi che vada stigmatizzata. Peraltro ho sempre pensato che la battaglia sull'articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori sia un grosso errore, comunque una battaglia di retroguardia destinata alla sconfitta (senza contare quanto costa questo referendum inutile insieme a quell'altro sulla servitù di elettrodotto).

Mi rifiuto tuttavia di accettare l'idea che per esprimere un'opinione sulla politica internazionale o sulla Resistenza che non sia in sintonia che la destra filoamericana e anche un po' fascista (ma ve li ricordate i saluti romani di Fini?) si debba sempre premettere di non essere a favore dei dittatori né di certa sinistra populista e anacronistica (ma Chirac è forse comunista?).

venerdì 25 aprile 2003

25 APRILE


Partecipiamo alla seconda guerra mondiale quando i tedeschi sembrano vincere su tutti i fronti e Mussolini che, benché alleato di Hitler, aspetta gli eventi, decide che è giunto il momento di intervenire, perché ha bisogno di un milione di morti per sedere al tavolo della pace (per fortuna, altrimenti ce lo saremmo tenuto ben più di un ventennio e con lui anche il re che lo aveva chiamato al governo rifiutandosi di firmare uno stato d’assedio che le circostanze rendevano più che legittimo). Poi le cose vanno diversamente e quando tutto è perduto il re tratta l’armistizio e scappa nel Sud con tutto il governo, l’esercito si squaglia ingloriosamente con poche valorose eccezioni. Una figura ignominiosa. L’unico riscatto viene dalla guerra partigiana, in cui ci sono state anche zone d’ombra, azioni e personaggi discutibili, fascisti saltati dalla parte opposta all’ultimo momento, ma anche tante persone, di diversa fede politica, perché, quantunque i comunisti fossero i più organizzati, ci furono anche liberali, monarchici, cattolici, che combatterono e morirono per la libertà e la dignità del proprio paese. E ora qualcuno, che è anche il Presidente del Consiglio in carica, ma purtroppo non è solo lui a pensarla così, viene a dire che la colpa di tante rappresaglie nei confronti dei civili fu dei partigiani e non dei tedeschi. Posso anche valutare l’idea che alcune decisioni siano state discutibili, ma di fronte all’occupazione da parte di un esercito straniero qualsiasi azione rivolta contro di esso, con tutte le conseguenze che può avere, è guerra e come tale va considerata e non ha niente a che vedere con l’azione di chi mette una bomba in un luogo pubblico frequentato da civili, che si chiama terrorismo. Oppure con assoluta mancanza di dignità nazionale si sarebbe dovuto aspettare che facessero tutto gli americani?
Io che sono nata alcuni anni dopo la fine di quel conflitto ritengo dover rendere onore, anche dopo sessanta anni dagli eventi, a chi ha rischiato o ha perso la propria vita anche per permettere a chi sarebbe venuto dopo di non vergognarsi troppo della storia passata del proprio paese. 


giovedì 24 aprile 2003

GUAI A CHI SI OPPONE

In un’intervista riportata sull’ultimo numero de “L’espresso”, Lester Thurow, professore di economia al Massachusetts Institute of Technology di Boston, ex-consigliere dei Presidenti Lindon B.Johnson e Jimmy Carter, autore di numerosi best-seller,  ha detto:” Se fossi nei panni della Francia o della Germania mi preoccuperei seriamente di quello che i membri dell’amministrazione  Bush escogiteranno per pareggiare il conto”.
Ieri Colin Powell, definito la colomba del governo americano, forse per timore di essere considerato troppo moderato, in un intervista durante una trasmissione televisiva ha detto che la Francia dovrà subire le conseguenze per la sua opposizione agli Stati Uniti nella crisi irachena, anche se non ha precisato quali potrebbero essere queste conseguenze. In tal modo anche il segretario di stato si è schierato con il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld e con gli altri super- falchi dell'amministrazione Bush che invocano una «punizione» esemplare della Francia per la tenace resistenza di Chirac alla guerra. Casa Bianca, Pentagono e Dipartimento di Stato si riconoscono pertanto, completamente e senza alcun distinguo, nella strategia suggerita dalla consigliera per la sicurezza nazionale Condoleeza Rice nei confronti dei tre paesi leader del campo della pace che si sintetizza in poche parole: “Punish France, ignore Germany, forgive Russia”(Punisci la Francia, ignora la Germania, perdona la Russia). Per Condoleeza Rice la Francia va senz'altro sanzionata perché da più di quattro decenni - dai tempi cioè del generale Charles de Gaulle - si adopera per ricompattare l'Europa in funzione anti-americana e il rifiuto della guerra in Iraq è soltanto l'ultimo, clamoroso episodio in tale direzione.
A meno di 24 ore dalle parole di Powell, è arrivata, secca, la risposta di Parigi: la Francia difenderà il diritto internazionale «in ogni circostanza». Il ministro degli Esteri francese, Dominique de Villepin, in un comunicato diffuso oggi dal suo ministero durante la visita ad Ankara, ha detto che nel corso della crisi la Francia ha cercato di difendere il diritto internazionale: “Durante l'intera crisi irachena, la Francia ha agito con una larga maggioranza della comunità internazionale e secondo le sue convinzioni e principi per difendere il diritto internazionale”, ha detto il ministro, “Continuerà a farlo in ogni circostanza”.
Ma di fronte all’arroganza senza limiti del nuovo impero è sempre più necessario che l’Europa assuma una voce unica e ferma. Purtroppo ritengo difficile che ciò accada.
Non è che qualche giorno ci troviamo i carri armati in casa, come accadeva nei paesi dell’Est ai tempi dell’URSS, intendo in qualche paese europeo, anche se certamente non in Italia, i cui  governanti anche di centro sinistra hanno sempre fatto a gara per essere quanto più filoamericani possibile, tanto che mi domando cosa sarebbe accaduto in questo frangente se al governo invece di Berlusconi ci fosse stato Rutelli?

I flagellanti di Kerbala


Dopo aver visto le immagini allucinanti del pellegrinaggio degli Sciiti a Kerbala vorrei chiedere a coloro che in questi giorni hanno inneggiato alla liberazione dell’Iraq se credano possibile che le moltitudini di esaltati che si flagellano e si trascinano in ginocchio, che le donne urlanti coperte dalla jhiab (quelle almeno poche, ma forse per il solo fatto che gli uomini le tengono chiuse in casa), in tutto sembra un milione di persone, siano in grado, non dico di dar vita ad un governo democratico, ma anche solo di intendere vagamente il concetto di democrazia.
Non si tratta di disconoscere i misfatti di Saddam Hussein (questo va sempre detto per i benpensanti che fanno finta di non capire), ma di riconoscere una realtà di fatto che non poteva certo essere ignota ai consiglieri di Bush, una realtà nella quale può essere instaurato un governo fantoccio sostenuto dalle forze armate americane, ma non certo una democrazia.
La gente che abbiamo visto ieri a Kerbala per arrivare a quel concetto ci metterà ancora almeno un secolo, se basta.
Per ora sono contenti di essere stati liberati di Saddam, ma solo per instaurare un’altra dittatura, quella islamica, come in Iran. E lo dicono chiaramente, come dicono altrettanto chiaramente agli americani di andarsene, per ora solo a parole, ma non credo sarà così per molto.
Del resto al di là degli Imam, e a prescindere dai Curdi nel Nord del paese, che sono un’altra nazione, anche se difficilmente sarà loro consentita l’indipendenza, chi altro è comparso a riempire il vuoto di potere? Solo qualche oscuro personaggio che aveva lasciato l’Iraq da decenni, riportato nel paese dagli americani, come quel Chalabi, leader di uno dei maggiori raggrupamenti  dell'opposizione a Saddam, il Congresso Nazionale Iracheno, tuttavia già ritenuto poco credibile dall'amministrazione Clinton, anche perché, rifugiatosi in Giordania, era stato accusato di malversazione dal governo di quel paese ed era dovuto fuggire anche di lì. Saranno personaggi come questo i nuovi governanti dell’Iraq?
Credo che ci siano solo due soluzioni: o gli Americani rimangono nel paese a lungo, instaurano un protettorato, magari con una finzione di governo civile iracheno subordinato, e governano con leggi non certo democratiche, perché un esercito di occupazione inviso al popolo non può fare altrimenti, anche perché sarà continuamente soggetto ad attentati, oppure, nel caso in cui fossero costretti ad andarsene, perché l’impresa sarà divenuta troppo ardua o magari perché una nuova amministrazione sarà entrata alla Casa Bianca, per il bene di quel paese e anche del resto del mondo, lasceranno un Iraq – Iran unito nel nome di Allah.
E quando sentiremo che governano con la Sharia e che lapidano gli adulteri (soprattutto donne) in piazza e che gli oppositori vengono condannati a morte o scompaiono nelle carceri del regime islamico, cosa sarà cambiato? 

sabato 19 aprile 2003

Buona Pasqua a tutti!





Come molte delle antiche festività  pagane, anche l'Equinozio di Primavera fu cristianizzato: la prima domenica dopo la prima luna piena che segue l'Equinozio (data fissata nel IV°secolo D.C.), i cristiani celebrano la Pasqua commemorando la resurrezione di Cristo avvenuta proprio durante la festività ebraica così¬ denominata che ricorda l'esodo del popolo di Israele dall'Egitto.
Ma nei simboli e nelle tradizioni collegate a questa festa sono evidenti i ricordi di altre e ben più antiche festività  poi cancellate dal Cristianesimo con una vera e propria opera di sincretismo.
Peraltro il termine "Easter" con cui in inglese si designa la Pasqua ci riporta ad una antica divinità pagana dei popoli nordici, la dea Eostre, assimilabile a Venere, Afrodite e Ishtar, la quale presiedeva ad antichi culti legati al sopraggiungere della primavera e alla fertilità dei campi.

venerdì 18 aprile 2003

GATTI





Ho appena scoperto un blog intitolato "Gattolando" dove, come in molti altri, si parla un po' di tutto: notizie, informazioni, attualità, letteratura, curiosità  varie, ma con una particolare attenzione ai gatti, questi animali meravigliosi, indipendenti, avventurosi, eleganti, flessuosi che non si può non amare.
Ecco come lo descrive lo scrittore americano H.P.Lovecraft (1890-1937)
"Altezzoso, invitto, misterioso, voluttuoso, viziato, impersonale, eterno compagno dell'eccellenza e dell'arte, modello di perfetta bellezza e fratello della poesia, cortese, grave, competente, aristocratico gatto."

APPELLO PER AMINA LAWAL




Recentemente, diversi Stati della Nigeria settentrionale hanno introdotto codici penali basati sulla Shari'ah (legge islamica). Essi prevedono, per i solo cittadini di fede musulmana, la pena di morte per omicidio e per abuso sessuale di minori oltre che per alcuni atti sessuali proibiti, come i rapporti omosessuali e l'adulterio (pena obbligatoria).
Lo scorso agosto Amina Lawal, è stata condannata alla lapidazione per adulterio. Il presidente nigeriano, a seguito delle proteste mondiali, ha ritenuto opportuno comunicare che sia lei che una coppia di adulteri avrebbero potranno appellarsi contro la sentenza (bontà  loro!).
Ma nonostante le forti proteste internazionali, Amina Lawal, e altre tre persone, Ahmadu Ibrahim, Fatima Usman e Mallam Ado Baranda, sono ancora a rischio di pena di morte, mentre altre pene crudeli, inumane e degradanti, come la fustigazione o l'amputazione, vengono regolarmente inflitte dalle corti della sharia nella Nigeria settentrionale.

L'udienza di appello di Amina programmata per il 25 Marzo 2003 dinanzi alla Corte Superiore di Appello della sharia di Katsina non ha avuto luogo in quanto erano presenti in aula solo 3 dei 5 giudici necessari per raggiungere il numero legale. 

La Corte ha così fissato una nuova udienza per il 3 Giugno prossimo.

