giovedì 24 gennaio 2013

L'economia digitale

Sul Corriere della Sera di oggi nell'articolo intitolato "L'economia del Prozac" a firma di Giovanni Sartori si dice che dopo l'economia agricola, la rivoluzione industriale e la società dei servizi è in arrivo una quarta rivoluzione industriale che sembra ancora più radicale di tutte quelle che l’hanno preceduta e che si potrebbe chiamare "rivoluzione digitale". In questo contesto un prodotto viene disegnato su un computer e poi stampato su una stampante 3D che a sua volta produce un conforme oggetto solido fondendo assieme successivi strati di materiali.

E' già un po' di tempo che mi capita di leggere di questa stampante che produce oggetti tridimensionali. Mi sembra che ne abbiano parlato anche in qualche programma televisivo. Ora non ho capito bene come funzioni e quali oggetti si possano stampare oggi e dove si potrebbe arrivare in futuro. Sarà possibile stamparsi un'auto o magari la casa?

Potrebbe accadere davvero che tra non molto tempo invece di andare a comprare un oggetto ce lo stamperemo e/o andremo in un negozio dove ce lo stamperanno? 


Sartori dice di essere troppo vecchio per capirne il funzionamento ma si domanda che fine farà, in questo radioso futuro, l’occupazione o meglio la disoccupazione. 

Ora è certo che se il futuro andrà in questa direzione, ma è troppo presto per dirlo, perché talvolta certe innovazioni che sembrano grandiose non hanno seguito, le implicazioni sull'economia non potranno che essere enormi, appunto si tratterà di una rivoluzione. 

E' ovvio che sarebbe sempre meno necessario il lavoro manuale. Avremmo certamente ancora bisogno di creativi, di tecnici, di professionisti, ma sempre meno di operai. La rivoluzione industriale aumentò la richiesta di manodopera che si trasferì dall'agricoltura all'industria, ma già con la "società dei servizi" la richiesta di manodopera diminuì. Con la "rivoluzione digitale" potrebbe ridursi ai minimi termini. Inoltre crollerebbero i prezzi, perché per produrre lo stesso  oggetto ci vorrebbe molto meno lavoro e meno tempo, e anche meno energia, sia per la produzione che per i trasporti di cui si avrebbe sempre meno bisogno, ricominciando a produrre sul posto, cioè il contrario della globalizzazione. 

Un nuovo modo di produrre coniugato con l'"economia verde" non potrebbe dare origine a un mondo migliore, meno stressante, meno inquinato, ma non per questo in decrescita?

Non mi intendo di economia, ma non è che si risolverebbero un sacco di problemi? 

Certo ci sarebbe il problema di dove impiegare la forza lavoro di cui la società non avrebbe più bisogno. Nel tempo libero?

Ma non si era già detto una trentina di anni fa, con l'avvento dell'era dei computer, che avremmo finito per lavorare meno tutti e per avere molto tempo libero a disposizione? Poi non è avvenuto, anzi. Ma potrebbe accadere in un prossimo futuro. Magari ci sarà una grande esplosione dell'"industria" del tempo libero che, insieme ai  servizi che saranno sempre necessari, assorbirà gran parte della forza lavoro.

Certo bisognerebbe riorganizzare il lavoro, la scuola, la formazione professionale, il tempo libero, e, nel complesso, l'intera società su basi completamente diverse. 

E' un'ipotesi. Certo  potrebbe anche crollare tutto, ma  perché non pensare positivo?

Sartori però non la pensa così e cita David Collinson, autore di "Prozac Leadership" , per il quale la cultura del pensiero positivo, molto di moda negli anni scorsi specialmente negli Stati Uniti, "premiando l’ottimismo ha indebolito la capacità di pensare criticamente, ha anestetizzato la sensibilità al pericolo" e ha finito per essere una delle cause della crisi che attanaglia l'Occidente.


I prossimi anni ci diranno chi ha ragione.

