venerdì 31 agosto 2012

Single più liberi ma più angosciati?


E' proprio vero che i single sono più liberi ma angosciati?

Così la pensa il neuropsichiatra Boris Cyrulnik citato in questo articolo il quale afferma che“l’ansia è il prezzo da pagare per la libertà”. 

L'articolo peraltro mi pare un po' confuso.  Si parte infatti ponendo l'accento sul cammino della donna che ha conquistato la libertà, ma con essa anche la solitudine e l'ansia che ne consegue.  Poi però il discorso si fa più generale. E mi pare ovvio.  Eventualmente si può dire che un tempo alla donna non era dato scegliere e pertanto o si sposava o restava nella famiglia d'origine. Così  difficilmente sperimentava la solitudine, ma non per questo le era risparmiata l'angoscia, anzi.

Credo tuttavia che l'angoscia sia connaturata all'animo umano e  principalmente connessa alla paura della malattia, della vecchiaia, della morte, più che della solitudine, e che ovviamente riguardi entrambi i generi.
 E' ovvio che si riduca nel momento in cui si vive una relazione affettiva soddisfacente, anche perché quella relazione per un po' di tempo ci distoglie dai pensieri  cupi.  Al contrario se la relazione non è soddisfacente ci si sente ancora più soli e angosciati. 

Poi mi domando anche perché debba esserci contrapposizione tra libertà che comporterebbe ansia e stabilità affettiva che ci renderebbe più sereni.  Anzi credo che  in un rapporto veramente soddisfacente debbano rimanere spazi di libertà per entrambi i partner, altrimenti si tratta di un rapporto malato, che si trasforma presto in una gabbia soffocante dalla quale la fuga è l'unica soluzione per non ripiombare nell'angoscia.


martedì 28 agosto 2012

Se la tua casa andasse a fuoco cosa porteresti con te prima di scappare?

Il  fotografo Foster Huntington ha realizzato un blog che si intitola appunto
" TheBurning House" (la casa che brucia) e che raccoglie le fotografie delle cose che porterebbero con sé le persone che hanno risposto alla domanda.

E questo è uno degli articoli che ne parlano, ma anche la versione cartacea del  Corriere della Sera del 25 agosto  ha dedicato due pagine alla notizia. 

Fatti i debiti scongiuri, ecco la mia lista:

Ciri, il mio gatto

La mia borsa nella quale c'è sempre quasi tutto l'essenziale (documenti, soldi, carte di credito, cellulare, agenda, penna, sigarette, portatrucco) 

L'ultimo libro che sto leggendo 

Un blocco per appunti 

Il computer portatile

Il disco portatile

La video camera

Il lettore di e-book


Un paio di jeans e una maglietta, un giacchetto di jeans e uno simil-militare

Gli orecchini a forma di gatto

L'orologio Avatar 

Qualche vecchia foto



E voi cosa vi portereste?

giovedì 23 agosto 2012

Cinquanta sfumature di grigio - Un successo preoccupante


Oggi a pranzo, al tavolo accanto al mio, si discuteva animatamente di un libro. Dal contesto del discorso presumo si trattasse di "Cinquanta sfumature di grigio", o di nero o di rosso.  Non ne parlavano bene, ma il discorso era molto animato.

In serata mi sono fermata in una libreria. Nel giro di cinque minuti sono entrate in due a comprare le "cinquanta sfumature".

Ora mi pare preoccupante il successo di un libro in cui la protagonista accetta di diventare schiava di un uomo fino a sottoporsi a violenze fisiche.

Poiché non ho letto il libro non posso valutare se regga il confronto con illustri precedenti, quali "Justine" di De Sade, il fumetto "Valentina" di Guido Crepax, "Histoire d'O" dell'autrice francese Dominique Aury o magari anche "Venere in pelliccia " di Sacher-Masoch in cui lo schiavo è invece il protagonista maschile. Quel che è certo è che l'autrice, tale E.L. James, pseudonimo di  Erika Leonard, mai sentita prima, deve avere fatto un bel po' di soldi. 