Secondo le informazioni pervenute ad Amnesty International, Ahmadu Ibrahim, Fatima Usman e Mallam Ado Baranda non avrebbero avuto alcun rappresentante legale durante i loro processi.
Amnesty International chiede al governo nigeriano di impedire le esecuzioni di Amina Lawal, Ahmandu Ibrahim, Fatima Usman e Mallam Ado Baranda.
Già in passato Safiya, un'altra donna nigeriana condannata per adulterio, è stata salvata a causa delle proteste giunte da tutto il mondo.
Viene da domandarsi tuttavia quanti saranno i casi simili che non conosciamo e che sfuggono pertanto all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale?




giovedì 17 aprile 2003

Un piano per la dominazione globale


La seconda guerra del Golfo non si è fatta per il petrolio, o meglio non solo: quello che è veramente in gioco è l’assetto geopolitico  mondiale.
Con la fine del contrasto Est - Ovest, con la vittoria degli Stati Uniti nella guerra fredda, si è creato un vuoto di potere che deve
in qualche modo essere colmato, altrimenti avremo l’impero americano.
Ma, come ha dimostrato la crisi irachena, le Nazioni Unite sono in crisi e l’Europa non è ancora riuscita a darsi una politica estera
 e della difesa comuni.
E se l’Europa non riuscirà ad assumere in tempi brevi un ruolo responsabile nella politica mondiale e a costituire un proprio
esercito, gli Stati Uniti si sentiranno legittimati a continuare imperterriti nella direzione intrapresa, che è quella dell’impero,
cioè di un ordine mondiale stabile in cui la superiorità americana non sarà mai messa in discussione, e in cui ciò che va bene
per gli Stati Uniti dovrà andar bene per tutto il mondo.
A sostegno di queste considerazioni geostrategiche c’è la convinzione messianica che Dio abbia affidato
 agli Stati Uniti il compito di “essere un faro per le nazioni” e di diffondere il verbo democratico, se necessario
 con la forza. Questi sono i concetti della nuova dottrina di politica estera degli Stati Uniti che si trova esposta
 nel documento dal titolo” The National Security Strategy of the United States of America” che porta la data
del 20 settembre 2002 che, prima ancora che un documento di politica estera, è una riflessione sul potere
 nel nuovo millennio e sul posto degli USA nel mondo.
Presentato dal Presidente Bush il 20 settembre al Congresso, il documento non lascia dubbi sull’entità di una svolta radicale
nell'approccio al mondo da parte degli USA.  Vi si possono infatti leggere frasi come questa: "L'umanità ha nelle sue mani
l'occasione di assicurare il trionfo della libertà sui suoi nemici. Gli Stati Uniti sono fieri della responsabilità che incombe loro
di condurre questa importante missione."

Si tratterebbe del culmine di un piano portato avanti da coloro che credono che gli Stati Uniti debbano cogliere l'opportunità
 per la dominazione globale.
Tra gli architetti di questo Impero Americano c'è un gruppo di personaggi che detengono posizioni di primo piano nel governo
 Bush. Costoro immaginano la creazione e l'imposizione di quella che definiscono una "Pax Americana" mondiale.

Questi personaggi nel 1997 costituirono un’associazione “Project for the New American Century”, cui ho fatto cenno in
precedenti “post” , concetti che quindi sono nati alcuni anni prima degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001.

E in un post dello scorso 1 aprile sul blog “Brodo primordiale” dal titolo "Gli USA in mano a una setta di fanatici"
 si sostiene che il National Security Strategy of the United States of America varato da Bush il 20 settembre 2002 sia la
copia esatta del piano, Rebuilding America's Defenses, scritto dal succitato "Project for the New American Century”
un anno prima.

L’esercito europeo versione Berlusconi


Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una intervista alla Rai nella tarda serata di ieri, 15.4.2003, tornando a parlare – prima dell’inizio del vertice UE di Atene  -  dello stato dei rapporti all’interno dell’Unione dopo la crisi irachena ha detto: “L’Europa deve contare di più. Non si può contare di più se non si trova il modo di stare insieme, se non si trova il modo di comporre un esercito e dotarsi di armi tecnologiche, se non si trova il modo di avere un esercito capace di comportarsi con amicizia e lealtà con il potenziale militare americano”.

A prescindere da qualsiasi commento sull’uso maldestro della lingua italiana, concordo con la prima parte della dichiarazione, non sull’ultima ove si evidenzia un concetto di esercito europeo come mero strumento di quello degli Stati Uniti.

martedì 15 aprile 2003

GUERRA INFINITA

Forse le persone semplici non capiscono come si possa essere contro la politica degli USA: in Iraq è caduta una dittatura e, a prescindere dal caos e dai saccheggi che non hanno risparmiato ospedali, musei e biblioteche, dalla situazione umanitaria disastrosa, tutto andrà per il meglio da ora in poi. Anche l’Iraq avrà la democrazia e magari anche le leggi antifumo. Inquinare invece si potrà continuare a farlo, tanto gli Stati Uniti non firmeranno mai il protocollo di Tokio. Del resto le politiche ambientali sono materia per gli europei che sono sotto il segno di Venere, mentre gli Americani, che sono sotto il segno di Marte, devono pensare a fare le cose serie, cioè la guerra (Robert Kagan “Of Paradise and Power: America Vs.Europe in the New World Order).  
Poi ci sono le persone in malafede, ma queste ci sono anche tra i pacifisti senza se e senza ma.
Ad ogni modo a qualcuno dei più filoamericani consiglierei di andarsene negli Stati Uniti e di chiedere anche la cittadinanza, magari rinunciando anche a quella italiana, soprattutto a Ferrara che l’altra sera ha detto che l’Italia non conta niente, e magari è vero, ma quello che mi fa rabbia è che lui se ne compiace.
E se anche fosse vero, come i suddetti sostengono che gli USA ci hanno salvato dal finire sotto l’egemonia dell’URSS (anche se nessuno sa che sviluppo potrebbe avere avuto l’URSS se non ci fosse stata la pressione continua degli USA e la necessità di gareggiare con essa per la supremazia procedendo sulla strada dell’industrializzazione a marce forzate con tutto ciò che ha comportato, né cosa sarebbe accaduto se i tentativi di riforma del sistema, iniziati da Andropov e proseguiti da Gorbaciov, avessero avuto successo, ma probabilmente qualche guerra e qualche migliaio di morti in meno)  non è nell’interesse dei paesi europei restare allineati con chi, avendoli salvati, prima dalla dittatura nazista e poi da quella comunista, non certo disinteressatamente, pretende di trattarli da vassalli.
E comunque nel presente il paese più pericoloso per la pace mondiale sono proprio gli USA, non nel senso del popolo americano, ovviamente, ma nel senso della politica arrogante di Bush e del suo “entourage”. Del resto cosa ci si potrebbe aspettare da un incolto ex-alcolista diventato fondamentalista religioso che inizia la giornata con la lettura (ammesso che sappia leggere) della  Bibbia, dove il dio degli eserciti guida il popolo di Israele a massacrare i vicini?
Ora è la volta della Siria che avrebbe le armi chimiche (a proposito quelle dell’Iraq non sono state ancora trovate) e il cui leader non è certo un democratico, come tutti i leader arabi. Ma Rumsfeld non si può permettere di definire nessuno, nemmeno Assad,  un ragazzo che deve decidere da che parte sta, come ha fatto oggi.
Ma l'imperatore è forse pazzo?
E l’Iran? Certamente non c’è democrazia in Iran dove si applica la Sharia (ma del resto non c’era ombra di democrazia nemmeno quando non si applicava la Sharia, perché c’era lo Sha, alleato degli USA, le cui nefandezze determinarono la sciagurata presa del potere di Khomeini).
Certamente ormai che le truppe anglo-americane sono sul terreno, perché non dare una bella botta a tutti quanti e non pensarci più. Dopo di che la Pax Americana regnerà sul mondo intero?
Intendiamoci, a me gli arabi, soprattutto se musulmani fondamentalisti non piacciono affatto e qualche tempo fa ho anche pensato che, magari era colpa nostra (nel senso di noi occidentali tutti), ma che ormai eravamo allo scontro di civiltà e non potevano che difendere i nostri valori. 
Ma l’arroganza di questa amministrazione americana mi ha fatto ricredere.
Gli arabi continuano a non piacermi, però mi rendo anche conto che è pericoloso continuare ad umiliare i popoli dall’alto della propria potenza (e non solo gli arabi, ma anche l’Europa, la Russia, la Cina, tutto il resto del mondo). E se qualcuno non ci sta? L’esercito iracheno s’è squagliato, perché probabilmente il regime era ormai cotto, ma se qualcuno invece resiste? La guerra rischia di diventare veramente infinita e sempre più pericolosa.
E intanto in Iraq cominciano gli scontri di religione. 

domenica 13 aprile 2003

AVALON E DINTORNI



Oggi mi sono presa una vacanza da questo blog per aggiornare il mio sito principale "Avalon e dintorni"  che avevo un po' trascurato per seguire gli avvenimenti del conflitto in Iraq.

Il  sito si occupa di antiche civiltà scomparse, di dottrine esoteriche, di quel territorio, tra filosofia, scienza e fantascienza, ove si contemplano viaggi nel tempo, universi paralleli, UFO, e, più in generale, tutto quanto è insolito, misterioso o, in qualche modo alternativo. E c'è anche una pagina dedicata ai gatti, perché sono meravigliosi. 

sabato 12 aprile 2003


AL SAHAF

Ci sarebbero questioni più importanti da affrontare in questo momento, tuttavia ogni tanto bisogna anche divagare.
Peraltro, di fronte a qualsiasi evento, c'è sempre qualcuno che ha un'idea brillante e che riesce anche a guadagnarci ( presumo).

Sembra infatti aver avuto grande successo il sito internet sul ministro dell'informazione iracheno al Sahaf. Creato solo giovedì scorso, il sito su Mohammad Said al Sahaf, un'idea di uno scrittore Usa, ma frutto dell'apporto di una "coalizione di falchi assetati di sangue e di inefficaci colombe unite nell'ammirazione per il ministro (ex) dell'informazione iracheno", e' andato in tilt per l'eccesso di richieste di accesso. In alcuni momenti fino a 4.000 persone al secondo avrebbero cercato di aprire la pagina del sito, http://www.welovetheiraqiinformationminister.com , che infatti risulta tuttora molto lento, intasandolo. Il suo creatore, Kevin Mulvaney (qualcuno sa chi è ?), ha detto di essere subissato di richieste di interviste.
La notizia è stata data oggi dall'ANSA.
Particolarmente divertente la sezione dedicata a cosa avrebbe detto durante le grandi battaglie della storia l'imperturbabile al Sahaf.

Tra le diverse amenità  c'è una lettera del ministro da Disneyland:la guerra contro i mercenari infedeli e sette australiani sarebbe andata così bene che il suo boss, Saddam, lo avrebbe mandato in vacanza.

Il sito vende persino magliette e "gadget" vari con le dichiarazioni del suddetto. Infine propone una campagna per evitare che venga ucciso, bombardato, incenerito, ucciso e comunque eliminato, perché anzi dovrebbe essere ricompensato per aver tenuto alto il morale delle truppe della coalizione e ipotizza una miniserie televisiva dal titolo "Il ministro" chiedendo suggerimenti sull'attore più adatto al ruolo.

Ma perché questo fenomeno? Forse, anche se siamo abituati alle menzogne dei politici di tutto il mondo a cominciare da quelli americani che fanno le guerre "per portare la libertà  e la democrazia", l'incrollabilità  di al Sahaf di fronte all'evidenza è stata talmente plateale da risultare quasi simpatica.

venerdì 11 aprile 2003

LIBERAZIONE



"Io trovo penoso, sempre, far vedere uomini che rapinano casse dai ministeri bruciati e bombardati, sciacallaggio sulla povertà , l'essere umano celebrato in quanto ladro e in quanto povero diavolo che si accontenta di uscire festante con qualche cartone sulle spalle, addirittura pezzi di mobilio...che malinconia. io pensavo, speravo, nel XXI secolo, speravo in altre liberazioni, in altre feste."
giovedì, aprile 10, 2003
tratto da  NONSENSE BLOG di francesca mazzucato

mercoledì 9 aprile 2003

Il Nuovo Assetto Mondiale



 




USA: in un documento il progetto per sottomettere l'umanità
 







Con un titolo così si rischia di fare la figura di chi grida al lupo. Invece, come vedrete, non si tratta di un'esagerazione. Quello che riportiamo è infatti un testo terribile nella sua chiarezza, che spiega esattamente cosa sia la "Guerra del Bene contro il Male".

Il settimanale scozzese, Sunday Herald, ha pubblicato il 15 settembre scorso il sunto di un documento redatto due anni fa per conto di alcuni dei principali esponenti dell'attuale governo americano, che descrive in dettaglio un progetto per la sottomissione militare del pianeta al dominio statunitense. Un progetto che - tra molte altre cose - descrive con apparente favore la possibilità di creare armi biologiche capaci di sterminare "specifici genotipi".

Il documento, intitolato Rebuilding America's Defences: Strategies, Forces And Resources for a New Century, fu scritto nel settembre del 2000 - quando Bush non era ancora presidente - dal Project for the New American Century (PNAC), uno dei numerosi think-tank della destra statunitense. Il testo fu redatto per un gruppo specifico di persone, che oggi ricoprono incarichi non indifferenti: Dick Cheney, attuale vicepresidente degli Stati Uniti; Donald Rumsfeld, attuale segretario alla difesa; Paul Wolfowitz, attuale vicesegretario alla difesa; Jeb Bush, fratello del presidente; e Lewis Libby, capo dello staff di Cheney.

Di seguito, troverete la traduzione integrale dell'articolo del Sunday Herald. Legandosi all'attualità , il giornalista scozzese ha insistito su un dettaglio, il progetto per rovesciare il governo iracheno. Ma il documento va visto in un contesto molto più ampio.

