sabato 1 marzo 2003

Le ragioni della pace e quelle della guerra


 Di fronte alla crisi irachena non è poi così semplice prendere posizione.

Personalmente sono a favore della pace, perché sono convinta che la guerra non risolve i problemi, anzi spesso pone le premesse di guerre successive, e soprattutto perché sono sempre le popolazioni civili a subirne le peggiori conseguenze, oggi più che mai quando la guerra tecnologica fa poche vittime tra i militari, però ne fa molte tra i civili, poiché le bombe, non sempre intelligenti, finiscono su edifici civili, anziché su obiettivi militari (anche se in questi deprecabili casi si parla di incidenti).

Pertanto una nuova guerra contro l'Iraq significherebbe nuove sofferenze per la popolazione civile che ancora subisce le conseguenze della crisi del 1991 e del relativo embargo che ha fatto solo morti tra i civili per denutrimento e mancanza di cure e niente ha fatto al regime.

Ad ogni  modo posso anche capire le ragioni della guerra, che stanno nella  difesa dei valori dell'Occidente nei confronti del fondamentalismo islamico che ci ha già  dichiarato guerra con il terrorismo, ma soprattutto nell'assicurarsi a buon mercato il petrolio iracheno, e non si può dimenticare che il petrolio è vitale per le nostre società, almeno finché un'energia alternativa, pulita e illimitata (l'idrogeno?) non sarà divenuta sfruttabile su scala industriale.
Quanto all'affossamento di un regime dittatoriale non è credibile come causa, soprattutto quando viene avanzata dagli Stati Uniti che, in passato, hanno sostenuto, finanziato e armato Saddam Hussein senza preoccuparsi troppo della natura dittatoriale del suo regime, così come hanno sostenuto, finanziato e armato, quando non condotto al potere, altri dittatori ( e il Cile di Pinochet non se lo ricorda più nessuno?).

Le guerre oggi, come nel passato, sono sempre state fatte per gli interessi, di volta in volta mascherati  con motivazioni di ordine ideale, ideologico, religioso o dinastico.

Tornando alla crisi irachena credo che non si possa passare sopra l'uccisione di tanti civili per assicurarsi un po' di petrolio.
Quanto alla lotta al terrorismo sono del parere che la guerra sarebbe altresì controproducente.
L'Iraq non è oggi, e non lo è mai stato, un campione del fondamentalismo islamico, anzi nel recente passato era tra i paesi arabi meno improntati ai dettami della religione islamica anche in fatto di costume. Ma un attacco da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati verrebbe visto come l'attacco dell'Occidente ad un paese islamico e fornirebbe un ottimo pretesto alle centrali terroristiche islamiche per dare incremento alle proprie azioni. Si potrebbe inoltre scavare un solco profondo, non più colmabile, tra l'Occidente e i paesi arabi, anche quelli moderati, fino allo scontro di civiltà e questo si che metterebbe in pericolo la pace mondiale. Il fondamentalismo islamico va combattuto perché non può che produrre aberrazioni e regimi dittatoriali, come li produsse il fondamentalismo cristiano (non possiamo dimenticare le guerre di religione che hanno insanguinato l'Europa per secoli, l'inquisizione, la caccia alle streghe, la conquista e la distruzione di intere popolazioni con la scusa di portare la vera fede), ma bisogna anche riflettere che esso si è rafforzato sulla mancata soluzione del problema palestinese che ha alimentato la disperazione nella quale si è sviluppato il  terrorismo. Ma non mi sembra che gli Stati Uniti abbiano mai inteso trovare una soluzione per questo problema, tenuto conto dei loro legami con Israele, ne lo ha fatto l'Europa.
E se è vero che Israele è apparentemente l'unico paese democratico dell'area, è altresì vero che la sua politica espansionistica non ha fatto altro che esasperare il problema palestinese e alimentare il terrorismo e rendere gli arabi sempre più fondamentalisti. Del resto cosa avremmo fatto noi se qualcuno fosse venuto a cacciarci dalle nostre terre e dalle nostre case con la scusa che quei territori erano suoi duemila anni prima?
Ma anche la fine del regime dittatoriale di Saddam Hussein e la conseguente democratizzazione dell'Iraq sotto l'egida degli Stati Uniti non varranno certo a risolvere il problema palestinese che è il vero dramma dell'area e la vera causa del terrorismo.

