sabato 22 febbraio 2003

L'Europa dei popoli unita contro la guerra


Sabato scorso, 15 febbraio 2003, milioni di persone in tutto il mondo hanno manifestato per la pace, dall'Europa, agli Stati Uniti, all'Australia. Ma soprattutto in Europa e in particolare nei tre paesi, Inghilterra, Italia, e Spagna, i cui governi sono maggiormente allineati alla posizione degli Stati Uniti, a dimostrazione che la maggioranza dei cittadini europei non vuole la guerra. Infatti i sondaggi dicono che è contro il 76 per cento dei francesi, il 61 degli spagnoli e degli italiani, il 67 degli irlandesi, il 69 dei tedeschi, il 47 dei britannici, il 65 degli olandesi.
Le manifestazioni di sabato hanno dimostrato che esiste un'Europa dei popoli che, in larga parte, è contraria alla guerra. Siamo invece ancora ben lontani da un'Europa dei governi, con una politica estera comune. Infatti anche sulla questione della guerra all'IRAQ, l'Europa si è divisa. Da una parte il fronte del no, con in testa la Francia e la  Germania, dall'altra, quello dei paesi allineati, sulle posizioni degli Stati Uniti, e in particolare Inghilterra, Italia e Spagna.
Gli schieramenti hanno poco a che vedere con le posizioni politiche dei singoli governanti, in quanto Jacques Chirac non è certo di sinistra, mentre Gerhard Schroeder è socialdemocratico e Blair laburista.
Si può pensare che i governi vogliano la guerra o la pace per lo stesso motivo: il petrolio.
E del resto la Mesopotamia è sempre stata zona di guerra per le materie prime, come ricorda Giovanni Bergamini, archeologo e direttore del Museo Egizio di Torino, nell'intervista rilasciata il 17 febbraio al quotidiano "La Repubblica" dal titolo "Mesopotamia radice del mondo":
"L'Iraq, l'antica Mesopotamia , è sempre stata lacerata da guerre feroci per il controllo delle materie prime. Oggi, mi pare ovvio, c'è il petrolio. Nel secondo millennio A.C. c'era lo stagno.
Chi aveva il rame non aveva lo stagno per fare armi e utensili in bronzo. Lo stagno stava in Iran, sui monti Zagros, verso l'Afghanistan. Bisognava importarlo in condizioni di sicurezza. Così tutti lottarono per il controllo di quella strada . E portarono razzie, distruzione, carestie."
Con questo non si vuole mettere in secondo piano il fatto che Saddam sia un feroce dittatore, ma lo era anche negli anni 80, durante la guerra con l'Iran, quando gli Stati Uniti gli fornivano sostegno, sempre avendo di mira il petrolio, senza preoccuparsi per niente dei diritti civili calpestati, del genocidio dei Curdi e altre amenità.
E non è l'unico. Nel mondo arabo non esiste un solo governo veramente democratico. E tanti altri dittatori governano in vari paesi del mondo.
Quanto alle armi di distruzione di massa, le prove ancora non ci sono, mentre altri paesi, come la Corea, minacciano addirittura l'uso delle armi atomiche.
Pertanto le motivazioni degli Stati Uniti non sono credibili.
Con questo non si può pensare che Chirac e Schroeder siano contro la guerra per motivi ideali. Avranno sicuramente interessi a mantenere buoni rapporti economici con l'Iraq.
Tuttavia quello che mi piace, soprattutto della Francia, è l'orgoglio nazionale che l'ha sempre portata, indipendentemente dalle opinioni politiche dei diversi leader che si sono succeduti al governo dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, a dimostrare dignità e a non prostrarsi di fronte alla politica imperiale degli Stati Uniti, a differenza dei governanti italiani il cui pedissequo allineamento è stata invece una costante con rare eccezioni.   
Pertanto ammiro la "perfida" Francia, e mi rammarico che il mio paese continui a dimostrare in ogni occasione quel servilismo nei confronti del più forte che è stata una sua costante attraverso i secoli.  