Già alla fine degli anni Cinquanta, un vecchio conservatore, il presidente Eisenhower, metteva in guardia contro la struttura mostruosa che cominciava a dominare il suo paese: una coalizione sempre più stretta tra immense imprese legate alle commesse militari, uno Stato che aveva come funzione principale la conduzione della guerra e una sterminata catena di laboratori dove scienziati, sociologi, tecnici di ogni sorta lavoravano anno dopo anno per affinare gli strumenti del dominio, a prescindere completamente dalla pur vivace società  civile del paese. Il testo che leggerete è un esempio, nemmeno tanto insolito, di ciò che si produce in questi laboratori.

Questa simbiosi, in nome della "guerra duratura", tra alcune gigantesche corporations, lo Stato e la ricerca sembra una riedizione di un aspetto fondamentale del nazionalsocialismo dell'epoca dei Krupp e di Peenemünde. Il parallelo è ovviamente tecnico e non demonizzante: è inutile elencare le profonde differenze tra il sistema statunitense e quello della Germania degli anni Trenta. Ma è inevitabile che una struttura di questo tipo porti non solo a uno stato di Enduring War, ma anche - come è  successo con il Patriot Act - all'abolizione di alcuni elementi fondamentali di democrazia.

La sede del "progetto per un nuovo secolo americano" (un nome, un programma) coincide con quella di un giornale di proprietà  del miliardario dei media, Murdoch, cosa che può indurre a utili riflessioni sulla libertà di stampa. Il direttore del PNAC, William Kristol, è il figlio di Irving Kristol, il principale ideologo della nuova destra americana, che è riuscito a prendere in mano le redini di alcune ricchissime fondazioni americane, tra cui spicca la Olin Foundation, creata dalla principale impresa di armi da fuoco degli Stati Uniti. Queste fondazioni hanno versato milioni di dollari per trasformare anche la produzione di idee in un annesso dell'industria bellica.

Grazie a Irving Kristol, ad esempio, Samuel Huntington ha potuto incassare finora ben cinque milioni di dollari da varie fondazioni come premio per aver creato la famosa nozione di "scontro di civiltà ". Che prima ancora di essere un libro è uno slogan, ormai noto anche ai meno colti.



Miguel Marti­nez







Neil Mackay:

"Bush aveva pianificato il 'cambio di regime'
in Iraq prima ancora di diventare presidente"


Sunday Herald - Scozia - 15 settembre 2002

Articolo in inglese






Un progetto segreto per il dominio globale statunitense rivela che il Presidente Bush e il suo governo avevano pianificato un attacco premeditato contro l'Iraq per imporvi un "cambio di regime" addirittura prima del suo ingresso alla presidenza nel gennaio del 2001.

Il progetto - scoperto dal Sunday Herald - per la creazione di una "Pax Americana globale" è stato redatto per Dick Cheney (attualmente vicepresidente), Donald Rumsfeld (segretario alla difesa), Paul Wolfowitz (il vice di Rumsfeld), il fratello minore di George W Bush, Jeb e per Lewis Libby (il capo dello staff di Cheney). Il documento, dal titolo "Rebuilding America's Defences: Strategies, Forces And Resources For A New Century" ("ricostruire le difese dell'America: strategie, forze e risorse per un nuovo secolo"), è stato redatto nel settembre del 2000 dal think-tank di destra [neo-conservative], il Project for the New American Century (PNAC) ["progetto per un nuovo secolo americano"].

Il piano mostra che il governo Bush intendeva assumere il controllo militare del Golfo a prescindere se Saddam Hussein fosse o no al potere. Il testo dice 'gli Stati Uniti hanno cercato da decenni di svolgere un ruolo più permanente nella sicurezza regionale del Golfo. Mentre il conflitto irrisolto con l'Iraq fornisce una giustificazione immediata, l'esigenza di avere una sostanziosa presenza delle forze americane nel Golfo va oltre la questione del regime di Saddam Hussein.'

Il documento del PNAC presenta 'un progetto per conservare la preminenza globale degli Stati Uniti, impedendo il sorgere di ogni grande potenza rivale, e modellando l'ordine della sicurezza internazionale in modo da allinearlo ai principi e agli interessi americani'.

Questa 'grande strategia americana' deve essere indirizzata 'il più lontano possibile verso il futuro', dice il rapporto. Che invita poi gli Stati Uniti a 'combattere e vincere in maniera decisiva in teatri di guerra molteplici e contemporanei', come una 'missione cruciale' [core mission].






"core mission"



Il rapporto descrive le forze armate statunitensi all'estero come la 'cavalleria lungo la nuova frontiera americana'. Il progetto del PNAC dichiara il proprio sostegno a un documento scritto in precedenza da Wolfowitz e Libby, in cui si affermava che gli Stati Uniti dovrebbero 'dissuadere le nazioni industriali avanzate dallo sfidare la nostra egemonia (leadership) o anche dall'aspirare a svolgere un ruolo regionale o globale maggiore'.

Il rapporto del PNAC inoltre:


  • descrive gli alleati chiave, tra cui il Regno Unito, come 'il mezzo più efficace per esercitare un'egemonia globale americana';


  • afferma che le missioni militari per garantire la pace 'richiedono un'egemonia politica americana e non quella delle Nazioni Unite';


  • rivela l'esistenza di preoccupazioni nell'amministrazione americana a proposito della possibilità  che l'Europa possa diventare un rivale degli USA;


  • dice che 'anche se Saddam dovesse uscire di scena', le basi nell'Arabia Saudita e nel Kuwait dovranno restare in maniera permanente - nonostante l'opposizione locale tra i regimi dei paesi del Golfo alla presenza di soldati americani - perché 'anche l'Iran potrà  dimostrarsi una minaccia pari all'Iraq agli interessi statunitensi';


  • mette la Cina sotto i riflettori per un 'cambio di regime', dicendo che è arrivata l'ora di aumentare la presenza delle forze armate americane nell'Asia sudorientale'. Ciò potrebbe portare a una situazione in cui 'le forze americane e alleate forniscano la spinta al processo di democratizzazione in Cina';


  • invita a creare le 'US Space Forces' ("forze spaziali statunitensi") per dominare lo spazio, e ad assumere il controllo totale del ciberspazio in modo da impedire che i 'nemici' usino internet contro gli Stati Uniti;


  • anche se gli Stati Uniti minacciano la guerra contro l'Iraq per aver sviluppato armi di distruzione di massa, gli USA potrebbero prendere in considerazione, nei prossimi decenni, lo sviluppo di armi biologiche - che pure sono state messe al bando. Il testo dice: 'nuovi metodi di attacco - elettronici, 'non letali', biologici - diventeranno sempre più possibili. .. il combattimento si svolgerà in nuove dimensioni, nello spazio, nel ciberspazio, forse nel mondo dei microbi... forme avanzate di guerra biologica in grado di prendere di mira genotipi specifici potranno trasformare la guerra biologica dal mondo del terrorismo in un'arma politicamente utile';


  • il testo prende di mira la Corea del Nord, la Libia, la Siria e l'Iran come regimi pericolosi, e sostiene che la loro esistenza giustifica la creazione di un 'sistema mondiale di comando e di controllo'.
Tam Dalyell, deputato laburista [nel parlamento di Londra] e una delle principali voci di ribellione contro la guerra all'Iraq, ha dichiarato: 'si tratta di immondizia proveniente da think tank di destra pieni di falchi-coniglio - gente che non ha mai visto gli orrori della guerra, ma è innamorata dell'idea della guerra. Gente come Cheney, che è riuscita a sfuggire al servizio militare ai tempi della guerra del Vietnam. 'Si tratta di un progetto per il dominio mondiale statunitense - un nuovo ordine mondiale creato da loro. Questi sono i processi mentali di americani fantasticanti, che desiderano controllare il mondo. Sono sconvolto dal fatto che un primo ministro laburista inglese vada a letto con una banda di gente di una tale bassezza morale.'

questo articolo può essere riprodotto liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com -
e che si pubblichi anche questa precisazione
 
Ritengo opportuno precisare che ho un po' di dubbi su questo Miguel Martinez sul quale mi devo documentare, tuttavia l'articolo sul "Sunday Herald" esiste davvero e quanto vi si dice coincide pienamente con i concetti espressi sul sito del " Project for the New American Century".
 

La caduta di Bagdad




Bagdad è caduta prima di quanto si potesse pensare fino a qualche giorno fa, il regime di Saddam Hussein è finito.
La famosa guardia repubblicana non ha combattuto e si è praticamente dissolta. Non si sa se Saddam Hussein sia vivo o morto. Ma è probabile che sia stato lasciato fuggire. La fuga di Saddam e la dissoluzione di quanto restava dell'esercito iracheno, e soprattutto della famosa e temuta guardia repubblicana che avrebbe reso la battaglia di Bagdad una carneficina anche per il super tecnologico esercito americano, sono state oggetto di accordo tra le parti? Sono corsi dollari e diversi lasciapassare, per il rais e per i suoi fedelissimi?
Ancora non sappiamo, però è probabile.
Una dittatura è caduta e questo è solo il casuale effetto positivo di una guerra che  è  stata fatta per ben altri motivi, e mi dispiace per chi è in buona fede e crede che sia stata fatta per la libertà  del popolo iracheno che, incapace di governarsi (questo è vero, perché i fatti hanno dimostrato che manca qualsiasi forma di opposizione organizzata, se si escludono i Curdi, e questo è un altro discorso) passa da una dittatura ad un protettorato militare americano.
Quello che preoccupa è che la guerra all'Iraq è solo un episodio di un progetto ben più ampio che l'attuale leadership americana ha cominciato a realizzare, quello di costruire la "pax americana", che non è quanto di meglio ci si possa augurare per il futuro assetto del mondo.
Francia, Germania e Russia sono un po' contrariate perché oltre a perdere un bel po' di soldi a causa dei contratti con Saddam ormai divenuti carta straccia (e non è poco), a non avere ovviamente alcuna parte nella ricostruzione del paese, temono, giustamente, la "pax americana". 
Ma almeno all'amico Silvio, anche se non belligerante e assai poco visibile durante questa guerra, Bush riterrà  di dover concedere qualcosa nella ricostruzione?

martedì 8 aprile 2003

APPELLO



Migliaia di persone, fra cui Noam Chomsky e Arundhati Roy hanno diffuso e firmato questo appello:

“Credo nella pace e la giustizia.
Credo nella democrazia e nell'autonomia. Non credo che gli Stati Uniti né nessun altro paese debbano ignorare la volontà popolare e indebolire la legge internazionale, cercando di ottenere con la prepotenza e la corruzione voti nel Consiglio di Sicurezza.
Credo nell'internazionalismo. Mi oppongo a che qualunque nazione crei un network sempre più ampio di basi militari accumulando un immenso arsenale bellico senza uguali nel mondo.
Credo nell'equità. Non credo che gli USA né nessun altro paese debbano cercare di costruire un impero. Non credo che gli USA debbano controllare le riserve petrolifere del Medio Oriente in nome delle multinazionali americane e come una leva per ottenere il controllo politico su altri paesi.
Credo nella libertà. Mi oppongo ai regimi brutali in Iraq e in altri paesi ma anche alla nuova dottrina della 'guerra preventiva' che è garanzia di un conflitto permanente e molto pericoloso, ed è la ragione per cui gli Stati Uniti sono adesso considerati in tutto il mondo la maggiore minaccia per la pace. Sono a favore di una politica estera democratica che appoggi l'opposizione popolare all'imperialismo, alla dittatura e al fondamentalismo politico in tutte le sue forme. 

Credo nella solidarietà. Sono schierato/a a fianco di tutti i poveri e gli esclusi. Nonostante la massiccia disinformazione milioni di persone si oppongono ad una guerra ingiusta, illegale, immorale, e io voglio unire la mia voce alla loro. Sono schierato/a a fianco di tutti i leader religiosi e morali e i lavoratori di tutto il mondo, e con la stragrande maggioranza dei popoli di tutto il mondo.
Credo nella diversità. Sono a favore della fine del razzismo nei confronti degli immigrati e le persone di colore. Sono a favore della fine della repressione nel mio paese e all'estero.
Credo nella pace. Mi oppongo a questa guerra e alle condizioni, le mentalità e le istituzioni che alimentano e nutrono la guerra e l'ingiustizia.
Credo nella sostenibilità. Sono contro la distruzione delle foreste, della terra, dell'acqua, delle risorse ambientali e della biodiversità da cui dipende tutta la vita.
Credo nella giustizia. Sono contro le istituzioni economiche, politiche e culturali che promuovono una mentalità competitiva, contro le enormi disuguaglianze nella ricchezza e nel potere, contro il dominio delle multinazionali che arriva al punto da creare gli sweatshop e lavoratori-schiavi, contro il razzismo e le gerarchie sessuali e di genere.
Sono a favore di politiche che dirottino i fondi impiegati nelle spese militari e belliche verso la fornitura di servizi sanitari, istruzione, abitazioni e lavoro.
Sono a favore di un mondo le cui istituzioni politiche, economiche e sociali promuovano la solidarietà, favoriscano l'equità, massimizzino la partecipazione, celebrino la diversità e incoraggino la vera democrazia.
Credo nella pace e della giustizia e, inoltre, m'impegno a lottare per la pace e la giustizia.
Se un milione o più di nuove persone capiranno e firmeranno questa dichiarazione, avrà sicuramente delle ripercussioni nel breve e nel lungo periodo, contribuendo ad ampliare il nostro movimento e a conferirvi un tono positivo. Pensiamo quindi che sia un approccio che valga la pena di considerare. In ogni caso, dobbiamo organizzarci, organizzarci, organizzarci.... soprattutto coinvolgendo chi ancora non è organizzato". 