lunedì 20 agosto 2012

L'amore dopo i 50 anni


Già ero abbastanza di umor nero, nonostante il Serene iperico extra, integratore alimentare a base di biancospino, passiflora, valeriana, escolzia e naturalmente iperico, e cosa cattura stamani la mia attenzione sulla prima pagina del Corriere della Sera? No, non la crisi di cui peraltro Monti, al meeting di Comunione e Liberazione ha dichiarato di vedere la fine (considerata la sede, ha visto forse la Madonna?); no, l’articolo che mi ha fatto sobbalzare è quello in basso dal titolo: “Ho 58anni, troppo vecchio per l’amore” a firma di Paolo Conti.
Una mazzata! Proprio ora che volevo innamorarmi non essendoci riuscita da giovane!
Certo nel mio profondo lo so che è improbabile ma, si sa, la speranza è l’ultima a morire!
Conti dice che dura a morire è invece l’abitudine, quella di  innamorarsi. E buon per lui, perché io questa abitudine non l’ho mai acquisita. Dice di essersi innamorato più volte da giovane “scoprendo poi, puntualmente,  che si tratta sempre e comunque di un confronto tra un futuro carnefice e una futura vittima.” Definisce l’amore una trappola crudele nella quale una volta si sostiene ora un ruolo ora un altro, e che va bene da giovani, dopo, solo l’ipotesi è pietosa, anzi ridicola.
Quindi fa l'esempio dell'uomo che si innamora di una donna molto più giovane.
In tal caso concordo con la sua opinione, così come nel caso in cui sia una donna a innamorarsi di qualcuno dell'età di suo figlio o magari di suo nipote, cosa più rara, ma capita pure quella. Si, in questi casi è ovvio che si scade nel ridicolo, anche perché si sa per quale motivo la persona tanto più giovane accetta il rapporto, che è solo uno scambio di bellezza e gioventù con soldi, tanti. Avete mai visto una persona anziana non ricca, non importante, fare coppia con una molto più giovane?
Mi domando tuttavia se non sia possibile innamorarsi di un coetaneo/a e perché mai la cosa dovrebbe essere pietosa, anzi ridicola. Certo i corpi non sono più quelli di una volta, qualcosa sicuramente pende, anche se ci siamo tenuti bene e non siamo obesi e neanche sovrappeso, ma considerarsi finiti a 50 anni è troppo deprimente. Dunque dopo i 50 ci si dovrebbe chiudere in casa? A fare cosa? Ad aspettare la fine? Magari oscurando gli specchi come fece la contessa di Castiglione una volta compiuti i 30, ma si era nell’800 e allora le donne a quell’età erano vecchie. E gli uomini poco dopo. Ricordo che nel Gattopardo il principe di Salina a 46 anni si considerava un vecchio, e sentiva ormai vicina la morte. Ma di acqua né è passata sotto i ponti. Per fortuna!
E ancora, perché ci si dovrebbe considerare ridicoli se dopo i 50 facciamo ancora sport? Quanto ai rischi per la salute ci sono anche prima di quell’età, per gli sportivi della domenica, e non solo. Salvo l’agonismo che ovviamente è limitato alla gioventù, tenersi in forma va bene, anzi è necessario a tutte le età, purché l'attività fisica sia graduale e continuata, altrimenti non serve a niente ed è pericolosa.
E a parte l’amore e lo sport cos’altro è ridicolo alla nostra età? Il modo di vestire? E’ certo che io “da vecchia” non mi ci vestirò mai  e non mi pare di essere ridicola, ma se qualcuno lo pensa problemi suoi.
In sostanza credo che Conti faccia della confusione, perché probabilmente, come molti uomini, non riesce a pensare di innamorarsi di una persona non più giovane, ovvero di una coetanea, o comunque lo considera un ripiego, come si può capire dalla conclusione dell’articolo. Infatti l’autore dice di poter al massimo immaginare, come scrive Erri de Luca nel suo ultimo libro - I pesci non chiudono gli occhi -, che gli capiti “un tempo finale in comune con una donna, con la quale coincidere come fanno le rime, in fine di parola” concludendo che nella maturità, se si ha la fortuna di avere un matrimonio o un rapporto di coppia ancora in piedi, allora è bene coltivarlo e non buttarlo via. Se si è single, è molto salutare coltivare amicizie "generose". O seguire i suggerimenti di Erri De Luca. O vivere da soli con se stessi al meglio.
Ma cos'è l’amore? Esiste davvero "l'amore che strappa i capelli"? Forse per qualcuno, forse nei romanzi.
A mio parere l’amore è complicità, comunanza di sentire, lealtà, amicizia, rispetto e ammirazione reciproca, e, certo, attrazione, un’alchimia difficile da realizzare ma che non può prescindere dalla “coincidenza”, altrimenti è solo attrazione fisica che può essere scambiata per passione ma poi finisce nel niente, perché manca qualcosa che cementi il rapporto.
E cosa sarebbero le amicizie “generose”? Amicizie con le quali all'occorenza si può anche fare sesso? Credo che non funzioni. Con gli amici, e nemmeno con i conoscenti di lunga data, può esserci sesso. Nella maggioranza dei casi serve solo a far finire l’amicizia,  a chiudere una lunga conoscenza e senza neanche essersi divertiti granché. Quindi se si ha la sfortuna di essere single a oltre 50 anni, si deve lasciare ogni speranza?
Certo rispetto alla gioventù nell'età matura trovare un compagno/a è più difficile, perché manca la possibilità di scegliere nel grande numero, ma non certo ridicolo. La maggioranza dei coetanei è accoppiata o non cerca più forse proprio perché crede che sia passato il tempo. Ma allora è passato anche il tempo di imparare, di viaggiare, di godere dei piaceri, sia fisici che intellettuali? Ma se la pensiamo così allora chiudiamoci in casa in attesa della fine o facciamo domanda per l’ospizio o buttiamoci nel primo cassonetto.
Mi piacerebbe sapere come la pensano i miei coetanei. Nell’attesa di saperlo leggerò l’ultimo libro di De Luca.

