martedì 16 dicembre 2003

Riflessioni dopo la cattura di Saddam Hussein

Se Saddam Hussein fosse morto combattendo sarebbe diventato un eroe della resistenza araba e musulmana all’invasione americana e tra le masse arabe la sua efferatezza di dittatore sarebbe passata in secondo piano.

Pertanto che il rais di Bagdad sia stato finalmente catturato, che non sia stato capace di morire combattendo, che sia stato trovato in un buco degno di un topo, che avesse l’aspetto di un vecchio distrutto e dallo sguardo perso, è innegabilmente un fatto di alto valore simbolico, un innegabile successo per il governo americano, anche se purtroppo, perché anche i fatti positivi possono avere conseguenze negative, si tradurrà in un argomento a favore della rielezione di Bush che non è quanto di meglio il mondo si possa augurare.

Quanto alle conseguenze sulla realtà irachena e sulla lotta al terrorismo in genere potrebbero non essere eclatanti. Infatti proprio le condizioni in cui è apparso il temibile dittatore fanno pensare che difficilmente fosse in grado di dirigere la guerriglia irachena che sicuramente è alimentata da forze di diverso segno. Non vi mancano certamente i seguaci di Saddam, ma sicuramente ci sono soprattutto fautori della teocrazia islamica, particolarmente sciiti, acerrimi nemici del rais che, quando era al potere ne ha uccisi a migliaia, ma anche ostili agli americani che considerano invasori, corrotti e infedeli come tutti gli occidentali, e ancora fanatici islamici provenienti dai paesi vicini riversatisi in Iraq in cerca di martirio, e certamente c’è Al Qaeda che sembra non avesse grossi agganci in Iraq prima della guerra.

Personalmente sono tra coloro che ritengono che occorra difendersi dal terrorismo islamico e che non si possa essere pacifisti ad oltranza di fronte a movimenti che vorrebbero riportare tutto il mondo al medioevo e che usano il terrorismo come metodo di lotta.

Ciononostante sono stata contraria all’intervento americano in Iraq e la penso tuttora allo stesso modo. Ritengo infatti che la dottrina della guerra preventiva e dell’importazione della democrazia con le bombe, o, come dichiarato di recente dal nostro premier, quella della necessità di ripensare il principio dell’inviolabilità dei confini nazionali quando si tratta di combattere il terrorismo e fare trionfare la democrazia, non sia accettabile, perché potrebbe portare a stravolgimenti aberranti. E comunque non è nemmeno la soluzione migliore per sconfiggere il terrorismo che, anzi, nella guerra in Iraq ha trovato un ulteriore pretesto.

E poi chi stabilisce quando un paese non è democratico? Gli Stati Uniti detengono forse il monopolio della democrazia? Lo detenevano anche quando sostenevano le efferate dittature latino americane? La paura del comunismo era sufficiente motivo per sostenere quelle dittature? E comunque se la maggioranza di un paese si esprimesse in favore del comunismo, o della repubblica islamica, non ne avrebbe il diritto? Allende, che peraltro non era comunista, era andato al potere con libere elezioni, il golpe, con l’aiuto del governo americano e della C.I.A., lo fece Pinochet che fu dittatore non meno efferato di Saddam (in proporzione ovviamente al periodo in cui ha governato), ma che non è stato condannato da alcun tribunale e di recente in un intervista ha detto di non aver niente di cui pentirsi avendo sempre agito per il bene del proprio paese. E ancora si potrebbe accettare l’invasione di Cuba, il cui leader non è certo un democratico ma non è neanche paragonabile a Saddam Hussein e comunque non sta minacciando nessuno?

E proprio sulla base di questi interrogativi continuo a ritenere pericolosa la politica di Bush e di chi lo segue. La lotta al terrorismo deve essere combattuta con mezzi diversi, con quelli della diplomazia dove è possibile, con le pressioni di organismi internazionali, la cui organizzazione magari va rivista, con l’attività di “intelligence”. La guerra è solo l’estrema soluzione e non può essere decisa da un paese solo che si considera il bene assoluto in lotta contro il male assoluto.

