sabato 7 febbraio 2004

Calo dell’ispirazione?

Sono diversi giorni che non scrivo niente.Ho impostato questo blog sull’attualità, ma negli ultimi tempi non ho trovato molte fonti di ispirazione. I conflitti tra maggioranza e opposizione e quelli all’interno dei due schieramenti non sono particolarmente esaltanti. Parmalat, il dibattito sulla legge Gasparri, le paranoie di Berlusconi sui comunisti e quelle dell’opposizione sul presunto regime illiberale berlusconiano (pessimo governo certo, ma regime non mi pare), mi stanno francamente annoiando. L’argomento di attualità che seguo di più in questo momento riguarda le due missioni europea e americana su Marte.
L’anno scorso di questi tempi invece era in corso il dibattito sull’imminente intervento angloamericano in Iraq. Le prime pagine dei giornali ed i “talk show” alla televisione erano incentrati sulla questione. I pacifisti mettevano le bandiere della pace alle finestre, nelle strade delle grandi città si tornava a manifestare, in televisione si susseguivano infuocati dibattiti televisivi con insulti tra interventisti e no (tra i primi, alcuni veramente ridicoli come Ferrara con annessa dell’Oglio, Paolo Guzzanti e quella specie di prete che è Baget Bozzo), tra ammiratori e detrattori della destra americana e del principio della guerra preventiva e della democrazia imposta con le bombe. Si parlava della politica di potenza degli Stati Uniti, del Progetto per il Nuovo Secolo Americano, pensatoio della destra neoconservatrice americana che auspicava l’intervento in Iraq ben prima dell’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, delle divergenze tra l’Europa e gli Stati Uniti, con le accuse americane e dei filoamericani all’ingratitudine della vecchia Europa, tacciata di  pacifismo imbelle, del fondamentalismo del governo Bush  autoinvestitosi della missione di guidare le forze del bene contro l’impero del male rappresentato, dopo la caduta del comunismo, dall’Islam fondamentalista, del superamento di un principio base del diritto internazionale, quello dell’inviolabilità dei confini degli stati sovrani che verrebbe meno se questi ultimi sovvenzionano il terrorismo o detengono armi di distruzione di massa, non importa se sia dimostrato o meno (e per quanto riguarda l’Iraq non è stato dimostrato e non lo sarà mai, perché Saddam Hussein quelle armi le ha avute finché gliele forniva l’occidente, in primo luogo gli Stati Uniti, ma probabilmente le ha esaurite contro i Curdi e gli Sciiti con il beneplacito o almeno l’indifferenza dell’occidente  ecc. ecc.), a dimostrazione del fatto che queste ultime possono essere detenute legittimamente solo dagli USA che ne hanno il primato ed eventualmente dai suoi alleati.
E il dibattito continuava sui blog, nuovo strumento mediatico che io come molti altri scoprivamo proprio allora (durante l’anno scorso il numero dei blog da poche  migliaia è salito a 30.000). Per la prima volta tante persone genericamente interessate agli avvenimenti mondiali, ma non impegnate direttamente con la politica, potevano esprimere le proprie opinioni e lanciarle nella rete dove potevano essere commentate da altri instaurando nuove modalità di dibattito. Così, accanto ai diari personali e ai blog più intimisti, nascevano blog di impegno politico, dall’una e dall’altra parte.
Ma, come è noto e sperimentato da tutti, con il tempo la novità diventa abitudine e la voglia iniziale di esserci e di esprimersi diventa quasi obbligo.
Allo stesso modo gli avvenimenti diventano routine e anche l’Iraq, dove la guerra è ufficialmente finita, ma i morti sia tra i soldati delle forse di occupazione o di liberazione, a seconda dei punti di vista,  che tra la popolazione civile non sono cessati, abbiamo un dittatore in meno, che è sempre un fatto positivo, ma il terrorismo continua a mietere vittime. E non solo in Iraq (è di stamani l’attentato nella metropolitana di Mosca il cui bilancio è di 39 morti e più di 100 feriti e che, anche se non è stato ancora rivendicato sembrerebbe da ricollegare alla questione Cecena). Ciò dimostra che la guerra non è forse la  soluzione più adeguata, anzi molti sostengono, non credo a torto, che sia controproducente e i fatti sembrerebbero dar loro ragione (in Iraq non c’erano mai stati tanti terroristi come dopo la guerra). Intanto la democrazia in Iraq è sempre un miraggio lontano. E peraltro se al popolo iracheno fosse consentita l’autodeterminazione avremmo una teocrazia islamica oppure la guerra civile. E qui ci si potrebbe domandare se sia legittimo che un popolo eventualmente elegga dei governanti non democratici (Hitler fu liberamente eletto) o se debba essere tenuto sotto tutela finché non avrà imparato la lezione democratica e soprattutto non abbia acquisito il concetto di stato di diritto. E chi lo decide se un popolo è in grado di governarsi? I popoli cosiddetti civili e democratici devono tenere sottotutela gli altri? E’ la nuova forma di colonialismo del XXI° secolo.
In proposito ci sarebbe da riflettere sul fatto che in Occidente siamo arrivati al concetto di democrazia e di stato di diritto, attraverso secoli di regimi totalitari, di lotte feroci, di guerre di religione e no. Forse avremmo dovuto dare a questi popoli il tempo per evolversi da soli attraverso quegli stessi errori che noi abbiamo commesso in passato. Purtroppo al momento la situazione è divenuta per l’Occidente talmente pericolosa (pochi terroristi con la vocazione al martirio ci rendono insicuri ovunque) che non è escluso di dover vivere in uno stato di conflitto permanente.
Infine un’altra considerazione. Stasera è stato mandato in onda durante il telegiornale un video sull’addestramento dei terroristi di Al Qaeda  che è stato diffuso dall’emittente del Dubai “Al Arabya”, addestramento che si svolge in Arabia Saudita i cui rapporti con le reti terroristiche e in particolare con “Al Qaeda” sono sempre state conosciute, dove il governo non è una democrazia ma un regno feudale, dove non è garantita la libertà di espressione e dove la metà della popolazione, cioè le donne, vive in condizioni di schiavitù. Allora poiché siamo in guerra con il terrorismo, perché  non intervenire anche in quel paese, anzi perché l’intervento anglo-americano non ha riguardato in primo luogo quel paese che sicuramente sovvenziona, addestra, protegge il terrorismo?