giovedì 9 agosto 2012

Perché andiamo nello spazio

Lunedì  scorso il rover curiosity ha raggiunto Marte e per due anni fornirà informazioni sul pianeta.

La missione è stata seguita con interesse in tutto il mondo, ma ha anche riacceso vecchie polemiche.

Molti si chiedono infatti perché spendiamo tanto per andare nello spazio quando ci sarebbero tanti problemi da risolvere sulla terra? 

Una domanda simile fu posta anche nel 1970 all’allora direttore scientifico della NASA, Ernst Stuhlinger, da una suora attiva in Zambia. In questo articolo c'è la traduzione della risposta. Molto bella ma anche un po' retorica.

Secondo me la vera risposta è nell'articolo successivo: l'esplorazione è insita nella natura umana. Tutti ricordiamo i versi di Dante nel canto XXVI° dell'Inferno "fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza." In sostanza è ciò che si legge nel dialogo riportato nel secondo articolo e che è tratto da un episodio della serie televisiva americana "West Wing" ambientata  nell'Ala Ovest della Casa Bianca (da cui il titolo) dove lavora il Presidente degli Stati Uniti d'America e il suo staff, e dove è ubicato il famoso Studio Ovale.

"Noi siamo usciti dalle caverne, abbiamo guardato oltre le colline, abbiamo conosciuto il fuoco, abbiamo attraversato l'oceano e abbiamo conquistato le terre dell'Ovest e ora vogliamo impadronirci del cielo. La storia dell'uomo è il diario delle sue esplorazioni."  

C'è un po' di retorica americana con quel riferimento alla conquista dell'Ovest, ma il senso dell'affermazione è chiaro.

mercoledì 8 agosto 2012

Il problema Spinoza


Ho da poco finito di leggere  “Il problema Spinoza” di Irvin D. Yalom, psichiatra, psicoterapeuta e romanziere statunitense, e devo dire che era diverso tempo che non leggevo un romanzo che mi appassionasse dall'inizio alla fine.  

Durante l'occupazione tedesca dell’Olanda l'intera biblioteca del filosofo di origine ebraica Baruch Spinoza  è requisita da un'unità ai comandi di Alfred Rosenberg, fondatore e teorico del movimento nazista, condannato a morte al processo di Norimberga: la scritta "Il problema Spinoza" appare nel rapporto del nazista che la confiscò.

Prendendo  spunto da quest'episodio Yalom costruisce il suo romanzo immaginando che il teorico nazista sia stato ossessionato per tutta la vita dal filosofo ebreo del XVII° secolo.

L’espediente narrativo fa incontrare a Rosenberg il filosofo ebreo all’epoca dei suoi studi quando, in conseguenza di alcune sue affermazioni violentemente antisemite, è costretto dal preside di origine ebraiche Epstein a imparare a memoria alcuni passi dell’autobiografia di Goethe nei quali  l’autore del Faust, profondamente venerato dall'adolescente quale massimo poeta tedesco e simbolo dell'anima germanica, si dichiara grande ammiratore di Spinoza.

Ma anche se non c'è cura per chi è ormai ossessionato dal razzismo, tuttavia da allora si insinua nella mente di Rosenberg un tarlo: come può aver raggiunto tali sublimi altezze un appartenente a una razza inferiore? E questo tarlo lo accompagnerà per tutta la vita.