Credo pertanto che le ragioni della guerra  sopra prese in esame siano facilmente smontabili e che essa sarebbe giustificata solo nel caso in cui l'Iraq minacciasse veramente il mondo intero o anche  solo i propri vicini. Ma L'Iraq, non solo non ha attaccato nessuno, ma non è in condizione di minacciare i propri vicini o i suoi avversari e quindi qualsiasi collegamento con Hitler e la Germania del 1939 è assolutamente fuori luogo. Del resto per ammissione stessa del Pentagono l'esercito iracheno è povero e male addestrato, tanto che non resisterà più di due settimane alla guerra.
Non vi sono altresì prove che l'Iraq disponga di armi di distruzione di massa né si è stabilito alcun serio collegamento tra Saddam Hussein e Al Qaeda.
Allora dove è la minaccia?

Saddam minaccia soltanto i propri oppositori, in quanto è un efferato dittatore e questo credo che nessuno possa smentirlo, con buona pace degli inviati del Vaticano che stringono la mano a lui e ai suoi emissari.
Questo, a mio parere, è l'unico motivo etico per cui si possono avere dei dubbi nell'essere pacifisti ad oltranza, ed è l'unico motivo che ha veramente un peso a favore della guerra. Infatti, anche se le motivazioni della guerra voluta dagli Stati Uniti e dai suoi vassalli in Europa sono ben altre che il rovesciamento di Saddam, non sarebbe ammissibile che essa non comportasse la sua cacciata e la liberazione dell'Iraq, ovviamente sotto l'egida degli Stati Uniti che dovrebbero rimanere a lungo nel paese, anche perché non sembra almeno ad oggi che sia stato trovato il Karzai di turno. E certamente molti degli oppositori al regime di Saddam vedono nella guerra una speranza e si sentirebbero delusi se non venisse fatta.
Ma purtroppo Saddam non è il solo dittatore sulla scena mondiale e intervenire oggi in Iraq vorrebbe dire intervenire domani altrove, e quindi essere continuamente in guerra.
Ma l'Occidente democratico e civile può permettersi di essere sempre in guerra? E comunque la democrazia può essere imposta con le armi? 
Inoltre consentire a uno stato il diritto alla guerra contro un altro stato con la sola motivazione che in quello stato c'è¨ un regime dittatoriale sarebbe destabilizzante per i rapporti internazionali e  del resto la carta dell'ONU non consente il ricorso alla forza contro uno stato a motivo del suo regime. Il solo motivo per cui può autorizzare il ricorso alla forza è che quello stato rappresenti una minaccia per la pace e questo per l'Iraq non è stato dimostrato.

Ma gli Stati Uniti, che hanno deciso che vogliono fare questa guerra e la faranno con o senza l'ONU, si sentono autorizzati a tacciare gli stati europei meno asserviti alla loro politica di imbelli e ingrati.

A queste accuse si può rispondere che in Europa ci siamo scannati per secoli tra nazioni contrapposte e anche tra vicini di casa. E abbiamo dovuto sperimentare le aberrazioni del nazismo e della seconda guerra mondiale per bandire la guerra per sempre.
Quanto all'ingratitudine è bene ricordare che anche l'intervento degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale non fu determinato da motivi ideali, ma da ben precisi interessi.  Essi entrarono in guerra  solo nel 1941, anche perché l'opinione pubblica nazionale non era favorevole all'intervento e non capiva perché ci si dovesse occupare delle sorti dell'Europa, senonché ci fu il proditorio attacco del Giappone a Pearl Harbour, e finalmente gli Stati Uniti poterono intervenire e scongiurare così un'Europa dominata dalla Germania hitleriana o dall'Unione Sovietica, nel caso in cui la guerra fosse stata ugualmente persa dalla Germania, ciò che non coincideva propriamente con gli interessi degli Stati Uniti stessi. Pertanto la retorica americana sull'intervento con il quale avrebbero salvato l'Europa, e per il quale i paesi europei meno servili nei confronti della loro politica sarebbero degli ingrati, non ha proprio senso, e non tiene conto che la guerra fu combattuta e vinta anche dalla Russia, che ebbe venti milioni di morti, e dall'Inghilterra, senza considerare la Resistenza nei vari paesi europei occupati. 