Firma l'appello qui.

domenica 6 aprile 2003

La guerra all'Iraq era decisa dal 1998


Mi sembra interessante la lettura di alcuni documenti, sottoscritti anche da Rumsfeld e Cheney, risalenti agli anni 1997-1998, riportati nella versione on line del Corriere della Sera del 28.3.2003, i quali sostengono la supremazia degli Usa e il ridimensionamento di Nazioni Unite ed Europa e dai quali si rileva che la guerra all'Iraq era stata decisa già  nel 1998, quindi molto prima dell'attentato dell'11 settembre 2001.
Qui di seguito riporto la traduzione della Dichiarazioni di Principi del «Project for the New American Century» (PNAC), organizzazione fondata nella primavera del 1997 con l'obiettivo di perseguire la supremazia globale degli Stati Uniti raggiungendo tutti i primati, politici, economici e militari che la fine della guerra fredda ha lasciato aperti per il XXI secolo.

Dichiarazione di Principi

3 Giugno 1997
"La politica estera e della difesa Americana è alla deriva. I conservatori hanno criticato la politica incoerente dell'Amministrazione Clinton. Essi hanno pure resistito agli impulsi isolazionisti presenti nei loro stessi ranghi. Ma non sono stati in grado di proporre con forza una visione strategica del ruolo dell'America nel mondo. Non hanno espresso principi guida per la politica estera Americana. Hanno permesso che differenze di tattica oscurassero potenziali accordi sugli obiettivi strategici. E non hanno combattuto per un bilancio della difesa che garantisse la sicurezza Americana e facesse avanzare gli interessi Americani nel nuovo secolo.
Noi aspiriamo a cambiare tutto questo. Noi aspiriamo a fornire argomenti per raccogliere il sostegno intorno alla leadership mondiale americana.
Mentre il 20° secolo sta per concludersi, gli Stati Uniti si trovano ad essere la principale potenza nel mondo. Avendo guidato l'Occidente alla vittoria nella Guerra Fredda, l'America si trova di fronte un'opportunità  e una sfida: gli Stati Uniti hanno la lungimiranza necessaria per costruire sulle conquiste delle passate decadi? Gli Stati Uniti sono in grado di decidere di plasmare il nuovo secolo in modo favorevole ai principi e agli interessi Americani?
Noi corriamo il rischio di sperperare l'opportunità  e di fallire la sfida. Noi stiamo dissipando il capitale, sia in termini di investimenti militari che di conquiste di politica estera accumulate dalle passate amministrazioni. I tagli nella spesa per gli affari esteri e per la difesa, la scarsa attenzione agli strumenti dell'arte di governo, e una leadership instabile stanno rendendo sempre più difficile mantenere l'influenza Americana nel mondo. E la promessa di benefici commerciali a breve termine minaccia di calpestare considerazioni strategiche. Come conseguenza, noi stiamo mettendo a repentaglio la capacità della nazione di far fronte alle minacce presenti e di trattare le sfide potenzialmente più grandi che ci troveremo davanti.
Sembriamo aver dimenticato gli elementi essenziali del successo dell'Amministrazione Reagan: un esercito che è forte e pronto a far fronte alle sfide sia presenti che future; una politica estera che coraggiosamente e risolutamente promuove i principi americani all'estero; e una leadership nazionale che accetta le responsabilità mondiali degli Stati Uniti.
Naturalmente, gli Stati Uniti devono essere prudenti circa le modalità  con cui esercitare il proprio potere. Ma noi non possiamo certamente evitare le responsabilità  di leadership mondiale e i costi che sono associati con il loro esercizio. L'America ha un ruolo vitale nel mantenere la pace e la sicurezza in Europa, in Asia, in Medio Oriente. Se noi evitiamo le nostre responsabilità , noi sollecitiamo le sfide ai nostri fondamentali interessi. La storia del 20° secolo dovrebbe averci insegnato che è importante plasmare le circostanze prima che le crisi emergano, e affrontare le minacce prima che esse diventino terribili. La storia di questo secolo dovrebbe averci insegnato ad abbracciare la causa della leadership americana.
La nostra aspirazione è ricordare agli Americani queste lezioni e trarne le conseguenze per l'oggi. Ecco quattro conseguenze:
  • noi dobbiamo incrementare le spese per la difesa in modo significativo se vogliamo mantenere le nostre responsabilità  mondiali oggi e modernizzare le nostre forze armate per il futuro;
  • noi dobbiamo rafforzare i nostri legami con le democrazie alleate e sfidare i regimi ostili ai nostri interessi e valori;
  • noi dobbiamo promuovere la causa della libertà  politica ed economica all'estero;
  • noi dobbiamo accettare la responsabilità  per il ruolo unico dell'America nel preservare ed estendere un ordine internazionale favorevole alla nostra sicurezza, alla nostra prosperità , ai nostri principi.
Tale politica Reaganiana di forza militare e chiarezza morale può non essere alla moda oggi. Ma è necessario che gli Stati Uniti si basino sui successi di questo secolo ormai passato per garantire la propria sicurezza e la propria grandezza nel futuro".
Ecco l'elenco dei sottoscrittori:
Elliott Abrams Gary Bauer William J. Bennett Jeb Bush

Dick Cheney
Eliot A. Cohen Midge Decter Paula Dobriansky Steve Forbes

Aaron Friedberg
Francis Fukuyama Frank Gaffney Fred C. Ikle

Donald Kagan
Zalmay Khalilzad I. Lewis Libby Norman Podhoretz

Dan Quayle
Peter W. Rodman Stephen P. Rosen Henry S. Rowen

Donald Rumsfeld
Vin Weber George Weigel Paul Wolfowitz

venerdì 4 aprile 2003

Il Nuovo Secolo Americano

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verità e menzogne

"Sappiamo che nessuno degli argomenti usati per giustificare la guerra contro Baghdad risponde a verità; ma la menzogna più clamorosa è la sedicente preoccupazione di portare la democrazia in Iraq.
Nessuno dubita che Saddam Hussein sia un dittatore spietato e un assassino, i cui peggiori eccessi hanno avuto a suo tempo l'appoggio dei governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Ed è certo che gli iracheni avrebbero tutto da guadagnare a liberarsi di lui. Ma non è meno certo che il mondo intero starebbe molto meglio senza un certo signor Bush."
Arundhati Roy 


LE MONDE diplomatique - Marzo 2003

Bagdad - Scontro finale?


Tra qualche giorno, al massimo qualche settimana, gli anglo-americani avranno conquistato l’Iraq, anche se forse non pacificato, e imposto un governatorato militare con lo scopo ufficiale di preparare la transizione alla democrazia, quanto lunga la transizione ad oggi non è possibile prevedere.
Alle squadre di assalto si sostituiranno le squadre di appalto.
La parte del leone andrà agli americani che hanno posto in campo 300.000 uomini, qualcosa agli inglesi che ce ne hanno messi 45.000, qualche briciola ad australiani, polacchi, spagnoli che ce ne hanno messi qualche centinaio. Per la cronaca sembra che ci sia anche l’equipaggio di un sottomarino svedese. Ceki, slovacchi, ucraini, ungheresi, romeni e bulgari hanno promesso reparti a guerra finita, ma della coalizione, secondo fonti della Casa Bianca, fanno parte ben 45 nazioni, tra le quali le Marshall, l’Albania, le Isole Salomone, Palau, l’Honduras, il regno di Tonga, la Micronesia, l’Eritrea e l’Italia non belligerante.
Non so quale parte nel dopoguerra potranno avere le Isole Salomone e il regno di Tonga. Certamente all’Europa qualcosa si dovrà concedere.
E Colin Powell oggi a Bruxelles ha incontrato i ministri degli esteri della UE per cercare di ricucire lo strappo promettendo partecipazioni (piccole) alla ricostruzione.
Il prezzo del petrolio sta scendendo e le borse sono in rialzo.
Tutto bene quel che finisce bene.
Un po’ di iracheni si sono presi le bombe in testa e qualcuno è morto, ma si sa la libertà ha sempre un prezzo.
E quando gli americani entreranno a Bagdad forse si vedranno anche le masse inneggianti ai liberatori e le bandierine americane sventolanti (forse più opportuniste che spontanee, ma sempre meglio che niente) e chissà che anche da noi spariscano dalle finestre le bandiere della pace e compaiano quelle americane (che da noi saltare sul carro del vincitore è lo sport nazionale, anche prima del calcio, non che qualcuno potesse ipotizzare la sconfitta degli alleati anglo-americani, ma c’era sempre il rischio che si impantanassero e allora sarebbe stato facile essere pacifisti ad oltranza).
Per ora sembra che gli iracheni oppongano ancora una certa resistenza, anche se sempre più fiacca. E si potrebbe anche discutere se lo facciano per paura, perché non si fidano degli americani, perché comunque odiano l’occidente e quello che rappresenta, oppure solo per difendere il proprio suolo dall’invasore e perché non gradiscono un futuro protettorato americano o anglo americano che quello inglese lo hanno già conosciuto e forse non gli è piaciuto.
 Ad ogni modo, anche se non si può escludere un ultimo colpo da parte di Saddam (bombe chimiche, biologiche o che altro?), qualunque cosa succeda non si può dubitare della vittoria degli alleati, ne mai nessuno ne ha dubitato. Ciò che poteva essere incerto era solo la durata della guerra, ma le ultime notizie sembrerebbero essere confortanti.
Per motivi forse di ordine psicologico, e del resto la psicologia è quella che muove il mondo, anche più degli interessi economici e del petrolio, perché alla fine è tutta una questione di potenza ( e ciò vale per i popoli per i singoli), non mi piacciono i vincitori, specialmente quando la vittoria è facile.
Ma si può essere per Saddam? Se si trattasse di un personaggio anche discutibile, anche ambiguo, con molti lati oscuri ma anche qualche elemento positivo dalla sua, si potrebbe anche provare ad esserlo, ma il soggetto è assolutamente indifendibile. Personalmente, per quanto non sopporti Bush e la cricca che rappresenta, non ce la faccio a parteggiare per Saddam Hussein, perché non ci sono dubbi che sia un efferato dittatore e ormai anche un campione del fondamentalismo islamico che, magari per necessità, inneggia alla Jihad, anche se fino alla prima guerra del Golfo era il più laico dei leader arabi, e ancora oggi i suoi legami con Al Qaeda non sono stati provati (e del resto neanche il possesso delle armi di distruzione di massa), e per quanto mi riguarda, perchè sono una donna e perché sono profondamente laica, o forse pagana o panteista, il che è lo stesso, rifuggo con orrore da qualsiasi fondamentalismo religioso (anche quello di Bush e quello del Papa).
Certamente preferisco un mondo multipolare ad uno unipolare e vorrei che l’Europa fosse una potenza anche politica e militare e non solo economica. Ma è probabile che l’Europa non abbia la forza, né la voglia di diventarlo, anche per le divisioni al suo interno, e che il suo futuro sia quello di essere provincia del Sacro Americano Impero, come la Grecia ai tempi dell’Impero Romano. 

domenica 27 aprile 2003

Opinioni a confronto

Quando ero giovane mi sono occupata di politica (attivamente) per qualche anno, esattamente nel periodo che va dal liceo all'università. Poi me ne sono nauseata, sia per aver compreso che molti partecipavano per puro interesse personale, sia per divergenze di ordine politico, sia per motivi di ordine psicologico, e cioè che l'appartenenza non faceva per me.

Per tanti anni, pur continuando a tenermi informata, almeno sugli avvenimenti di politica estera, perché la politica interna italiana proprio la rifiutavo, mi sono occupata di dottrine esoteriche, medicina alternativa, misteri archeologici, et similia. Nel settembre dello scorso anno ho anche realizzato un sito dal titolo Avalon e dintorni,  dedicato a questi argomenti, lasciando tuttavia uno spazio anche all'attualità  e all'ambiente.

Quando verso la fine dell'anno sono venuta a sapere del fenomeno "blog" ho creato questo, come ampliamento del sito principale, ma con qualche riguardo maggiore all'attualità  e alla cultura.