I capitoli si succedono alternando la storia dell’uno e dell’altro personaggio, come due vite parallele, e la trovata rende la narrazione più vivida anche se forse un po’ snervante, perché si seguono le vicende di un personaggio fino a un punto critico e a quel punto occorre calarsi nelle vicende dell’altro.

Rosenberg si arrovella sul "problema Spinoza" cercandovi una soluzione che non troverà. 

E' vero che Spinoza è un ebreo sui generis, bandito dalla comunità ebraica di Amsterdam perché considera l'ebraismo una forma di superstizione. Tuttavia allo stesso modo il filosofo rifiuta qualsiasi altra religione in nome della ragione e della ricerca di Dio, che non è fatto a immagine e somiglianza dell’uomo, ma che è tutt'uno con la natura. Il filosofo è un precursore dell’illuminismo e nelle sue teorie politiche ci sono già i germi del concetto di democrazia. Pertanto le teorie politiche di Spinoza non potevano piacere a Rosenberg che forse però si riconosce nel rifiuto delle religioni, anche se, a suo modo, anche il nazismo, di cui Rosenberg fu fondatore e teorico, era una religione basata sul volk (popolo) e sul sangue nonché sugli antichi miti nordici e come le religioni invadeva ogni aspetto della vita dei singoli.

Ma a mio parere l'autore unisce i protagonisti di queste vite parallele sulla base della reciproca difficoltà a esternare i propri sentimenti, a sentirsi parte di un'umanità che invece si limitano a osservare. Sia l’uno che l’altro vorrebbero amare ed essere amati, ma non possono, anche se l'autore li mette entrambi in contatto con due personaggi, di pura invenzione, con i quali riescono a mettere a nudo, almeno in parte, il loro animo, uno psicanalista nel caso di Rosenberg, un esponente della comunità ebraica nel caso di Spinoza.

Rosenberg appare come un individuo interiormente privo di interesse nei confronti dell'altro, e anche l'interesse per il filosofo sembra dominato da un unico interrogativo, comprendere il paradosso per cui un esponente di una razza inferiore possa aver raggiunto tali livelli di pensiero.

E che dire di Spinoza che interpreta in maniera geometrica anche passioni ed emozioni?

Nel romanzo gli è attribuito un unico amore, quello per la figlia del suo maestro Van den Enden dalla quale fu però rifiutato, episodio sul quale concordano anche i biografi, tanto che qualcuno si è domandato se da tale rifiuto derivi la  sua estrema misoginia che gli fa affermare che le donne sono incapaci di puro pensare, concetto tipicamente medioevale in un pensatore per altri versi già così moderno.

Ma mentre Spinoza sublima la sua incapacità di stabilire veri rapporti umani nelle vette del pensiero filosofico, Rosenberg scarica le sue frustrazioni e le sue insicurezze che derivano in larga parte dal non sentirsi amato e dal timore di non avere l’approvazione altrui nell’odio per gli ebrei che è il suo pensiero dominante, anche se in questo odio tuttavia c’è lo spazio per l’ammirazione di un filosofo di origine ebraica, seppur allontanato dalla sua comunità.

Come ho letto in questo articolo che ha per oggetto un altro dei romanzi di Yalom, "Love’s Executioner", che credo non sia stato tradotto in italiano, per l'autore il timore di fallire nelle relazioni umane e quindi di restare soli è uno dei quattro fattori che causano il dolore nell'umana esistenza. Gli altri sono: l’inevitabilità della morte, la libertà di scegliere e la responsabilità che ne deriva, la consapevolezza della mancanza di significato della vita.

Ma Yalom ha scritto altri due romanzi in cui protagonisti sono dei filosofi, "La cura Schopenhauer" e "Le lacrime di Nietzsche" e ciò mi fa venire in mente che da qualche anno la filosofia si è proposta come alternativa alla psicoterapia.

Veramente non so come la pensi lo psicoterapeuta Yalom in merito, ma attraverso questo romanzo non solo sono entrata  nel vivo della filosofia di Spinoza, ho creduto di comprendere il personaggio e le sue idee molto più di quando l'ho studiato al liceo, tanto che, diversamente da allora,  mi è venuta voglia di leggerne gli scritti, in particolare i due citati nel romanzo, l’ Etica e il Trattato teologico-filosofico, (nonostante le sue affermazioni sulle donne!), ma sono riuscita a vedere in maniera più chiara anche alcune questioni che mi riguardano.

venerdì 31 agosto 2012

Single più liberi ma più angosciati?


