sabato 27 novembre 2004

Il velo antimperialista e la sinistra - Leggere Lolita a Teheran

Durante i venti anni successivi alla “rivoluzione khomeinista” una  docente di letteratura inglese all'Università di Teheran, Azar Nafisi, si è trovata a cimentarsi “in un'impresa fra le più ardue, e cioè spiegare a ragazzi e ragazze esposti in misura sempre crescente alla catechesi islamica una delle più terribili incarnazioni dell'Occidente: la sua letteratura", come si legge nel risvolto di copertina del suo libro “Leggere Lolita a Teheran", uscito nel 2003. Ma nell'autunno del 1995 non ne può più, dà le dimissioni da ogni incarico accademico e, come lei stessa ci racconta nella prima pagina del suo libro,decide di “farsi un regalo e realizzare un sogno”.

Così chiede alle sette sue migliori studentesse di andare ogni giovedì mattina a casa sua per parlare di letteratura. Gli studenti maschi vengono esclusi, ma solo perché costituire un gruppo misto sarebbe stato troppo pericoloso.Il seminario si interrompe nel 1997 quando Azar decide di lasciare l'Iran e di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti dove oggi insegna Letteratura inglese alla John Hopkins University.

Il libro è il racconto di un seminario semiclandestino in cui per due anni sette giovani donne e la loro insegnante si concedono il lusso“nello spazio magico del [suo] salotto" di togliersi veli e chador e, tra caffè e pasticcini, storie private e critica letteraria, discutendo di Nabokov, Fitzgerald, Jane Austen ed Henry James, mettono a confronto finzione e realtà, fiaba e storia, sogno e concretezza del quotidiano, ma è anche uno spaccato di storia dell'Iran raccontato da chi quella storia l'ha vissuta in prima persona. E in ciascuna delle quattro sezioni in cui è strutturato il libro ("Lolita", "Gatsby","James", "Austen") l'analisi e la discussione dei testi letterari viene utilizzata da Azar Nafisi anche per decifrare e comprendere la dura realtà di un paese che dal sogno della caduta del regime dei Pahlavi si ritrova intrappolato nell'integralismo fondamentalista.

La realtà

Ed è una realtà da incubo, angosciante, soffocante, claustrofobica.

Tutto è proibito: andare a una festa, mangiare un gelato al bar, tenersi per mano, stringere una mano, innamorarsi, mettere il rossetto, ridere in pubblico. Tutti sono colpevoli, i processi sono all’ordine del giorno, le strade sono teatro di violenze tremende, uccisioni di massa, stupri, mentre tanti ragazzi venivano mandati a morire sul fronte iracheno, a piedi nudi, ma con la chiave del paradiso al collo.

Alle donne poi, costrette in vesti nere fino alle caviglie e veli neri, viene confiscata l'esistenza. Le strade sono pattugliate da squadre di miliziani armati che controllano il colore dei cappotti, la pesantezza del velo, la forma delle scarpe, la misura degli anelli.

Parallelismi tra dittature

Il libro è anche l’occasione per fare dei parallelismi con altre realtà, quelle del nazismo e del comunismo. Nella Repubblica islamica dell'Iran, come nella Germania nazista e nella Russia staliniana, tutti sono, per principio, colpevoli. In più nella teocrazia iraniana c’é l’aspetto farsesco di cui è emblematico l’argomento dell’amore con i polli trattato da Khomeini nei suoi “Principii di politica, filosofia, società e religione”. Infatti poiché tra i rimedi consigliati per placare il desiderio maschile c’è il sesso con gli animali, ci si potrebbe chiedere se un uomo che ha fatto sesso con un pollo lo possa poi mangiare. Ma la risposta è pronta: no, né lui né i parenti più stretti possono mangiare la carne di quel pollo. Semmai possono farlo i vicini, sempre che vivano ad almeno due porte di distanza!

