A dieci giorni dal voto i sondaggi non fanno molta chiarezza.
Scrive Vittorio Zucconi sulla Repubblica di ieri :
“Una nazione di schizofrenici interrogati da un esercito di nevrotici. È mattina in America e il popolo sovrano scopre con un brivido di avere cambiato idea mentre dormiva e sa che la cambierà di nuovo durante il giorno, sballottato da un uragano di sondaggi pirandelliani che lasciano tutti con una sola certezza: che qualcuno, tra la dozzina almeno di istituti demoscopici che frugano gli umori nazionali si sta sbagliando di grosso.
I sondaggi elettorali americani sono come il tempo a Londra: se non piacciono, basta aspettare cinque minuti perché cambino.”
Se si votasse in Europa probabilmente vincerebbe Kerry. A mio parere nel caso non c'è da entusiasmarsi troppo, perchè anche una presidenza Kerry non avrebbe nulla di particolarmente progressista e non comporterebbe neppure la fine della sciagurata avventura bellica in Iraq.
Il soggetto peraltro non pare particolarmente carismatico e brillante. L’altra sera in televisione, non ricordo in quale “talk show”, forse "Otto e mezzo", qualcuno ha detto, a proposito di lui, che ha la faccia da funerale e forse l’impressione è azzeccata, benché in tema, tenuto conto che si voterà il 2 novembre.
Intanto il senatore democratico va a caccia di oche selvatiche per conquistare l'elettorato maschile più "bellicoso".
Tuttavia è certo che una riconferma di Bush significherebbe per il mondo la vittoria di una politica internazionale arrogante e irrispettosa della volontà degli altri stati sovrani, e all'interno la vittoria di quell’america profonda, populista, illiberale, caratterizzata da fondamentalismo religioso e fanatismo patriottico pericolosa anche anche per le libertà civili. E a questo proposito basti ricordare che un tentativo di “golpe strisciante” contro alcuni fondamentali diritti e libertà civili c’è già stato con il famoso “patriot act” votato dal Parlamento americano subito dopo l’attentato alle torri gemelle e che prevedeva tra l’altro che un cittadino americano detenuto come “combattente nemico” non avesse diritto ad appellarsi al principio dell”habeas corpus”, cioè a pretendere un esame da parte di un Tribunale della legalità della sua detenzione.
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