martedì 16 dicembre 2003

La lezione americana all'Europa

Tra i vari articoli che oggi i giornali hanno dedicato alla cattura di Saddam Hussein quello di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera dall’eloquente titolo :”La lezione americana all’Europa” mi ha fatto proprio imbestialire.

L’articolo coglie il pretesto della cattura di Saddam Hussein per intonare un peana al ruolo e alle capacità americane raffrontate all’ignavia europea e dall’enfasi dei toni usati sembra compiacersene (soprattutto dell’ignavia europea).

Sostiene che la cattura di Saddam Hussein da parte degli Stati Uniti segna con ogni probabilità una data memorabile nella vicenda mondiale, una data dalle conseguenze potenzialmente immense e  paragona l’avvenimento a quanto accadde nel 1945 quando, grazie al ruolo e alle capacità americane, il nazismo tedesco ed il militarismo nipponico furono portati alla sbarra di un tribunale e per suo tramite sottoposti al giudizio dell’opinione pubblica del mondo.

Qui il paragone mi sembra almeno eccessivo, perché se da un lato è vero che il terrorismo islamico è pericoloso, non ha ancora la capacità di vincere contro l’Occidente, dall’altro non si identifica solo con Saddam Hussein, ma è ben altro, quanto alla sconfitta del nazismo se nessuno disconosce il ruolo che vi ebbero gli Stati Uniti, non si può nemmeno dimenticare che le sorti della Germania cominciarono a  rovesciarsi proprio quando Hitler attaccò la Russia e fu respinto.

Ancora l’articolo prosegue affermando che tra le lezioni della cattura di Saddam c’è pure questa: di fronte alla chiarezza di obiettivi degli Stati Uniti, di fronte alla loro capacità di perseguirli sulla scena del mondo, di fronte al loro impegno di rispondere al terrorismo colpo su colpo, l’Europa non ha saputo pensare e proporre niente si serio. Qualcosa di vero c’è in questa affermazione, anche se le cause non stanno a mio parere in una incapacità intrinseca europea quando nella divisione dei suoi governi che non riescono ad elaborare una politica estera e della difesa comuni, soprattutto a causa dei freni a ciò posti dai paesi europei più filo americani (Gran Bretagna, Spagna, Italia, e gli ex-satelliti sovietici divenuti satelliti USA). Si deve poi riflettere su fatti come questo. Nel documento sulla "Strategia nazionale di sicurezza" presentato da Washington il 20 settembre 2002, sei mesi prima dell’intervento in Iraq, si trova questo passaggio: "L'umanità ha nelle sue mani l'occasione di assicurare il trionfo della libertà sui suoi nemici. Gli Stati Uniti sono fieri della responsabilità che incombe loro di condurre questa importante missione." Dunque loro e solo loro. E tutto il pensiero dei neoconservatori americani è venato di atteggiamenti di disprezzo verso l’Europa. Sono stati scritti libri per sostenere la presunta ignavia dell’Europa che pensa solo al proprio benessere come se gli Stati Uniti non pensassero al loro e avessero anche il monopolio dell’etica oltre che quello della democrazia. Questo non è certo il modo di trattare gli alleati. E certamente un paese come la Francia, che giustamente ha sempre avuto un alto concetto della propria dignità nazionale, non poteva accettarlo.

Concludendo sembra che certi fanatici filoamericani godano dei successi ottenuti dagli Stati Uniti, non tanto in se stessi, quanto in contrapposizione alla presunta incapacità europea. Sembra quasi che essi stessi non si considerino europei, ma americani d’elezione.

Nessun commento:

Posta un commento

martedì 16 dicembre 2003

La lezione americana all'Europa

Tra i vari articoli che oggi i giornali hanno dedicato alla cattura di Saddam Hussein quello di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera dall’eloquente titolo :”La lezione americana all’Europa” mi ha fatto proprio imbestialire.

L’articolo coglie il pretesto della cattura di Saddam Hussein per intonare un peana al ruolo e alle capacità americane raffrontate all’ignavia europea e dall’enfasi dei toni usati sembra compiacersene (soprattutto dell’ignavia europea).

Sostiene che la cattura di Saddam Hussein da parte degli Stati Uniti segna con ogni probabilità una data memorabile nella vicenda mondiale, una data dalle conseguenze potenzialmente immense e  paragona l’avvenimento a quanto accadde nel 1945 quando, grazie al ruolo e alle capacità americane, il nazismo tedesco ed il militarismo nipponico furono portati alla sbarra di un tribunale e per suo tramite sottoposti al giudizio dell’opinione pubblica del mondo.

Qui il paragone mi sembra almeno eccessivo, perché se da un lato è vero che il terrorismo islamico è pericoloso, non ha ancora la capacità di vincere contro l’Occidente, dall’altro non si identifica solo con Saddam Hussein, ma è ben altro, quanto alla sconfitta del nazismo se nessuno disconosce il ruolo che vi ebbero gli Stati Uniti, non si può nemmeno dimenticare che le sorti della Germania cominciarono a  rovesciarsi proprio quando Hitler attaccò la Russia e fu respinto.

Ancora l’articolo prosegue affermando che tra le lezioni della cattura di Saddam c’è pure questa: di fronte alla chiarezza di obiettivi degli Stati Uniti, di fronte alla loro capacità di perseguirli sulla scena del mondo, di fronte al loro impegno di rispondere al terrorismo colpo su colpo, l’Europa non ha saputo pensare e proporre niente si serio. Qualcosa di vero c’è in questa affermazione, anche se le cause non stanno a mio parere in una incapacità intrinseca europea quando nella divisione dei suoi governi che non riescono ad elaborare una politica estera e della difesa comuni, soprattutto a causa dei freni a ciò posti dai paesi europei più filo americani (Gran Bretagna, Spagna, Italia, e gli ex-satelliti sovietici divenuti satelliti USA). Si deve poi riflettere su fatti come questo. Nel documento sulla "Strategia nazionale di sicurezza" presentato da Washington il 20 settembre 2002, sei mesi prima dell’intervento in Iraq, si trova questo passaggio: "L'umanità ha nelle sue mani l'occasione di assicurare il trionfo della libertà sui suoi nemici. Gli Stati Uniti sono fieri della responsabilità che incombe loro di condurre questa importante missione." Dunque loro e solo loro. E tutto il pensiero dei neoconservatori americani è venato di atteggiamenti di disprezzo verso l’Europa. Sono stati scritti libri per sostenere la presunta ignavia dell’Europa che pensa solo al proprio benessere come se gli Stati Uniti non pensassero al loro e avessero anche il monopolio dell’etica oltre che quello della democrazia. Questo non è certo il modo di trattare gli alleati. E certamente un paese come la Francia, che giustamente ha sempre avuto un alto concetto della propria dignità nazionale, non poteva accettarlo.

Concludendo sembra che certi fanatici filoamericani godano dei successi ottenuti dagli Stati Uniti, non tanto in se stessi, quanto in contrapposizione alla presunta incapacità europea. Sembra quasi che essi stessi non si considerino europei, ma americani d’elezione.

Nessun commento:

Posta un commento