Come è potuto accadere. Le responsabilità

Infine non mancano le riflessioni su come tutto ciò sia potuto succedere, su quali le responsabilità di tutti, e in particolare di quelle formazioni laiche e di sinistra che pur di combattere l’imperialismo americano non videro o non vollero vedere.

Gli integralisti religiosi e della sinistra furono infatti uniti contro chiunque fosse sospetto di simpatie liberali e filo-occidentali. Non che i motivi non ci fossero. Le ingerenze americane negli affari interni iraniani e il coinvolgimento degli Usa nel colpo di Stato contro il governo nazionalista di Mohamed Mossadeq nel 1953 avevano lasciato una forte impronta nelle menti. E certamente lo Sha non era tenero con gli oppositori che metteva in galera, ma almeno aveva cercato di modernizzare il paese. Con Khomeini si torna invece al medioevo, ma la sinistra, inizialmente anche in Occidente, non se ne accorge, e sostiene la rivoluzione iraniana contro il totalitarismo dello Sha, appoggiato dagli americani.

Ed ecco in proposito alcune citazioni significative dal libro:

Pag.120

In una tiepida mattina di ottobre, mi ritrovai a farmi strada tra la folla che si era radunata di fronte all’università, intorno ad una professoressa di sinistra del dipartimento di Storia……………… Diceva che per il bene dell’indipendenza dell’Iran era disposta a portare il velo. Lo avrebbe fatto per combattere gli imperialisti americani, per dimostrare loro… per dimostrare loro che cosa?

Pag.132

La maggior parte dei gruppi rivoluzionari era d’accordo con il governo sulla questione delle libertà individuali, che con una certa supponenza venivano definite “borghesi” e “decadenti”

Pag 137

Mathab e i suoi amici (la cui organizzazione marxista si era implicitamente schierata con il governo) sostenevano che il bersaglio grosso, quello da colpire per primo….erano gli imperialisti ed i loro lacchè. Le lotte per i diritti femminili erano roba da borghesi individualisti, e facevano solo il loro gioco.

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sabato 27 novembre 2004

Il velo antimperialista e la sinistra - Leggere Lolita a Teheran

Durante i venti anni successivi alla “rivoluzione khomeinista” una  docente di letteratura inglese all'Università di Teheran, Azar Nafisi, si è trovata a cimentarsi “in un'impresa fra le più ardue, e cioè spiegare a ragazzi e ragazze esposti in misura sempre crescente alla catechesi islamica una delle più terribili incarnazioni dell'Occidente: la sua letteratura", come si legge nel risvolto di copertina del suo libro “Leggere Lolita a Teheran", uscito nel 2003. Ma nell'autunno del 1995 non ne può più, dà le dimissioni da ogni incarico accademico e, come lei stessa ci racconta nella prima pagina del suo libro,decide di “farsi un regalo e realizzare un sogno”.

Così chiede alle sette sue migliori studentesse di andare ogni giovedì mattina a casa sua per parlare di letteratura. Gli studenti maschi vengono esclusi, ma solo perché costituire un gruppo misto sarebbe stato troppo pericoloso.Il seminario si interrompe nel 1997 quando Azar decide di lasciare l'Iran e di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti dove oggi insegna Letteratura inglese alla John Hopkins University.

Il libro è il racconto di un seminario semiclandestino in cui per due anni sette giovani donne e la loro insegnante si concedono il lusso“nello spazio magico del [suo] salotto" di togliersi veli e chador e, tra caffè e pasticcini, storie private e critica letteraria, discutendo di Nabokov, Fitzgerald, Jane Austen ed Henry James, mettono a confronto finzione e realtà, fiaba e storia, sogno e concretezza del quotidiano, ma è anche uno spaccato di storia dell'Iran raccontato da chi quella storia l'ha vissuta in prima persona. E in ciascuna delle quattro sezioni in cui è strutturato il libro ("Lolita", "Gatsby","James", "Austen") l'analisi e la discussione dei testi letterari viene utilizzata da Azar Nafisi anche per decifrare e comprendere la dura realtà di un paese che dal sogno della caduta del regime dei Pahlavi si ritrova intrappolato nell'integralismo fondamentalista.