E' proprio vero che i single sono più liberi ma angosciati?

Così la pensa il neuropsichiatra Boris Cyrulnik citato in questo articolo il quale afferma che“l’ansia è il prezzo da pagare per la libertà”. 

L'articolo peraltro mi pare un po' confuso.  Si parte infatti ponendo l'accento sul cammino della donna che ha conquistato la libertà, ma con essa anche la solitudine e l'ansia che ne consegue.  Poi però il discorso si fa più generale. E mi pare ovvio.  Eventualmente si può dire che un tempo alla donna non era dato scegliere e pertanto o si sposava o restava nella famiglia d'origine. Così  difficilmente sperimentava la solitudine, ma non per questo le era risparmiata l'angoscia, anzi.

Credo tuttavia che l'angoscia sia connaturata all'animo umano e  principalmente connessa alla paura della malattia, della vecchiaia, della morte, più che della solitudine, e che ovviamente riguardi entrambi i generi.
 E' ovvio che si riduca nel momento in cui si vive una relazione affettiva soddisfacente, anche perché quella relazione per un po' di tempo ci distoglie dai pensieri  cupi.  Al contrario se la relazione non è soddisfacente ci si sente ancora più soli e angosciati. 

Poi mi domando anche perché debba esserci contrapposizione tra libertà che comporterebbe ansia e stabilità affettiva che ci renderebbe più sereni.  Anzi credo che  in un rapporto veramente soddisfacente debbano rimanere spazi di libertà per entrambi i partner, altrimenti si tratta di un rapporto malato, che si trasforma presto in una gabbia soffocante dalla quale la fuga è l'unica soluzione per non ripiombare nell'angoscia.


martedì 28 agosto 2012

Se la tua casa andasse a fuoco cosa porteresti con te prima di scappare?

Il  fotografo Foster Huntington ha realizzato un blog che si intitola appunto
" TheBurning House" (la casa che brucia) e che raccoglie le fotografie delle cose che porterebbero con sé le persone che hanno risposto alla domanda.

E questo è uno degli articoli che ne parlano, ma anche la versione cartacea del  Corriere della Sera del 25 agosto  ha dedicato due pagine alla notizia. 

Fatti i debiti scongiuri, ecco la mia lista:

Ciri, il mio gatto

La mia borsa nella quale c'è sempre quasi tutto l'essenziale (documenti, soldi, carte di credito, cellulare, agenda, penna, sigarette, portatrucco) 

L'ultimo libro che sto leggendo 

Un blocco per appunti 

Il computer portatile

Il disco portatile

La video camera

Il lettore di e-book


Un paio di jeans e una maglietta, un giacchetto di jeans e uno simil-militare

Gli orecchini a forma di gatto

L'orologio Avatar 

Qualche vecchia foto



E voi cosa vi portereste?

giovedì 23 agosto 2012

Cinquanta sfumature di grigio - Un successo preoccupante


Oggi a pranzo, al tavolo accanto al mio, si discuteva animatamente di un libro. Dal contesto del discorso presumo si trattasse di "Cinquanta sfumature di grigio", o di nero o di rosso.  Non ne parlavano bene, ma il discorso era molto animato.

In serata mi sono fermata in una libreria. Nel giro di cinque minuti sono entrate in due a comprare le "cinquanta sfumature".

Ora mi pare preoccupante il successo di un libro in cui la protagonista accetta di diventare schiava di un uomo fino a sottoporsi a violenze fisiche.

Poiché non ho letto il libro non posso valutare se regga il confronto con illustri precedenti, quali "Justine" di De Sade, il fumetto "Valentina" di Guido Crepax, "Histoire d'O" dell'autrice francese Dominique Aury o magari anche "Venere in pelliccia " di Sacher-Masoch in cui lo schiavo è invece il protagonista maschile. Quel che è certo è che l'autrice, tale E.L. James, pseudonimo di  Erika Leonard, mai sentita prima, deve avere fatto un bel po' di soldi. 

