giovedì 13 marzo 2003

FONDAMENTALISMI

Il  fatto che una nazione abbia assunto un ruolo messianico e  pretenda di assurgere a rappresentazione quasi divina del Bene nella lotta contro il Male, e che il capo dello stato più potente del mondo si richiami continuamente a Dio e continui a definire "Impero del Male" il suo obiettivo militare non ha niente a che vedere con le ragioni della civiltà.
Siamo infatti più propriamente nel campo del fanatismo e del fondamentalismo.
Stiamo assistendo dunque allo scontro tra due fondamentalismi, quello degli Stati Uniti e quello islamico, scontro che nel 2003 è per lo meno anacronistico. Infatti questo continuo chiamare in campo Dio o Allah è un ritorno al medioevo, a scenari che credevamo sepolti per sempre.
Di fronte a tutto questo la vecchia Europa, che nel suo lontano passato è stata teatro di sanguinose guerre di religione e che solo nel secolo appena trascorso lo è stata di due terribili conflitti mondiali, ha il dovere morale di essere contraria alla guerra e di fare di tutto per scongiurarla, anche se capisco, perché è anche in me, il problema etico derivante dal fatto che, se non si può essere con gli Stati Uniti, in quanto le sue ragioni non convincono e il suo messianesimo ancora meno, siamo ben consapevoli che dall’altra parte non c’è un paese democratico ed un legittimo governo, ma un dittatore come Saddam Hussein che rischia di rimanere al potere.
Purtroppo di fronte alla crisi se è emerso il popolo europeo in larga parte contrario alla guerra non è emerso un governo europeo. I diversi paesi si sono divisi tra coloro che appoggiano la politica degli Stati Uniti e quelli che l’avversano, mentre l’Italia sta assumendo, come al solito, un atteggiamento sempre più ondivago, tenuto conto che il governo non si è espresso come tale ma solo nelle opinioni personali dei diversi leader della maggioranza, dall’affermazione a favore della guerra del ministro della Difesa Martino alle generiche parole di Berlusconi in favore della pace ma sempre riaffermando l’indiscussa amicizia con gli Stati Uniti. Tuttavia di fronte allo strapotere di un’unica superpotenza, che non ha eguali dai tempi dell’Impero Romano, la cui leadership, si ritiene sponsorizzata da Dio e investita della missione  di assicurare il trionfo della libertà sui propri nemici, ritengo che la posizione più giusta sia quella della Francia, che certamente sta difendendo i suoi interessi economici, ma anche la propria dignità nazionale o “grandeur” che dir si voglia. Magari sarebbe stato più opportuno che la Francia e anche gli altri paesi contrari alla guerra, come la Germania, invece di agire solo in proprio nome, avessero svolto opera di convincimento nei confronti dei propri vicini e che questi ultimi, come l’Italia, avessero protestato se non consultati in merito. 
Certamente questo scontro tra gli Stati Uniti e la Francia potrebbe essere la prima avvisaglia di un conflitto più grande tra l’Europa e gli USA che potrebbe acuirsi nei prossimi anni.
Gli interessi degli europei possono essere diversi da quegli degli Usa, ma di fronte ad un paese che si ritiene investito da una missione, avere interessi diversi vuol dire scontrarsi.   
Forse ormai  la guerra all’Iraq non è che un pretesto. Il problema vero è che da una parte ci sono gli USA con la loro missione di salvatori della libertà mondiale, come se non ci fossero altri paesi di vecchie tradizioni democratiche, dall’altra un’Europa che deve crescere anche come potenza politica e militare, oltre che economica, allargandosi dall’Atlantico fino agli Urali, e che come tale non può piacere alla potenza egemone.

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giovedì 13 marzo 2003

FONDAMENTALISMI

Il  fatto che una nazione abbia assunto un ruolo messianico e  pretenda di assurgere a rappresentazione quasi divina del Bene nella lotta contro il Male, e che il capo dello stato più potente del mondo si richiami continuamente a Dio e continui a definire "Impero del Male" il suo obiettivo militare non ha niente a che vedere con le ragioni della civiltà.
Siamo infatti più propriamente nel campo del fanatismo e del fondamentalismo.
Stiamo assistendo dunque allo scontro tra due fondamentalismi, quello degli Stati Uniti e quello islamico, scontro che nel 2003 è per lo meno anacronistico. Infatti questo continuo chiamare in campo Dio o Allah è un ritorno al medioevo, a scenari che credevamo sepolti per sempre.
Di fronte a tutto questo la vecchia Europa, che nel suo lontano passato è stata teatro di sanguinose guerre di religione e che solo nel secolo appena trascorso lo è stata di due terribili conflitti mondiali, ha il dovere morale di essere contraria alla guerra e di fare di tutto per scongiurarla, anche se capisco, perché è anche in me, il problema etico derivante dal fatto che, se non si può essere con gli Stati Uniti, in quanto le sue ragioni non convincono e il suo messianesimo ancora meno, siamo ben consapevoli che dall’altra parte non c’è un paese democratico ed un legittimo governo, ma un dittatore come Saddam Hussein che rischia di rimanere al potere.
Purtroppo di fronte alla crisi se è emerso il popolo europeo in larga parte contrario alla guerra non è emerso un governo europeo. I diversi paesi si sono divisi tra coloro che appoggiano la politica degli Stati Uniti e quelli che l’avversano, mentre l’Italia sta assumendo, come al solito, un atteggiamento sempre più ondivago, tenuto conto che il governo non si è espresso come tale ma solo nelle opinioni personali dei diversi leader della maggioranza, dall’affermazione a favore della guerra del ministro della Difesa Martino alle generiche parole di Berlusconi in favore della pace ma sempre riaffermando l’indiscussa amicizia con gli Stati Uniti. Tuttavia di fronte allo strapotere di un’unica superpotenza, che non ha eguali dai tempi dell’Impero Romano, la cui leadership, si ritiene sponsorizzata da Dio e investita della missione  di assicurare il trionfo della libertà sui propri nemici, ritengo che la posizione più giusta sia quella della Francia, che certamente sta difendendo i suoi interessi economici, ma anche la propria dignità nazionale o “grandeur” che dir si voglia. Magari sarebbe stato più opportuno che la Francia e anche gli altri paesi contrari alla guerra, come la Germania, invece di agire solo in proprio nome, avessero svolto opera di convincimento nei confronti dei propri vicini e che questi ultimi, come l’Italia, avessero protestato se non consultati in merito. 
Certamente questo scontro tra gli Stati Uniti e la Francia potrebbe essere la prima avvisaglia di un conflitto più grande tra l’Europa e gli USA che potrebbe acuirsi nei prossimi anni.
Gli interessi degli europei possono essere diversi da quegli degli Usa, ma di fronte ad un paese che si ritiene investito da una missione, avere interessi diversi vuol dire scontrarsi.   
Forse ormai  la guerra all’Iraq non è che un pretesto. Il problema vero è che da una parte ci sono gli USA con la loro missione di salvatori della libertà mondiale, come se non ci fossero altri paesi di vecchie tradizioni democratiche, dall’altra un’Europa che deve crescere anche come potenza politica e militare, oltre che economica, allargandosi dall’Atlantico fino agli Urali, e che come tale non può piacere alla potenza egemone.

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