La realtà

Ed è una realtà da incubo, angosciante, soffocante, claustrofobica.

Tutto è proibito: andare a una festa, mangiare un gelato al bar, tenersi per mano, stringere una mano, innamorarsi, mettere il rossetto, ridere in pubblico. Tutti sono colpevoli, i processi sono all’ordine del giorno, le strade sono teatro di violenze tremende, uccisioni di massa, stupri, mentre tanti ragazzi venivano mandati a morire sul fronte iracheno, a piedi nudi, ma con la chiave del paradiso al collo.

Alle donne poi, costrette in vesti nere fino alle caviglie e veli neri, viene confiscata l'esistenza. Le strade sono pattugliate da squadre di miliziani armati che controllano il colore dei cappotti, la pesantezza del velo, la forma delle scarpe, la misura degli anelli.

Parallelismi tra dittature

Il libro è anche l’occasione per fare dei parallelismi con altre realtà, quelle del nazismo e del comunismo. Nella Repubblica islamica dell'Iran, come nella Germania nazista e nella Russia staliniana, tutti sono, per principio, colpevoli. In più nella teocrazia iraniana c’é l’aspetto farsesco di cui è emblematico l’argomento dell’amore con i polli trattato da Khomeini nei suoi “Principii di politica, filosofia, società e religione”. Infatti poiché tra i rimedi consigliati per placare il desiderio maschile c’è il sesso con gli animali, ci si potrebbe chiedere se un uomo che ha fatto sesso con un pollo lo possa poi mangiare. Ma la risposta è pronta: no, né lui né i parenti più stretti possono mangiare la carne di quel pollo. Semmai possono farlo i vicini, sempre che vivano ad almeno due porte di distanza!

Come è potuto accadere. Le responsabilità

Infine non mancano le riflessioni su come tutto ciò sia potuto succedere, su quali le responsabilità di tutti, e in particolare di quelle formazioni laiche e di sinistra che pur di combattere l’imperialismo americano non videro o non vollero vedere.

Gli integralisti religiosi e della sinistra furono infatti uniti contro chiunque fosse sospetto di simpatie liberali e filo-occidentali. Non che i motivi non ci fossero. Le ingerenze americane negli affari interni iraniani e il coinvolgimento degli Usa nel colpo di Stato contro il governo nazionalista di Mohamed Mossadeq nel 1953 avevano lasciato una forte impronta nelle menti. E certamente lo Sha non era tenero con gli oppositori che metteva in galera, ma almeno aveva cercato di modernizzare il paese. Con Khomeini si torna invece al medioevo, ma la sinistra, inizialmente anche in Occidente, non se ne accorge, e sostiene la rivoluzione iraniana contro il totalitarismo dello Sha, appoggiato dagli americani.

Ed ecco in proposito alcune citazioni significative dal libro:

Pag.120

In una tiepida mattina di ottobre, mi ritrovai a farmi strada tra la folla che si era radunata di fronte all’università, intorno ad una professoressa di sinistra del dipartimento di Storia……………… Diceva che per il bene dell’indipendenza dell’Iran era disposta a portare il velo. Lo avrebbe fatto per combattere gli imperialisti americani, per dimostrare loro… per dimostrare loro che cosa?

Pag.132

La maggior parte dei gruppi rivoluzionari era d’accordo con il governo sulla questione delle libertà individuali, che con una certa supponenza venivano definite “borghesi” e “decadenti”

Pag 137

Mathab e i suoi amici (la cui organizzazione marxista si era implicitamente schierata con il governo) sostenevano che il bersaglio grosso, quello da colpire per primo….erano gli imperialisti ed i loro lacchè. Le lotte per i diritti femminili erano roba da borghesi individualisti, e facevano solo il loro gioco.

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