Per questo è necessario che tutto l’Occidente si interroghi sulle problematiche in essere e trovi delle soluzioni prima che sia troppo tardi. Dobbiamo cercare di avvicinare alla democrazia, non con le bombe, ma con le armi della diplomazia, i paesi arabi moderati, dobbiamo trovare una soluzione al problema palestinese. Solo in tal modo il sostegno al terrorismo verrà meno.

Non possiamo dimenticare che il fondamentalismo religioso è anche la conseguenza delle nostre azioni passate e presenti. Ad un passato colonialista che ha lasciato confini tracciati sulla carta ma non corrispondenti alle effettive realtà locali è seguito un presente non meno colonialista, anche se con mezzi diversi. Abbiamo sfruttato le immense risorse di quei paesi sostenendo pessimi despoti locali che vivevano nel lusso lasciando il popolo nell’assoluta indigenza. Poi questi popoli, esclusi dal benessere occidentale, hanno trovato nella religione un punto di riferimento e un’identità che non trovavano altrove. Del resto la religione fa sempre presa sulle masse povere e ignoranti. Dove arriva il benessere e aumenta il livello culturale, la religione diminuisce la propria presa. Ma l’Occidente è responsabile, insieme ai dittatori locali che ha più o meno sostenuto, del mantenimento di pessime condizioni in paesi che, per le loro risorse naturali, avrebbero potuto essere ricchi e ora ne paga le conseguenze.

Da quei paesi arrivano da noi migliaia di persone che non siamo in grado di accogliere che in minima parte, e tra tanti che arrivano attratti dal miraggio di un miglioramento delle loro condizioni sociali, ci sono anche coloro che vorrebbero distruggerci o almeno imporci i loro costumi, e, se a ciò si unisce la consapevolezza che il terrorismo è in grado di colpirci fin nelle nostre opulente città, ecco che ci sembra di avere i barbari alle porte e non è questo il clima in cui si trovano soluzioni politiche.

Bisogna che i popoli e i governi escano da questa spirale e comprendano che la guerra non è la soluzione e, se malauguratamente, lo fosse non può essere decisa da un solo paese per quanto potente.

2 commenti:

  1. Marivan,sempre libera nelle tue esternazioni....ti saluto con affetto.

    RispondiElimina
  2. Dove sei?Comunque ti auguro un dolce Natale!

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martedì 16 dicembre 2003

Riflessioni dopo la cattura di Saddam Hussein

Se Saddam Hussein fosse morto combattendo sarebbe diventato un eroe della resistenza araba e musulmana all’invasione americana e tra le masse arabe la sua efferatezza di dittatore sarebbe passata in secondo piano.

Pertanto che il rais di Bagdad sia stato finalmente catturato, che non sia stato capace di morire combattendo, che sia stato trovato in un buco degno di un topo, che avesse l’aspetto di un vecchio distrutto e dallo sguardo perso, è innegabilmente un fatto di alto valore simbolico, un innegabile successo per il governo americano, anche se purtroppo, perché anche i fatti positivi possono avere conseguenze negative, si tradurrà in un argomento a favore della rielezione di Bush che non è quanto di meglio il mondo si possa augurare.

Quanto alle conseguenze sulla realtà irachena e sulla lotta al terrorismo in genere potrebbero non essere eclatanti. Infatti proprio le condizioni in cui è apparso il temibile dittatore fanno pensare che difficilmente fosse in grado di dirigere la guerriglia irachena che sicuramente è alimentata da forze di diverso segno. Non vi mancano certamente i seguaci di Saddam, ma sicuramente ci sono soprattutto fautori della teocrazia islamica, particolarmente sciiti, acerrimi nemici del rais che, quando era al potere ne ha uccisi a migliaia, ma anche ostili agli americani che considerano invasori, corrotti e infedeli come tutti gli occidentali, e ancora fanatici islamici provenienti dai paesi vicini riversatisi in Iraq in cerca di martirio, e certamente c’è Al Qaeda che sembra non avesse grossi agganci in Iraq prima della guerra.

Personalmente sono tra coloro che ritengono che occorra difendersi dal terrorismo islamico e che non si possa essere pacifisti ad oltranza di fronte a movimenti che vorrebbero riportare tutto il mondo al medioevo e che usano il terrorismo come metodo di lotta.

