venerdì 10 settembre 2004

OLTRE OGNI LIMITE

Non c’è più alcun limite all’orrore.
In Ossezia sono state uccise circa 400 persone, di cui oltre la metà bambini, e non può esistere alcuna giustificazione, né ideologica né religiosa, per quanto accaduto.
In Iraq ogni giorno viene rapito qualcuno, ora anche due volontarie di una ONG (organizzazione non governativa), mentre sembra lontana una soluzione positiva per i due giornalisti francesi.
Non passa giorno che in qualche parte del mondo non si debba registrare un attentato con conseguenze più o meno gravi. Anche stamani otto morti e oltre centosessanta feriti è il bilancio dell'attentato nei pressi dell'ambasciata australiana a Giacarta, dove è esplosa una potente autobomba, attentato rivendicato dal gruppo estremistico Jemaah Islamiyah, collegato al network di al Qaeda e accusato delle precedenti stragi all'hotel Marriott nell’agosto 2003, e a Bali nell’ottobre 2002.
Quel che è certo è che i terroristi non fanno più alcuna distinzione tra i militari e gli altri, volontari, giornalisti, comunque civili, di qualsiasi credo politico o religioso, qualunque sia la loro cittadinanza. Chi è occidentale è un nemico e come tale deve essere colpito. Non conta più cosa faccia, quali siano i motivi che lo conducono sul luogo del conflitto, cosa pensi, quale sia la sua nazionalità.
I bambini di Beslan non c’entravano niente con la guerra in Cecenia, e data l’età, probabilmente non avevano idee in proposito, Enzo Baldoni era in Iraq sia per motivi umanitari, sia per documentare quella che considerava la resistenza irachena sulla quale voleva scrivere un libro, i due giornalisti francesi  sono cittadini di un paese che non ha truppe in Iraq e che è sempre stato contrario alla guerra intrapresa dagli Stati uniti, Simona Torretta e Simona Pari sono volontarie dell’ONG “Un ponte per Baghdad”, già attiva dai tempi della prima guerra nel golfo nel tentativo di portare aiuti alla popolazione irachena colpita dall’embargo.
E’ certo che nell’intendimento dei terroristi, animati da odio fanatico che ha come solo obiettivo la distruzione del nemico, c’è la volontà di rendere impossibile qualsiasi evoluzione positiva della situazione in Iraq e altrove.
Sono state violate tutte le regole che anche in una guerra vengono generalmente rispettate.
Infatti se in altri conflitti sono stati uccisi dei giornalisti ciò è avvenuto per cause accidentali, mentre con la guerra in Iraq questi ultimi sono divenuti un obiettivo alla stessa stregua dei militari. Lo stesso vale per i volontari delle varie organizzazioni non governative il cui solo scopo è di portare aiuti alla popolazione civile.
E se ancora si può disquisire sul fatto se si tratti di resistenza o meno quando vengono presi di mira militari e personale paramilitare, come i dipendenti di aziende che si occupano di sicurezza, non si può certo parlarne quando vengono uccisi civili inermi, persino bambini, pur senza dimenticare che molti civili iracheni sono stati uccisi dalle bombe dei c.d. liberatori. Ma un conto è la guerra, pur condannabile, un altro il terrorismo.
Qui siamo al di là di qualsiasi giustificazione. Resta solo l’orrore di fronte al quale c’è forte la tentazione di sostenere che a questo punto non resta che la guerra ad oltranza.
Ma la ragione impone invece di riflettere sulle cause, sui perché si sia arrivati a questo livello di aberrazione, non per giustificare il terrorismo, ma per capire e cercare le soluzioni nella convinzione che le guerre non risolvono niente, anzi peggiorano la situazione.
La guerra all’Iraq infatti ha rappresentato un grave errore strategico e politico, come gli avvenimenti successivi hanno dimostrato. Nessuno degli obiettivi che i suoi fautori si erano prefissi è stato raggiunto, in primo luogo la riduzione degli atti di terrorismo. E anche il Pentagono ha dovuto riconoscere che le cose in Iraq non vanno molto bene. A due mesi dal passaggio "formale" delle consegne al nuovo governo iracheno, i ribelli delle diverse fazioni che combattono contro i soldati americani e il nuovo esercito di Baghdad hanno al loro attivo diversi successi e sono in grado di controllare diverse regioni del paese, in particolare nel triangolo sunnita e in città come Fallujah, Ramadi, Samarra le autorità irachene non hanno mai potuto entrare in carica. I terroristi imperversano e hanno fatto dell’Iraq la loro base principale. E la situazione nel corso di agosto e nella prima settimana di settembre è andata sempre più deteriorandosi.
Intanto non è che le cose vadano meglio in Afghanistan, dove il governo di Karzai controlla, si e no, Kabul.
Non conosco bene la situazione della Cecenia, ma secondo l’opinione di molti sembra che sia stato proprio l’intervento delle truppe russe a far attecchire il fondamentalismo islamico laddove esso rappresentava una componente secondaria tra le fazioni che richiedevano l’indipendenza.  E’ altresì vero  che dopo la prima guerra cecena, quando Eltsin abbandonò il paese a se stesso, questo si era trasformato in un covo di banditi e trafficanti di armi e droga sottoposto alle leggi dei capi clan, dimostrando  che i fieri montanari non erano in grado di autogestirsi e che erano un po’ banditi. Concedere l’indipendenza alla Cecenia, grande come una delle nostre regioni, sarebbe stato come consentire alla mafia di governare la Sicilia. Però forse si sarebbe potuto trattare sull’autonomia, cosa che allo stato attuale non risulta più possibile, a maggior ragione dopo quanto è avvenuto in Ossezia.
Ma se questa è la situazione cosa fare?
Mi domando se ci siano ancora le condizioni per tornare alla ragione, per far in modo che il mondo non precipiti in un abisso senza fine. Bisogna sperare che ci siano, perché altrimenti, se non fosse possibile interrompere la spirale dell’odio, cosa dobbiamo aspettarci la prossima volta, l’attacco chimico, la c.d. bomba sporca? I terroristi non sembrano avere alcuna remora e se riuscissero a porre una città dell’occidente sotto un ricatto di questo genere, cosa facciamo, confidiamo in qualche James Bond che salvi il mondo sul filo dei secondi?

