martedì 14 aprile 2015

Disposofobia

Leggendo “La regola dell'equilibrio” di Gianrico Carofiglio ho scoperto di soffrire di disposofobia. Il termine letteralmente significa "paura di buttare", dall'inglese to dispose, "gettare", "buttare", "disfarsi (di qualcosa)", con il suffissoide -fobia, dal greco φόβος, phóbos, "panico", "paura". Si tratta di un disturbo mentale caratterizzato da un bisogno ossessivo di acquisire (senza utilizzare né buttare via) una notevole quantità di beni, anche se gli elementi sono inutili, pericolosi, o insalubri. L'accaparramento compulsivo provoca impedimenti e danni significativi ad attività essenziali quali muoversi, cucinare, fare le pulizie, lavarsi e dormire. Sembra connesso a insicurezza, paura di cambiare, difficoltà a prendere decisioni.
Il protagonista del romanzo ha accumulato tante di quelle cose che che la situazione gli è sfuggita di mano, in particolare per via dei libri che sono ovunque, anche per terra, sui tavoli, sulle poltrone, sulle sedie, nel bagno, in cucina, alcuni non proprio indispensabili, ma decide di far ordine solo dopo aver scoperto una notte, vagabondando su Wikipedia, di essere affetto da disposofobia. Così si procura degli scatoloni e li riempie di libri da destinare ai mercatini dell'usato e addirittura ai cassonetti dell'indifferenziata. E se “potrebbe lasciare sgomenti l'idea di buttare i libri nei cassonetti, … quale destino si può riservare a volumi con titoli come Meditazioni per la stanza da bagno, Manuale pratico di autoipnosi, Cento e uno rimedi contro l'insonnia, Come Proust può cambiarvi la vita e molti altri simili?”
Ora poiché sono tre mesi che cerco di far pulizia a casa mia, ma non ne vengo a capo, qualche dubbio che ci fosse qualcosa di patologico devo dire che mi era venuto.
Anch'io accumulo di tutto, dai sottobicchieri con le pubblicità delle birre ai depliant di mostre e iniziative varie, ma in particolare libri, articoli di giornale (anche se un po' meno da quando posso salvarli sul computer), carte varie e vestiti, e soprattutto non riesco a buttarli. Ma oggi, dopo essere venuta a conoscenza della disposofobia, anche
se la mia casa non è al livello di quelle che appaiono nell'articolo di Wikipedia, ho un po' accelerato l'immane opera. Così ho conferito alla differenziata, tra altre cose, una pubblicazione satirica del Male dal titolo La nuova costituzione Italiana (1994), Povero Silvio di Antonio Cornacchione (2004), Il giorno più bello della vita – Guida al matrimonio di Fabio Fazio, America, pubblicazione allegata al Settimanale Panorama e risalente al 1992, La mia vita di Vittorio Sgarbi (1991), Un anno da zitella (tanto ormai altro che un anno!), Sesso a chi tocca di Stefania Casini, Manuale per difendersi dalla mamma di Gianni Monduzzi e una serie innumerevole di volumetti sull'astrologia, la magia, l'autoipnosi, e varie Sibille dei faraoni e oracoli di Napoleone, probabilmente allegati alla rivista Astra che un tempo leggevo. Ho anche gettato una serie di agende in cui avevo annotato pensieri ed eventi non particolarmente degni di essere conservati per i posteri.

Chissà se anche perdere tempo a scrivere queste cose e procrastinare il sonno è considerato patologico.

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martedì 14 aprile 2015

Disposofobia

Leggendo “La regola dell'equilibrio” di Gianrico Carofiglio ho scoperto di soffrire di disposofobia. Il termine letteralmente significa "paura di buttare", dall'inglese to dispose, "gettare", "buttare", "disfarsi (di qualcosa)", con il suffissoide -fobia, dal greco φόβος, phóbos, "panico", "paura". Si tratta di un disturbo mentale caratterizzato da un bisogno ossessivo di acquisire (senza utilizzare né buttare via) una notevole quantità di beni, anche se gli elementi sono inutili, pericolosi, o insalubri. L'accaparramento compulsivo provoca impedimenti e danni significativi ad attività essenziali quali muoversi, cucinare, fare le pulizie, lavarsi e dormire. Sembra connesso a insicurezza, paura di cambiare, difficoltà a prendere decisioni.
Il protagonista del romanzo ha accumulato tante di quelle cose che che la situazione gli è sfuggita di mano, in particolare per via dei libri che sono ovunque, anche per terra, sui tavoli, sulle poltrone, sulle sedie, nel bagno, in cucina, alcuni non proprio indispensabili, ma decide di far ordine solo dopo aver scoperto una notte, vagabondando su Wikipedia, di essere affetto da disposofobia. Così si procura degli scatoloni e li riempie di libri da destinare ai mercatini dell'usato e addirittura ai cassonetti dell'indifferenziata. E se “potrebbe lasciare sgomenti l'idea di buttare i libri nei cassonetti, … quale destino si può riservare a volumi con titoli come Meditazioni per la stanza da bagno, Manuale pratico di autoipnosi, Cento e uno rimedi contro l'insonnia, Come Proust può cambiarvi la vita e molti altri simili?”
Ora poiché sono tre mesi che cerco di far pulizia a casa mia, ma non ne vengo a capo, qualche dubbio che ci fosse qualcosa di patologico devo dire che mi era venuto.
Anch'io accumulo di tutto, dai sottobicchieri con le pubblicità delle birre ai depliant di mostre e iniziative varie, ma in particolare libri, articoli di giornale (anche se un po' meno da quando posso salvarli sul computer), carte varie e vestiti, e soprattutto non riesco a buttarli. Ma oggi, dopo essere venuta a conoscenza della disposofobia, anche
se la mia casa non è al livello di quelle che appaiono nell'articolo di Wikipedia, ho un po' accelerato l'immane opera. Così ho conferito alla differenziata, tra altre cose, una pubblicazione satirica del Male dal titolo La nuova costituzione Italiana (1994), Povero Silvio di Antonio Cornacchione (2004), Il giorno più bello della vita – Guida al matrimonio di Fabio Fazio, America, pubblicazione allegata al Settimanale Panorama e risalente al 1992, La mia vita di Vittorio Sgarbi (1991), Un anno da zitella (tanto ormai altro che un anno!), Sesso a chi tocca di Stefania Casini, Manuale per difendersi dalla mamma di Gianni Monduzzi e una serie innumerevole di volumetti sull'astrologia, la magia, l'autoipnosi, e varie Sibille dei faraoni e oracoli di Napoleone, probabilmente allegati alla rivista Astra che un tempo leggevo. Ho anche gettato una serie di agende in cui avevo annotato pensieri ed eventi non particolarmente degni di essere conservati per i posteri.

Chissà se anche perdere tempo a scrivere queste cose e procrastinare il sonno è considerato patologico.

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