1 commento:

  1. Non c'entra con l'argomento... Mi sembra che non si possa più inserire le emmagini su Clarence se non da uno spazio web, da virgilio non si vedono... Come faccio adesso? bau, bau. Fammi sapere ciao aless

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sabato 7 febbraio 2004

Calo dell’ispirazione?

Sono diversi giorni che non scrivo niente.Ho impostato questo blog sull’attualità, ma negli ultimi tempi non ho trovato molte fonti di ispirazione. I conflitti tra maggioranza e opposizione e quelli all’interno dei due schieramenti non sono particolarmente esaltanti. Parmalat, il dibattito sulla legge Gasparri, le paranoie di Berlusconi sui comunisti e quelle dell’opposizione sul presunto regime illiberale berlusconiano (pessimo governo certo, ma regime non mi pare), mi stanno francamente annoiando. L’argomento di attualità che seguo di più in questo momento riguarda le due missioni europea e americana su Marte.
L’anno scorso di questi tempi invece era in corso il dibattito sull’imminente intervento angloamericano in Iraq. Le prime pagine dei giornali ed i “talk show” alla televisione erano incentrati sulla questione. I pacifisti mettevano le bandiere della pace alle finestre, nelle strade delle grandi città si tornava a manifestare, in televisione si susseguivano infuocati dibattiti televisivi con insulti tra interventisti e no (tra i primi, alcuni veramente ridicoli come Ferrara con annessa dell’Oglio, Paolo Guzzanti e quella specie di prete che è Baget Bozzo), tra ammiratori e detrattori della destra americana e del principio della guerra preventiva e della democrazia imposta con le bombe. Si parlava della politica di potenza degli Stati Uniti, del Progetto per il Nuovo Secolo Americano, pensatoio della destra neoconservatrice americana che auspicava l’intervento in Iraq ben prima dell’attacco alle torri gemelle dell’11 settembre 2001, delle divergenze tra l’Europa e gli Stati Uniti, con le accuse americane e dei filoamericani all’ingratitudine della vecchia Europa, tacciata di  pacifismo imbelle, del fondamentalismo del governo Bush  autoinvestitosi della missione di guidare le forze del bene contro l’impero del male rappresentato, dopo la caduta del comunismo, dall’Islam fondamentalista, del superamento di un principio base del diritto internazionale, quello dell’inviolabilità dei confini degli stati sovrani che verrebbe meno se questi ultimi sovvenzionano il terrorismo o detengono armi di distruzione di massa, non importa se sia dimostrato o meno (e per quanto riguarda l’Iraq non è stato dimostrato e non lo sarà mai, perché Saddam Hussein quelle armi le ha avute finché gliele forniva l’occidente, in primo luogo gli Stati Uniti, ma probabilmente le ha esaurite contro i Curdi e gli Sciiti con il beneplacito o almeno l’indifferenza dell’occidente  ecc. ecc.), a dimostrazione del fatto che queste ultime possono essere detenute legittimamente solo dagli USA che ne hanno il primato ed eventualmente dai suoi alleati.
E il dibattito continuava sui blog, nuovo strumento mediatico che io come molti altri scoprivamo proprio allora (durante l’anno scorso il numero dei blog da poche  migliaia è salito a 30.000). Per la prima volta tante persone genericamente interessate agli avvenimenti mondiali, ma non impegnate direttamente con la politica, potevano esprimere le proprie opinioni e lanciarle nella rete dove potevano essere commentate da altri instaurando nuove modalità di dibattito. Così, accanto ai diari personali e ai blog più intimisti, nascevano blog di impegno politico, dall’una e dall’altra parte.