lunedì 20 agosto 2012

L'amore dopo i 50 anni


Già ero abbastanza di umor nero, nonostante il Serene iperico extra, integratore alimentare a base di biancospino, passiflora, valeriana, escolzia e naturalmente iperico, e cosa cattura stamani la mia attenzione sulla prima pagina del Corriere della Sera? No, non la crisi di cui peraltro Monti, al meeting di Comunione e Liberazione ha dichiarato di vedere la fine (considerata la sede, ha visto forse la Madonna?); no, l’articolo che mi ha fatto sobbalzare è quello in basso dal titolo: “Ho 58anni, troppo vecchio per l’amore” a firma di Paolo Conti.
Una mazzata! Proprio ora che volevo innamorarmi non essendoci riuscita da giovane!
Certo nel mio profondo lo so che è improbabile ma, si sa, la speranza è l’ultima a morire!
Conti dice che dura a morire è invece l’abitudine, quella di  innamorarsi. E buon per lui, perché io questa abitudine non l’ho mai acquisita. Dice di essersi innamorato più volte da giovane “scoprendo poi, puntualmente,  che si tratta sempre e comunque di un confronto tra un futuro carnefice e una futura vittima.” Definisce l’amore una trappola crudele nella quale una volta si sostiene ora un ruolo ora un altro, e che va bene da giovani, dopo, solo l’ipotesi è pietosa, anzi ridicola.
Quindi fa l'esempio dell'uomo che si innamora di una donna molto più giovane.
In tal caso concordo con la sua opinione, così come nel caso in cui sia una donna a innamorarsi di qualcuno dell'età di suo figlio o magari di suo nipote, cosa più rara, ma capita pure quella. Si, in questi casi è ovvio che si scade nel ridicolo, anche perché si sa per quale motivo la persona tanto più giovane accetta il rapporto, che è solo uno scambio di bellezza e gioventù con soldi, tanti. Avete mai visto una persona anziana non ricca, non importante, fare coppia con una molto più giovane?
Mi domando tuttavia se non sia possibile innamorarsi di un coetaneo/a e perché mai la cosa dovrebbe essere pietosa, anzi ridicola. Certo i corpi non sono più quelli di una volta, qualcosa sicuramente pende, anche se ci siamo tenuti bene e non siamo obesi e neanche sovrappeso, ma considerarsi finiti a 50 anni è troppo deprimente. Dunque dopo i 50 ci si dovrebbe chiudere in casa? A fare cosa? Ad aspettare la fine? Magari oscurando gli specchi come fece la contessa di Castiglione una volta compiuti i 30, ma si era nell’800 e allora le donne a quell’età erano vecchie. E gli uomini poco dopo. Ricordo che nel Gattopardo il principe di Salina a 46 anni si considerava un vecchio, e sentiva ormai vicina la morte. Ma di acqua né è passata sotto i ponti. Per fortuna!
E ancora, perché ci si dovrebbe considerare ridicoli se dopo i 50 facciamo ancora sport? Quanto ai rischi per la salute ci sono anche prima di quell’età, per gli sportivi della domenica, e non solo. Salvo l’agonismo che ovviamente è limitato alla gioventù, tenersi in forma va bene, anzi è necessario a tutte le età, purché l'attività fisica sia graduale e continuata, altrimenti non serve a niente ed è pericolosa.
E a parte l’amore e lo sport cos’altro è ridicolo alla nostra età? Il modo di vestire? E’ certo che io “da vecchia” non mi ci vestirò mai  e non mi pare di essere ridicola, ma se qualcuno lo pensa problemi suoi.
In sostanza credo che Conti faccia della confusione, perché probabilmente, come molti uomini, non riesce a pensare di innamorarsi di una persona non più giovane, ovvero di una coetanea, o comunque lo considera un ripiego, come si può capire dalla conclusione dell’articolo. Infatti l’autore dice di poter al massimo immaginare, come scrive Erri de Luca nel suo ultimo libro - I pesci non chiudono gli occhi -, che gli capiti “un tempo finale in comune con una donna, con la quale coincidere come fanno le rime, in fine di parola” concludendo che nella maturità, se si ha la fortuna di avere un matrimonio o un rapporto di coppia ancora in piedi, allora è bene coltivarlo e non buttarlo via. Se si è single, è molto salutare coltivare amicizie "generose". O seguire i suggerimenti di Erri De Luca. O vivere da soli con se stessi al meglio.
Ma cos'è l’amore? Esiste davvero "l'amore che strappa i capelli"? Forse per qualcuno, forse nei romanzi.
A mio parere l’amore è complicità, comunanza di sentire, lealtà, amicizia, rispetto e ammirazione reciproca, e, certo, attrazione, un’alchimia difficile da realizzare ma che non può prescindere dalla “coincidenza”, altrimenti è solo attrazione fisica che può essere scambiata per passione ma poi finisce nel niente, perché manca qualcosa che cementi il rapporto.
E cosa sarebbero le amicizie “generose”? Amicizie con le quali all'occorenza si può anche fare sesso? Credo che non funzioni. Con gli amici, e nemmeno con i conoscenti di lunga data, può esserci sesso. Nella maggioranza dei casi serve solo a far finire l’amicizia,  a chiudere una lunga conoscenza e senza neanche essersi divertiti granché. Quindi se si ha la sfortuna di essere single a oltre 50 anni, si deve lasciare ogni speranza?
Certo rispetto alla gioventù nell'età matura trovare un compagno/a è più difficile, perché manca la possibilità di scegliere nel grande numero, ma non certo ridicolo. La maggioranza dei coetanei è accoppiata o non cerca più forse proprio perché crede che sia passato il tempo. Ma allora è passato anche il tempo di imparare, di viaggiare, di godere dei piaceri, sia fisici che intellettuali? Ma se la pensiamo così allora chiudiamoci in casa in attesa della fine o facciamo domanda per l’ospizio o buttiamoci nel primo cassonetto.
Mi piacerebbe sapere come la pensano i miei coetanei. Nell’attesa di saperlo leggerò l’ultimo libro di De Luca.