Poi c'è stata la guerra in Iraq e allora ho riscoperto un desiderio di partecipazione che non avevo più sentito da anni e il bisogno di dare espressione alle mie opinioni, pur nella consapevolezza che non convincerà nessuno. Infatti sono arrivata alla conclusione che non c'è possibilità  di intendersi tra chi ha opinioni diverse, non solo su questa guerra, quanto, più in generale;  sull'analisi dell'attuale politica degli Stati Uniti. Basta assistere alle "bagarre" che caratterizzano i tanti "talk show" che riempiono i palinsesti da qualche mese per rendersi conto che si tratta di dialoghi tra sordi.

Ieri una persona mi ha detto che quando si parte dal concetto che la politica degli USA è sbagliata, tutto quello che si può dire nasce con un vizio di fondo e quindi non si dovrebbe neanche parlare (alla faccia della democrazia !).

Anche questo desiderio di svalutare e negativizzare la Resistenza è una cosa indegna.

Per quanto poi riguarda i fischi a Pezzotta durante una manifestazione per il 25 aprile da parte di alcune frange, che non chiamerei neanche estremisti, ma semplicemente idioti (per il regalo fornito a chi considera la Resistenza una faccenda interna a una sinistra intollerante e antidemocratica per definizione), non ci sono dubbi che vada stigmatizzata. Peraltro ho sempre pensato che la battaglia sull'articolo 18 dello Statuto dei diritti dei lavoratori sia un grosso errore, comunque una battaglia di retroguardia destinata alla sconfitta (senza contare quanto costa questo referendum inutile insieme a quell'altro sulla servitù di elettrodotto).

Mi rifiuto tuttavia di accettare l'idea che per esprimere un'opinione sulla politica internazionale o sulla Resistenza che non sia in sintonia che la destra filoamericana e anche un po' fascista (ma ve li ricordate i saluti romani di Fini?) si debba sempre premettere di non essere a favore dei dittatori né di certa sinistra populista e anacronistica (ma Chirac è forse comunista?).

venerdì 25 aprile 2003

25 APRILE


Partecipiamo alla seconda guerra mondiale quando i tedeschi sembrano vincere su tutti i fronti e Mussolini che, benché alleato di Hitler, aspetta gli eventi, decide che è giunto il momento di intervenire, perché ha bisogno di un milione di morti per sedere al tavolo della pace (per fortuna, altrimenti ce lo saremmo tenuto ben più di un ventennio e con lui anche il re che lo aveva chiamato al governo rifiutandosi di firmare uno stato d’assedio che le circostanze rendevano più che legittimo). Poi le cose vanno diversamente e quando tutto è perduto il re tratta l’armistizio e scappa nel Sud con tutto il governo, l’esercito si squaglia ingloriosamente con poche valorose eccezioni. Una figura ignominiosa. L’unico riscatto viene dalla guerra partigiana, in cui ci sono state anche zone d’ombra, azioni e personaggi discutibili, fascisti saltati dalla parte opposta all’ultimo momento, ma anche tante persone, di diversa fede politica, perché, quantunque i comunisti fossero i più organizzati, ci furono anche liberali, monarchici, cattolici, che combatterono e morirono per la libertà e la dignità del proprio paese. E ora qualcuno, che è anche il Presidente del Consiglio in carica, ma purtroppo non è solo lui a pensarla così, viene a dire che la colpa di tante rappresaglie nei confronti dei civili fu dei partigiani e non dei tedeschi. Posso anche valutare l’idea che alcune decisioni siano state discutibili, ma di fronte all’occupazione da parte di un esercito straniero qualsiasi azione rivolta contro di esso, con tutte le conseguenze che può avere, è guerra e come tale va considerata e non ha niente a che vedere con l’azione di chi mette una bomba in un luogo pubblico frequentato da civili, che si chiama terrorismo. Oppure con assoluta mancanza di dignità nazionale si sarebbe dovuto aspettare che facessero tutto gli americani?
Io che sono nata alcuni anni dopo la fine di quel conflitto ritengo dover rendere onore, anche dopo sessanta anni dagli eventi, a chi ha rischiato o ha perso la propria vita anche per permettere a chi sarebbe venuto dopo di non vergognarsi troppo della storia passata del proprio paese. 


giovedì 24 aprile 2003

GUAI A CHI SI OPPONE

In un’intervista riportata sull’ultimo numero de “L’espresso”, Lester Thurow, professore di economia al Massachusetts Institute of Technology di Boston, ex-consigliere dei Presidenti Lindon B.Johnson e Jimmy Carter, autore di numerosi best-seller,  ha detto:” Se fossi nei panni della Francia o della Germania mi preoccuperei seriamente di quello che i membri dell’amministrazione  Bush escogiteranno per pareggiare il conto”.
Ieri Colin Powell, definito la colomba del governo americano, forse per timore di essere considerato troppo moderato, in un intervista durante una trasmissione televisiva ha detto che la Francia dovrà subire le conseguenze per la sua opposizione agli Stati Uniti nella crisi irachena, anche se non ha precisato quali potrebbero essere queste conseguenze. In tal modo anche il segretario di stato si è schierato con il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld e con gli altri super- falchi dell'amministrazione Bush che invocano una «punizione» esemplare della Francia per la tenace resistenza di Chirac alla guerra. Casa Bianca, Pentagono e Dipartimento di Stato si riconoscono pertanto, completamente e senza alcun distinguo, nella strategia suggerita dalla consigliera per la sicurezza nazionale Condoleeza Rice nei confronti dei tre paesi leader del campo della pace che si sintetizza in poche parole: “Punish France, ignore Germany, forgive Russia”(Punisci la Francia, ignora la Germania, perdona la Russia). Per Condoleeza Rice la Francia va senz'altro sanzionata perché da più di quattro decenni - dai tempi cioè del generale Charles de Gaulle - si adopera per ricompattare l'Europa in funzione anti-americana e il rifiuto della guerra in Iraq è soltanto l'ultimo, clamoroso episodio in tale direzione.
A meno di 24 ore dalle parole di Powell, è arrivata, secca, la risposta di Parigi: la Francia difenderà il diritto internazionale «in ogni circostanza». Il ministro degli Esteri francese, Dominique de Villepin, in un comunicato diffuso oggi dal suo ministero durante la visita ad Ankara, ha detto che nel corso della crisi la Francia ha cercato di difendere il diritto internazionale: “Durante l'intera crisi irachena, la Francia ha agito con una larga maggioranza della comunità internazionale e secondo le sue convinzioni e principi per difendere il diritto internazionale”, ha detto il ministro, “Continuerà a farlo in ogni circostanza”.
Ma di fronte all’arroganza senza limiti del nuovo impero è sempre più necessario che l’Europa assuma una voce unica e ferma. Purtroppo ritengo difficile che ciò accada.
Non è che qualche giorno ci troviamo i carri armati in casa, come accadeva nei paesi dell’Est ai tempi dell’URSS, intendo in qualche paese europeo, anche se certamente non in Italia, i cui  governanti anche di centro sinistra hanno sempre fatto a gara per essere quanto più filoamericani possibile, tanto che mi domando cosa sarebbe accaduto in questo frangente se al governo invece di Berlusconi ci fosse stato Rutelli?

I flagellanti di Kerbala


Dopo aver visto le immagini allucinanti del pellegrinaggio degli Sciiti a Kerbala vorrei chiedere a coloro che in questi giorni hanno inneggiato alla liberazione dell’Iraq se credano possibile che le moltitudini di esaltati che si flagellano e si trascinano in ginocchio, che le donne urlanti coperte dalla jhiab (quelle almeno poche, ma forse per il solo fatto che gli uomini le tengono chiuse in casa), in tutto sembra un milione di persone, siano in grado, non dico di dar vita ad un governo democratico, ma anche solo di intendere vagamente il concetto di democrazia.
Non si tratta di disconoscere i misfatti di Saddam Hussein (questo va sempre detto per i benpensanti che fanno finta di non capire), ma di riconoscere una realtà di fatto che non poteva certo essere ignota ai consiglieri di Bush, una realtà nella quale può essere instaurato un governo fantoccio sostenuto dalle forze armate americane, ma non certo una democrazia.
La gente che abbiamo visto ieri a Kerbala per arrivare a quel concetto ci metterà ancora almeno un secolo, se basta.
Per ora sono contenti di essere stati liberati di Saddam, ma solo per instaurare un’altra dittatura, quella islamica, come in Iran. E lo dicono chiaramente, come dicono altrettanto chiaramente agli americani di andarsene, per ora solo a parole, ma non credo sarà così per molto.
Del resto al di là degli Imam, e a prescindere dai Curdi nel Nord del paese, che sono un’altra nazione, anche se difficilmente sarà loro consentita l’indipendenza, chi altro è comparso a riempire il vuoto di potere? Solo qualche oscuro personaggio che aveva lasciato l’Iraq da decenni, riportato nel paese dagli americani, come quel Chalabi, leader di uno dei maggiori raggrupamenti  dell'opposizione a Saddam, il Congresso Nazionale Iracheno, tuttavia già ritenuto poco credibile dall'amministrazione Clinton, anche perché, rifugiatosi in Giordania, era stato accusato di malversazione dal governo di quel paese ed era dovuto fuggire anche di lì. Saranno personaggi come questo i nuovi governanti dell’Iraq?
Credo che ci siano solo due soluzioni: o gli Americani rimangono nel paese a lungo, instaurano un protettorato, magari con una finzione di governo civile iracheno subordinato, e governano con leggi non certo democratiche, perché un esercito di occupazione inviso al popolo non può fare altrimenti, anche perché sarà continuamente soggetto ad attentati, oppure, nel caso in cui fossero costretti ad andarsene, perché l’impresa sarà divenuta troppo ardua o magari perché una nuova amministrazione sarà entrata alla Casa Bianca, per il bene di quel paese e anche del resto del mondo, lasceranno un Iraq – Iran unito nel nome di Allah.
E quando sentiremo che governano con la Sharia e che lapidano gli adulteri (soprattutto donne) in piazza e che gli oppositori vengono condannati a morte o scompaiono nelle carceri del regime islamico, cosa sarà cambiato? 

sabato 19 aprile 2003

Buona Pasqua a tutti!





Come molte delle antiche festività  pagane, anche l'Equinozio di Primavera fu cristianizzato: la prima domenica dopo la prima luna piena che segue l'Equinozio (data fissata nel IV°secolo D.C.), i cristiani celebrano la Pasqua commemorando la resurrezione di Cristo avvenuta proprio durante la festività ebraica così¬ denominata che ricorda l'esodo del popolo di Israele dall'Egitto.
Ma nei simboli e nelle tradizioni collegate a questa festa sono evidenti i ricordi di altre e ben più antiche festività  poi cancellate dal Cristianesimo con una vera e propria opera di sincretismo.
Peraltro il termine "Easter" con cui in inglese si designa la Pasqua ci riporta ad una antica divinità pagana dei popoli nordici, la dea Eostre, assimilabile a Venere, Afrodite e Ishtar, la quale presiedeva ad antichi culti legati al sopraggiungere della primavera e alla fertilità dei campi.

venerdì 18 aprile 2003

GATTI





Ho appena scoperto un blog intitolato "Gattolando" dove, come in molti altri, si parla un po' di tutto: notizie, informazioni, attualità, letteratura, curiosità  varie, ma con una particolare attenzione ai gatti, questi animali meravigliosi, indipendenti, avventurosi, eleganti, flessuosi che non si può non amare.
Ecco come lo descrive lo scrittore americano H.P.Lovecraft (1890-1937)
"Altezzoso, invitto, misterioso, voluttuoso, viziato, impersonale, eterno compagno dell'eccellenza e dell'arte, modello di perfetta bellezza e fratello della poesia, cortese, grave, competente, aristocratico gatto."

APPELLO PER AMINA LAWAL




Recentemente, diversi Stati della Nigeria settentrionale hanno introdotto codici penali basati sulla Shari'ah (legge islamica). Essi prevedono, per i solo cittadini di fede musulmana, la pena di morte per omicidio e per abuso sessuale di minori oltre che per alcuni atti sessuali proibiti, come i rapporti omosessuali e l'adulterio (pena obbligatoria).
Lo scorso agosto Amina Lawal, è stata condannata alla lapidazione per adulterio. Il presidente nigeriano, a seguito delle proteste mondiali, ha ritenuto opportuno comunicare che sia lei che una coppia di adulteri avrebbero potranno appellarsi contro la sentenza (bontà  loro!).
Ma nonostante le forti proteste internazionali, Amina Lawal, e altre tre persone, Ahmadu Ibrahim, Fatima Usman e Mallam Ado Baranda, sono ancora a rischio di pena di morte, mentre altre pene crudeli, inumane e degradanti, come la fustigazione o l'amputazione, vengono regolarmente inflitte dalle corti della sharia nella Nigeria settentrionale.

L'udienza di appello di Amina programmata per il 25 Marzo 2003 dinanzi alla Corte Superiore di Appello della sharia di Katsina non ha avuto luogo in quanto erano presenti in aula solo 3 dei 5 giudici necessari per raggiungere il numero legale. 