Ciononostante sono stata contraria all’intervento americano in Iraq e la penso tuttora allo stesso modo. Ritengo infatti che la dottrina della guerra preventiva e dell’importazione della democrazia con le bombe, o, come dichiarato di recente dal nostro premier, quella della necessità di ripensare il principio dell’inviolabilità dei confini nazionali quando si tratta di combattere il terrorismo e fare trionfare la democrazia, non sia accettabile, perché potrebbe portare a stravolgimenti aberranti. E comunque non è nemmeno la soluzione migliore per sconfiggere il terrorismo che, anzi, nella guerra in Iraq ha trovato un ulteriore pretesto.

E poi chi stabilisce quando un paese non è democratico? Gli Stati Uniti detengono forse il monopolio della democrazia? Lo detenevano anche quando sostenevano le efferate dittature latino americane? La paura del comunismo era sufficiente motivo per sostenere quelle dittature? E comunque se la maggioranza di un paese si esprimesse in favore del comunismo, o della repubblica islamica, non ne avrebbe il diritto? Allende, che peraltro non era comunista, era andato al potere con libere elezioni, il golpe, con l’aiuto del governo americano e della C.I.A., lo fece Pinochet che fu dittatore non meno efferato di Saddam (in proporzione ovviamente al periodo in cui ha governato), ma che non è stato condannato da alcun tribunale e di recente in un intervista ha detto di non aver niente di cui pentirsi avendo sempre agito per il bene del proprio paese. E ancora si potrebbe accettare l’invasione di Cuba, il cui leader non è certo un democratico ma non è neanche paragonabile a Saddam Hussein e comunque non sta minacciando nessuno?

E proprio sulla base di questi interrogativi continuo a ritenere pericolosa la politica di Bush e di chi lo segue. La lotta al terrorismo deve essere combattuta con mezzi diversi, con quelli della diplomazia dove è possibile, con le pressioni di organismi internazionali, la cui organizzazione magari va rivista, con l’attività di “intelligence”. La guerra è solo l’estrema soluzione e non può essere decisa da un paese solo che si considera il bene assoluto in lotta contro il male assoluto.

Per questo è necessario che tutto l’Occidente si interroghi sulle problematiche in essere e trovi delle soluzioni prima che sia troppo tardi. Dobbiamo cercare di avvicinare alla democrazia, non con le bombe, ma con le armi della diplomazia, i paesi arabi moderati, dobbiamo trovare una soluzione al problema palestinese. Solo in tal modo il sostegno al terrorismo verrà meno.

Non possiamo dimenticare che il fondamentalismo religioso è anche la conseguenza delle nostre azioni passate e presenti. Ad un passato colonialista che ha lasciato confini tracciati sulla carta ma non corrispondenti alle effettive realtà locali è seguito un presente non meno colonialista, anche se con mezzi diversi. Abbiamo sfruttato le immense risorse di quei paesi sostenendo pessimi despoti locali che vivevano nel lusso lasciando il popolo nell’assoluta indigenza. Poi questi popoli, esclusi dal benessere occidentale, hanno trovato nella religione un punto di riferimento e un’identità che non trovavano altrove. Del resto la religione fa sempre presa sulle masse povere e ignoranti. Dove arriva il benessere e aumenta il livello culturale, la religione diminuisce la propria presa. Ma l’Occidente è responsabile, insieme ai dittatori locali che ha più o meno sostenuto, del mantenimento di pessime condizioni in paesi che, per le loro risorse naturali, avrebbero potuto essere ricchi e ora ne paga le conseguenze.

Da quei paesi arrivano da noi migliaia di persone che non siamo in grado di accogliere che in minima parte, e tra tanti che arrivano attratti dal miraggio di un miglioramento delle loro condizioni sociali, ci sono anche coloro che vorrebbero distruggerci o almeno imporci i loro costumi, e, se a ciò si unisce la consapevolezza che il terrorismo è in grado di colpirci fin nelle nostre opulente città, ecco che ci sembra di avere i barbari alle porte e non è questo il clima in cui si trovano soluzioni politiche.

Bisogna che i popoli e i governi escano da questa spirale e comprendano che la guerra non è la soluzione e, se malauguratamente, lo fosse non può essere decisa da un solo paese per quanto potente.

2 commenti:

  1. Marivan,sempre libera nelle tue esternazioni....ti saluto con affetto.

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  2. Dove sei?Comunque ti auguro un dolce Natale!

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