venerdì 13 luglio 2012

E' necessario un esame di coscienza


In questo articolo del Corriere della Sera si pone in risalto la facilità con cui noi italiani tendiamo ad autoassolverci facendo ricadere la colpa sempre su altri.

E' ormai generale l’attribuzione delle responsabilità ai politici, peraltro da noi eletti, cosa che l’autore non nega e certamente non potrebbe.

E' ben evidente che i politici non hanno saputo assolvere al loro compito, che hanno pensato solo all’interesse proprio e delle lobby di riferimento finendo per  togliere credibilità alle Istituzioni. E' sotto gli occhi di tutti la dissipazione delle risorse pubbliche in spese inutili a favore della casta, per non parlare delle vere e proprie ruberie.

Detto ciò, però, non ha torto l'autore quando sostiene che vasti strati della popolazione italiana, interi ceti sociali, hanno contribuito a scavare la fossa nella quale siamo precipitati, e pertanto dovrebbero farsi l’esame di coscienza domandandosi se non hanno contribuito alla rovina del  paese e anche alla propria.  

Tanto per fare un esempio c’era per caso qualcuno cui faceva schifo andare in pensione ben prima dei sessant’anni, talvolta poco dopo i quaranta? Quanti insegnanti facevano anche gli avvocati, gli ingegneri, ecc., curando magari poco l’attività pubblica a favore di quella privata? Tutte queste persone che dopo la pensione ottenuta in età ancora giovanile hanno continuato ovviamente  a svolgere la loro professione, si sono assicurati anche  un vitalizio, seppur minimo, a spese dello Stato, cioè di noi tutti.

Certo c'era una legge che lo permetteva e molti ne hanno approfittato, senza porsi il problema, senza pensare che tutto ciò non poteva continuare all'infinito senza che i nodi venissero al pettine.

Né si possono trascurare le inefficienze di una Pubblica Amministrazione che avrebbe dovuto essere riformata almeno trent'anni fa.

Gli stipendi sono stati sempre bassi, ma per tanti anni sono stati integrati da straordinari e incentivi a pioggia, questi ultimi distribuiti spesso per meriti che poco avevano a vedere con il lavoro.

Intanto la scuola diventava sempre più facile e sfornava incompetenti con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Tuttavia mi pare che ci sia anche un’esagerazione da parte di quanti stanno cercando di fare dei pubblici dipendenti il capro espiatorio di tutto quanto sta succedendo. Credo infatti che anche nella Pubblica Amministrazione, accanto a scansafatiche e disonesti, ci siano ottime professionalità, spesso misconosciute perché si è sempre dato maggior risalto ad altri tipi di merito,  e comunque tante persone che hanno fatto sempre il loro dovere e che ora si sentono gettato addosso un discredito che non meriterebbero.

Poi bisogna considerare che anche l'imprenditoria non sempre si è dimostrata all'altezza della situazione e che in linea generale nel privato come nel pubblico la classe dirigente ha lasciato a desiderare.

Sicuramente è necessaria una riflessione da parte di tutti, ma soprattutto un drastico cambiamento di rotta, se non è troppo tardi.

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venerdì 13 luglio 2012

E' necessario un esame di coscienza


In questo articolo del Corriere della Sera si pone in risalto la facilità con cui noi italiani tendiamo ad autoassolverci facendo ricadere la colpa sempre su altri.

E' ormai generale l’attribuzione delle responsabilità ai politici, peraltro da noi eletti, cosa che l’autore non nega e certamente non potrebbe.

E' ben evidente che i politici non hanno saputo assolvere al loro compito, che hanno pensato solo all’interesse proprio e delle lobby di riferimento finendo per  togliere credibilità alle Istituzioni. E' sotto gli occhi di tutti la dissipazione delle risorse pubbliche in spese inutili a favore della casta, per non parlare delle vere e proprie ruberie.

Detto ciò, però, non ha torto l'autore quando sostiene che vasti strati della popolazione italiana, interi ceti sociali, hanno contribuito a scavare la fossa nella quale siamo precipitati, e pertanto dovrebbero farsi l’esame di coscienza domandandosi se non hanno contribuito alla rovina del  paese e anche alla propria.  

Tanto per fare un esempio c’era per caso qualcuno cui faceva schifo andare in pensione ben prima dei sessant’anni, talvolta poco dopo i quaranta? Quanti insegnanti facevano anche gli avvocati, gli ingegneri, ecc., curando magari poco l’attività pubblica a favore di quella privata? Tutte queste persone che dopo la pensione ottenuta in età ancora giovanile hanno continuato ovviamente  a svolgere la loro professione, si sono assicurati anche  un vitalizio, seppur minimo, a spese dello Stato, cioè di noi tutti.

Certo c'era una legge che lo permetteva e molti ne hanno approfittato, senza porsi il problema, senza pensare che tutto ciò non poteva continuare all'infinito senza che i nodi venissero al pettine.

Né si possono trascurare le inefficienze di una Pubblica Amministrazione che avrebbe dovuto essere riformata almeno trent'anni fa.

Gli stipendi sono stati sempre bassi, ma per tanti anni sono stati integrati da straordinari e incentivi a pioggia, questi ultimi distribuiti spesso per meriti che poco avevano a vedere con il lavoro.

Intanto la scuola diventava sempre più facile e sfornava incompetenti con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Tuttavia mi pare che ci sia anche un’esagerazione da parte di quanti stanno cercando di fare dei pubblici dipendenti il capro espiatorio di tutto quanto sta succedendo. Credo infatti che anche nella Pubblica Amministrazione, accanto a scansafatiche e disonesti, ci siano ottime professionalità, spesso misconosciute perché si è sempre dato maggior risalto ad altri tipi di merito,  e comunque tante persone che hanno fatto sempre il loro dovere e che ora si sentono gettato addosso un discredito che non meriterebbero.

Poi bisogna considerare che anche l'imprenditoria non sempre si è dimostrata all'altezza della situazione e che in linea generale nel privato come nel pubblico la classe dirigente ha lasciato a desiderare.

Sicuramente è necessaria una riflessione da parte di tutti, ma soprattutto un drastico cambiamento di rotta, se non è troppo tardi.

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