venerdì 24 settembre 2004

GUERRA MEDIATICA. MESSAGGI ANGOSCIANTI E SITI DELL’ORRORE

Dopo il terribile messaggio di questa notte, sul sito www.openforum.ws , in cui un gruppo, finora sconosciuto, che si definisce "Organizzazione della Jihad", annuncia l’assassinio delle due connazionali sequestrate, in giornata è stato diffuso un altro comunicato da Ansar Al Zawahiri (lo stesso gruppo che rivendicò per primo il rapimento l’8 settembre, il giorno successivo al sequestro, e fu ritenuto anche allora non credibile), sul sito web Alezah.com.
Sia da parte della Farnesina che delle organizzazioni non governative ci sarebbero forti dubbi sull’attendibilità di questi messaggi.
Ma cosa si sa di questi siti che ospitano le rivendicazioni?
Il primo sito, www.openforum.ws, registrato in rete neppure quattro mesi fa, ha il suo dominio e dunque domicilio virtuale nelle Western Samoa, isole dell'Oceano pacifico. Il 29 maggio scorso, un signore che dichiara di chiamarsi Jo Rony, lo registra a pagamento con uno dei maggiori provider americani GoDaddy.com, sede a Scotsdale, Arizona. Jo Rony si presenta come rappresentante della società Openforum limited con uffici al 62 di Zahran Street, Amman, Giordania. Sembra trattarsi di una classica chat room che ospita una pluralità di messaggi di tenore molto diversificato, scritti prevalentemente in arabo, ma anche con sezioni in inglese e una ''per gli italiani''  genericamente intitolata “alla scoperta dell' Islam”.
Ma ReporterAssociati, sempre a proposito della prima rivendicazione, fa riferimento invece al sito www.islamic-minbar.com ove sono già passati diversi messaggi dei gruppi che si attribuiscono la paternità di attentati, aggressioni e sequestri, dai cieli della Russia (l'esplosione in volo dei due Tupolev) alle vie di Baghdad allo stesso rapimento delle due italiane. Secondo ReporterAssociati "islamic-minbar.com” mantiene le sue pagine in un server situato in Svizzera, per la precisione dalla Safe Host Network. Il proprietario del dominio si chiama Moez Garsallaoui e abita - almeno secondo le informazioni fornite al momento della registrazione - nella città di Duedingen, sempre in Svizzera. Ho provato ad accedere stamani al sito ma ho ricevuto un messaggio di errore. Probabilmente  è stato messo offline.
Del resto questi siti aprono e chiudono in maniera frenetica.
In un'inchiesta pubblicata oggi dal New York Times, citata in un articolo della Repubblica on line si fa riferimento, ad Al Battar (www.hostingganime.com/sout19/index.htm), rivista elettronica prodotta dal comitato militare di Al Qaeda che offre consigli su rapimenti, azioni militari con missili a spalla, costruzione di covi di cui ho trovato qui alcune notizie.
Un altro di questi siti è Al-Khansaa, mensile online sulla jihad riservato al pubblico femminile. Al Khansaa, vissuta nel Settimo secolo, esortò i quattro figli a unirsi alla jihad per diffondere l'Islam. Il magazine online a lei dedicato è stato fondato da Abdel Aziz al Mugrin, l'ex capo di Al Qaeda in Arabia Saudita ucciso in giugno dalla polizia. "La nostra missione più importante è di spingere i nostri figli nel campo di battaglia sull'esempio di Al Khansaa", vi si legge.
Siamo alla guerra mediatica, un rincorrersi di notizie provenienti dalle fonti più disparate, per aumentare orrore e paura. Il più barbaro medioevo fatto di stragi e sgozzamenti che si ripropone con mezzi modernissimi e al tempo stesso evanescenti. Questi macabri organi di propaganda del terrorismo cambiano i loro nomi così velocemente che non si fa neanche in tempo a memorizzarli. Ospitano ultimatum, proclami e minacce, quando va bene. Decapitazioni e gole tagliate, nel peggiore dei casi. Spesso restano aperti solo il tempo necessario per veicolare il loro orrendo messaggio e poi spenti. Prossimamente un altro sequestro, un altro sito.

