Non
avevo mai letto niente di Paola Mastrocola finché non mi è capitato tra le mani il suo ultimo romanzo, “Non so niente di te”. La lettura del risvolto di copertina dove si parla di un brillante
giovane economista che conduce un centinaio di pecore a una conferenza mi ha
indotto a pensare che per lo meno si
doveva trattare di un racconto originale e devo dire che le aspettative non
sono andate deluse, anche se lo stile di scrittura talvolta appare un po' trascurato.
Altra
cosa abbastanza intrigante il fatto che l’autrice parla di eventi dei nostri
giorni come se scrivesse in un tempo futuro, diciamo intorno al 2060. Non si
lancia tuttavia a fornirci informazioni circa l’evoluzione degli eventi, ovvero
in sostanza a fare previsioni. Abbiamo superato la crisi economica attuale?
Probabilmente si; l'Occidente c'è ancora (nel romanzo si parla di Stati
Occidentali, ma non so se con questo termine si voglia alludere a un'unione di
stati) e ci sono pure gli economisti che sembra continuino a guadagnare discretamente
e a essere considerati, ma di come sia il mondo del 2060 l'autrice non ci dice
molto se non che la tecnologia ha
continuato a svilupparsi, perché sms e sistemi come Skype sono tanto obsoleti
che devono essere spiegati ai lettori, mentre i libri di carta sono ormai una
rarità.
Il
romanzo può avere più chiavi di lettura.
La
primo riguarda i rapporti tra genitori e figli, un'altra, le scelte della vita,
un'altra ancora, l'evoluzione della nostra società.
Molto
spesso i genitori ripongono eccessive speranze nei figli o, ancora peggio,
impongono a questi desideri e interessi che sono loro propri, senza
preoccuparsi se i figli desiderino invece altro.
Il
protagonista del romanzo, Filippo Cantirami, detto Fil, sembrerebbe avere davanti a sé la strada spianata; i
genitori, il padre avvocato di successo, la madre, arredatrice per diletto, appartengono
alla borghesia agiata, pertanto con la possibilità di pagare al figlio gli
studi giusti, le specializzazioni all’estero, e poi di instradarlo in un
lavoro, anzi di fornirgli ben tre alternative in un momento in cui la maggior
parte dei giovani, anche laureati, hanno davanti a sé, sempre che gli vada
bene, un lavoro precario chissà per quanti anni.
Il
padre ha deciso per il figlio la carriera di economista, tanto che fin da
piccolo gli legge gli articoli del “Financial Times” e lo invita a discuterne.
Che il figlio possa avere altri interessi non gli viene neanche in mente. Solo
la zia Giuliana, detta Giù, una donna un po’ particolare con la quale Fil ha
un’intesa speciale, si permette di
chiedere “ma sei sicuro, Fil?”, ma
poi non ha il coraggio di approfondire.
E
Fil si adegua, si iscrive a Economia e poi parte per Oxford a fare un master
cui dovrebbe seguire una specializzazione a Stanford, ma dopo qualche tempo
comincia a essere insofferente e un giorno, quando gli manca
poco alla conclusione del master, decide di abbandonare tutto, ma non ha il
coraggio di dirlo ai genitori. Così fa
un patto con l’amico Jeremy: lui andrà a Stanford al posto suo, Fil gli passerà
i soldi che gli mandano i genitori per il mantenimento e in cambio Jeremy gli
invierà dei resoconti dettagliati della propria vita nel college californiano
in modo che Fil possa propinarli ai genitori come suoi. Intanto Fil si è
trovato un lavoro da aiuto pastore presso i possedimenti di un duca nei
dintorni di Oxford. Ci passerà tre anni, continuando tuttavia a studiare
economia, ma per conto suo, leggendo i classici, non solo dell’economia,
riflettendo, prendendo appunti, senza però gli obblighi delle lezioni, degli
esami, della corsa per primeggiare. Con l'amico Jeremy appronta anche una
ricerca sulla crisi dei mercati che è considerata interessante. Ed è per
illustrarla che insieme all'amico è invitato in uno dei più prestigiosi collegi
di Oxford. Solo che lui se ne dimentica e quando l'amico lo cerca per
ricordarglielo lui è con le pecore e non trova altro modo che portarsele dietro.
