domenica 30 gennaio 2005

L’Iraq al voto



Conclusa la giornata elettorale in Iraq. I seggi sono stati chiusi alle 17 (le 15 in Italia), ma in certi casi c'erano ancora persone in fila. Alta affluenza nelle zone sciite e curde, seggi deserti nelle aree sunnite e nemmeno aperti per questioni di sicurezza nel “triangolo della morte” a sud della capitale. Ma la commissione elettorale nazionale annuncia che l’affluenza è stata del  60 per cento degli aventi diritto (otto milioni).


Gli iracheni  sarebbero andati a votare nonostante le bombe e le pessimistiche previsioni della vigilia. Quasi trenta esplosioni hanno scosso a ripetizione Bagdad, almeno nove provocate da attentatori suicidi che avevano cinture esplosive nei pressi di seggi elettorali o tra la gente in attesa di votare. Circa trenta le vittime degli attentati.


 

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha detto che il voto in Iraq è “un primo passo” verso la democrazia. Gli iracheni “sanno che stanno votando per il loro futuro e che con questo voto prenderanno il controllo del loro destino. Noi dobbiamo incoraggiarli”. La promozione del voto iracheno è giunta anche dal rappresentante del segretario generale a Bagdad, Ashraf Qazi. Il diplomatico ha parlato di elezioni “trasparenti e libere” e si è detto confortato dall'alta affluenza alle urne.


 

Soddisfazione è stata espressa anche dal segretario di stato Condoleezza Rice. “Le elezioni in Iraq stanno andando meglio del previsto”, è scritto in una nota diramata dal dipartimento di Stato americano. Una volta chiusi ufficialmente i seggi, è arrivata anche la dichiarazione di George W. Bush: “E' un grande giorno per la democrazia”, ha detto il presidente.


 

 

 

Ma si possono davvero definire trasparenti e libere queste elezioni avvenute in un contesto in cui si fronteggiano un esercito di occupazione e la guerriglia?


Non è stato possibile svolgere una regolare campagna elettorale, persino attaccare manifesti era rischioso, gli elettori sono andati a votare sotto minaccia, quelli che hanno potuto, perché in alcune zone del paese non si sono aperti i seggi. Sembra quasi impossibile che tanti non abbiano avuto paura, sempre che le dichiarazioni della commissione elettorale rispondono a verità.


 

In questo articolo dell’ “Observer International” si parla di elezioni senza precedenti, per le quali non reggerebbe nemmeno il confronto con quelle tenutesi nella Repubblica di Weimar in mezzo agli scontri tra nazisti e comunisti.

2 commenti:

  1. ottimo post, da me qualcuno la pensa diversamente rispetto all'ottimismo dei Grandi di queste ore. Ciao. Alain

    RispondiElimina
  2. Io qualche dubbio continuo ad avercelo, anche se l'articolo di Reporter Associati mi sembra eccessivo. Infatti i dubbi sono legittimi, ma le certezze devono essere suffragate da prove.
    Certo le previsioni della vigilia erano pessimistiche (persino Allawi aveva detto che avrebbbero votati in pochi) e nessuno avrebbe immaginato questo risultato, mentre Bush ne aveva assoluto bisogno.

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domenica 30 gennaio 2005

L’Iraq al voto



Conclusa la giornata elettorale in Iraq. I seggi sono stati chiusi alle 17 (le 15 in Italia), ma in certi casi c'erano ancora persone in fila. Alta affluenza nelle zone sciite e curde, seggi deserti nelle aree sunnite e nemmeno aperti per questioni di sicurezza nel “triangolo della morte” a sud della capitale. Ma la commissione elettorale nazionale annuncia che l’affluenza è stata del  60 per cento degli aventi diritto (otto milioni).


Gli iracheni  sarebbero andati a votare nonostante le bombe e le pessimistiche previsioni della vigilia. Quasi trenta esplosioni hanno scosso a ripetizione Bagdad, almeno nove provocate da attentatori suicidi che avevano cinture esplosive nei pressi di seggi elettorali o tra la gente in attesa di votare. Circa trenta le vittime degli attentati.


 

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha detto che il voto in Iraq è “un primo passo” verso la democrazia. Gli iracheni “sanno che stanno votando per il loro futuro e che con questo voto prenderanno il controllo del loro destino. Noi dobbiamo incoraggiarli”. La promozione del voto iracheno è giunta anche dal rappresentante del segretario generale a Bagdad, Ashraf Qazi. Il diplomatico ha parlato di elezioni “trasparenti e libere” e si è detto confortato dall'alta affluenza alle urne.


 

Soddisfazione è stata espressa anche dal segretario di stato Condoleezza Rice. “Le elezioni in Iraq stanno andando meglio del previsto”, è scritto in una nota diramata dal dipartimento di Stato americano. Una volta chiusi ufficialmente i seggi, è arrivata anche la dichiarazione di George W. Bush: “E' un grande giorno per la democrazia”, ha detto il presidente.


 

 

 

Ma si possono davvero definire trasparenti e libere queste elezioni avvenute in un contesto in cui si fronteggiano un esercito di occupazione e la guerriglia?


Non è stato possibile svolgere una regolare campagna elettorale, persino attaccare manifesti era rischioso, gli elettori sono andati a votare sotto minaccia, quelli che hanno potuto, perché in alcune zone del paese non si sono aperti i seggi. Sembra quasi impossibile che tanti non abbiano avuto paura, sempre che le dichiarazioni della commissione elettorale rispondono a verità.


 

In questo articolo dell’ “Observer International” si parla di elezioni senza precedenti, per le quali non reggerebbe nemmeno il confronto con quelle tenutesi nella Repubblica di Weimar in mezzo agli scontri tra nazisti e comunisti.

2 commenti:

  1. ottimo post, da me qualcuno la pensa diversamente rispetto all'ottimismo dei Grandi di queste ore. Ciao. Alain

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  2. Io qualche dubbio continuo ad avercelo, anche se l'articolo di Reporter Associati mi sembra eccessivo. Infatti i dubbi sono legittimi, ma le certezze devono essere suffragate da prove.
    Certo le previsioni della vigilia erano pessimistiche (persino Allawi aveva detto che avrebbbero votati in pochi) e nessuno avrebbe immaginato questo risultato, mentre Bush ne aveva assoluto bisogno.

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