venerdì 5 novembre 2004

La vittoria di Bush e l'Europa


Ha vinto l’America profonda, bigotta, guerrafondaia,culturalmente sottosviluppata, quella che si può riassumere nelle tre parole, Dio, Patria, Famiglia, quell’America che non piace all’opinione pubblica europea, non necessariamente di sinistra, ma laica e progressista, che solo per ciò viene definita “visceralmente antiamericana e comunista” dai Ferrara e compagnia.
La vittoria di Bush è stata completa, perché oltre ai voti dei grandi elettori, ha vinto anche a livello popolare ottenendo 3 milioni e mezzo di voti popolari in più rispetto allo sfidante, e sia alla Camera che al Senato i repubblicani hanno fatto il pieno.
Le elezioni si sono trasformate in un plebiscito a favore di Bush che l’altra volta aveva ottenuto meno voti popolari dell’avversario e che non era stato nemmeno eletto, ma nominato dalla Corte Suprema. Probabilmente senza il terrorismo e la guerra non sarebbe mai stato rieletto, ma il paese è in guerra e gli americani che sono visceralmente nazionalisti votano il loro comandante in capo, quello che rappresenta meglio il loro spirito nazionalista, votano per la sicurezza e per chi pensano che meglio gliela garantisca. Poi c’entrano anche altri fattori. Il fondamentalismo religioso che a noi europei fa sorridere (non che non abbiamo i nostri “talebani”, ma per fortuna sono pochi e quindi in rapida via di estinzione), ma che per gli americani meno colti è ancora importante, e per ciò il loro gradimento va ad un presidente che sbandiera il suo credo, che si dichiara ispirato da Dio, che ha una visione manichea della politica con la lotta tra il Bene e il Male, che sbandiera i valori del familismo più retrogrado. Poi nonostante la personale ricchezza, che non è minore di quella di Kerry, Bush, proprio per la sua scarsa cultura, appare più “uomo qualunque” e pertanto raccoglie più facilmente anche il voto delle classi meno agiate.
Certo anche se Bush ha stravinto non si può dimenticare che comunque un 48% degli elettori gli ha votato contro, che gli Stati del Nord-Est e della Costa Occidentale hanno opinioni ben diverse e che gli Stati Uniti dopo queste elezioni appaiono molto disuniti.
Quanto al resto del mondo è certo che la vittoria del fondamentalismo guerrafondaio rappresenta un rischio per il futuro. Tuttavia per l’Europa ci potrebbero essere anche dei risvolti positivi. Infatti anche se buona parte dei governi europei, in primo luogo Francia, Germania e Spagna, e la maggioranza dell’opinione pubblica europea ha tifato Kerry, non tanto perché piacesse il personaggio in sé, quanto perché rappresentava quella parte di america colta, progressista e sicuramente più vicina all' animo europeo, credo che abbiano ragione coloro che dicono che una vittoria di Kerry non avrebbe cambiato molto in politica estera, ma che anzi Kerry avrebbe cercato di coinvolgere l’Europa in un maggior impegno nel pantano iracheno. Non so se Francia e Germania avrebbero aderito, forse no, tuttavia bisogna ricordare che durante la presidenza Clinton, i governi dei paesi europei aderenti alla Nato hanno partecipato più o meno entusiasticamente all’avventura in Kossovo (e peraltro mi domando se ci sia convenuto andare a rafforzare l’Islam sulle porte di casa nostra), anche il nostro governo allora di centro-sinistra. Eppure anche allora non ci fu mandato Onu, ma la sola copertura della Nato che mi risultava fosse un’alleanza difensiva e quindi non contemplasse aggressioni ad un paese che non ci stava minacciando, alleanza che peraltro avrebbe esaurito il suo compito con la fine della guerra fredda, anche se trova ancora dei difensori, come D’Alema , e me ne sono meravigliata, ma non più di tanto (e del resto il personaggio non mi è mai riuscito simpatico) che l’altra sera in televisione si è espresso in favore di questo anacronistico strumento subito dopo un servizio sulla base atomica della Maddalena che comincerebbe ad innervosire i Sardi, non per motivazioni ideologiche, ma per sacrosanti interessi economici e magari anche per motivi di sanità e sicurezza.
Penso inoltre che altri quattro anni di Bush potrebbero spingere l’Europa a rendersi conto di non avere più molto in comune con gli Stati Uniti, sia dal punto di vista dell’economia che della sicurezza, a rendersi conto che anzi deve competere con gli Stati Uniti economicamente, politicamente e militarmente, che deve cominciare a camminare da sola per costruire il sogno europeo, che non deve essere un ricalco sbiadito di quello americano.  Purtroppo l’Europa è ancora molto divisa al suo interno, l’Unione va costruita e non si realizza con la semplice firma di una costituzione che entrerà in vigore tra diversi anni. Sarebbe tuttavia importante che queste idee si diffondessero a livello di opinione pubblica europea, che si sviluppasse un movimento che costringesse i governi ad andare nella direzione di queste idee.

L'immagine riportata è la riproduzione della prima pagina di uno dei maggiori quotidiani inglesi, l'Independent, che non maschera il disappunto per la rielezione di Gorge W. Bush. A commento di un mosaico di foto, che stigmatizzano tra l'altro alcuni dei peggiori avvenimenti del passato mandato di Bush, c'è la scritta: "Altri quattro anni"

1 commento:

  1. ma davvero esisteva un male minore? l'america è tutta bigotta secondo me...