La Corte ha così fissato una nuova udienza per il 3 Giugno prossimo.

Secondo le informazioni pervenute ad Amnesty International, Ahmadu Ibrahim, Fatima Usman e Mallam Ado Baranda non avrebbero avuto alcun rappresentante legale durante i loro processi.
Amnesty International chiede al governo nigeriano di impedire le esecuzioni di Amina Lawal, Ahmandu Ibrahim, Fatima Usman e Mallam Ado Baranda.
Già in passato Safiya, un'altra donna nigeriana condannata per adulterio, è stata salvata a causa delle proteste giunte da tutto il mondo.
Viene da domandarsi tuttavia quanti saranno i casi simili che non conosciamo e che sfuggono pertanto all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale?




giovedì 17 aprile 2003

Un piano per la dominazione globale


La seconda guerra del Golfo non si è fatta per il petrolio, o meglio non solo: quello che è veramente in gioco è l’assetto geopolitico  mondiale.
Con la fine del contrasto Est - Ovest, con la vittoria degli Stati Uniti nella guerra fredda, si è creato un vuoto di potere che deve
in qualche modo essere colmato, altrimenti avremo l’impero americano.
Ma, come ha dimostrato la crisi irachena, le Nazioni Unite sono in crisi e l’Europa non è ancora riuscita a darsi una politica estera
 e della difesa comuni.
E se l’Europa non riuscirà ad assumere in tempi brevi un ruolo responsabile nella politica mondiale e a costituire un proprio
esercito, gli Stati Uniti si sentiranno legittimati a continuare imperterriti nella direzione intrapresa, che è quella dell’impero,
cioè di un ordine mondiale stabile in cui la superiorità americana non sarà mai messa in discussione, e in cui ciò che va bene
per gli Stati Uniti dovrà andar bene per tutto il mondo.
A sostegno di queste considerazioni geostrategiche c’è la convinzione messianica che Dio abbia affidato
 agli Stati Uniti il compito di “essere un faro per le nazioni” e di diffondere il verbo democratico, se necessario
 con la forza. Questi sono i concetti della nuova dottrina di politica estera degli Stati Uniti che si trova esposta
 nel documento dal titolo” The National Security Strategy of the United States of America” che porta la data
del 20 settembre 2002 che, prima ancora che un documento di politica estera, è una riflessione sul potere
 nel nuovo millennio e sul posto degli USA nel mondo.
Presentato dal Presidente Bush il 20 settembre al Congresso, il documento non lascia dubbi sull’entità di una svolta radicale
nell'approccio al mondo da parte degli USA.  Vi si possono infatti leggere frasi come questa: "L'umanità ha nelle sue mani
l'occasione di assicurare il trionfo della libertà sui suoi nemici. Gli Stati Uniti sono fieri della responsabilità che incombe loro
di condurre questa importante missione."

Si tratterebbe del culmine di un piano portato avanti da coloro che credono che gli Stati Uniti debbano cogliere l'opportunità
 per la dominazione globale.
Tra gli architetti di questo Impero Americano c'è un gruppo di personaggi che detengono posizioni di primo piano nel governo
 Bush. Costoro immaginano la creazione e l'imposizione di quella che definiscono una "Pax Americana" mondiale.

Questi personaggi nel 1997 costituirono un’associazione “Project for the New American Century”, cui ho fatto cenno in
precedenti “post” , concetti che quindi sono nati alcuni anni prima degli attentati terroristici dell’11 settembre 2001.

E in un post dello scorso 1 aprile sul blog “Brodo primordiale” dal titolo "Gli USA in mano a una setta di fanatici"
 si sostiene che il National Security Strategy of the United States of America varato da Bush il 20 settembre 2002 sia la
copia esatta del piano, Rebuilding America's Defenses, scritto dal succitato "Project for the New American Century”
un anno prima.

L’esercito europeo versione Berlusconi


Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in una intervista alla Rai nella tarda serata di ieri, 15.4.2003, tornando a parlare – prima dell’inizio del vertice UE di Atene  -  dello stato dei rapporti all’interno dell’Unione dopo la crisi irachena ha detto: “L’Europa deve contare di più. Non si può contare di più se non si trova il modo di stare insieme, se non si trova il modo di comporre un esercito e dotarsi di armi tecnologiche, se non si trova il modo di avere un esercito capace di comportarsi con amicizia e lealtà con il potenziale militare americano”.

A prescindere da qualsiasi commento sull’uso maldestro della lingua italiana, concordo con la prima parte della dichiarazione, non sull’ultima ove si evidenzia un concetto di esercito europeo come mero strumento di quello degli Stati Uniti.

martedì 15 aprile 2003

GUERRA INFINITA

Forse le persone semplici non capiscono come si possa essere contro la politica degli USA: in Iraq è caduta una dittatura e, a prescindere dal caos e dai saccheggi che non hanno risparmiato ospedali, musei e biblioteche, dalla situazione umanitaria disastrosa, tutto andrà per il meglio da ora in poi. Anche l’Iraq avrà la democrazia e magari anche le leggi antifumo. Inquinare invece si potrà continuare a farlo, tanto gli Stati Uniti non firmeranno mai il protocollo di Tokio. Del resto le politiche ambientali sono materia per gli europei che sono sotto il segno di Venere, mentre gli Americani, che sono sotto il segno di Marte, devono pensare a fare le cose serie, cioè la guerra (Robert Kagan “Of Paradise and Power: America Vs.Europe in the New World Order).  
Poi ci sono le persone in malafede, ma queste ci sono anche tra i pacifisti senza se e senza ma.
Ad ogni modo a qualcuno dei più filoamericani consiglierei di andarsene negli Stati Uniti e di chiedere anche la cittadinanza, magari rinunciando anche a quella italiana, soprattutto a Ferrara che l’altra sera ha detto che l’Italia non conta niente, e magari è vero, ma quello che mi fa rabbia è che lui se ne compiace.
E se anche fosse vero, come i suddetti sostengono che gli USA ci hanno salvato dal finire sotto l’egemonia dell’URSS (anche se nessuno sa che sviluppo potrebbe avere avuto l’URSS se non ci fosse stata la pressione continua degli USA e la necessità di gareggiare con essa per la supremazia procedendo sulla strada dell’industrializzazione a marce forzate con tutto ciò che ha comportato, né cosa sarebbe accaduto se i tentativi di riforma del sistema, iniziati da Andropov e proseguiti da Gorbaciov, avessero avuto successo, ma probabilmente qualche guerra e qualche migliaio di morti in meno)  non è nell’interesse dei paesi europei restare allineati con chi, avendoli salvati, prima dalla dittatura nazista e poi da quella comunista, non certo disinteressatamente, pretende di trattarli da vassalli.
E comunque nel presente il paese più pericoloso per la pace mondiale sono proprio gli USA, non nel senso del popolo americano, ovviamente, ma nel senso della politica arrogante di Bush e del suo “entourage”. Del resto cosa ci si potrebbe aspettare da un incolto ex-alcolista diventato fondamentalista religioso che inizia la giornata con la lettura (ammesso che sappia leggere) della  Bibbia, dove il dio degli eserciti guida il popolo di Israele a massacrare i vicini?
Ora è la volta della Siria che avrebbe le armi chimiche (a proposito quelle dell’Iraq non sono state ancora trovate) e il cui leader non è certo un democratico, come tutti i leader arabi. Ma Rumsfeld non si può permettere di definire nessuno, nemmeno Assad,  un ragazzo che deve decidere da che parte sta, come ha fatto oggi.
Ma l'imperatore è forse pazzo?
E l’Iran? Certamente non c’è democrazia in Iran dove si applica la Sharia (ma del resto non c’era ombra di democrazia nemmeno quando non si applicava la Sharia, perché c’era lo Sha, alleato degli USA, le cui nefandezze determinarono la sciagurata presa del potere di Khomeini).
Certamente ormai che le truppe anglo-americane sono sul terreno, perché non dare una bella botta a tutti quanti e non pensarci più. Dopo di che la Pax Americana regnerà sul mondo intero?
Intendiamoci, a me gli arabi, soprattutto se musulmani fondamentalisti non piacciono affatto e qualche tempo fa ho anche pensato che, magari era colpa nostra (nel senso di noi occidentali tutti), ma che ormai eravamo allo scontro di civiltà e non potevano che difendere i nostri valori. 
Ma l’arroganza di questa amministrazione americana mi ha fatto ricredere.
Gli arabi continuano a non piacermi, però mi rendo anche conto che è pericoloso continuare ad umiliare i popoli dall’alto della propria potenza (e non solo gli arabi, ma anche l’Europa, la Russia, la Cina, tutto il resto del mondo). E se qualcuno non ci sta? L’esercito iracheno s’è squagliato, perché probabilmente il regime era ormai cotto, ma se qualcuno invece resiste? La guerra rischia di diventare veramente infinita e sempre più pericolosa.
E intanto in Iraq cominciano gli scontri di religione. 

domenica 13 aprile 2003

AVALON E DINTORNI



Oggi mi sono presa una vacanza da questo blog per aggiornare il mio sito principale "Avalon e dintorni"  che avevo un po' trascurato per seguire gli avvenimenti del conflitto in Iraq.

Il  sito si occupa di antiche civiltà scomparse, di dottrine esoteriche, di quel territorio, tra filosofia, scienza e fantascienza, ove si contemplano viaggi nel tempo, universi paralleli, UFO, e, più in generale, tutto quanto è insolito, misterioso o, in qualche modo alternativo. E c'è anche una pagina dedicata ai gatti, perché sono meravigliosi. 

sabato 12 aprile 2003


AL SAHAF

Ci sarebbero questioni più importanti da affrontare in questo momento, tuttavia ogni tanto bisogna anche divagare.
Peraltro, di fronte a qualsiasi evento, c'è sempre qualcuno che ha un'idea brillante e che riesce anche a guadagnarci ( presumo).

Sembra infatti aver avuto grande successo il sito internet sul ministro dell'informazione iracheno al Sahaf. Creato solo giovedì scorso, il sito su Mohammad Said al Sahaf, un'idea di uno scrittore Usa, ma frutto dell'apporto di una "coalizione di falchi assetati di sangue e di inefficaci colombe unite nell'ammirazione per il ministro (ex) dell'informazione iracheno", e' andato in tilt per l'eccesso di richieste di accesso. In alcuni momenti fino a 4.000 persone al secondo avrebbero cercato di aprire la pagina del sito, http://www.welovetheiraqiinformationminister.com , che infatti risulta tuttora molto lento, intasandolo. Il suo creatore, Kevin Mulvaney (qualcuno sa chi è ?), ha detto di essere subissato di richieste di interviste.
La notizia è stata data oggi dall'ANSA.
Particolarmente divertente la sezione dedicata a cosa avrebbe detto durante le grandi battaglie della storia l'imperturbabile al Sahaf.

Tra le diverse amenità  c'è una lettera del ministro da Disneyland:la guerra contro i mercenari infedeli e sette australiani sarebbe andata così bene che il suo boss, Saddam, lo avrebbe mandato in vacanza.

Il sito vende persino magliette e "gadget" vari con le dichiarazioni del suddetto. Infine propone una campagna per evitare che venga ucciso, bombardato, incenerito, ucciso e comunque eliminato, perché anzi dovrebbe essere ricompensato per aver tenuto alto il morale delle truppe della coalizione e ipotizza una miniserie televisiva dal titolo "Il ministro" chiedendo suggerimenti sull'attore più adatto al ruolo.

Ma perché questo fenomeno? Forse, anche se siamo abituati alle menzogne dei politici di tutto il mondo a cominciare da quelli americani che fanno le guerre "per portare la libertà  e la democrazia", l'incrollabilità  di al Sahaf di fronte all'evidenza è stata talmente plateale da risultare quasi simpatica.

venerdì 11 aprile 2003

LIBERAZIONE



"Io trovo penoso, sempre, far vedere uomini che rapinano casse dai ministeri bruciati e bombardati, sciacallaggio sulla povertà , l'essere umano celebrato in quanto ladro e in quanto povero diavolo che si accontenta di uscire festante con qualche cartone sulle spalle, addirittura pezzi di mobilio...che malinconia. io pensavo, speravo, nel XXI secolo, speravo in altre liberazioni, in altre feste."
giovedì, aprile 10, 2003
tratto da  NONSENSE BLOG di francesca mazzucato

mercoledì 9 aprile 2003

Il Nuovo Assetto Mondiale



 




USA: in un documento il progetto per sottomettere l'umanità
 







Con un titolo così si rischia di fare la figura di chi grida al lupo. Invece, come vedrete, non si tratta di un'esagerazione. Quello che riportiamo è infatti un testo terribile nella sua chiarezza, che spiega esattamente cosa sia la "Guerra del Bene contro il Male".

