martedì 9 novembre 2004

Paura e fondamentalismi - The Village: un film sulla paura

Mi domando se dobbiamo ridere o se sia il caso di allarmarsi di fronte ai deliri dei “teocon”, ossia i nuovi teologi del conservatorismo cristiano, come li definisce Mario Ajello sul Messaggero di domenica 7 novembre in un divertente articolo dal titolo “La crociata delle streghe cattoliche, sull’onda Bush”.
“Streghe cattoliche”, infatti si autodefiniscono, con compiacimento, Rocco Buttiglione e Giuliano Ferrara, in uno strapieno teatro milanese, in cui si parla di difesa culturale dei valori cristiani contro il totalitarismo laicista.
Intanto a Roma all’ex cinema Capranica, altre “streghe cattoliche” innamorate di Gesù Cristo in quanto “primo rivoluzionario del mondo” scaricano addosso alla sinistra le accuse di peccati molto gravi (e da Milano Ferrara rilancia” Ah, quanto è bella la parola peccato”), tra cui il Nichilismo, che in America è stato sconfitto ma che qui crede di vivere finché una rivoluzione culturale (anzi “chiamiamola guerra” dice sempre Ferrara) non arriverà a liquidarlo.
La vittoria di Bush li ha gasati e vorrebbero ripeterne l’exploit, con le elezioni politiche del 2006 e forse anche prima, con il referendum sulla legge per la procreazione assistita, se si farà. Ma conviene a Berlusconi, che pure si ritiene ispirato da Dio, come Bush, lanciarsi in un crociata di moralizzazione? Il sospetto è che non siano esattamente le reti Mediaset, né la tv in generale, il luogo adatto per difendere la morale, tanto meno per scatenare quella “guerra culturale giudaico cristiana” di cui si è parlato nel convegno milanese con Ferrara e Buttiglione e che comunque l’Italia non sia, per fortuna, l’America profonda.
Ma il ministro-filosofo spera che anche l’Europa segua l’ America, e “dopo la secolarizzazione si apra ad una fase di ri-evangelizzazione, di ritorno ai valori cristiani” e si lancia all’attacco del regista della ”Mala educacion” (argomento del film: i preti pedofili che sono una nota invenzione di mentecatti depravati anticristiani) Pedro Almodovar, di cui dice che “ è un bimbo che odia la madre Chiesa”, mentre il polemista laico, che si definisce ateo devoto, afferma che “la persona è creatura” , cita Ratzinger, incita alla guerra culturale.
Ma cosa sta succedendo nel mondo? Chi avrebbe mai pensato di rivedere fanatici integralisti e guerre di religione nel XXI° secolo?
Il fondamentalismo islamico ha dichiarato guerra all’Occidente e l’Occidente, nella sua accezione più deleteria, quella dei neoconservatori Bushisti, e loro epigoni, risponde con il fondamentalismo cristiano. Ma entrambi i fondamentalismi sostengono gli stessi arcaici principi e sono portatori dello stesso odio per chi la pensa diversamente. Così il fondamentalismo cristiano prende a pretesto la guerra all’islam radicale per allargarla a tutti coloro che non si riconoscono nel cristianesimo e parla di autodifesa culturale, anzi di guerra, anche nei confronti di laici, atei, agnostici, pagani, panteisti, e comunque, comunisti.
Ma se posso capire che certe cose le dica Buttiglione, quando sento i cosiddetti liberali, che in realtà sono solo liberisti, incitare alla guerra di religione, non ho parole.
Ferrara, che è stato tra i pochi a dare rilievo all'assassinio del regista Theo Van Gogh ucciso da un integralista islamico e che al convegno ha chiesto un minuto di silenzio per ricordarlo, forse crede di combattere l’islam fanatizzato diventando fanatico cattolico?
C’è qualcosa di razionale in questo ragionamento?
Avrei creduto che nel XXI° secolo avrebbe prevalso la razionalità, si sarebbero oltrepassate nuove frontiere, nella scienza, nella conquista dello spazio. Invece c’è da temere un arresto della ricerca scientifica in nome di arcaici valori.
Viene in mente un film che stanno proiettando in questi giorni nelle sale italiane, "The Village" del regista indiano M.Night Shyamalan.
Un piccolo villaggio della Pennsylvania vive isolato dal mondo, circondato da un bosco popolato da misteriose creature innominabili. La vita nel villaggio scorre tranquilla, purché si rispetti "il divieto". Nessuno deve avventurarsi nel bosco, nessuno deve portare il colore delle creature (guarda caso il rosso), nessuno deve provocarle e meglio sarebbe se nessuno ne parlasse.
In realtà le creature innominabili sono un'invenzione degli anziani del villaggio che hanno scelto di vivere lontano dalla città per difendersi dalla violenza e preservare l'innocenza. Ma anche se alla base di questa scelta ci sono le migliori intenzioni difensive, essa diventa laccio soffocante, costrizione psicologica, condizionamento repressivo.
La pubblicità lo presenta come un film dell'orrore, in realtà è una riflessione sugli incubi del presente. E’ un film sulla paura: la paura che assedia l'America dopo gli attentati alle Twin Towers; la paura che ne ha fatto un Paese protetto fino all'autoreclusione; la paura che i governanti usano come strumento di potere e di controllo sulla vita degli altri; e più in generale la paura dell’ignoto, del diverso, la xenofobia e altri mostri che purtroppo cominciano ad allignare anche fuori dall’America profonda.
E non c’è nemmeno il lieto fine, perché se ad un certo punto sembra che il film vada nella direzione del superamento della paura attraverso l'amore, e della liberazione dalla superstizione e dalle menzogne degli anziani, poi tutto resta come prima, e non ho capito bene se il regista abbia voluto dire che ormai non c'è più speranza, che la paura ha vinto, o se addirittura abbia voluto in qualche modo giustificare la difesa della cosiddetta innocenza.