giovedì 9 agosto 2012

Perché andiamo nello spazio

Lunedì  scorso il rover curiosity ha raggiunto Marte e per due anni fornirà informazioni sul pianeta.

La missione è stata seguita con interesse in tutto il mondo, ma ha anche riacceso vecchie polemiche.

Molti si chiedono infatti perché spendiamo tanto per andare nello spazio quando ci sarebbero tanti problemi da risolvere sulla terra? 

Una domanda simile fu posta anche nel 1970 all’allora direttore scientifico della NASA, Ernst Stuhlinger, da una suora attiva in Zambia. In questo articolo c'è la traduzione della risposta. Molto bella ma anche un po' retorica.

Secondo me la vera risposta è nell'articolo successivo: l'esplorazione è insita nella natura umana. Tutti ricordiamo i versi di Dante nel canto XXVI° dell'Inferno "fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza." In sostanza è ciò che si legge nel dialogo riportato nel secondo articolo e che è tratto da un episodio della serie televisiva americana "West Wing" ambientata  nell'Ala Ovest della Casa Bianca (da cui il titolo) dove lavora il Presidente degli Stati Uniti d'America e il suo staff, e dove è ubicato il famoso Studio Ovale.

"Noi siamo usciti dalle caverne, abbiamo guardato oltre le colline, abbiamo conosciuto il fuoco, abbiamo attraversato l'oceano e abbiamo conquistato le terre dell'Ovest e ora vogliamo impadronirci del cielo. La storia dell'uomo è il diario delle sue esplorazioni."  

C'è un po' di retorica americana con quel riferimento alla conquista dell'Ovest, ma il senso dell'affermazione è chiaro.

mercoledì 8 agosto 2012

Il problema Spinoza


Ho da poco finito di leggere  “Il problema Spinoza” di Irvin D. Yalom, psichiatra, psicoterapeuta e romanziere statunitense, e devo dire che era diverso tempo che non leggevo un romanzo che mi appassionasse dall'inizio alla fine.  

Durante l'occupazione tedesca dell’Olanda l'intera biblioteca del filosofo di origine ebraica Baruch Spinoza  è requisita da un'unità ai comandi di Alfred Rosenberg, fondatore e teorico del movimento nazista, condannato a morte al processo di Norimberga: la scritta "Il problema Spinoza" appare nel rapporto del nazista che la confiscò.

Prendendo  spunto da quest'episodio Yalom costruisce il suo romanzo immaginando che il teorico nazista sia stato ossessionato per tutta la vita dal filosofo ebreo del XVII° secolo.

L’espediente narrativo fa incontrare a Rosenberg il filosofo ebreo all’epoca dei suoi studi quando, in conseguenza di alcune sue affermazioni violentemente antisemite, è costretto dal preside di origine ebraiche Epstein a imparare a memoria alcuni passi dell’autobiografia di Goethe nei quali  l’autore del Faust, profondamente venerato dall'adolescente quale massimo poeta tedesco e simbolo dell'anima germanica, si dichiara grande ammiratore di Spinoza.

Ma anche se non c'è cura per chi è ormai ossessionato dal razzismo, tuttavia da allora si insinua nella mente di Rosenberg un tarlo: come può aver raggiunto tali sublimi altezze un appartenente a una razza inferiore? E questo tarlo lo accompagnerà per tutta la vita.