Nessun commento:

Posta un commento

venerdì 10 settembre 2004

OLTRE OGNI LIMITE

Non c’è più alcun limite all’orrore.
In Ossezia sono state uccise circa 400 persone, di cui oltre la metà bambini, e non può esistere alcuna giustificazione, né ideologica né religiosa, per quanto accaduto.
In Iraq ogni giorno viene rapito qualcuno, ora anche due volontarie di una ONG (organizzazione non governativa), mentre sembra lontana una soluzione positiva per i due giornalisti francesi.
Non passa giorno che in qualche parte del mondo non si debba registrare un attentato con conseguenze più o meno gravi. Anche stamani otto morti e oltre centosessanta feriti è il bilancio dell'attentato nei pressi dell'ambasciata australiana a Giacarta, dove è esplosa una potente autobomba, attentato rivendicato dal gruppo estremistico Jemaah Islamiyah, collegato al network di al Qaeda e accusato delle precedenti stragi all'hotel Marriott nell’agosto 2003, e a Bali nell’ottobre 2002.
Quel che è certo è che i terroristi non fanno più alcuna distinzione tra i militari e gli altri, volontari, giornalisti, comunque civili, di qualsiasi credo politico o religioso, qualunque sia la loro cittadinanza. Chi è occidentale è un nemico e come tale deve essere colpito. Non conta più cosa faccia, quali siano i motivi che lo conducono sul luogo del conflitto, cosa pensi, quale sia la sua nazionalità.
I bambini di Beslan non c’entravano niente con la guerra in Cecenia, e data l’età, probabilmente non avevano idee in proposito, Enzo Baldoni era in Iraq sia per motivi umanitari, sia per documentare quella che considerava la resistenza irachena sulla quale voleva scrivere un libro, i due giornalisti francesi  sono cittadini di un paese che non ha truppe in Iraq e che è sempre stato contrario alla guerra intrapresa dagli Stati uniti, Simona Torretta e Simona Pari sono volontarie dell’ONG “Un ponte per Baghdad”, già attiva dai tempi della prima guerra nel golfo nel tentativo di portare aiuti alla popolazione irachena colpita dall’embargo.
E’ certo che nell’intendimento dei terroristi, animati da odio fanatico che ha come solo obiettivo la distruzione del nemico, c’è la volontà di rendere impossibile qualsiasi evoluzione positiva della situazione in Iraq e altrove.
Sono state violate tutte le regole che anche in una guerra vengono generalmente rispettate.
Infatti se in altri conflitti sono stati uccisi dei giornalisti ciò è avvenuto per cause accidentali, mentre con la guerra in Iraq questi ultimi sono divenuti un obiettivo alla stessa stregua dei militari. Lo stesso vale per i volontari delle varie organizzazioni non governative il cui solo scopo è di portare aiuti alla popolazione civile.
E se ancora si può disquisire sul fatto se si tratti di resistenza o meno quando vengono presi di mira militari e personale paramilitare, come i dipendenti di aziende che si occupano di sicurezza, non si può certo parlarne quando vengono uccisi civili inermi, persino bambini, pur senza dimenticare che molti civili iracheni sono stati uccisi dalle bombe dei c.d. liberatori. Ma un conto è la guerra, pur condannabile, un altro il terrorismo.