E' così che di fronte all'allibito pubblico in attesa della conferenza
irrompono centinaia di pecore. Come nulla fosse Fil si affianca al collega che ha già preso posto al tavolo della
conferenza e inizia a illustrare la ricerca che ha realizzato insieme a lui o,
meglio, di cui è stato l'ispiratore. Per caso è presente una sua ex fidanzata
che informa la sorella di lui. Da quel momento i genitori che lo credono a
specializzarsi negli Stati Uniti e la zia Giuliana con la quale Filippo, detto Fil,
ha sempre avuto una particolare intesa, partono alla ricerca del congiunto e
del motivo della sua azione, per lo meno stravagante. - Forse una forma di
protesta ?-, si chiedono perplessi e preoccupati i genitori. La ricerca li
condurrà in pochi giorni da Standford, dove Fil non ha mai vissuto, alla
località nei dintorni di Oxford, dove si è fermato negli ultimi tre anni,
apprendendo che Fil non ha mai iniziato la specializzazione a Stanford e
nemmeno concluso il master a Oxford, ma ha fatto per tre anni l'aiuto pastore,
mentre il suo posto a Stanford è stato preso dall'amico, Jeremy. Scopriranno
quindi di non sapere nulla di lui. Sono ansiosi comunque di parlargli, di
sapere cosa gli sia successo, ma non lo troveranno nemmeno a Oxford, perché, il
giorno prima del loro arrivo, Fil è partito per un paesino della Norvegia alla
ricerca di una ragazza che ha incontrato per caso una sera e con i genitori si
farà vivo solo diverso tempo dopo. In quel minuscolo paese rimarrà per tutta la
vita, sposerà la ragazza, avrà un figlio, farà l'impiegato in una ditta di
merluzzi, insomma una vita "normale", ben lontana dai desideri e
dalle ambizioni che i genitori avevano sognato per lui. Solo alla sua morte,
quando al funerale arriveranno dagli Stati Uniti alcuni professori universitari
e tra di essi, il vecchio amico Jeremy, si scoprirà che Fil ha continuato a
studiare economia e ha anche scritto un libro "Ceiling Theory" che è
stato considerato una pietra miliare nel settore.
E
cosa dice questa teoria?
In
poche parole dice che bisogna mettere un
cielo-tetto alla crescita. Non si può
continuare così, a dismisura.Le
ultime due generazioni sono cresciute meno delle precedenti, anzi l'ultima non
cresce perché è partita altissima. È come per i tonni con le acciughe. I tonni
devono smettere di mangiare troppe acciughe altrimenti si estingueranno perché
non avranno più niente da mangiare. Ogni Stato
deve imparare a dire: bene, io sono partito di qui e arrivo fin qui, grazie, mi
basta, gli altri arrivino dove possono arrivare, essendo partiti da dove sono
partiti. Certo che se partono da più
in basso fanno più strada. Se io parto dall'arrivo, sono già arrivato, e quindi
di strada non ne faccio, neanche mezzo metro. Vale per le persone come per gli Stati. Se uno è già arrivato, dove deve andare? Magari
si ferma un po'. Magari gli viene voglia di smettere di correre... Arrivare, il segreto sta nel significato
etimologico di questo verbo: se uno ha già toccato la riva, ovvio che poi sta
fermo. Sono gli altri che navigano ancora a vele spiegate. Fil pensa a una
gara di corsa campestre con gli Stati Arrivati che si riposano ai bordi della
pista e aspettano che via via arrivino gli altri e tutti si siedano a riposarsi,
una specie di Dejuner sull'erba
collettivo, planetario.
E fine della storia!
Infatti se rallentare può essere una scelta nella vita di un individuo non credo si
possa applicare agli Stati. Questi se si fermano declinano per sempre o almeno
per molti anni o secoli prima che ci possa essere una ripresa. Basti pensare
alle antiche civiltà decadute. Probabilmente, è vero, avevano raggiunto il
massimo quando altre si affacciavano alla storia con quella voglia di
combattere e di conquistare che loro avevano perso. E' nell'ordine naturale delle cose, ma fermarsi conduce inesorabilmente al declino, alla decrescita che non è mai
felice. Se pertanto nel 2060 l’Occidente
conterà ancora qualcosa non sarà per aver applicato qualcosa di simile alla Ceiling Theorie, salvo che
all'improvviso tutta l'umanità non raggiunga un livello di coscienza superiore.
Quanto
alle scelte individuali, quella di Fil, ma anche quella di Giuliana,
immalinconiscono un po’, sanno di vite irrisolte, di rinunce.
Fil
oltre ad avere una mente brillante ama la sua materia, altrimenti perché
avrebbe continuato a studiarla? E quindi?
Giuliana
a suo tempo ha deciso di non concludere l’università rinunciando alla carriera
di architetto per finire a fare la custode in una biblioteca, dove però dal suo
gabbiotto gode di una vista spettacolare sulla città, non si è costruita
neanche una famiglia, non ha una storia e quando incontra una persona con la
quale riconosce una corrispondenza di sentimenti non decide di fermarsi ma si
accontenta di andarlo a trovare ogni tanto che, intendiamoci, può essere anche
una soluzione ottimale, in sostanza persegue un suo modo “lento” di vivere.
Ma
ha senso sprecare il proprio talento per
vivere più lentamente, per trovare il tempo
di guardare il colore del mare che cambia, e, nei giorni più tersi, riuscire a scorgere persino il polverio di gocce
che l'aria alzava dalle onde, un attimo prima di lasciarle andare sugli scogli,
magari continuando anche a studiare, riflettere, creare, ma senza fare di
ciò il centro della propria vita? E soprattutto è giusto? Certo è anche vero
che oggi se ti dedichi a qualcosa, e vuoi avere successo, quel qualcosa ti
prende la vita intera e anche questo non è giusto. Bisognerebbe saper trovare
un equilibrio, ma non è facile.
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