martedì 9 ottobre 2012

Riconoscersi nei personaggi di Fabio Volo


Incuriosita  dal discredito quasi unanime che Fabio Volo riceve sui social network, nonostante il notevole successo di pubblico, ho deciso di leggere uno dei suoi romanzi.
Ne ho sfogliati alcuni in libreria. Stavo quasi per acquistare "E' una vita che ti aspetto" soprattutto perché mi ero riconosciuta nelle parole che il protagonista rivolge all'amico medico entrando nel suo ambulatorio qualche giorno dopo aver fatto delle analisi: "Cos’è, una malattia grave? Inguaribile? Insomma, che cos’ho? Dimmelo, non tenermi nascosto niente. Devo fare una TAC?".  
Ciò a prescindere dal fatto che io ormai non vado quasi più dal medico perché la mia ipocondria si è trasformata in patofobia ed evito come la peste anche le analisi. Poi, non so nemmeno perché, la mia scelta è caduta invece su "Il giorno in più".

Il protagonista è un trentenne, Giacomo, che vive giornate sempre uguali, attraversa la vita rimanendo sempre in superficie, finché non fa un incontro casuale con una sconosciuta e, per la prima volta, decide di assumersi un rischio, anche quello di apparire ridicolo, e parte all'inseguimento di un sogno che alla fine sarà coronato da successo.
Ho l'impressione comunque che i romanzi di Volo si somiglino un po' tutti e che abbiano sempre per protagonisti personaggi irrisolti poco più che trentenni che ad un certo punto trovano il coraggio di vivere la propria vita e di fare delle scelte.

Certo profondità non ce n'è e anche lo stile lascia a desiderare, soprattutto se, come è successo a me, si passa a Volo subito dopo  Haruki Murakami di cui ho da poco finito di leggere la prima parte di 1Q84. 

Credo che i romanzi di Volo si possano mettere sullo stesso piano di quelli della Sveva Casati Modignani o della Kinsella, insomma una declinazione moderna del romanzo rosa.

Ad ogni modo considerato che nel mio presente c'è una situazione di empasse mi sono sentita in sintonia con il personaggio di Giacomo.

Mi riconosco in lui quando dice "Questo è sempre stato il mio pensiero sulle donne: ho sempre creduto che se stavo con una avrei perso tutte le altre. Sono stato così in tutto. Nello sport, per esempio,ho fatto karatè, ping-pong, calcio, basket. Non mi sono mai focalizzato su un'attività sola. Ho scavato sempre mille buche, forse per questo non ho mai trovato niente."  
Devo ammettere che anch'io avevo questa sensazione di perdita ogniqualvolta iniziavo una storia con un uomo e che anch'io non riesco a focalizzarmi su una sola attività e mi disperdo in mille rivoli, aiutata in ciò anche dalla navigazione in internet e dai social network. 
E mi trovo in sintonia anche con altre osservazioni come quelle sotto riportate:

"Sin da piccolo, mi ero sempre sentito come uno che va a una festa a cui non era stato invitato" 

"La verità è che non ho paura di morire, ma mi scoccia da matti. Mi scoccia che un giorno non ci sarò più. Mi dispiace andarmene da qui. Ma non è paura, è semplicemente fastidio. Morire è una vera stronzata. Darei la vita per non morire."
Banalità che comunque fanno parte della vita e con le quali ci confrontiamo ogni giorno e che causano angoscia, paura, dolore.

Del resto, come ricordavo in uno dei miei precedenti post, lo psichiatra e romanziere Irvin D. Yalom sostiene che i quattro fattori che causano il dolore nell'umana esistenza sono il timore di fallire nelle relazioni umane e quindi di restare soli, l’inevitabilità della morte, la libertà di scegliere e la responsabilità che ne deriva, la consapevolezza della mancanza di significato della vita.
Poi se ne può parlare in maniera più o meno elevata e scriverci intorno storie più complesse e profonde come fanno Yalom e Murakami, o più semplici come Volo.  

Il romanzo è piaciuto anche a mia madre che ha detto che Giacomo mi somiglia molto.

Non so se preoccuparmi considerato che, purtroppo per me, i trent'anni sono ormai un ricordo sbiadito!