2 commenti:

  1. La deprecabile politica estera del governo Berlusconi è un chiaro atto di emancipazione dall'asse franco-tedesco. Le stesse motivazioni hanno spinto ad una scelta simile Spagna, Portogallo e i nuovi membri orientali. In questo senso non ci sarebbe nulla di così scandaloso nel voler rivendicare un'autonomia da Berlino e Parigi. In fondo dove sta scritto che per sottrasi a Washington si debba finire tra le grinfie di Chirac e Schroeder? Il vero problema è la rinuncia a quel ruolo privilegiato nei confronti del mondo arabo palesato dai governi della prima repubblica. L'americanismo dell'Italia in fondo non è una novità per la "Bulgaria" della Nato.

    RispondiElimina
  2. Se per rivendicare un’autonomia da Berlino e Parigi ci si allinea pedissequamente ai voleri degli Stati Uniti, come del resto abbiamo sempre fatto, perché il filoamericanismo italiano non è certo un’invenzione di Berlusconi, non si acquista certo quella posizione nel mondo che ci competerebbe.

    Siamo uno degli otto paesi più sviluppati del mondo, ma non abbiamo mai avuto un ruolo di rilievo nel consesso internazionale, probabilmente perché non siamo mai riusciti a darci dei governanti di un certo spessore, e questo sarebbe un motivo sul quale riflettere, tenuto conto che non possiamo dimenticare che essi sono l’espressione del nostro popolo.

    Quanto al ruolo privilegiato nei confronti del mondo arabo che l’Italia avrebbe rivestito durante i governi della prima repubblica, credo che l’unico tentativo di rilievo in quella direzione risalga ai tempi di Enrico Mattei e sappiamo come è finito. Poi si è trattato più che altro di discorsi.

    A mio parere la strada che dobbiamo perseguire è quella di stare attivamente in Europa senza subordinarci a nessuno, ma dando voce alle nostre peculiarità, tra le quali quella di essere il più grande paese mediterraneo, e pertanto facendoci anche parte attiva nella soluzione dei problemi dell’area del vicino oriente e nei rapporti tra questi ultimi e l’Europa.

    RispondiElimina

sabato 22 febbraio 2003

L'Europa dei popoli unita contro la guerra


Sabato scorso, 15 febbraio 2003, milioni di persone in tutto il mondo hanno manifestato per la pace, dall'Europa, agli Stati Uniti, all'Australia. Ma soprattutto in Europa e in particolare nei tre paesi, Inghilterra, Italia, e Spagna, i cui governi sono maggiormente allineati alla posizione degli Stati Uniti, a dimostrazione che la maggioranza dei cittadini europei non vuole la guerra. Infatti i sondaggi dicono che è contro il 76 per cento dei francesi, il 61 degli spagnoli e degli italiani, il 67 degli irlandesi, il 69 dei tedeschi, il 47 dei britannici, il 65 degli olandesi.
Le manifestazioni di sabato hanno dimostrato che esiste un'Europa dei popoli che, in larga parte, è contraria alla guerra. Siamo invece ancora ben lontani da un'Europa dei governi, con una politica estera comune. Infatti anche sulla questione della guerra all'IRAQ, l'Europa si è divisa. Da una parte il fronte del no, con in testa la Francia e la  Germania, dall'altra, quello dei paesi allineati, sulle posizioni degli Stati Uniti, e in particolare Inghilterra, Italia e Spagna.
Gli schieramenti hanno poco a che vedere con le posizioni politiche dei singoli governanti, in quanto Jacques Chirac non è certo di sinistra, mentre Gerhard Schroeder è socialdemocratico e Blair laburista.
Si può pensare che i governi vogliano la guerra o la pace per lo stesso motivo: il petrolio.
E del resto la Mesopotamia è sempre stata zona di guerra per le materie prime, come ricorda Giovanni Bergamini, archeologo e direttore del Museo Egizio di Torino, nell'intervista rilasciata il 17 febbraio al quotidiano "La Repubblica" dal titolo "Mesopotamia radice del mondo":
"L'Iraq, l'antica Mesopotamia , è sempre stata lacerata da guerre feroci per il controllo delle materie prime. Oggi, mi pare ovvio, c'è il petrolio. Nel secondo millennio A.C. c'era lo stagno.
Chi aveva il rame non aveva lo stagno per fare armi e utensili in bronzo. Lo stagno stava in Iran, sui monti Zagros, verso l'Afghanistan. Bisognava importarlo in condizioni di sicurezza. Così tutti lottarono per il controllo di quella strada . E portarono razzie, distruzione, carestie."
Con questo non si vuole mettere in secondo piano il fatto che Saddam sia un feroce dittatore, ma lo era anche negli anni 80, durante la guerra con l'Iran, quando gli Stati Uniti gli fornivano sostegno, sempre avendo di mira il petrolio, senza preoccuparsi per niente dei diritti civili calpestati, del genocidio dei Curdi e altre amenità.
E non è l'unico. Nel mondo arabo non esiste un solo governo veramente democratico. E tanti altri dittatori governano in vari paesi del mondo.
Quanto alle armi di distruzione di massa, le prove ancora non ci sono, mentre altri paesi, come la Corea, minacciano addirittura l'uso delle armi atomiche.
Pertanto le motivazioni degli Stati Uniti non sono credibili.
Con questo non si può pensare che Chirac e Schroeder siano contro la guerra per motivi ideali. Avranno sicuramente interessi a mantenere buoni rapporti economici con l'Iraq.
Tuttavia quello che mi piace, soprattutto della Francia, è l'orgoglio nazionale che l'ha sempre portata, indipendentemente dalle opinioni politiche dei diversi leader che si sono succeduti al governo dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi, a dimostrare dignità e a non prostrarsi di fronte alla politica imperiale degli Stati Uniti, a differenza dei governanti italiani il cui pedissequo allineamento è stata invece una costante con rare eccezioni.   
Pertanto ammiro la "perfida" Francia, e mi rammarico che il mio paese continui a dimostrare in ogni occasione quel servilismo nei confronti del più forte che è stata una sua costante attraverso i secoli.  

