martedì 13 marzo 2012

Nell'era dei social network neanche l'influenza è più la stessa

Stamani, mi è capitato di leggere su "Vanity fair",  un articolo di Daria Bignardi dal titolo "L'influenza ai tempi di Twitter" in cui la suddetta si lamenta del fatto che anche l'influenza non è più quella di una volta, quando superata la fase acuta, se ne approfittava per leggersi un po' di libri. Quest'anno, scrive la Bignardi, quei giorni li abbiamo passati a "spippolare" (orrendo neologismo) sul telefono.
Ora, continua, va bene... tuittare (spero di non ritrovare tra qualche anno questa parola ammessa nei vocabolari di italiano) mentre aspetti il tram: ma se hai davanti un bel pomeriggio di convalescenza in cui potresti leggere senza essere assalito dalle "cose da fare", con Twitter è più difficile trovare la concentrazione.
La Bignardi ci racconta il suo senso di colpa per non aver letto "La donna che mi insegnò il respiro" di Ayad Akhtar come si era riproposta,  ma poi si consola, perché ha scoperto che la scrittrice Margaret E. Atwood ha festeggiato i trecentomila followers con un Virtual Party. E se cazzeggia anche Margaret E. Atwood vuol dire che c’è modo e modo di cazzeggiare, e quindi anche di tuittare.
A prescindere dai sensi di colpa per l'ignoranza (non so quanto crassa) dei due autori citati, che ammetto di non aver mai sentito nominare, l'articolo ha acuito quelli dovuti al tempo perso su Facebook (gli aspetti positivi dei "social network" saranno oggetto di altro post). Quanto a Twitter lo uso meno, perché scrivere qualcosa di sensato in 140 caratteri non è alla mia portata, e non sono ancora caduta nella fissazione di dover far sapere al mondo dove sono e cosa faccio in un dato momento, anche se non posso escludere che lo farò in futuro, o che magari riuscirò ad acquisire la dote della sintesi.

Certo non sono passati nemmeno 15 anni  da quando internet è diventato di uso comune, eppure ci ha cambiato la vita.

Nei primi tempi c'erano le "chat" di assoluto cazzeggio e qualche "forum" ove si ritrovano gli appassionati dei più vari argomenti, qualcuno cominciava a farsi il "sito", e poi in tanti, a partire dal 2001, abbiamo aperto dei blog, con alterna fortuna e alterna voglia di aggiornarli, infine sono arrivati i social network, prima "Facebook" e poi "Twitter.

Prima dei social network,  la lettura di un articolo poteva essere lo spunto per una riflessione, al massimo se ne poteva parlare con qualche amico. Ora invece ci precipitiamo a condividere il "link" su Facebook o su Twitter, a seconda dei gusti, o magari su entrambi, tanto ormai quotidiani e riviste li leggiamo (o meglio scorriamo) più  "on line" che "in cartaceo", ma se per caso la lettura è avvenuta su quotidiano o rivista cartacei andiamo subito a verificare se ne esiste la versione "on line" per poterla condividere e se non c'è si può sempre utilizzare "Evernote" che permette anche di scattarne una "snapshot" (fotografia della pagina) ovviamente per condividerla.  Personalmente stamani mi sono limitata a scattare la foto per riportarne più tardi una sintesi su questo blog, poi mi sono accorta che si leggeva male, ma per fortuna ne esisteva la versione on line.   

Finirà che non avremo tempo per altro?

Ed ecco cosa si diceva qualche anno fa in un blog  a proposito dei blog :

"Un giorno vi pentirete di aver creato i blog!
E non venite a raccontarmi che i vari barboni nella metropolitana non ve lo avevano detto che l'umanità avrebbe infine creato (consciamente o inconsciamente) la propria arma di autodistruzione! [...]
Quando ormai sarà troppo tardi ed i blog avranno occupato il 75% della superficie del pianeta terra, solo allora vi accorgerete di quanto, pian pianino, essi abbiano rovinato le vostre vite! Solo allora cercherete di correre ai ripari! Ma sarà troppo tardi...
I blog riusciranno dove fumetti, radio, televisione, inquinamento, virus, germi, mucche pazze, droga e Rock & Roll hanno finora fallito: l'estinzione della razza umana!!!
Tra una ventina d'anni sarete tutti lì, d'avanti al monitor a leggere triliardi di blog di miliardi di gente! Copiando e confrontando le vostre decine, centinaia o migliaia di blog privati (uno per ogni vostra maschera) con quelli degli altri!
Imparerete lingue remote o addirittura morte per leggere, decifrare e tradurre i blog degli altri; sarete tutti in grado di scrivere a 10 dita sulla tastiera ad una velocità assurda ed avrete anche tastiere fatte appositamente; starete seduti perennemente e dimenticherete cos'è il sonno mentre le vostre cellule moriranno, i vostri muscoli si sfibreranno, i vostri occhi si essiccheranno e le vostra ossa si ossideranno e diventeranno un tronco unico!
I blog vi ipnotizzeranno ed intorno a voi, ed intorno alle vostre città morte, ricomincerà a riconquistare il proprio terreno la natura!
Riflettete ragazzi... riflettete..."
(tratto dal "Blog di Patcha", che non esiste più, e  riportato dalla sottoscritta il 19 ottobre 2003 nel blog "Minimalia", che parimenti non esiste più.)


E l'autore di questo scritto non poteva ancora prevedere i social network che avrebbero di lì a poco invaso il web e le nostre vite.


E chissà cosa, nel bene e nel male, ci riserverà il futuro. Quale la prossima evoluzione dell'essere in rete? 