Qui siamo al di là di qualsiasi giustificazione. Resta solo l’orrore di fronte al quale c’è forte la tentazione di sostenere che a questo punto non resta che la guerra ad oltranza.
Ma la ragione impone invece di riflettere sulle cause, sui perché si sia arrivati a questo livello di aberrazione, non per giustificare il terrorismo, ma per capire e cercare le soluzioni nella convinzione che le guerre non risolvono niente, anzi peggiorano la situazione.
La guerra all’Iraq infatti ha rappresentato un grave errore strategico e politico, come gli avvenimenti successivi hanno dimostrato. Nessuno degli obiettivi che i suoi fautori si erano prefissi è stato raggiunto, in primo luogo la riduzione degli atti di terrorismo. E anche il Pentagono ha dovuto riconoscere che le cose in Iraq non vanno molto bene. A due mesi dal passaggio "formale" delle consegne al nuovo governo iracheno, i ribelli delle diverse fazioni che combattono contro i soldati americani e il nuovo esercito di Baghdad hanno al loro attivo diversi successi e sono in grado di controllare diverse regioni del paese, in particolare nel triangolo sunnita e in città come Fallujah, Ramadi, Samarra le autorità irachene non hanno mai potuto entrare in carica. I terroristi imperversano e hanno fatto dell’Iraq la loro base principale. E la situazione nel corso di agosto e nella prima settimana di settembre è andata sempre più deteriorandosi.
Intanto non è che le cose vadano meglio in Afghanistan, dove il governo di Karzai controlla, si e no, Kabul.
Non conosco bene la situazione della Cecenia, ma secondo l’opinione di molti sembra che sia stato proprio l’intervento delle truppe russe a far attecchire il fondamentalismo islamico laddove esso rappresentava una componente secondaria tra le fazioni che richiedevano l’indipendenza.  E’ altresì vero  che dopo la prima guerra cecena, quando Eltsin abbandonò il paese a se stesso, questo si era trasformato in un covo di banditi e trafficanti di armi e droga sottoposto alle leggi dei capi clan, dimostrando  che i fieri montanari non erano in grado di autogestirsi e che erano un po’ banditi. Concedere l’indipendenza alla Cecenia, grande come una delle nostre regioni, sarebbe stato come consentire alla mafia di governare la Sicilia. Però forse si sarebbe potuto trattare sull’autonomia, cosa che allo stato attuale non risulta più possibile, a maggior ragione dopo quanto è avvenuto in Ossezia.
Ma se questa è la situazione cosa fare?
Mi domando se ci siano ancora le condizioni per tornare alla ragione, per far in modo che il mondo non precipiti in un abisso senza fine. Bisogna sperare che ci siano, perché altrimenti, se non fosse possibile interrompere la spirale dell’odio, cosa dobbiamo aspettarci la prossima volta, l’attacco chimico, la c.d. bomba sporca? I terroristi non sembrano avere alcuna remora e se riuscissero a porre una città dell’occidente sotto un ricatto di questo genere, cosa facciamo, confidiamo in qualche James Bond che salvi il mondo sul filo dei secondi?

Nessun commento:

Posta un commento