Ma, come è noto e sperimentato da tutti, con il tempo la novità diventa abitudine e la voglia iniziale di esserci e di esprimersi diventa quasi obbligo.
Allo stesso modo gli avvenimenti diventano routine e anche l’Iraq, dove la guerra è ufficialmente finita, ma i morti sia tra i soldati delle forse di occupazione o di liberazione, a seconda dei punti di vista,  che tra la popolazione civile non sono cessati, abbiamo un dittatore in meno, che è sempre un fatto positivo, ma il terrorismo continua a mietere vittime. E non solo in Iraq (è di stamani l’attentato nella metropolitana di Mosca il cui bilancio è di 39 morti e più di 100 feriti e che, anche se non è stato ancora rivendicato sembrerebbe da ricollegare alla questione Cecena). Ciò dimostra che la guerra non è forse la  soluzione più adeguata, anzi molti sostengono, non credo a torto, che sia controproducente e i fatti sembrerebbero dar loro ragione (in Iraq non c’erano mai stati tanti terroristi come dopo la guerra). Intanto la democrazia in Iraq è sempre un miraggio lontano. E peraltro se al popolo iracheno fosse consentita l’autodeterminazione avremmo una teocrazia islamica oppure la guerra civile. E qui ci si potrebbe domandare se sia legittimo che un popolo eventualmente elegga dei governanti non democratici (Hitler fu liberamente eletto) o se debba essere tenuto sotto tutela finché non avrà imparato la lezione democratica e soprattutto non abbia acquisito il concetto di stato di diritto. E chi lo decide se un popolo è in grado di governarsi? I popoli cosiddetti civili e democratici devono tenere sottotutela gli altri? E’ la nuova forma di colonialismo del XXI° secolo.
In proposito ci sarebbe da riflettere sul fatto che in Occidente siamo arrivati al concetto di democrazia e di stato di diritto, attraverso secoli di regimi totalitari, di lotte feroci, di guerre di religione e no. Forse avremmo dovuto dare a questi popoli il tempo per evolversi da soli attraverso quegli stessi errori che noi abbiamo commesso in passato. Purtroppo al momento la situazione è divenuta per l’Occidente talmente pericolosa (pochi terroristi con la vocazione al martirio ci rendono insicuri ovunque) che non è escluso di dover vivere in uno stato di conflitto permanente.
Infine un’altra considerazione. Stasera è stato mandato in onda durante il telegiornale un video sull’addestramento dei terroristi di Al Qaeda  che è stato diffuso dall’emittente del Dubai “Al Arabya”, addestramento che si svolge in Arabia Saudita i cui rapporti con le reti terroristiche e in particolare con “Al Qaeda” sono sempre state conosciute, dove il governo non è una democrazia ma un regno feudale, dove non è garantita la libertà di espressione e dove la metà della popolazione, cioè le donne, vive in condizioni di schiavitù. Allora poiché siamo in guerra con il terrorismo, perché  non intervenire anche in quel paese, anzi perché l’intervento anglo-americano non ha riguardato in primo luogo quel paese che sicuramente sovvenziona, addestra, protegge il terrorismo?

1 commento:

  1. Non c'entra con l'argomento... Mi sembra che non si possa più inserire le emmagini su Clarence se non da uno spazio web, da virgilio non si vedono... Come faccio adesso? bau, bau. Fammi sapere ciao aless

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