Il settimanale scozzese, Sunday Herald, ha pubblicato il 15 settembre scorso il sunto di un documento redatto due anni fa per conto di alcuni dei principali esponenti dell'attuale governo americano, che descrive in dettaglio un progetto per la sottomissione militare del pianeta al dominio statunitense. Un progetto che - tra molte altre cose - descrive con apparente favore la possibilità di creare armi biologiche capaci di sterminare "specifici genotipi".

Il documento, intitolato Rebuilding America's Defences: Strategies, Forces And Resources for a New Century, fu scritto nel settembre del 2000 - quando Bush non era ancora presidente - dal Project for the New American Century (PNAC), uno dei numerosi think-tank della destra statunitense. Il testo fu redatto per un gruppo specifico di persone, che oggi ricoprono incarichi non indifferenti: Dick Cheney, attuale vicepresidente degli Stati Uniti; Donald Rumsfeld, attuale segretario alla difesa; Paul Wolfowitz, attuale vicesegretario alla difesa; Jeb Bush, fratello del presidente; e Lewis Libby, capo dello staff di Cheney.

Di seguito, troverete la traduzione integrale dell'articolo del Sunday Herald. Legandosi all'attualità , il giornalista scozzese ha insistito su un dettaglio, il progetto per rovesciare il governo iracheno. Ma il documento va visto in un contesto molto più ampio.

Già alla fine degli anni Cinquanta, un vecchio conservatore, il presidente Eisenhower, metteva in guardia contro la struttura mostruosa che cominciava a dominare il suo paese: una coalizione sempre più stretta tra immense imprese legate alle commesse militari, uno Stato che aveva come funzione principale la conduzione della guerra e una sterminata catena di laboratori dove scienziati, sociologi, tecnici di ogni sorta lavoravano anno dopo anno per affinare gli strumenti del dominio, a prescindere completamente dalla pur vivace società  civile del paese. Il testo che leggerete è un esempio, nemmeno tanto insolito, di ciò che si produce in questi laboratori.

Questa simbiosi, in nome della "guerra duratura", tra alcune gigantesche corporations, lo Stato e la ricerca sembra una riedizione di un aspetto fondamentale del nazionalsocialismo dell'epoca dei Krupp e di Peenemünde. Il parallelo è ovviamente tecnico e non demonizzante: è inutile elencare le profonde differenze tra il sistema statunitense e quello della Germania degli anni Trenta. Ma è inevitabile che una struttura di questo tipo porti non solo a uno stato di Enduring War, ma anche - come è  successo con il Patriot Act - all'abolizione di alcuni elementi fondamentali di democrazia.

La sede del "progetto per un nuovo secolo americano" (un nome, un programma) coincide con quella di un giornale di proprietà  del miliardario dei media, Murdoch, cosa che può indurre a utili riflessioni sulla libertà di stampa. Il direttore del PNAC, William Kristol, è il figlio di Irving Kristol, il principale ideologo della nuova destra americana, che è riuscito a prendere in mano le redini di alcune ricchissime fondazioni americane, tra cui spicca la Olin Foundation, creata dalla principale impresa di armi da fuoco degli Stati Uniti. Queste fondazioni hanno versato milioni di dollari per trasformare anche la produzione di idee in un annesso dell'industria bellica.

Grazie a Irving Kristol, ad esempio, Samuel Huntington ha potuto incassare finora ben cinque milioni di dollari da varie fondazioni come premio per aver creato la famosa nozione di "scontro di civiltà ". Che prima ancora di essere un libro è uno slogan, ormai noto anche ai meno colti.



Miguel Marti­nez







Neil Mackay:

"Bush aveva pianificato il 'cambio di regime'
in Iraq prima ancora di diventare presidente"


Sunday Herald - Scozia - 15 settembre 2002

Articolo in inglese






Un progetto segreto per il dominio globale statunitense rivela che il Presidente Bush e il suo governo avevano pianificato un attacco premeditato contro l'Iraq per imporvi un "cambio di regime" addirittura prima del suo ingresso alla presidenza nel gennaio del 2001.

Il progetto - scoperto dal Sunday Herald - per la creazione di una "Pax Americana globale" è stato redatto per Dick Cheney (attualmente vicepresidente), Donald Rumsfeld (segretario alla difesa), Paul Wolfowitz (il vice di Rumsfeld), il fratello minore di George W Bush, Jeb e per Lewis Libby (il capo dello staff di Cheney). Il documento, dal titolo "Rebuilding America's Defences: Strategies, Forces And Resources For A New Century" ("ricostruire le difese dell'America: strategie, forze e risorse per un nuovo secolo"), è stato redatto nel settembre del 2000 dal think-tank di destra [neo-conservative], il Project for the New American Century (PNAC) ["progetto per un nuovo secolo americano"].

Il piano mostra che il governo Bush intendeva assumere il controllo militare del Golfo a prescindere se Saddam Hussein fosse o no al potere. Il testo dice 'gli Stati Uniti hanno cercato da decenni di svolgere un ruolo più permanente nella sicurezza regionale del Golfo. Mentre il conflitto irrisolto con l'Iraq fornisce una giustificazione immediata, l'esigenza di avere una sostanziosa presenza delle forze americane nel Golfo va oltre la questione del regime di Saddam Hussein.'

Il documento del PNAC presenta 'un progetto per conservare la preminenza globale degli Stati Uniti, impedendo il sorgere di ogni grande potenza rivale, e modellando l'ordine della sicurezza internazionale in modo da allinearlo ai principi e agli interessi americani'.

Questa 'grande strategia americana' deve essere indirizzata 'il più lontano possibile verso il futuro', dice il rapporto. Che invita poi gli Stati Uniti a 'combattere e vincere in maniera decisiva in teatri di guerra molteplici e contemporanei', come una 'missione cruciale' [core mission].






"core mission"



Il rapporto descrive le forze armate statunitensi all'estero come la 'cavalleria lungo la nuova frontiera americana'. Il progetto del PNAC dichiara il proprio sostegno a un documento scritto in precedenza da Wolfowitz e Libby, in cui si affermava che gli Stati Uniti dovrebbero 'dissuadere le nazioni industriali avanzate dallo sfidare la nostra egemonia (leadership) o anche dall'aspirare a svolgere un ruolo regionale o globale maggiore'.

Il rapporto del PNAC inoltre:


  • descrive gli alleati chiave, tra cui il Regno Unito, come 'il mezzo più efficace per esercitare un'egemonia globale americana';


  • afferma che le missioni militari per garantire la pace 'richiedono un'egemonia politica americana e non quella delle Nazioni Unite';


  • rivela l'esistenza di preoccupazioni nell'amministrazione americana a proposito della possibilità  che l'Europa possa diventare un rivale degli USA;


  • dice che 'anche se Saddam dovesse uscire di scena', le basi nell'Arabia Saudita e nel Kuwait dovranno restare in maniera permanente - nonostante l'opposizione locale tra i regimi dei paesi del Golfo alla presenza di soldati americani - perché 'anche l'Iran potrà  dimostrarsi una minaccia pari all'Iraq agli interessi statunitensi';


  • mette la Cina sotto i riflettori per un 'cambio di regime', dicendo che è arrivata l'ora di aumentare la presenza delle forze armate americane nell'Asia sudorientale'. Ciò potrebbe portare a una situazione in cui 'le forze americane e alleate forniscano la spinta al processo di democratizzazione in Cina';


  • invita a creare le 'US Space Forces' ("forze spaziali statunitensi") per dominare lo spazio, e ad assumere il controllo totale del ciberspazio in modo da impedire che i 'nemici' usino internet contro gli Stati Uniti;


  • anche se gli Stati Uniti minacciano la guerra contro l'Iraq per aver sviluppato armi di distruzione di massa, gli USA potrebbero prendere in considerazione, nei prossimi decenni, lo sviluppo di armi biologiche - che pure sono state messe al bando. Il testo dice: 'nuovi metodi di attacco - elettronici, 'non letali', biologici - diventeranno sempre più possibili. .. il combattimento si svolgerà in nuove dimensioni, nello spazio, nel ciberspazio, forse nel mondo dei microbi... forme avanzate di guerra biologica in grado di prendere di mira genotipi specifici potranno trasformare la guerra biologica dal mondo del terrorismo in un'arma politicamente utile';


  • il testo prende di mira la Corea del Nord, la Libia, la Siria e l'Iran come regimi pericolosi, e sostiene che la loro esistenza giustifica la creazione di un 'sistema mondiale di comando e di controllo'.
Tam Dalyell, deputato laburista [nel parlamento di Londra] e una delle principali voci di ribellione contro la guerra all'Iraq, ha dichiarato: 'si tratta di immondizia proveniente da think tank di destra pieni di falchi-coniglio - gente che non ha mai visto gli orrori della guerra, ma è innamorata dell'idea della guerra. Gente come Cheney, che è riuscita a sfuggire al servizio militare ai tempi della guerra del Vietnam. 'Si tratta di un progetto per il dominio mondiale statunitense - un nuovo ordine mondiale creato da loro. Questi sono i processi mentali di americani fantasticanti, che desiderano controllare il mondo. Sono sconvolto dal fatto che un primo ministro laburista inglese vada a letto con una banda di gente di una tale bassezza morale.'

questo articolo può essere riprodotto liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com -
e che si pubblichi anche questa precisazione
 
Ritengo opportuno precisare che ho un po' di dubbi su questo Miguel Martinez sul quale mi devo documentare, tuttavia l'articolo sul "Sunday Herald" esiste davvero e quanto vi si dice coincide pienamente con i concetti espressi sul sito del " Project for the New American Century".
 

La caduta di Bagdad




Bagdad è caduta prima di quanto si potesse pensare fino a qualche giorno fa, il regime di Saddam Hussein è finito.
La famosa guardia repubblicana non ha combattuto e si è praticamente dissolta. Non si sa se Saddam Hussein sia vivo o morto. Ma è probabile che sia stato lasciato fuggire. La fuga di Saddam e la dissoluzione di quanto restava dell'esercito iracheno, e soprattutto della famosa e temuta guardia repubblicana che avrebbe reso la battaglia di Bagdad una carneficina anche per il super tecnologico esercito americano, sono state oggetto di accordo tra le parti? Sono corsi dollari e diversi lasciapassare, per il rais e per i suoi fedelissimi?
Ancora non sappiamo, però è probabile.
Una dittatura è caduta e questo è solo il casuale effetto positivo di una guerra che  è  stata fatta per ben altri motivi, e mi dispiace per chi è in buona fede e crede che sia stata fatta per la libertà  del popolo iracheno che, incapace di governarsi (questo è vero, perché i fatti hanno dimostrato che manca qualsiasi forma di opposizione organizzata, se si escludono i Curdi, e questo è un altro discorso) passa da una dittatura ad un protettorato militare americano.
Quello che preoccupa è che la guerra all'Iraq è solo un episodio di un progetto ben più ampio che l'attuale leadership americana ha cominciato a realizzare, quello di costruire la "pax americana", che non è quanto di meglio ci si possa augurare per il futuro assetto del mondo.
Francia, Germania e Russia sono un po' contrariate perché oltre a perdere un bel po' di soldi a causa dei contratti con Saddam ormai divenuti carta straccia (e non è poco), a non avere ovviamente alcuna parte nella ricostruzione del paese, temono, giustamente, la "pax americana". 
Ma almeno all'amico Silvio, anche se non belligerante e assai poco visibile durante questa guerra, Bush riterrà  di dover concedere qualcosa nella ricostruzione?

martedì 8 aprile 2003

APPELLO



Migliaia di persone, fra cui Noam Chomsky e Arundhati Roy hanno diffuso e firmato questo appello:

“Credo nella pace e la giustizia.
Credo nella democrazia e nell'autonomia. Non credo che gli Stati Uniti né nessun altro paese debbano ignorare la volontà popolare e indebolire la legge internazionale, cercando di ottenere con la prepotenza e la corruzione voti nel Consiglio di Sicurezza.
Credo nell'internazionalismo. Mi oppongo a che qualunque nazione crei un network sempre più ampio di basi militari accumulando un immenso arsenale bellico senza uguali nel mondo.
Credo nell'equità. Non credo che gli USA né nessun altro paese debbano cercare di costruire un impero. Non credo che gli USA debbano controllare le riserve petrolifere del Medio Oriente in nome delle multinazionali americane e come una leva per ottenere il controllo politico su altri paesi.
Credo nella libertà. Mi oppongo ai regimi brutali in Iraq e in altri paesi ma anche alla nuova dottrina della 'guerra preventiva' che è garanzia di un conflitto permanente e molto pericoloso, ed è la ragione per cui gli Stati Uniti sono adesso considerati in tutto il mondo la maggiore minaccia per la pace. Sono a favore di una politica estera democratica che appoggi l'opposizione popolare all'imperialismo, alla dittatura e al fondamentalismo politico in tutte le sue forme. 