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martedì 9 ottobre 2012

Riconoscersi nei personaggi di Fabio Volo


Incuriosita  dal discredito quasi unanime che Fabio Volo riceve sui social network, nonostante il notevole successo di pubblico, ho deciso di leggere uno dei suoi romanzi.
Ne ho sfogliati alcuni in libreria. Stavo quasi per acquistare "E' una vita che ti aspetto" soprattutto perché mi ero riconosciuta nelle parole che il protagonista rivolge all'amico medico entrando nel suo ambulatorio qualche giorno dopo aver fatto delle analisi: "Cos’è, una malattia grave? Inguaribile? Insomma, che cos’ho? Dimmelo, non tenermi nascosto niente. Devo fare una TAC?".  
Ciò a prescindere dal fatto che io ormai non vado quasi più dal medico perché la mia ipocondria si è trasformata in patofobia ed evito come la peste anche le analisi. Poi, non so nemmeno perché, la mia scelta è caduta invece su "Il giorno in più".

Il protagonista è un trentenne, Giacomo, che vive giornate sempre uguali, attraversa la vita rimanendo sempre in superficie, finché non fa un incontro casuale con una sconosciuta e, per la prima volta, decide di assumersi un rischio, anche quello di apparire ridicolo, e parte all'inseguimento di un sogno che alla fine sarà coronato da successo.
Ho l'impressione comunque che i romanzi di Volo si somiglino un po' tutti e che abbiano sempre per protagonisti personaggi irrisolti poco più che trentenni che ad un certo punto trovano il coraggio di vivere la propria vita e di fare delle scelte.

Certo profondità non ce n'è e anche lo stile lascia a desiderare, soprattutto se, come è successo a me, si passa a Volo subito dopo  Haruki Murakami di cui ho da poco finito di leggere la prima parte di 1Q84. 

Credo che i romanzi di Volo si possano mettere sullo stesso piano di quelli della Sveva Casati Modignani o della Kinsella, insomma una declinazione moderna del romanzo rosa.

Ad ogni modo considerato che nel mio presente c'è una situazione di empasse mi sono sentita in sintonia con il personaggio di Giacomo.

Mi riconosco in lui quando dice "Questo è sempre stato il mio pensiero sulle donne: ho sempre creduto che se stavo con una avrei perso tutte le altre. Sono stato così in tutto. Nello sport, per esempio,ho fatto karatè, ping-pong, calcio, basket. Non mi sono mai focalizzato su un'attività sola. Ho scavato sempre mille buche, forse per questo non ho mai trovato niente."  
Devo ammettere che anch'io avevo questa sensazione di perdita ogniqualvolta iniziavo una storia con un uomo e che anch'io non riesco a focalizzarmi su una sola attività e mi disperdo in mille rivoli, aiutata in ciò anche dalla navigazione in internet e dai social network. 
E mi trovo in sintonia anche con altre osservazioni come quelle sotto riportate:

"Sin da piccolo, mi ero sempre sentito come uno che va a una festa a cui non era stato invitato" 

"La verità è che non ho paura di morire, ma mi scoccia da matti. Mi scoccia che un giorno non ci sarò più. Mi dispiace andarmene da qui. Ma non è paura, è semplicemente fastidio. Morire è una vera stronzata. Darei la vita per non morire."
Banalità che comunque fanno parte della vita e con le quali ci confrontiamo ogni giorno e che causano angoscia, paura, dolore.

Del resto, come ricordavo in uno dei miei precedenti post, lo psichiatra e romanziere Irvin D. Yalom sostiene che i quattro fattori che causano il dolore nell'umana esistenza sono il timore di fallire nelle relazioni umane e quindi di restare soli, l’inevitabilità della morte, la libertà di scegliere e la responsabilità che ne deriva, la consapevolezza della mancanza di significato della vita.
Poi se ne può parlare in maniera più o meno elevata e scriverci intorno storie più complesse e profonde come fanno Yalom e Murakami, o più semplici come Volo.  

Il romanzo è piaciuto anche a mia madre che ha detto che Giacomo mi somiglia molto.

Non so se preoccuparmi considerato che, purtroppo per me, i trent'anni sono ormai un ricordo sbiadito!



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