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venerdì 5 novembre 2004

La vittoria di Bush e l'Europa


Ha vinto l’America profonda, bigotta, guerrafondaia,culturalmente sottosviluppata, quella che si può riassumere nelle tre parole, Dio, Patria, Famiglia, quell’America che non piace all’opinione pubblica europea, non necessariamente di sinistra, ma laica e progressista, che solo per ciò viene definita “visceralmente antiamericana e comunista” dai Ferrara e compagnia.
La vittoria di Bush è stata completa, perché oltre ai voti dei grandi elettori, ha vinto anche a livello popolare ottenendo 3 milioni e mezzo di voti popolari in più rispetto allo sfidante, e sia alla Camera che al Senato i repubblicani hanno fatto il pieno.
Le elezioni si sono trasformate in un plebiscito a favore di Bush che l’altra volta aveva ottenuto meno voti popolari dell’avversario e che non era stato nemmeno eletto, ma nominato dalla Corte Suprema. Probabilmente senza il terrorismo e la guerra non sarebbe mai stato rieletto, ma il paese è in guerra e gli americani che sono visceralmente nazionalisti votano il loro comandante in capo, quello che rappresenta meglio il loro spirito nazionalista, votano per la sicurezza e per chi pensano che meglio gliela garantisca. Poi c’entrano anche altri fattori. Il fondamentalismo religioso che a noi europei fa sorridere (non che non abbiamo i nostri “talebani”, ma per fortuna sono pochi e quindi in rapida via di estinzione), ma che per gli americani meno colti è ancora importante, e per ciò il loro gradimento va ad un presidente che sbandiera il suo credo, che si dichiara ispirato da Dio, che ha una visione manichea della politica con la lotta tra il Bene e il Male, che sbandiera i valori del familismo più retrogrado. Poi nonostante la personale ricchezza, che non è minore di quella di Kerry, Bush, proprio per la sua scarsa cultura, appare più “uomo qualunque” e pertanto raccoglie più facilmente anche il voto delle classi meno agiate.
Certo anche se Bush ha stravinto non si può dimenticare che comunque un 48% degli elettori gli ha votato contro, che gli Stati del Nord-Est e della Costa Occidentale hanno opinioni ben diverse e che gli Stati Uniti dopo queste elezioni appaiono molto disuniti.
Quanto al resto del mondo è certo che la vittoria del fondamentalismo guerrafondaio rappresenta un rischio per il futuro. Tuttavia per l’Europa ci potrebbero essere anche dei risvolti positivi. Infatti anche se buona parte dei governi europei, in primo luogo Francia, Germania e Spagna, e la maggioranza dell’opinione pubblica europea ha tifato Kerry, non tanto perché piacesse il personaggio in sé, quanto perché rappresentava quella parte di america colta, progressista e sicuramente più vicina all' animo europeo, credo che abbiano ragione coloro che dicono che una vittoria di Kerry non avrebbe cambiato molto in politica estera, ma che anzi Kerry avrebbe cercato di coinvolgere l’Europa in un maggior impegno nel pantano iracheno. Non so se Francia e Germania avrebbero aderito, forse no, tuttavia bisogna ricordare che durante la presidenza Clinton, i governi dei paesi europei aderenti alla Nato hanno partecipato più o meno entusiasticamente all’avventura in Kossovo (e peraltro mi domando se ci sia convenuto andare a rafforzare l’Islam sulle porte di casa nostra), anche il nostro governo allora di centro-sinistra. Eppure anche allora non ci fu mandato Onu, ma la sola copertura della Nato che mi risultava fosse un’alleanza difensiva e quindi non contemplasse aggressioni ad un paese che non ci stava minacciando, alleanza che peraltro avrebbe esaurito il suo compito con la fine della guerra fredda, anche se trova ancora dei difensori, come D’Alema , e me ne sono meravigliata, ma non più di tanto (e del resto il personaggio non mi è mai riuscito simpatico) che l’altra sera in televisione si è espresso in favore di questo anacronistico strumento subito dopo un servizio sulla base atomica della Maddalena che comincerebbe ad innervosire i Sardi, non per motivazioni ideologiche, ma per sacrosanti interessi economici e magari anche per motivi di sanità e sicurezza.
Penso inoltre che altri quattro anni di Bush potrebbero spingere l’Europa a rendersi conto di non avere più molto in comune con gli Stati Uniti, sia dal punto di vista dell’economia che della sicurezza, a rendersi conto che anzi deve competere con gli Stati Uniti economicamente, politicamente e militarmente, che deve cominciare a camminare da sola per costruire il sogno europeo, che non deve essere un ricalco sbiadito di quello americano.  Purtroppo l’Europa è ancora molto divisa al suo interno, l’Unione va costruita e non si realizza con la semplice firma di una costituzione che entrerà in vigore tra diversi anni. Sarebbe tuttavia importante che queste idee si diffondessero a livello di opinione pubblica europea, che si sviluppasse un movimento che costringesse i governi ad andare nella direzione di queste idee.

L'immagine riportata è la riproduzione della prima pagina di uno dei maggiori quotidiani inglesi, l'Independent, che non maschera il disappunto per la rielezione di Gorge W. Bush. A commento di un mosaico di foto, che stigmatizzano tra l'altro alcuni dei peggiori avvenimenti del passato mandato di Bush, c'è la scritta: "Altri quattro anni"

1 commento:

  1. ma davvero esisteva un male minore? l'america è tutta bigotta secondo me...

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