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martedì 13 marzo 2012

Nell'era dei social network neanche l'influenza è più la stessa

Stamani, mi è capitato di leggere su "Vanity fair",  un articolo di Daria Bignardi dal titolo "L'influenza ai tempi di Twitter" in cui la suddetta si lamenta del fatto che anche l'influenza non è più quella di una volta, quando superata la fase acuta, se ne approfittava per leggersi un po' di libri. Quest'anno, scrive la Bignardi, quei giorni li abbiamo passati a "spippolare" (orrendo neologismo) sul telefono.
Ora, continua, va bene... tuittare (spero di non ritrovare tra qualche anno questa parola ammessa nei vocabolari di italiano) mentre aspetti il tram: ma se hai davanti un bel pomeriggio di convalescenza in cui potresti leggere senza essere assalito dalle "cose da fare", con Twitter è più difficile trovare la concentrazione.
La Bignardi ci racconta il suo senso di colpa per non aver letto "La donna che mi insegnò il respiro" di Ayad Akhtar come si era riproposta,  ma poi si consola, perché ha scoperto che la scrittrice Margaret E. Atwood ha festeggiato i trecentomila followers con un Virtual Party. E se cazzeggia anche Margaret E. Atwood vuol dire che c’è modo e modo di cazzeggiare, e quindi anche di tuittare.
A prescindere dai sensi di colpa per l'ignoranza (non so quanto crassa) dei due autori citati, che ammetto di non aver mai sentito nominare, l'articolo ha acuito quelli dovuti al tempo perso su Facebook (gli aspetti positivi dei "social network" saranno oggetto di altro post). Quanto a Twitter lo uso meno, perché scrivere qualcosa di sensato in 140 caratteri non è alla mia portata, e non sono ancora caduta nella fissazione di dover far sapere al mondo dove sono e cosa faccio in un dato momento, anche se non posso escludere che lo farò in futuro, o che magari riuscirò ad acquisire la dote della sintesi.

Certo non sono passati nemmeno 15 anni  da quando internet è diventato di uso comune, eppure ci ha cambiato la vita.

Nei primi tempi c'erano le "chat" di assoluto cazzeggio e qualche "forum" ove si ritrovano gli appassionati dei più vari argomenti, qualcuno cominciava a farsi il "sito", e poi in tanti, a partire dal 2001, abbiamo aperto dei blog, con alterna fortuna e alterna voglia di aggiornarli, infine sono arrivati i social network, prima "Facebook" e poi "Twitter.

Prima dei social network,  la lettura di un articolo poteva essere lo spunto per una riflessione, al massimo se ne poteva parlare con qualche amico. Ora invece ci precipitiamo a condividere il "link" su Facebook o su Twitter, a seconda dei gusti, o magari su entrambi, tanto ormai quotidiani e riviste li leggiamo (o meglio scorriamo) più  "on line" che "in cartaceo", ma se per caso la lettura è avvenuta su quotidiano o rivista cartacei andiamo subito a verificare se ne esiste la versione "on line" per poterla condividere e se non c'è si può sempre utilizzare "Evernote" che permette anche di scattarne una "snapshot" (fotografia della pagina) ovviamente per condividerla.  Personalmente stamani mi sono limitata a scattare la foto per riportarne più tardi una sintesi su questo blog, poi mi sono accorta che si leggeva male, ma per fortuna ne esisteva la versione on line.   

Finirà che non avremo tempo per altro?

Ed ecco cosa si diceva qualche anno fa in un blog  a proposito dei blog :

"Un giorno vi pentirete di aver creato i blog!
E non venite a raccontarmi che i vari barboni nella metropolitana non ve lo avevano detto che l'umanità avrebbe infine creato (consciamente o inconsciamente) la propria arma di autodistruzione! [...]
Quando ormai sarà troppo tardi ed i blog avranno occupato il 75% della superficie del pianeta terra, solo allora vi accorgerete di quanto, pian pianino, essi abbiano rovinato le vostre vite! Solo allora cercherete di correre ai ripari! Ma sarà troppo tardi...
I blog riusciranno dove fumetti, radio, televisione, inquinamento, virus, germi, mucche pazze, droga e Rock & Roll hanno finora fallito: l'estinzione della razza umana!!!
Tra una ventina d'anni sarete tutti lì, d'avanti al monitor a leggere triliardi di blog di miliardi di gente! Copiando e confrontando le vostre decine, centinaia o migliaia di blog privati (uno per ogni vostra maschera) con quelli degli altri!
Imparerete lingue remote o addirittura morte per leggere, decifrare e tradurre i blog degli altri; sarete tutti in grado di scrivere a 10 dita sulla tastiera ad una velocità assurda ed avrete anche tastiere fatte appositamente; starete seduti perennemente e dimenticherete cos'è il sonno mentre le vostre cellule moriranno, i vostri muscoli si sfibreranno, i vostri occhi si essiccheranno e le vostra ossa si ossideranno e diventeranno un tronco unico!
I blog vi ipnotizzeranno ed intorno a voi, ed intorno alle vostre città morte, ricomincerà a riconquistare il proprio terreno la natura!
Riflettete ragazzi... riflettete..."
(tratto dal "Blog di Patcha", che non esiste più, e  riportato dalla sottoscritta il 19 ottobre 2003 nel blog "Minimalia", che parimenti non esiste più.)


E l'autore di questo scritto non poteva ancora prevedere i social network che avrebbero di lì a poco invaso il web e le nostre vite.


E chissà cosa, nel bene e nel male, ci riserverà il futuro. Quale la prossima evoluzione dell'essere in rete? 





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