Ma Washington è convinta di essere l'unica potenza in grado di far regnare l'ordine sul pianeta e pertanto tutti devono allinearsi. Ma Parigi e Berlino caldeggiano un mondo multipolare e un'Europa capace di affermarsi sulla scena politica in maniera autonoma. Con questo è certo che anche  l'atteggiamento delle due capitali europee è dettato da interessi non propriamente etici. E'probabile che Parigi abbia dei contratti vantaggiosi con l'Iraq.
Tuttavia non mi piace il messianesimo degli StatiUniti che ritengono di poter decidere per il mondo intero e di poter imporre  a tutti il proprio modo di vita e le proprie ragioni, trattando gli alleati come sottoposti, come non era più accaduto dei tempi della Roma imperiale. E chi non è con loro è contro di loro.
E' compito dell'Europa impegnarsi per una politica estera e per una difesa comuni in modo da poter contendere agli Stati Uniti la supremazia, tenuto conto che non sempre i nostri interessi coincidono con i loro.
Non si tratta di filoamericanismo o antiamericanismo. Non ci sono dubbi che gli Stati Uniti sono al loro interno un paese democratico, mentre l'Iraq non lo è.
Ma il problema non è questo, quanto se si ritenga giustificata o meno la guerra che essi vogliono fare e anche se i nostri interessi di europei coincidano veramente con i loro o siano anche diversi.
Quanto all'Italia dovrebbe impegnarsi per assumere il ruolo che le spetta, un ruolo forte in Europa  e attivo, anche per la sua posizione di paese mediterraneo, nella soluzione dei problemi dell'area del vicino oriente e nei rapporti tra questa e l'Europa.
Purtroppo i nostri governanti, di qualsiasi colore politico, non sono mai stati all'altezza della situazione, non hanno mai avuto grandi progetti e hanno sempre ritenuto di dover fare atto di vassallaggio nei confronti della superpotenza di oltreoceano.



********************************************************************************
Vorrei concludere con queste parole:

Si era detto che dopo la caduta del Muro di Berlino si sarebbe aperta una nuova stagione di pace e sviluppo...
Si era detto che il "Nuovo Ordine Mondiale" avrebbe cancellato le guerre dalla faccia della Terra...
Ma nella Guerra del Golfo hanno perso la vita più di 300 mila uomini...
Nella Ex-Jugoslavia, nel cuore dell'Europa, si è combattuto per 10 anni riportando l'orologio della storia al medioevo...
In Afghanistan, in Cecenia, in Ruanda, in India e Pakistan, a Timor Est le armi non hanno mai smesso di tacere...
Attualmente 36 nazioni sono direttamente coinvolte in conflitti armati e spesso combattono anche i bambini...
Tutto questo mentre le spese militari dei paesi industrializzati sono 30 volte superiori agli stanziamenti per gli aiuti umanitari...
E il 25% della popolazione mondiale vive con meno di 1 $ al giorno...
Con la spesa per gli armamenti dell'anno 1983
si sarebbero potuti sfamare 200 milioni di bambini...
E con i soldi necessari per dotarsi di un caccia a reazione si potrebbero costruire 40.000 farmacie...
Intanto le mine antiuomo fanno ancora 20.000 vittime all'anno in ognuno dei 90 paesi che subiscono questo flagello. Produrre una mina costa 8 $. Disattivarla 5000 $...
Si parla di "guerre chirurgiche" ma nei conflitti contemporanei le vittime sono per il 34% bambini; per il 59% civili; per il 7 % militari...
Quelli che vengono definiti "danni collaterali" di un conflitto sono esseri umani massacrati, mutilati, violentati, privati di tutto quello che possiedono.
La guerra è la soluzione?