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martedì 9 novembre 2004

Paura e fondamentalismi - The Village: un film sulla paura

Mi domando se dobbiamo ridere o se sia il caso di allarmarsi di fronte ai deliri dei “teocon”, ossia i nuovi teologi del conservatorismo cristiano, come li definisce Mario Ajello sul Messaggero di domenica 7 novembre in un divertente articolo dal titolo “La crociata delle streghe cattoliche, sull’onda Bush”.
“Streghe cattoliche”, infatti si autodefiniscono, con compiacimento, Rocco Buttiglione e Giuliano Ferrara, in uno strapieno teatro milanese, in cui si parla di difesa culturale dei valori cristiani contro il totalitarismo laicista.
Intanto a Roma all’ex cinema Capranica, altre “streghe cattoliche” innamorate di Gesù Cristo in quanto “primo rivoluzionario del mondo” scaricano addosso alla sinistra le accuse di peccati molto gravi (e da Milano Ferrara rilancia” Ah, quanto è bella la parola peccato”), tra cui il Nichilismo, che in America è stato sconfitto ma che qui crede di vivere finché una rivoluzione culturale (anzi “chiamiamola guerra” dice sempre Ferrara) non arriverà a liquidarlo.
La vittoria di Bush li ha gasati e vorrebbero ripeterne l’exploit, con le elezioni politiche del 2006 e forse anche prima, con il referendum sulla legge per la procreazione assistita, se si farà. Ma conviene a Berlusconi, che pure si ritiene ispirato da Dio, come Bush, lanciarsi in un crociata di moralizzazione? Il sospetto è che non siano esattamente le reti Mediaset, né la tv in generale, il luogo adatto per difendere la morale, tanto meno per scatenare quella “guerra culturale giudaico cristiana” di cui si è parlato nel convegno milanese con Ferrara e Buttiglione e che comunque l’Italia non sia, per fortuna, l’America profonda.
Ma il ministro-filosofo spera che anche l’Europa segua l’ America, e “dopo la secolarizzazione si apra ad una fase di ri-evangelizzazione, di ritorno ai valori cristiani” e si lancia all’attacco del regista della ”Mala educacion” (argomento del film: i preti pedofili che sono una nota invenzione di mentecatti depravati anticristiani) Pedro Almodovar, di cui dice che “ è un bimbo che odia la madre Chiesa”, mentre il polemista laico, che si definisce ateo devoto, afferma che “la persona è creatura” , cita Ratzinger, incita alla guerra culturale.
Ma cosa sta succedendo nel mondo? Chi avrebbe mai pensato di rivedere fanatici integralisti e guerre di religione nel XXI° secolo?
Il fondamentalismo islamico ha dichiarato guerra all’Occidente e l’Occidente, nella sua accezione più deleteria, quella dei neoconservatori Bushisti, e loro epigoni, risponde con il fondamentalismo cristiano. Ma entrambi i fondamentalismi sostengono gli stessi arcaici principi e sono portatori dello stesso odio per chi la pensa diversamente. Così il fondamentalismo cristiano prende a pretesto la guerra all’islam radicale per allargarla a tutti coloro che non si riconoscono nel cristianesimo e parla di autodifesa culturale, anzi di guerra, anche nei confronti di laici, atei, agnostici, pagani, panteisti, e comunque, comunisti.