2 commenti:

  1. La deprecabile politica estera del governo Berlusconi è un chiaro atto di emancipazione dall'asse franco-tedesco. Le stesse motivazioni hanno spinto ad una scelta simile Spagna, Portogallo e i nuovi membri orientali. In questo senso non ci sarebbe nulla di così scandaloso nel voler rivendicare un'autonomia da Berlino e Parigi. In fondo dove sta scritto che per sottrasi a Washington si debba finire tra le grinfie di Chirac e Schroeder? Il vero problema è la rinuncia a quel ruolo privilegiato nei confronti del mondo arabo palesato dai governi della prima repubblica. L'americanismo dell'Italia in fondo non è una novità per la "Bulgaria" della Nato.

    RispondiElimina
  2. Se per rivendicare un’autonomia da Berlino e Parigi ci si allinea pedissequamente ai voleri degli Stati Uniti, come del resto abbiamo sempre fatto, perché il filoamericanismo italiano non è certo un’invenzione di Berlusconi, non si acquista certo quella posizione nel mondo che ci competerebbe.

    Siamo uno degli otto paesi più sviluppati del mondo, ma non abbiamo mai avuto un ruolo di rilievo nel consesso internazionale, probabilmente perché non siamo mai riusciti a darci dei governanti di un certo spessore, e questo sarebbe un motivo sul quale riflettere, tenuto conto che non possiamo dimenticare che essi sono l’espressione del nostro popolo.

    Quanto al ruolo privilegiato nei confronti del mondo arabo che l’Italia avrebbe rivestito durante i governi della prima repubblica, credo che l’unico tentativo di rilievo in quella direzione risalga ai tempi di Enrico Mattei e sappiamo come è finito. Poi si è trattato più che altro di discorsi.

    A mio parere la strada che dobbiamo perseguire è quella di stare attivamente in Europa senza subordinarci a nessuno, ma dando voce alle nostre peculiarità, tra le quali quella di essere il più grande paese mediterraneo, e pertanto facendoci anche parte attiva nella soluzione dei problemi dell’area del vicino oriente e nei rapporti tra questi ultimi e l’Europa.

    RispondiElimina