2 commenti:

  1. Concordo ed aggiungo: dov'erano gli USA quando Saddam tirava i gas su Halabja facendo una strage e ... chi lo armava allora?
    COG

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sabato 1 marzo 2003

Le ragioni della pace e quelle della guerra


 Di fronte alla crisi irachena non è poi così semplice prendere posizione.

Personalmente sono a favore della pace, perché sono convinta che la guerra non risolve i problemi, anzi spesso pone le premesse di guerre successive, e soprattutto perché sono sempre le popolazioni civili a subirne le peggiori conseguenze, oggi più che mai quando la guerra tecnologica fa poche vittime tra i militari, però ne fa molte tra i civili, poiché le bombe, non sempre intelligenti, finiscono su edifici civili, anziché su obiettivi militari (anche se in questi deprecabili casi si parla di incidenti).

Pertanto una nuova guerra contro l'Iraq significherebbe nuove sofferenze per la popolazione civile che ancora subisce le conseguenze della crisi del 1991 e del relativo embargo che ha fatto solo morti tra i civili per denutrimento e mancanza di cure e niente ha fatto al regime.

Ad ogni  modo posso anche capire le ragioni della guerra, che stanno nella  difesa dei valori dell'Occidente nei confronti del fondamentalismo islamico che ci ha già  dichiarato guerra con il terrorismo, ma soprattutto nell'assicurarsi a buon mercato il petrolio iracheno, e non si può dimenticare che il petrolio è vitale per le nostre società, almeno finché un'energia alternativa, pulita e illimitata (l'idrogeno?) non sarà divenuta sfruttabile su scala industriale.
Quanto all'affossamento di un regime dittatoriale non è credibile come causa, soprattutto quando viene avanzata dagli Stati Uniti che, in passato, hanno sostenuto, finanziato e armato Saddam Hussein senza preoccuparsi troppo della natura dittatoriale del suo regime, così come hanno sostenuto, finanziato e armato, quando non condotto al potere, altri dittatori ( e il Cile di Pinochet non se lo ricorda più nessuno?).

Le guerre oggi, come nel passato, sono sempre state fatte per gli interessi, di volta in volta mascherati  con motivazioni di ordine ideale, ideologico, religioso o dinastico.

Tornando alla crisi irachena credo che non si possa passare sopra l'uccisione di tanti civili per assicurarsi un po' di petrolio.
Quanto alla lotta al terrorismo sono del parere che la guerra sarebbe altresì controproducente.
L'Iraq non è oggi, e non lo è mai stato, un campione del fondamentalismo islamico, anzi nel recente passato era tra i paesi arabi meno improntati ai dettami della religione islamica anche in fatto di costume. Ma un attacco da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati verrebbe visto come l'attacco dell'Occidente ad un paese islamico e fornirebbe un ottimo pretesto alle centrali terroristiche islamiche per dare incremento alle proprie azioni. Si potrebbe inoltre scavare un solco profondo, non più colmabile, tra l'Occidente e i paesi arabi, anche quelli moderati, fino allo scontro di civiltà e questo si che metterebbe in pericolo la pace mondiale. Il fondamentalismo islamico va combattuto perché non può che produrre aberrazioni e regimi dittatoriali, come li produsse il fondamentalismo cristiano (non possiamo dimenticare le guerre di religione che hanno insanguinato l'Europa per secoli, l'inquisizione, la caccia alle streghe, la conquista e la distruzione di intere popolazioni con la scusa di portare la vera fede), ma bisogna anche riflettere che esso si è rafforzato sulla mancata soluzione del problema palestinese che ha alimentato la disperazione nella quale si è sviluppato il  terrorismo. Ma non mi sembra che gli Stati Uniti abbiano mai inteso trovare una soluzione per questo problema, tenuto conto dei loro legami con Israele, ne lo ha fatto l'Europa.
E se è vero che Israele è apparentemente l'unico paese democratico dell'area, è altresì vero che la sua politica espansionistica non ha fatto altro che esasperare il problema palestinese e alimentare il terrorismo e rendere gli arabi sempre più fondamentalisti. Del resto cosa avremmo fatto noi se qualcuno fosse venuto a cacciarci dalle nostre terre e dalle nostre case con la scusa che quei territori erano suoi duemila anni prima?
Ma anche la fine del regime dittatoriale di Saddam Hussein e la conseguente democratizzazione dell'Iraq sotto l'egida degli Stati Uniti non varranno certo a risolvere il problema palestinese che è il vero dramma dell'area e la vera causa del terrorismo.