Credo nella solidarietà. Sono schierato/a a fianco di tutti i poveri e gli esclusi. Nonostante la massiccia disinformazione milioni di persone si oppongono ad una guerra ingiusta, illegale, immorale, e io voglio unire la mia voce alla loro. Sono schierato/a a fianco di tutti i leader religiosi e morali e i lavoratori di tutto il mondo, e con la stragrande maggioranza dei popoli di tutto il mondo.
Credo nella diversità. Sono a favore della fine del razzismo nei confronti degli immigrati e le persone di colore. Sono a favore della fine della repressione nel mio paese e all'estero.
Credo nella pace. Mi oppongo a questa guerra e alle condizioni, le mentalità e le istituzioni che alimentano e nutrono la guerra e l'ingiustizia.
Credo nella sostenibilità. Sono contro la distruzione delle foreste, della terra, dell'acqua, delle risorse ambientali e della biodiversità da cui dipende tutta la vita.
Credo nella giustizia. Sono contro le istituzioni economiche, politiche e culturali che promuovono una mentalità competitiva, contro le enormi disuguaglianze nella ricchezza e nel potere, contro il dominio delle multinazionali che arriva al punto da creare gli sweatshop e lavoratori-schiavi, contro il razzismo e le gerarchie sessuali e di genere.
Sono a favore di politiche che dirottino i fondi impiegati nelle spese militari e belliche verso la fornitura di servizi sanitari, istruzione, abitazioni e lavoro.
Sono a favore di un mondo le cui istituzioni politiche, economiche e sociali promuovano la solidarietà, favoriscano l'equità, massimizzino la partecipazione, celebrino la diversità e incoraggino la vera democrazia.
Credo nella pace e della giustizia e, inoltre, m'impegno a lottare per la pace e la giustizia.
Se un milione o più di nuove persone capiranno e firmeranno questa dichiarazione, avrà sicuramente delle ripercussioni nel breve e nel lungo periodo, contribuendo ad ampliare il nostro movimento e a conferirvi un tono positivo. Pensiamo quindi che sia un approccio che valga la pena di considerare. In ogni caso, dobbiamo organizzarci, organizzarci, organizzarci.... soprattutto coinvolgendo chi ancora non è organizzato". 



Firma l'appello qui.

domenica 6 aprile 2003

La guerra all'Iraq era decisa dal 1998


Mi sembra interessante la lettura di alcuni documenti, sottoscritti anche da Rumsfeld e Cheney, risalenti agli anni 1997-1998, riportati nella versione on line del Corriere della Sera del 28.3.2003, i quali sostengono la supremazia degli Usa e il ridimensionamento di Nazioni Unite ed Europa e dai quali si rileva che la guerra all'Iraq era stata decisa già  nel 1998, quindi molto prima dell'attentato dell'11 settembre 2001.
Qui di seguito riporto la traduzione della Dichiarazioni di Principi del «Project for the New American Century» (PNAC), organizzazione fondata nella primavera del 1997 con l'obiettivo di perseguire la supremazia globale degli Stati Uniti raggiungendo tutti i primati, politici, economici e militari che la fine della guerra fredda ha lasciato aperti per il XXI secolo.

Dichiarazione di Principi

3 Giugno 1997
"La politica estera e della difesa Americana è alla deriva. I conservatori hanno criticato la politica incoerente dell'Amministrazione Clinton. Essi hanno pure resistito agli impulsi isolazionisti presenti nei loro stessi ranghi. Ma non sono stati in grado di proporre con forza una visione strategica del ruolo dell'America nel mondo. Non hanno espresso principi guida per la politica estera Americana. Hanno permesso che differenze di tattica oscurassero potenziali accordi sugli obiettivi strategici. E non hanno combattuto per un bilancio della difesa che garantisse la sicurezza Americana e facesse avanzare gli interessi Americani nel nuovo secolo.
Noi aspiriamo a cambiare tutto questo. Noi aspiriamo a fornire argomenti per raccogliere il sostegno intorno alla leadership mondiale americana.
Mentre il 20° secolo sta per concludersi, gli Stati Uniti si trovano ad essere la principale potenza nel mondo. Avendo guidato l'Occidente alla vittoria nella Guerra Fredda, l'America si trova di fronte un'opportunità  e una sfida: gli Stati Uniti hanno la lungimiranza necessaria per costruire sulle conquiste delle passate decadi? Gli Stati Uniti sono in grado di decidere di plasmare il nuovo secolo in modo favorevole ai principi e agli interessi Americani?
Noi corriamo il rischio di sperperare l'opportunità  e di fallire la sfida. Noi stiamo dissipando il capitale, sia in termini di investimenti militari che di conquiste di politica estera accumulate dalle passate amministrazioni. I tagli nella spesa per gli affari esteri e per la difesa, la scarsa attenzione agli strumenti dell'arte di governo, e una leadership instabile stanno rendendo sempre più difficile mantenere l'influenza Americana nel mondo. E la promessa di benefici commerciali a breve termine minaccia di calpestare considerazioni strategiche. Come conseguenza, noi stiamo mettendo a repentaglio la capacità della nazione di far fronte alle minacce presenti e di trattare le sfide potenzialmente più grandi che ci troveremo davanti.
Sembriamo aver dimenticato gli elementi essenziali del successo dell'Amministrazione Reagan: un esercito che è forte e pronto a far fronte alle sfide sia presenti che future; una politica estera che coraggiosamente e risolutamente promuove i principi americani all'estero; e una leadership nazionale che accetta le responsabilità mondiali degli Stati Uniti.
Naturalmente, gli Stati Uniti devono essere prudenti circa le modalità  con cui esercitare il proprio potere. Ma noi non possiamo certamente evitare le responsabilità  di leadership mondiale e i costi che sono associati con il loro esercizio. L'America ha un ruolo vitale nel mantenere la pace e la sicurezza in Europa, in Asia, in Medio Oriente. Se noi evitiamo le nostre responsabilità , noi sollecitiamo le sfide ai nostri fondamentali interessi. La storia del 20° secolo dovrebbe averci insegnato che è importante plasmare le circostanze prima che le crisi emergano, e affrontare le minacce prima che esse diventino terribili. La storia di questo secolo dovrebbe averci insegnato ad abbracciare la causa della leadership americana.
La nostra aspirazione è ricordare agli Americani queste lezioni e trarne le conseguenze per l'oggi. Ecco quattro conseguenze:
  • noi dobbiamo incrementare le spese per la difesa in modo significativo se vogliamo mantenere le nostre responsabilità  mondiali oggi e modernizzare le nostre forze armate per il futuro;
  • noi dobbiamo rafforzare i nostri legami con le democrazie alleate e sfidare i regimi ostili ai nostri interessi e valori;
  • noi dobbiamo promuovere la causa della libertà  politica ed economica all'estero;
  • noi dobbiamo accettare la responsabilità  per il ruolo unico dell'America nel preservare ed estendere un ordine internazionale favorevole alla nostra sicurezza, alla nostra prosperità , ai nostri principi.
Tale politica Reaganiana di forza militare e chiarezza morale può non essere alla moda oggi. Ma è necessario che gli Stati Uniti si basino sui successi di questo secolo ormai passato per garantire la propria sicurezza e la propria grandezza nel futuro".
Ecco l'elenco dei sottoscrittori:
Elliott Abrams Gary Bauer William J. Bennett Jeb Bush

Dick Cheney
Eliot A. Cohen Midge Decter Paula Dobriansky Steve Forbes

Aaron Friedberg
Francis Fukuyama Frank Gaffney Fred C. Ikle

Donald Kagan
Zalmay Khalilzad I. Lewis Libby Norman Podhoretz

Dan Quayle
Peter W. Rodman Stephen P. Rosen Henry S. Rowen

Donald Rumsfeld
Vin Weber George Weigel Paul Wolfowitz

venerdì 4 aprile 2003

Il Nuovo Secolo Americano

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Verità e menzogne

"Sappiamo che nessuno degli argomenti usati per giustificare la guerra contro Baghdad risponde a verità; ma la menzogna più clamorosa è la sedicente preoccupazione di portare la democrazia in Iraq.
Nessuno dubita che Saddam Hussein sia un dittatore spietato e un assassino, i cui peggiori eccessi hanno avuto a suo tempo l'appoggio dei governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Ed è certo che gli iracheni avrebbero tutto da guadagnare a liberarsi di lui. Ma non è meno certo che il mondo intero starebbe molto meglio senza un certo signor Bush."
Arundhati Roy 


LE MONDE diplomatique - Marzo 2003

Bagdad - Scontro finale?


Tra qualche giorno, al massimo qualche settimana, gli anglo-americani avranno conquistato l’Iraq, anche se forse non pacificato, e imposto un governatorato militare con lo scopo ufficiale di preparare la transizione alla democrazia, quanto lunga la transizione ad oggi non è possibile prevedere.
Alle squadre di assalto si sostituiranno le squadre di appalto.
La parte del leone andrà agli americani che hanno posto in campo 300.000 uomini, qualcosa agli inglesi che ce ne hanno messi 45.000, qualche briciola ad australiani, polacchi, spagnoli che ce ne hanno messi qualche centinaio. Per la cronaca sembra che ci sia anche l’equipaggio di un sottomarino svedese. Ceki, slovacchi, ucraini, ungheresi, romeni e bulgari hanno promesso reparti a guerra finita, ma della coalizione, secondo fonti della Casa Bianca, fanno parte ben 45 nazioni, tra le quali le Marshall, l’Albania, le Isole Salomone, Palau, l’Honduras, il regno di Tonga, la Micronesia, l’Eritrea e l’Italia non belligerante.
Non so quale parte nel dopoguerra potranno avere le Isole Salomone e il regno di Tonga. Certamente all’Europa qualcosa si dovrà concedere.
E Colin Powell oggi a Bruxelles ha incontrato i ministri degli esteri della UE per cercare di ricucire lo strappo promettendo partecipazioni (piccole) alla ricostruzione.
Il prezzo del petrolio sta scendendo e le borse sono in rialzo.
Tutto bene quel che finisce bene.
Un po’ di iracheni si sono presi le bombe in testa e qualcuno è morto, ma si sa la libertà ha sempre un prezzo.
E quando gli americani entreranno a Bagdad forse si vedranno anche le masse inneggianti ai liberatori e le bandierine americane sventolanti (forse più opportuniste che spontanee, ma sempre meglio che niente) e chissà che anche da noi spariscano dalle finestre le bandiere della pace e compaiano quelle americane (che da noi saltare sul carro del vincitore è lo sport nazionale, anche prima del calcio, non che qualcuno potesse ipotizzare la sconfitta degli alleati anglo-americani, ma c’era sempre il rischio che si impantanassero e allora sarebbe stato facile essere pacifisti ad oltranza).
Per ora sembra che gli iracheni oppongano ancora una certa resistenza, anche se sempre più fiacca. E si potrebbe anche discutere se lo facciano per paura, perché non si fidano degli americani, perché comunque odiano l’occidente e quello che rappresenta, oppure solo per difendere il proprio suolo dall’invasore e perché non gradiscono un futuro protettorato americano o anglo americano che quello inglese lo hanno già conosciuto e forse non gli è piaciuto.
 Ad ogni modo, anche se non si può escludere un ultimo colpo da parte di Saddam (bombe chimiche, biologiche o che altro?), qualunque cosa succeda non si può dubitare della vittoria degli alleati, ne mai nessuno ne ha dubitato. Ciò che poteva essere incerto era solo la durata della guerra, ma le ultime notizie sembrerebbero essere confortanti.
Per motivi forse di ordine psicologico, e del resto la psicologia è quella che muove il mondo, anche più degli interessi economici e del petrolio, perché alla fine è tutta una questione di potenza ( e ciò vale per i popoli per i singoli), non mi piacciono i vincitori, specialmente quando la vittoria è facile.
Ma si può essere per Saddam? Se si trattasse di un personaggio anche discutibile, anche ambiguo, con molti lati oscuri ma anche qualche elemento positivo dalla sua, si potrebbe anche provare ad esserlo, ma il soggetto è assolutamente indifendibile. Personalmente, per quanto non sopporti Bush e la cricca che rappresenta, non ce la faccio a parteggiare per Saddam Hussein, perché non ci sono dubbi che sia un efferato dittatore e ormai anche un campione del fondamentalismo islamico che, magari per necessità, inneggia alla Jihad, anche se fino alla prima guerra del Golfo era il più laico dei leader arabi, e ancora oggi i suoi legami con Al Qaeda non sono stati provati (e del resto neanche il possesso delle armi di distruzione di massa), e per quanto mi riguarda, perchè sono una donna e perché sono profondamente laica, o forse pagana o panteista, il che è lo stesso, rifuggo con orrore da qualsiasi fondamentalismo religioso (anche quello di Bush e quello del Papa).
Certamente preferisco un mondo multipolare ad uno unipolare e vorrei che l’Europa fosse una potenza anche politica e militare e non solo economica. Ma è probabile che l’Europa non abbia la forza, né la voglia di diventarlo, anche per le divisioni al suo interno, e che il suo futuro sia quello di essere provincia del Sacro Americano Impero, come la Grecia ai tempi dell’Impero Romano.