Ma se posso capire che certe cose le dica Buttiglione, quando sento i cosiddetti liberali, che in realtà sono solo liberisti, incitare alla guerra di religione, non ho parole.
Ferrara, che è stato tra i pochi a dare rilievo all'assassinio del regista Theo Van Gogh ucciso da un integralista islamico e che al convegno ha chiesto un minuto di silenzio per ricordarlo, forse crede di combattere l’islam fanatizzato diventando fanatico cattolico?
C’è qualcosa di razionale in questo ragionamento?
Avrei creduto che nel XXI° secolo avrebbe prevalso la razionalità, si sarebbero oltrepassate nuove frontiere, nella scienza, nella conquista dello spazio. Invece c’è da temere un arresto della ricerca scientifica in nome di arcaici valori.
Viene in mente un film che stanno proiettando in questi giorni nelle sale italiane, "The Village" del regista indiano M.Night Shyamalan.
Un piccolo villaggio della Pennsylvania vive isolato dal mondo, circondato da un bosco popolato da misteriose creature innominabili. La vita nel villaggio scorre tranquilla, purché si rispetti "il divieto". Nessuno deve avventurarsi nel bosco, nessuno deve portare il colore delle creature (guarda caso il rosso), nessuno deve provocarle e meglio sarebbe se nessuno ne parlasse.
In realtà le creature innominabili sono un'invenzione degli anziani del villaggio che hanno scelto di vivere lontano dalla città per difendersi dalla violenza e preservare l'innocenza. Ma anche se alla base di questa scelta ci sono le migliori intenzioni difensive, essa diventa laccio soffocante, costrizione psicologica, condizionamento repressivo.
La pubblicità lo presenta come un film dell'orrore, in realtà è una riflessione sugli incubi del presente. E’ un film sulla paura: la paura che assedia l'America dopo gli attentati alle Twin Towers; la paura che ne ha fatto un Paese protetto fino all'autoreclusione; la paura che i governanti usano come strumento di potere e di controllo sulla vita degli altri; e più in generale la paura dell’ignoto, del diverso, la xenofobia e altri mostri che purtroppo cominciano ad allignare anche fuori dall’America profonda.
E non c’è nemmeno il lieto fine, perché se ad un certo punto sembra che il film vada nella direzione del superamento della paura attraverso l'amore, e della liberazione dalla superstizione e dalle menzogne degli anziani, poi tutto resta come prima, e non ho capito bene se il regista abbia voluto dire che ormai non c'è più speranza, che la paura ha vinto, o se addirittura abbia voluto in qualche modo giustificare la difesa della cosiddetta innocenza.

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