Credo pertanto che le ragioni della guerra  sopra prese in esame siano facilmente smontabili e che essa sarebbe giustificata solo nel caso in cui l'Iraq minacciasse veramente il mondo intero o anche  solo i propri vicini. Ma L'Iraq, non solo non ha attaccato nessuno, ma non è in condizione di minacciare i propri vicini o i suoi avversari e quindi qualsiasi collegamento con Hitler e la Germania del 1939 è assolutamente fuori luogo. Del resto per ammissione stessa del Pentagono l'esercito iracheno è povero e male addestrato, tanto che non resisterà più di due settimane alla guerra.
Non vi sono altresì prove che l'Iraq disponga di armi di distruzione di massa né si è stabilito alcun serio collegamento tra Saddam Hussein e Al Qaeda.
Allora dove è la minaccia?

Saddam minaccia soltanto i propri oppositori, in quanto è un efferato dittatore e questo credo che nessuno possa smentirlo, con buona pace degli inviati del Vaticano che stringono la mano a lui e ai suoi emissari.
Questo, a mio parere, è l'unico motivo etico per cui si possono avere dei dubbi nell'essere pacifisti ad oltranza, ed è l'unico motivo che ha veramente un peso a favore della guerra. Infatti, anche se le motivazioni della guerra voluta dagli Stati Uniti e dai suoi vassalli in Europa sono ben altre che il rovesciamento di Saddam, non sarebbe ammissibile che essa non comportasse la sua cacciata e la liberazione dell'Iraq, ovviamente sotto l'egida degli Stati Uniti che dovrebbero rimanere a lungo nel paese, anche perché non sembra almeno ad oggi che sia stato trovato il Karzai di turno. E certamente molti degli oppositori al regime di Saddam vedono nella guerra una speranza e si sentirebbero delusi se non venisse fatta.
Ma purtroppo Saddam non è il solo dittatore sulla scena mondiale e intervenire oggi in Iraq vorrebbe dire intervenire domani altrove, e quindi essere continuamente in guerra.
Ma l'Occidente democratico e civile può permettersi di essere sempre in guerra? E comunque la democrazia può essere imposta con le armi? 
Inoltre consentire a uno stato il diritto alla guerra contro un altro stato con la sola motivazione che in quello stato c'è¨ un regime dittatoriale sarebbe destabilizzante per i rapporti internazionali e  del resto la carta dell'ONU non consente il ricorso alla forza contro uno stato a motivo del suo regime. Il solo motivo per cui può autorizzare il ricorso alla forza è che quello stato rappresenti una minaccia per la pace e questo per l'Iraq non è stato dimostrato.

Ma gli Stati Uniti, che hanno deciso che vogliono fare questa guerra e la faranno con o senza l'ONU, si sentono autorizzati a tacciare gli stati europei meno asserviti alla loro politica di imbelli e ingrati.

A queste accuse si può rispondere che in Europa ci siamo scannati per secoli tra nazioni contrapposte e anche tra vicini di casa. E abbiamo dovuto sperimentare le aberrazioni del nazismo e della seconda guerra mondiale per bandire la guerra per sempre.
Quanto all'ingratitudine è bene ricordare che anche l'intervento degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale non fu determinato da motivi ideali, ma da ben precisi interessi.  Essi entrarono in guerra  solo nel 1941, anche perché l'opinione pubblica nazionale non era favorevole all'intervento e non capiva perché ci si dovesse occupare delle sorti dell'Europa, senonché ci fu il proditorio attacco del Giappone a Pearl Harbour, e finalmente gli Stati Uniti poterono intervenire e scongiurare così un'Europa dominata dalla Germania hitleriana o dall'Unione Sovietica, nel caso in cui la guerra fosse stata ugualmente persa dalla Germania, ciò che non coincideva propriamente con gli interessi degli Stati Uniti stessi. Pertanto la retorica americana sull'intervento con il quale avrebbero salvato l'Europa, e per il quale i paesi europei meno servili nei confronti della loro politica sarebbero degli ingrati, non ha proprio senso, e non tiene conto che la guerra fu combattuta e vinta anche dalla Russia, che ebbe venti milioni di morti, e dall'Inghilterra, senza considerare la Resistenza nei vari paesi europei occupati. 