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venerdì 24 settembre 2004

GUERRA MEDIATICA. MESSAGGI ANGOSCIANTI E SITI DELL’ORRORE

Dopo il terribile messaggio di questa notte, sul sito www.openforum.ws , in cui un gruppo, finora sconosciuto, che si definisce "Organizzazione della Jihad", annuncia l’assassinio delle due connazionali sequestrate, in giornata è stato diffuso un altro comunicato da Ansar Al Zawahiri (lo stesso gruppo che rivendicò per primo il rapimento l’8 settembre, il giorno successivo al sequestro, e fu ritenuto anche allora non credibile), sul sito web Alezah.com.
Sia da parte della Farnesina che delle organizzazioni non governative ci sarebbero forti dubbi sull’attendibilità di questi messaggi.
Ma cosa si sa di questi siti che ospitano le rivendicazioni?
Il primo sito, www.openforum.ws, registrato in rete neppure quattro mesi fa, ha il suo dominio e dunque domicilio virtuale nelle Western Samoa, isole dell'Oceano pacifico. Il 29 maggio scorso, un signore che dichiara di chiamarsi Jo Rony, lo registra a pagamento con uno dei maggiori provider americani GoDaddy.com, sede a Scotsdale, Arizona. Jo Rony si presenta come rappresentante della società Openforum limited con uffici al 62 di Zahran Street, Amman, Giordania. Sembra trattarsi di una classica chat room che ospita una pluralità di messaggi di tenore molto diversificato, scritti prevalentemente in arabo, ma anche con sezioni in inglese e una ''per gli italiani''  genericamente intitolata “alla scoperta dell' Islam”.
Ma ReporterAssociati, sempre a proposito della prima rivendicazione, fa riferimento invece al sito www.islamic-minbar.com ove sono già passati diversi messaggi dei gruppi che si attribuiscono la paternità di attentati, aggressioni e sequestri, dai cieli della Russia (l'esplosione in volo dei due Tupolev) alle vie di Baghdad allo stesso rapimento delle due italiane. Secondo ReporterAssociati "islamic-minbar.com” mantiene le sue pagine in un server situato in Svizzera, per la precisione dalla Safe Host Network. Il proprietario del dominio si chiama Moez Garsallaoui e abita - almeno secondo le informazioni fornite al momento della registrazione - nella città di Duedingen, sempre in Svizzera. Ho provato ad accedere stamani al sito ma ho ricevuto un messaggio di errore. Probabilmente  è stato messo offline.
Del resto questi siti aprono e chiudono in maniera frenetica.
In un'inchiesta pubblicata oggi dal New York Times, citata in un articolo della Repubblica on line si fa riferimento, ad Al Battar (www.hostingganime.com/sout19/index.htm), rivista elettronica prodotta dal comitato militare di Al Qaeda che offre consigli su rapimenti, azioni militari con missili a spalla, costruzione di covi di cui ho trovato qui alcune notizie.
Un altro di questi siti è Al-Khansaa, mensile online sulla jihad riservato al pubblico femminile. Al Khansaa, vissuta nel Settimo secolo, esortò i quattro figli a unirsi alla jihad per diffondere l'Islam. Il magazine online a lei dedicato è stato fondato da Abdel Aziz al Mugrin, l'ex capo di Al Qaeda in Arabia Saudita ucciso in giugno dalla polizia. "La nostra missione più importante è di spingere i nostri figli nel campo di battaglia sull'esempio di Al Khansaa", vi si legge.
Siamo alla guerra mediatica, un rincorrersi di notizie provenienti dalle fonti più disparate, per aumentare orrore e paura. Il più barbaro medioevo fatto di stragi e sgozzamenti che si ripropone con mezzi modernissimi e al tempo stesso evanescenti. Questi macabri organi di propaganda del terrorismo cambiano i loro nomi così velocemente che non si fa neanche in tempo a memorizzarli. Ospitano ultimatum, proclami e minacce, quando va bene. Decapitazioni e gole tagliate, nel peggiore dei casi. Spesso restano aperti solo il tempo necessario per veicolare il loro orrendo messaggio e poi spenti. Prossimamente un altro sequestro, un altro sito.

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