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giovedì 24 gennaio 2013

L'economia digitale

Sul Corriere della Sera di oggi nell'articolo intitolato "L'economia del Prozac" a firma di Giovanni Sartori si dice che dopo l'economia agricola, la rivoluzione industriale e la società dei servizi è in arrivo una quarta rivoluzione industriale che sembra ancora più radicale di tutte quelle che l’hanno preceduta e che si potrebbe chiamare "rivoluzione digitale". In questo contesto un prodotto viene disegnato su un computer e poi stampato su una stampante 3D che a sua volta produce un conforme oggetto solido fondendo assieme successivi strati di materiali.

E' già un po' di tempo che mi capita di leggere di questa stampante che produce oggetti tridimensionali. Mi sembra che ne abbiano parlato anche in qualche programma televisivo. Ora non ho capito bene come funzioni e quali oggetti si possano stampare oggi e dove si potrebbe arrivare in futuro. Sarà possibile stamparsi un'auto o magari la casa?

Potrebbe accadere davvero che tra non molto tempo invece di andare a comprare un oggetto ce lo stamperemo e/o andremo in un negozio dove ce lo stamperanno? 


Sartori dice di essere troppo vecchio per capirne il funzionamento ma si domanda che fine farà, in questo radioso futuro, l’occupazione o meglio la disoccupazione. 

Ora è certo che se il futuro andrà in questa direzione, ma è troppo presto per dirlo, perché talvolta certe innovazioni che sembrano grandiose non hanno seguito, le implicazioni sull'economia non potranno che essere enormi, appunto si tratterà di una rivoluzione. 

E' ovvio che sarebbe sempre meno necessario il lavoro manuale. Avremmo certamente ancora bisogno di creativi, di tecnici, di professionisti, ma sempre meno di operai. La rivoluzione industriale aumentò la richiesta di manodopera che si trasferì dall'agricoltura all'industria, ma già con la "società dei servizi" la richiesta di manodopera diminuì. Con la "rivoluzione digitale" potrebbe ridursi ai minimi termini. Inoltre crollerebbero i prezzi, perché per produrre lo stesso  oggetto ci vorrebbe molto meno lavoro e meno tempo, e anche meno energia, sia per la produzione che per i trasporti di cui si avrebbe sempre meno bisogno, ricominciando a produrre sul posto, cioè il contrario della globalizzazione. 

Un nuovo modo di produrre coniugato con l'"economia verde" non potrebbe dare origine a un mondo migliore, meno stressante, meno inquinato, ma non per questo in decrescita?

Non mi intendo di economia, ma non è che si risolverebbero un sacco di problemi? 

Certo ci sarebbe il problema di dove impiegare la forza lavoro di cui la società non avrebbe più bisogno. Nel tempo libero?

Ma non si era già detto una trentina di anni fa, con l'avvento dell'era dei computer, che avremmo finito per lavorare meno tutti e per avere molto tempo libero a disposizione? Poi non è avvenuto, anzi. Ma potrebbe accadere in un prossimo futuro. Magari ci sarà una grande esplosione dell'"industria" del tempo libero che, insieme ai  servizi che saranno sempre necessari, assorbirà gran parte della forza lavoro.

Certo bisognerebbe riorganizzare il lavoro, la scuola, la formazione professionale, il tempo libero, e, nel complesso, l'intera società su basi completamente diverse. 

E' un'ipotesi. Certo  potrebbe anche crollare tutto, ma  perché non pensare positivo?

Sartori però non la pensa così e cita David Collinson, autore di "Prozac Leadership" , per il quale la cultura del pensiero positivo, molto di moda negli anni scorsi specialmente negli Stati Uniti, "premiando l’ottimismo ha indebolito la capacità di pensare criticamente, ha anestetizzato la sensibilità al pericolo" e ha finito per essere una delle cause della crisi che attanaglia l'Occidente.


I prossimi anni ci diranno chi ha ragione.

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