Ma Washington è convinta di essere l'unica potenza in grado di far regnare l'ordine sul pianeta e pertanto tutti devono allinearsi. Ma Parigi e Berlino caldeggiano un mondo multipolare e un'Europa capace di affermarsi sulla scena politica in maniera autonoma. Con questo è certo che anche  l'atteggiamento delle due capitali europee è dettato da interessi non propriamente etici. E'probabile che Parigi abbia dei contratti vantaggiosi con l'Iraq.
Tuttavia non mi piace il messianesimo degli StatiUniti che ritengono di poter decidere per il mondo intero e di poter imporre  a tutti il proprio modo di vita e le proprie ragioni, trattando gli alleati come sottoposti, come non era più accaduto dei tempi della Roma imperiale. E chi non è con loro è contro di loro.
E' compito dell'Europa impegnarsi per una politica estera e per una difesa comuni in modo da poter contendere agli Stati Uniti la supremazia, tenuto conto che non sempre i nostri interessi coincidono con i loro.
Non si tratta di filoamericanismo o antiamericanismo. Non ci sono dubbi che gli Stati Uniti sono al loro interno un paese democratico, mentre l'Iraq non lo è.
Ma il problema non è questo, quanto se si ritenga giustificata o meno la guerra che essi vogliono fare e anche se i nostri interessi di europei coincidano veramente con i loro o siano anche diversi.
Quanto all'Italia dovrebbe impegnarsi per assumere il ruolo che le spetta, un ruolo forte in Europa  e attivo, anche per la sua posizione di paese mediterraneo, nella soluzione dei problemi dell'area del vicino oriente e nei rapporti tra questa e l'Europa.
Purtroppo i nostri governanti, di qualsiasi colore politico, non sono mai stati all'altezza della situazione, non hanno mai avuto grandi progetti e hanno sempre ritenuto di dover fare atto di vassallaggio nei confronti della superpotenza di oltreoceano.



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Vorrei concludere con queste parole:

Si era detto che dopo la caduta del Muro di Berlino si sarebbe aperta una nuova stagione di pace e sviluppo...
Si era detto che il "Nuovo Ordine Mondiale" avrebbe cancellato le guerre dalla faccia della Terra...
Ma nella Guerra del Golfo hanno perso la vita più di 300 mila uomini...
Nella Ex-Jugoslavia, nel cuore dell'Europa, si è combattuto per 10 anni riportando l'orologio della storia al medioevo...
In Afghanistan, in Cecenia, in Ruanda, in India e Pakistan, a Timor Est le armi non hanno mai smesso di tacere...
Attualmente 36 nazioni sono direttamente coinvolte in conflitti armati e spesso combattono anche i bambini...
Tutto questo mentre le spese militari dei paesi industrializzati sono 30 volte superiori agli stanziamenti per gli aiuti umanitari...
E il 25% della popolazione mondiale vive con meno di 1 $ al giorno...
Con la spesa per gli armamenti dell'anno 1983
si sarebbero potuti sfamare 200 milioni di bambini...
E con i soldi necessari per dotarsi di un caccia a reazione si potrebbero costruire 40.000 farmacie...
Intanto le mine antiuomo fanno ancora 20.000 vittime all'anno in ognuno dei 90 paesi che subiscono questo flagello. Produrre una mina costa 8 $. Disattivarla 5000 $...
Si parla di "guerre chirurgiche" ma nei conflitti contemporanei le vittime sono per il 34% bambini; per il 59% civili; per il 7 % militari...
Quelli che vengono definiti "danni collaterali" di un conflitto sono esseri umani massacrati, mutilati, violentati, privati di tutto quello che possiedono.
La guerra è la soluzione?



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  1. Concordo ed aggiungo: dov'erano gli USA quando Saddam tirava i gas su Halabja facendo una strage e ... chi lo armava allora?
    COG

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