I capitoli si succedono alternando la storia dell’uno e dell’altro personaggio, come due vite parallele, e la trovata rende la narrazione più vivida anche se forse un po’ snervante, perché si seguono le vicende di un personaggio fino a un punto critico e a quel punto occorre calarsi nelle vicende dell’altro.

Rosenberg si arrovella sul "problema Spinoza" cercandovi una soluzione che non troverà. 

E' vero che Spinoza è un ebreo sui generis, bandito dalla comunità ebraica di Amsterdam perché considera l'ebraismo una forma di superstizione. Tuttavia allo stesso modo il filosofo rifiuta qualsiasi altra religione in nome della ragione e della ricerca di Dio, che non è fatto a immagine e somiglianza dell’uomo, ma che è tutt'uno con la natura. Il filosofo è un precursore dell’illuminismo e nelle sue teorie politiche ci sono già i germi del concetto di democrazia. Pertanto le teorie politiche di Spinoza non potevano piacere a Rosenberg che forse però si riconosce nel rifiuto delle religioni, anche se, a suo modo, anche il nazismo, di cui Rosenberg fu fondatore e teorico, era una religione basata sul volk (popolo) e sul sangue nonché sugli antichi miti nordici e come le religioni invadeva ogni aspetto della vita dei singoli.

Ma a mio parere l'autore unisce i protagonisti di queste vite parallele sulla base della reciproca difficoltà a esternare i propri sentimenti, a sentirsi parte di un'umanità che invece si limitano a osservare. Sia l’uno che l’altro vorrebbero amare ed essere amati, ma non possono, anche se l'autore li mette entrambi in contatto con due personaggi, di pura invenzione, con i quali riescono a mettere a nudo, almeno in parte, il loro animo, uno psicanalista nel caso di Rosenberg, un esponente della comunità ebraica nel caso di Spinoza.

Rosenberg appare come un individuo interiormente privo di interesse nei confronti dell'altro, e anche l'interesse per il filosofo sembra dominato da un unico interrogativo, comprendere il paradosso per cui un esponente di una razza inferiore possa aver raggiunto tali livelli di pensiero.

E che dire di Spinoza che interpreta in maniera geometrica anche passioni ed emozioni?

Nel romanzo gli è attribuito un unico amore, quello per la figlia del suo maestro Van den Enden dalla quale fu però rifiutato, episodio sul quale concordano anche i biografi, tanto che qualcuno si è domandato se da tale rifiuto derivi la  sua estrema misoginia che gli fa affermare che le donne sono incapaci di puro pensare, concetto tipicamente medioevale in un pensatore per altri versi già così moderno.

Ma mentre Spinoza sublima la sua incapacità di stabilire veri rapporti umani nelle vette del pensiero filosofico, Rosenberg scarica le sue frustrazioni e le sue insicurezze che derivano in larga parte dal non sentirsi amato e dal timore di non avere l’approvazione altrui nell’odio per gli ebrei che è il suo pensiero dominante, anche se in questo odio tuttavia c’è lo spazio per l’ammirazione di un filosofo di origine ebraica, seppur allontanato dalla sua comunità.

Come ho letto in questo articolo che ha per oggetto un altro dei romanzi di Yalom, "Love’s Executioner", che credo non sia stato tradotto in italiano, per l'autore il timore di fallire nelle relazioni umane e quindi di restare soli è uno dei quattro fattori che causano il dolore nell'umana esistenza. Gli altri sono: l’inevitabilità della morte, la libertà di scegliere e la responsabilità che ne deriva, la consapevolezza della mancanza di significato della vita.

Ma Yalom ha scritto altri due romanzi in cui protagonisti sono dei filosofi, "La cura Schopenhauer" e "Le lacrime di Nietzsche" e ciò mi fa venire in mente che da qualche anno la filosofia si è proposta come alternativa alla psicoterapia.

Veramente non so come la pensi lo psicoterapeuta Yalom in merito, ma attraverso questo romanzo non solo sono entrata  nel vivo della filosofia di Spinoza, ho creduto di comprendere il personaggio e le sue idee molto più di quando l'ho studiato al liceo, tanto che, diversamente da allora,  mi è venuta voglia di leggerne gli scritti, in particolare i due citati nel romanzo, l’ Etica e il Trattato teologico-filosofico, (nonostante le sue affermazioni sulle donne!), ma sono riuscita a vedere in maniera più chiara anche alcune questioni che mi riguardano.